domenica 21 settembre 2014

Pensieri


Musica


Poesie





Angosce



Chiuse le finestre
il buio sovrasta
coltelli d'ombra in
angoli oscuri
dove
il cuore imbarca
malinconia
la mente divaga
un'orda di solitudine
avanza
dentro me un IO che scalcia
vuole uscire,
per forzare
la quiete che precede la tempesta....
Corri corri notte
anche la luna ha disertato
il cielo,ci sei solo tu con il tuo
IO pieno di follia e speranza
paura e gioia
amore e odio
sentimenti che passano oltre
la soglia del dolore
e l'IO scende
per poi innalzarsi ancora
rigenerato
all'alba.....


Annamaria Gennaioli

Cinema






Nella squadra di Barney Ross si materializza il più prevedibile eppure il più clamoroso degli eventi, un incidente che mette a serio repentaglio la vita di uno dei membri. L'evento, unito alla ricomparsa di un vecchio e storico nemico (che come nella migliore delle tradizioni si trattava di un ex-amico, parte del primo gruppo di "mercenari") spinge Ross a trovarsi un'altra squadra, fatta di giovani a cui non sia legato da una profonda amicizia, per portare a termine una nuova missione. Liberarsi degli amici di una vita e tenerli lontani da un bel complesso di esplosioni però è più difficile del previsto.
La difficoltà con la quale la serie di I mercenari cerca di stare appresso al proprio mito, cioè di dimostrarsi all'altezza delle promesse di spettacolo e di rinsaldamento dei "veri valori" dell'action anni '80 che sbandiera, non fa che ridimostrare di film in film la forza spontanea e onesta del primo capitolo. Se il secondo film esagerava dal lato ironia (una parte piccola, per quanto indispensabile, nei film cui I mercenari si ispira), dimenticando strada facendo la tensione dinamica di un racconto che pretende di essere costantemente adrenalinico, questo terzo cerca la controriforma, in un tripudio d'azione con poca (e brutta) computer grafica e molti stunt dal vero, corpi che si scontrano realmente (soprattutto quelli dei più giovani) e stuntmen che fanno il lavoro dei più anziani.
Tuttavia è sempre stupefacente come le più grandi star del cinema d'azione delle passate decadi fatichino a consegnare un prodotto a cui è chiesto unicamente d'esser d'intrattenimento, cioè la maniera in cui non riescano a ricreare di nuovo film con pochi fronzoli e un gran baccano appassionante e divertente. Non che I mercenari 3 non ci provi (sicuramente più del precedente) e in certi momenti sembra quasi instradato su binari migliori tanta è la furia delle sequenze d'azione che coinvolgono tutti i membri (ci si può anche commuovere di fronte alla tipica scena di salto con dietro un'esplosione a cui partecipano tutti gli attori che hanno reso iconica quella trovata visiva), ma quella forza espressiva e quel senso di romantica disperazione dei personaggi ma in fondo anche dei loro interpreti, che aveva fatto del primo film un'esplosione di successo, non si ricrea. Sarebbe facile trovare la motivazione di questa discrepanza tra l'incipit della serie e i suoi capitoli successivi nel fatto che originariamente fosse lo stesso Stallone a dirigere con mano non proprio ferma ma di certo eccitata e partecipe, tuttavia l'impressione è anche che l'esigenza economica di mettere insieme così tanti nomi richieda delle abilità di scrittura superiori a quelle messe in campo. Scrivere un film con una drammaturgia funzionante e un ritmo spinto avendo un cast in cui quasi ogni attore pretende un tempo d'esposizione e battute (o cazzotti) da star non è semplice, e I mercenari spesso soffocano in questa folla.
Alla fine è l'espressione più compiuta del "cinema quantitativo", messa in scena dell'ammasso di star (appassite o meno che siano), incrocio di diverse mitologie legate agli interpreti (quella dell'underdog di Stallone, quella del bastardo dal sorriso beffardo di Ford, quella del pazzo algido di Lundgren, quella dell'eroe coriaceo e individualista di Schwarzenegger e via dicendo) in cui i rivali di una volta, oggi amiconi per interesse, continuano a farsi una guerra fredda per mettere in mostra se stesso più degli altri, cercando di emergere attraverso l'esposizione di quello per cui si è noti. Frasi tipiche, espressioni caratteristiche, tratti che li hanno resi famosi sono ripetuti alla nausea. In questo modo non si crea mai quella nuova immagine di "gruppo di uomini forti", più potenti di un singolo, più determinati dei giovani, più duri e puri di chiunque altro, è solo un ammasso di individualità slegate, messe insieme a forza nelle medesime inquadrature.

