martedì 26 luglio 2011

Pensieri


Queste sue strutture così create dalla psiche collettiva e cristallizzatesi nella Tradizione non sono però forme materiali concrete realizzate nella materia dalla mano dell’uomo; sono invece forme ed espressioni di una sua azione diretta e sono quindi onoscenze dirette non sensoriali e operatività dirette psicocinetiche e ideo­plastiche. Il tutto, ripeto, strutturato in forme culturali conformi e coerenti con il pensiero strutturante di quel popolo ove insorge (e che poi ne fa un Mito) e dove quelle forme nascono. E’ sotto questo aspetto che il pensiero mitico interessa, infine, anche il parapsicologo e la parapsicologia, nel loro indirizzo antropologico-culturale.

Il Mito è il sogno collettivo di un popolo, ma questo sogno è la realtà di quell’altra dimensione. Il Mito non è un racconto o una favola, è sostanza ed è un tessuto; un tessuto del mondo psichico. Il mondo psichico vive del suo sogno, il sogno lì è la realtà e la sua vita. Come l’uomo vive le sue vicende impastate nella materia e di materia concreta), così l’universo psichico vive del suo sogno e questo si racconta ed è questa la sua vita. E’ questa la vita su quel piano.

L’uomo che si racconta il Mito in quel momento vive anche lui quella dimensione, ne sente la Potenza, sente la propria meschinità, la propria piccineria al confronto, ma sente anche che di quel più grande mondo egli fa anche parte. Così intreccia la sua vicenda terrena e microcosmica con quella macrocosmica del Mondo del Sogno; riempie la sua storia con quegli eterni vissuti e rivive negli eventi personali che gli accadono (rivive e trasferisce nei suo vissuti) quegli eventi mitici. Riempie la sua vita di queste Eternità e ne fa un Mito, crea il Mito.

Lo studioso poi ridiscende in giù, fa il cammino inverso (assai più prosaico) per interpretare il mito ritrovare in esso la vicenda umana e le istituzioni umane, al di là del sogno di cui sono state rivestite e con cui sono state tramandate e raccontate.

L’uomo e tutto l’Universo, come Giano bifronte – parleremo anche del mito di Giano - hanno due volti, due aspetti, due dimensioni esistenziali.

Un primo aspetto è quello esteriore dato dalla forma (cosiddetta “apparizionale”) con cui tutte le cose si manifestano all’esterno, cioè come le vediamo, le udiamo le sentiamo con i sensi normali. L’universo ci si presenta, sotto questo riguardo, come costituito da persone, cose e eventi quotidiani,; e dalle sensibilità ordinarie e materiali e dai modi normali di interrelazionarci tra di noi. Assistiamo così, allo spettacolo della vita ordinaria che si svolge nel mondo.

Ma vi è poi – secondo aspetto di Giano – la vita dell’anima e del sogno. E tutto nel mondo ha un’anima – nel senso che tutto è animato. Non solo l’uomo; e non solo gli animali. Anche le piante hanno, oltre al corpo, le proprie sensibilità e i propri modi di comunicazione; e così pure tutte le altre realtà esistenti, quelle che consideriamo “cose”, hanno altrettanto, insieme al proprio specifico corpo, le loro particolari sensibilità e reazioni, non sono certo “inanimate” come si ritiene: nulla nel mondo, nell’universo è inanimato. Le pietre (le cose, a prima vista, più “cose” di ogni altra, più apparente­mente inanimate di tutto) hanno termosensibilità e termoreazioni, per cui al freddo e al caldo si contraggono e si dilatano, e per queste modificazioni di struttura emettono anche rumori e suoni (e così, ad esempio, i colossi di Memnone in Egitto erano considerati “ani­mati” per i gemiti e i “canti” che emettevano al mattino a motivo della dilatazione termica nel passaggio dal freddo della notte al caldo del giorno, quando sorgeva il sole). L’acqua al di sotto di una certa temperatura si ghiaccia. I mari hanno le correnti, le maree, le onde che le ossigenano (acquisendo così quell’ossigeno che consente ai pesci di respirare con le branchie e di vivere). I vulcani eruttano lava e creano, con questa che prima si solidifica e poi si spacca e accoglie l’humus, le premesse e le condizioni per la successiva vita, vegetale all’inizio, quindi animale poi umana. Le nuvole percorrono il cielo e si sciolgono in pioggia, questa è la loro vita e così collaborano alla vita di tutto; e così via.


Il mito di Edipo e della Sfinge è uno dei più famosi e significativi miti elaborati dall'umanità. E' il simbolo dei grandi interrogativi che l'uomo si è sempre posto "chi sono?, da dove vengo?, dove vado?" e che sono sempre rimasti senza risposta.
Sono, queste azioni e reazioni, tutte forme di vita, la loro modalità di vita, i modi di vivere di quelle (cosiddette) “cose”. Perciò quelle che chiamiamo “cose” hanno anch’esse una vita loro specifica e relazioni con l’esterno, con gli altri esseri dell’esterno. L’universo è uno stupendo mosaico vivente, tutto in esso vive, e anche quello che nel nostro linguaggio materialista chiamiamo “ecologia” in realtà è la vita di relazione di tutte ciò che esiste, ed è la vita di quell’essere vivente che è la Terra, ipotesi Gaia. Tutto l’universo è vivente; e quello che chiamiamo “danno ecologico” altro non è che la patologia, la malattia, il danno alla vita di questo essere.

L’albero non è (soltanto) il tronco, i rami, le foglie; queste sono solo le sue forme apparizionali esterne. Esso è innanzitutto l’Essere albero con la sua specificità e individualità, con la sua funzione cooperativa verso tutti i restanti esseri in quel “mosaico vivente” che costituisce l’universo. È un essere che vive, che si riprodu­ce e che, soprattutto, anima quel complesso materiato tronco-radici-foglie, attraverso cui vive – vive la sua anima.


Seconda Parte

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