lunedì 27 febbraio 2017

Canzoni



Pensieri


Serie Tv







Brillante, sfacciato e affascinante, il Dott. Jason Bull è a capo della Trial Analysis Corporation, una compagnia che analizza giurati, avvocati e testimoni per contribuire allo sviluppo di strategie di difesa vincenti. Bull si avvale di un invidiabile team di esperti formato dal perspicace avvocato difensore ed ex cognato Benny Colón, dall'esperta di neolinguistica del Dipartimento della Sicurezza Interna Marissa Morgan, dalla dura ma assimilabile ex detective di New York Danny James, dalla presuntuosa hacker Cable McCrory e dallo stilista Chunk Palmer. In alcuni dei processi più complessi della nazione, la combinazione delle notevoli capacità di comprensione della natura umana di Bull con questa squadra di alto livello contribuisce a far pendere l'ago della giustizia dalla parte giusta... quella dei suoi clienti.

Cinema







Il Maestro di arti marziali Hahou Mo si costituisce alla polizia dopo aver accidentalmente ucciso un uomo. Durante la sua carcerazione, diversi campioni di arti marziali vengono uccisi: le ricerche della polizia conducono a Fung Yu-sau, impazzito dopo aver perso la moglie. L'obiettivo finale per Fung è quello di sfidare all'ultimo sangue Hahou Mo, a cui ricorre anche la polizia in qualità di informatore.
Tira aria di autocelebrazione infinita per il cinema di arti marziali: se Gallants rappresentava il lato più cinefilo e ironico del fenomeno, Kung Fu Jungle ne incarna quello più spettacolare ed estremo. Per Donnie Yen (Ip Man) è l'ennesimo centro di una carriera che si arricchisce di sfumature con proporzionalità diretta rispetto all'età che avanza e che, con Kung Fu Jungle, sembra quasi preludere a un nuovo ruolo, quello di sifu inarrivabile che ricorre alla violenza il minimo indispensabile. Solo tre le sequenze di combattimento vero e proprio nel suo tipico mix di stili, per il resto il proscenio è affidato a un sorprendente Wang Baoqiang, a suo agio in ambito marziale dopo aver interpretato sin qui ruoli lontanissimi dal genere (Il tocco del peccato, Lost in Thailand). Il percorso di vendetta di Fung è un eccellente pretesto per una successione di duelli marziali differenziati per stile, alla maniera di Le furie umane del kung fu, o Five Deadly Venoms, dell'era Shaw Brothers. Un campione e quindi un duello per ogni stile, fino all'atteso showdown tra Donnie Yen e Wang Baoqiang, combattuto su una superstrada tra i camion in corsa. Nell'oggetto del contendere tra i due rivali, ovvero se l'atto di uccidere sia parte o meno delle arti marziali, è possibile forse, osando un po', leggere l'abbandono forzato nel cinema di genere del verismo della messa in scena e dello stunt in favore della ricostruzione dei duelli in digitale. Come se quell'era temeraria e quasi snuff del cinema di Hong Kong appartenesse a un passato irrimediabilmente trascorso (rappresentato dall'evoluzione del personaggio di Donnie Yen). Un risvolto che dona ulteriore fascino a un film dall'epilogo forse scontato, dagli effetti Cgi approssimativi, dalla sceneggiatura lacunosa e inverosimile: ma in cui le regole del film di genere, le sue leggi non scritte, sono tutte rispettate. Kung Fu Jungle dà al suo pubblico esattamente ciò che questo desidera. Molti e talora quasi impercettibili gli omaggi al passato del cinema di arti marziali: in video Drunken Master e Jackie Chan, così come Liu Chia-liang, in carne e ossa molti altri, a partire dal cameo di David Chiang (La mano sinistra della violenza).