Gabriele Niola

Pensieri


Libri







Un libro che si discosta,e di molto,dall'abituale produzione narrativa dello scrittore belga.la vicenda è autobiografica e parla di una relazione breve che effettivamente Simenon ebbe e che si concluse poi in malo modo tanto che l'amante di allora scrisse diversi libri contro Simenon dicendo alcune verità sull'uomo ma anche tante bugie per rancore nei suoi confronti.Leggendolo è come stare su un'onda,la psicologia dei personaggi vibra come corde di violino ed è a volte difficile identificarsi,però è impareggiabile la raffinatezza della scrittura e lo stile sicuro e impeccabile.Una delle storie d'amore meno banali e più moderne mai lette.

Musica


domenica 14 settembre 2014

Musica


Pensieri


Libri






Sesso e Occultismo


Questo è un testo risalente ai primi anni del secolo ed è illuminante riguardo soprattutto al passato,infatti la parte più interessante è proprio quella che riguarda la storia dei costumi sessuali in Europa e le sue coincidenze e distanze rispetto alla nascita e allo sviluppo dei fenomeni dell'occulto.Per scansare ogni equivoco diciamo che qui di sesso non ce n'è per nulla,anzi si parla soprattutto di amore,perchè nel passato e forse ancora oggi,si facevano spessissimo dei filtri d'amore,che rappresentano uno dei capitoli del testo.Si descrivono tutti i tipi di magia e la cosa che mi è piaciuta molto è stato il fatto che si indica chiaramente che ogni tipo di magia nera che si intende intraprendere porta delle conseguenze gravi sulla persona che la usa,indipendentemente dal suo grado di preparazione,un avviso molto saggio a chi troppo spesso si avvicina a certe pratiche con troppa disinvoltura.Il Medioevo è un periodo molto trattato ed è per questo motivo che il libro ha suscitato il mio interesse,dà informazioni dettagliate su un periodo storico che trovo molto affascinante,anche se molto brutale ed oscuro.Consigliato a chi ha interessi culturali generali su certi periodi storici,sconsigliatissimo a chi non piacciono le ricostruzioni storiche e non interessano questi argomenti.

Cinema






Tobey ha un'officina in cui ripara macchine e non se la passa bene economicamente. Per salvarsi dalla bancarotta accetta di riparare una macchina per conto di Dino, pilota ricco e viziato. Finito il lavoro è chiaro che Tobey è in grado di spingere quella macchina molto più in là di quel che è in grado di fare Dino, il quale per dimostrare il contrario lo sfida ad una corsa a tre nella quale un incidente scatenato da Dino stesso causerà la morte di un amico di Tobey che, ingiustamente incolpato, sconterà tre anni di carcere. Una volta uscito di galera l'unico obiettivo di Tobey è attraversare il paese in tempo per gareggiare in una corsa clandestina tra le più pericolose e battere Dino.
I riferimenti di Scott Waugh e dei fratelli Gatins (sceneggiatori) sono molto chiari: i grandi viaggi in auto all'interno dell'America, contrappuntati da una voce fuoricampo come Punto Zero o le odissee contro tutti di I guerrieri della notte, solo desaturate completamente di qualsiasi intento polemico verso l'autorità o riferimento alla realtà dei fatti. Need for speed è quindi cinema dello stunt puro, in cui la trama mette in moto gli eventi e nulla di più, accoppia i protagonisti e li separa da un cattivo da raggiungere, si occupa di fornire in ogni momento una motivazione per correre.
Serve a poco mettersi a questionare quanto questa trama sia scorrevole, plausibile, intelligente o originale, perchè il film intanto è già da un'altra parte, sulle macchine vere e nei suoni effettivi, intento a mettere in scena incidenti reali. In anni in cui le possibilità del cinema digitale si sono espanse fino a sconfinare anche nei territori in cui meno producono senso, si è persa l'idea una volta scontata per la quale il fatto che qualcosa accada realmente davanti alla macchina da presa ha un senso importante. I corpi o in questo caso le lamiere, la velocità effettiva e la percezione del rischio sono componenti determinanti del genere automobilistico (l'ha capito benissimo Tarantino che in A prova di morte ha legato la sua attrice/stunt al cofano di una macchina in corsa per buona parte del film).
Need for speed riprende dall'omonima, fortunata e longeva serie di videogiochi la scelta delle auto da mostrare, qualche inseguimento con la polizia e il profilo "alto". Non le macchine dure, coatte modificate da nerburuti uomini pelati e donne dai vestiti attillati come in Fast & Furious ma auto di lusso, supercar a bordo delle quali ci sono ragazzi e ragazze dai fisici rassicuranti. Se la saga eccessiva di Vin Diesel si è spostata nel caper movie, tutto rapine e piani criminali, Need for speed rimette al centro l'esperienza automobilistica, la scelta di mettere in primo piano la corsa con quanti più veicoli possibile (altra caratteristica che richiama l'originale videoludico) e far venire dopo tutto il resto.
Il risultato non è propriamente il massimo dell'intrattenimento, si è visto di molto meglio nel genere "film di automobili", tuttavia la sincerità e l'onestà intellettuale di tutta l'operazione sono innegabili.