Emanuele Sacchi

Libri








Per chi si vuole addentrare nel mondo dell'FBI non può prescindere da questo libro.Serio,affidabile,documentato,imparziale,mostra pregi e difetti dell'organizzazione poliziesca più famosa e temuta al mondo.Creata come un corpo paramilitare e per scopi tutt'altro che nobili,via via è diventata il simbolo della lotta alla criminalità grazie alla competenza dei suoi direttori,al sacrificio dei suoi agenti,e ad una propaganda martellante sulla sua infallibilità.L'aggiornamento tecnologico è la carta in più che possiede il Bureau,grazie al quale lotta ogni giorno contro mafie di vario genere,gang di varie nazionalità,infiltrazioni spionistiche e traffici illeciti vari,anche se per la massa la sua unità più illustre,grazie a libri e film è l'unità comandata da John Douglas,quella dei profili dei serial killer.E questo libro può essere il prologo,per chi fosse interessato,proprio ai libri di Douglas,che sono sempre di alto livello.

domenica 26 febbraio 2017

Comicità


Cinema








1633. Due giovani gesuiti, Padre Rodrigues e Padre Garupe, rifiutano di credere alla notizia che il loro maestro spirituale, Padre Ferreira, partito per il Giappone con la missione di convertirne gli abitanti al cristianesimo, abbia commesso apostasia, ovvero abbia rinnegato la propria fede abbandonandola in modo definitivo. I due decidono dunque di partire per l'Estremo Oriente, pur sapendo che in Giappone i cristiani sono ferocemente perseguitati e chiunque possieda anche solo un simbolo della fede di importazione viene sottoposto alle più crudeli torture. Una volta arrivati troveranno come improbabile guida il contadino Kichijiro, un ubriacone che ha ripetutamente tradito i cristiani, pur avendo abbracciato il loro credo.Gran parte del cinema di Scorsese è infatti imperniato sul rapporto fra peccato e redenzione alla luce della sua formazione cattolica. In quest'ottica il personaggio di Kichijiro è già in parte contenuto in quello di Charlie, il protagonista di Mean Streets, che rinegozia la sua verginità nel confessionale pur rendendosi conto che l'unica a poterlo punire per i suoi peccati è la sua coscienza. Come Pietro nel Vangelo, Kichijiro incarna la fragilità umana, con la quale è più facile rapportarsi che con la santità incrollabile di Gesù, che infatti suscita la nostra empatia soprattutto nel momento in cui si rivolge al cielo dicendo: "Padre, perché mi hai abbandonato?". Quello dell'abbandono è un altro tema portante di Silence: non solo l'abbandono della fede ma anche la capacità di abbandonarsi completamente alla fede, e il sentirsi abbandonato da un Dio il cui silenzio è talvolta assordante. Ognuna delle torture cui padre Rodrigues, l'io narrante della storia, verrà sottoposto mette alla prova non solo la sua fede ma la sua visione del mondo, l'idea stessa che esista una verità assoluta valida per tutti, e la legittimità di imporla agli altri, esponendoli a pericolo di vita. Dopo averci fatto immedesimare nelle lodevoli intenzioni di Rodrigues, infatti, Scorsese ribalta più e più volte la prospettiva, mostrandoci come, dal punto di vista giapponese, l'attività missionaria contenesse in sé una volontà colonizzatrice e una mancanza di comprensione e rispetto della cultura locale. In questo senso Scorsese costruisce un film binario e palindromo, anticipato visivamente da alcune immagini (come la scala effetto fish eye di una delle sequenze iniziali), che consente una doppia e opposta lettura della vicenda narrata.
L'inquisitore in cui il giovane gesuita si imbatterà, Inoue Masashige, che nella versione originale parla l'inglese come se lo avesse imparato dai western, è da un lato un cattivo cinematografico di perfetta perfidia, dall'altro è portavoce di domande legittime sull'arroganza squisitamente occidentale dei predicatori cristiani, pronti a sacrificare al loro Dio il quieto vivere di una popolazione di contadini analfabeti. E di nuovo Scorsese ribalta la prospettiva, mostrandoci come quegli stessi contadini, oppressi da un regime totalitario che li tratta come bestie, trovino nel messaggio cristiano un'opportunità di riscatto nella promessa di quella vita eterna in cui non saranno più gli ultimi.
Silence equivale ad uno degli esercizi spirituali prescritti da Ignazio da Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù (esercizi praticati da Andrew Garfield, che interpreta Padre Rodrigues, prima di iniziare le riprese), ma è soprattutto un atto di dolore che va recitato fino in fondo. Allo spettatore richiede attenzione, pazienza, riflessione: tutto ciò cui il cinema più spettacolare, compreso quello di Scorsese, ci ha disabituato. Silence ha bisogno del tempo di una (silenziosa) sedimentazione interiore perché è un racconto tanto infinitamente stratificato quanto visivamente disadorno, nonostante le magnifiche scenografie di Dante Ferretti, che ha ricostruito dal nulla villaggi secenteschi, taverne, avanposti imperiali e squallide galere. Dopo la corsa adrenalinica dietro alle illusioni di un capitalismo sfrenato di Wolf of Wall Street, Scorsese inverte il passo e la direzione, scavando in profondità nella natura complessa dell'uomo, alla ricerca della sua umanità. Ricondurre meramente il film all'attualità, collegandolo ai preti cristiani massacrati in varie parti del mondo o alla furia distruttrice dei fanatismi religiosi contemporanei, sarebbe riduttivo, perché il discorso di Scorsese è ben più radicale.
Silence è una parabola quietamente potente, di quelle che riescono a insinuarsi sotto le resistenze razionali per penetrare nell'inconscio e allargarsi nelle coscienze di chi guarda, lavorando sulla nostra presunzione di avere già capito tutto, di sapere con certezza che cosa sia giusto e da che parte stiano il Bene e il Male.