Gabriele Niola

Pensieri


Libri









Un romanzo di quasi 700 pagine che si legge tutto d'un fiato,merito dell'indubbia qualità dello scrittore,ma anche dell'argomento che appassiona,soprattutto chi,come me,conosce benissimo i luoghi e gli avvenimenti reali che hanno ispirato il romanzo.I personaggi sono riconoscibilissimi se solo si conosce un po' la cronaca nera romana,poi diventata nazionale,per la dimensione criminale raggiunta dalla Banda della Magliana.Partita come gruppo di ragazzini sbandati dediti ai piccoli crimini e trasformatasi nel tempo nella più temibile e spietata accolita di criminali che Roma abbia mai avuto e una delle più feroci a livello nazionali.Infiltrata dai servizi segreti,faceva affari con Mafia e Camorra,protagonista dell'importazione e dello spaccio di droga su larga scala,del traffico di armi,della prostituzione,del gioco d'azzardo,del riciclo di denaro sporco,ogni attività illecita serviva ad ingrassare i conti dei membri della banda,ognuno dei quali è già un personaggio romanzesco in sè.ma soprattutto è la storia di un'amicizia,di un gruppo di amici che il tempo e soprattutto gli eventi della vita poi hanno finito per mettere l'uno contro l'altro in una spietata autoeliminazione che disintegrò la banda.Un'epopea nel vero senso della parola,sono in nero,con tanto sangue,tanta violenza,tanti cadaveri,tanti soldi,tanto sesso,in una Roma di borgate fatiscenti e ville lussuose,un po' pasoliniana e un po' moraviana,che ha vissuto ed attraversato anche quel periodo storico che dagli anni 70 arriva fino agli anni 90,tra terrorismo,stragi,scioperi,instabilità politica,cortei,un periodo che ho vissuto personalmente proprio in quella città e non erano certo rose e fiori.L'unica pecca del libro,a mio modo di vedere,è che lascia i personaggi in essere,senza concludere il loro percorso umano,cosa che invece fa la serie,forse perchè 700 pagine erano già tante e forse perchè l'autore pensava ad una seconda parte dle libro,non so,però risulta un po' monco.Comunque una sorta di prologo per chi vuole approfondire la storia reale della Banda con libri interessanti usciti in seguito al successo clamoroso di questo romanzo.

Musica






Per Ico:)

mercoledì 6 agosto 2014

Canzoni


Poesie







Casida della donna distesa
F. Garcia Lorca

Vederti nuda è rievocare la terra.
La terra piana e priva di cavalli.
La terra senza un giunco, forma pura
chiusa al futuro: confine d'argento.
Vederti nuda è comprendere l'ansia
della pioggia che cerca fragili fianchi,
o la febbre del mare dal volto immenso
che non trova la luce della sua guancia.
Il sangue risuonerà nelle alcove
e verrà con spada di folgore,
ma tu non saprai dove si celano
il cuore di rospo o la violetta.
Il tuo ventre è uno scontro di radici,
le tue labbra un'alba senza profilo,
e sotto le tiepide rose del letto gemono
i morti, in attesa del loro turno .

Pensieri


Serie Tv





Gabriel Vaughn è un agente operativo a cui è stato impiantato nel cervello un microchip che gli permette di accedere a tutte le reti internazionali di informazioni, tra cui internet, Wi-Fi, telefoni e satelliti. A capo della nuova unità cibernetica che segue Gabriel c'è la direttrice Lillian Strand e il team operativo composto da Riley Neal, agente dei servizi segreti con il compito di proteggere Gabriel, e dall'agente federale Chris Jameson.Ottima serie d'azione con tema originale,anche se la staticità dei protagonisti,un po' troppo leccati rende il tutto un po' stucchevole.

Pensieri







Se vi ritenete sfortunati per aver amato invano, scacciate questo pensiero. Chi ha amato davvero non ha mai perso nulla: l'amore è bizzoso e capriccioso, viene quando vuole, finisce senza avvisare nessuno. Accettatelo e godetelo finché lo avete, ma non perdete tempo a rimpiangerlo.