Paola Casella

Serie Tv







Il diavolo, annoiato e infelice come Signore degli Inferi, abbandona il suo regno insieme all'alleata Maze per la bellezza di Los Angeles, dove gestisce il proprio locale "Lux".

In seguito alla misteriosa morte di una pop star, la quale è legata al diavolo attraverso un patto, Lucifer si immischia nell'indagine di polizia portata avanti da Chloe Decker, un'affascinante detective la cui anima è l'unica imperscrutabile per lui. Sebbene "invitato" dall'angelo suo fratello Amenadiel a tornare nel suo regno e criticato da Maze circa la comparsa di sentimenti terrestri, Lucifer continua a collaborare con Chloe nei vari casi cercando intanto di scoprire i segreti della ragazza e inevitabilmente affezionandosene, tanto da ricorrere a frequenti visite dalla terapista Linda Martin.


Canzoni


Libri









Parigi, prigione di Saint-Lazare, 1917. Una donna attende con fierezza la propria esecuzione. Le rimane un solo desiderio: che sua figlia sappia la verità; che la figlia, che lei non vedrà mai crescere, non creda ad altri che a sua madre. E così prende carta e penna per raccontarle la sua vita avventurosa e controversa. Lei, che attende la fine a Saint Lazare, è Mata Hari, la donna più desiderabile e desiderata del suo tempo: ballerina scandalosa, seduttrice degli uomini più ricchi e potenti del suo tempo, capace di diventarne cortigiana, amante e fidata confidente; e, forse per questo, di suscitare gelosie e invidie nelle donne e mogli della aristocrazia parigina. Lei è la donna dai molti nomi: Margaretha, il nome di battesimo; Mrs McLeod, come la chiamavano aJava; H2T, il nome in codice che i tedeschi le avevano dato in guerra. Il passato di Mata Hari è oscuro, il presente pericoloso: ha dedicato la sua vita alla libertà e al desiderio, ha sfidato i pregiudizi della società. E ora sconta l'accusa infamante di spia. Ma la sua unica colpa è stata di essere una donna libera.

Fotografia









The wolf in the snow
fotografia di Valentina Brancaforte

Cinema









Nicky Parsons ex agente della CIA, si infiltra in un ritrovo di hacker a Reykjavik per penetrare nei segreti dell'intelligence statunitense. Così facendo recupera quello che forse è il tassello mancante nella ricostruzione delle origini di Jason Bourne, uomo trasformato in una sorta di macchina omicida in seguito a un esperimento della CIA. Nicky riesce a contattare Bourne, datosi alla macchia, e l'incontro tra i due attira subito le attenzioni dei vertici di Langley, determinati a eliminare entrambi.
Paul Greengrass e Matt Damon ridanno vita a una franchise che pareva finita, dopo un capitolo - The Bourne Legacy - che aveva provato a rimpiazzare il protagonista con Jeremy Renner. Neanche Jason Bourne sfugge alla "coazione a proseguire" che ormai caratterizza inequivocabilmente il cinema contemporaneo - non c'è band che non si riunisca, non c'è eroe che non venga resuscitato. Dopo una trilogia che ha inciso profondamente nel cinema action americano, Bourne torna quindi a colpire. I network di spie sul campo e di hacker si confondono sempre più, in un intrico che recupera il personaggio di Nicky Parsons e introduce un suo possibile sostituto, Heather Lee, ambiziosa agente dei servizi segreti che porta il volto angelico di Alicia Vikander.
Un'operazione analoga a quella del Bond post-Lazenby di Diamonds Are Forever che ha il chiaro intento di spostare l'accento dai segreti e i misfatti della CIA a quelli del "deep web" e delle possibili manipolazioni dei social network. Lo script viene scarnificato e ridotto all'essenziale: Matt Damon pronuncia quindici battute in tutto il film e la sua nemesi interpretata da Vincent Cassel anche meno. È un trionfo, modernissimo e spersonalizzante, di dispositivi elettronici e fucili a ripetizione, auto distrutte ed esplosioni, in cui il fattore umano è sempre più relegato sullo sfondo. Difficile eccepire sulla scelta di Greengrass, specialmente quando supportata da sequenze action come quella che ha luogo durante i moti di piazza Syntagma ad Atene (ricostruita in Spagna).
Ma il tema di stretta attualità e ricco di implicazioni sulla contaminazione della rete e del post-Snowden richiedono tutt'altra trattazione rispetto a quella semplicistica operata da Greengrass e dagli sceneggiatori (per non parlare del ricordo paterno come movente del ritorno di Bourne). Dall'arrivo a Las Vegas e dalla conferenza stampa di Kalloor - una sorta di Zuckerberg che ha faustianamente stretto la mano al male - ogni traccia di credibilità residua svanisce, consegnando lo svolgimento a un'assolutoria identificazione del male nella "vecchia" CIA e dimostrando lacune di vario grado nella conoscenza tecnologica della materia. Anche la lunga sequenza action che conclude la vicenda sperpera quanto di buono realizzato in piazza Syntagma, con un duello all'arma bianca che non aggiunge nulla alla metamorfosi da uomo a belva feroce del Soi Cheang di Dog Bite Dog (l'action americano guarda ancora a Hong Kong, anche se quest'ultima è quasi priva di un presente cinematografico).
Rinunciare così chiaramente alle implicazioni politiche che sembra suggerire la trama, considerando quel che viene raccontato un semplice orpello, o uno strumento per sfoggiare la propria tecnica, è poco per le necessità del cinema action nel 2016. Siamo già passati di qui, ed è tempo di una fase 2, per dirla alla maniera della Marvel. (Già) visto quel che è capace di realizzare tecnicamente Greengrass, (già) visto l'uomo-macchina-killer-depersonalizzato e invincibile, resta solo una sensazione di impossibilità - quasi un rifiuto consapevole - di coinvolgimento spettatoriale e quindi una crescente e inevitabile noia.



Emanuele Sacchi

Pensieri


Libri












All'inizio gli inquirenti sono convinti si tratti di una bravata da adolescenti e le ricerche della ragazza, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, iniziano soltanto il giorno dopo. Le ipotesi, le accuse e le testimonianze che si sono accavallate in questi decenni hanno portato su una pista che implica il coinvolgimento dello stesso Vaticano, dello Stato italiano, ma anche dello IOR e poi del Banco Ambrosiano, della Banda della Magliana, nella persona del Dandy Renatino De Pedis, e dei servizi segreti di più Paesi. Dopo anni di indagini, durante i quali la trasmissione Chi l'ha visto? ha avuto un ruolo fondamentale nel portare alla luce nuove prove e testimoni prima ignoti, l'inchiesta è stata chiusa nell'ottobre 2015. Le rivelazioni contenute nel film permetteranno una riapertura del caso, uno dei maggiori misteri d'Italia nel quale si incrociano la criminalità organizzata e i poteri forti del Vaticano.

Serie Tv









Il misterioso criminale Garcia Flynn si impossessa di una macchina del tempo con l'intento di modificare gli eventi del passato e distruggere così gli Stati Uniti d'America. Viene formato un team di esperti, composto dalla professoressa di storia Lucy Preston, il militare Wyatt Logan e lo scienziato Rufus Carlin, che a loro volta viaggeranno indietro nel tempo per catturare Flynn.Serie sci-fi abbastanza scontata che si lascia vedere senza troppa originalità.