Napoleon Hill, Pensa e arricchisci te stesso, 1938

Serie Tv





Fingendosi un imprenditore americano con il nome di Alexander Grayson, Vlad Tepes si reca nella Londra del XIX secolo per introdurre la scienza moderna alla società vittoriana. In realtà il vero scopo del protagonista è distruggere l'Ordine del Drago, ordine fondamentalista cristiano che, secoli prima, ha punito Vlad costringendolo a vivere con un demone interiore, Dracula. Gli unici che conoscono il segreto di Grayson/Dracula, sono il suo fedele assistente/avvocato Renfield e il professore Abraham Van Helsing. Quest'ultimo lo aiuterà, con lo stesso scopo di sconfiggere il capo dell'ordine del drago, ad esporsi alla luce del sole grazie ai sui continui esperimenti sul sangue di vampiro. Durante la sua residenza a Londra, Dracula si innamora di Mina Murray, donna che sembra essere la reincarnazione della defunta moglie, Ilona. Riuscirà ad avvicinarla, assumendo il fidanzato di Mina, Jonathan Harker. I risvolti di questa collaborazione porteranno alla distruzione del rapporto tra la coppia, a sua volta Jonathan si aggregerà all'Ordine del Drago.Originale serie tv,un po' cruenta in certi passaggi,ma sicuramente degna di nota la scrittura,l'interpretazione accurata e l'ambientazione perfetta.

Libri





Una donna ancora giovane, serena e appagata viene abbandonata all'improvviso dal marito e precipita in un gorgo scuro e antico. Rimasta con i due figli e il cane, profondamente segnata dal dolore e dall'umiliazione, Olga, dalla tranquilla Torino dove si è trasferita da qualche anno, è risucchiata tra i fantasmi della sua infanzia napoletana, che si impossessano del presente e la chiudono in una alienata e intermittente percezione di sé. Comincia così una caduta rovinosa.Libro altalenante,con spunti interessanti e cadute di stile,ma comunque piacevole la scrittura e interessante l'analisi psicologica sull'abbandono.

Cinema






Woody Grant ha tanti anni, qualche debito e la certezza di aver vinto un milione di dollari alla lotteria. Ostinato a ritirare la vincita in un ufficio del Nebraska, Woody si avvia a piedi dalle strade del Montana. Fermato dalla polizia, viene 'recuperato' da David, figlio minore occupato in un negozio di elettrodomestici. Sensibile al desiderio paterno e dopo aver cercato senza successo di dissuaderlo, decide di accompagnarlo a Lincoln. Contro il parere della madre e del fratello Ross, David intraprende il viaggio col padre, assecondando i suoi capricci e tuffandosi nel suo passato. Nel percorso, interrotto da soste e intermezzi nella cittadina natale di Woody, David scoprirà i piccoli sogni del padre, le speranze svanite, gli amori mai dimenticati, i nemici mai battuti, che adesso chiedono il conto. Molte birre dopo arriveranno a destinazione più 'ricchi' di quando sono partiti.
Autore indipendente e scrittore dotato, Alexander Payne realizza una nuova commedia 'laterale' come le strade battute dai suoi personaggi, che si lasciano indietro lo Stato del Montana per raggiungere il Nebraska in bianco e nero di Bruce Springsteen. E dell'artista americano il film di Payne mette in schermo la scrittura 'visiva', conducendo un padre e un figlio lungo un viaggio e attraverso un territorio che intrattiene un rapporto simbolico col loro mondo interiore. Oscillando tra dramma e commedia, Nebraska, versione acustica di Sideways, coinvolge lo spettatore in un flusso empatico coi protagonisti, persone vere dentro storie comuni e particolari da cui si ricava una situazione universale.
Ambientato nella provincia e lungo le strade che la raccordano al mondo, Nebraska frequenta una dimensione umana marginale e fuori mano rispetto all'immaginario hollywoodiano, prendendosi alla maniera del protagonista tutto il tempo del mondo per arrivare a destinazione. Una destinazione dove si realizza un passaggio che non può mai avvenire come effetto di una retorica pedagogica ma si fonda sull'impossibile, l'impossibilità di governare il mistero assoluto della vita e della morte. Non è per sé che il protagonista di Bruce Dern sogna quel milione di dollari, a lui basta un pick-up per percorrere gli ultimi chilometri di una vita spesa a bere e a rimpiangere quello che non è stato. La vincita della sedicente lotteria a Woody Grant occorre per i suoi ragazzi, per lasciare loro 'qualcosa' con cui vivere e per cui ricordarlo. Ma David, sensibile e affettuoso, è figlio profondamente umanizzato, testimonianza incarnata di un'eredità più preziosa del denaro. È il figlio 'bello' di chi è stato e di cui perpetua adesso il valore.
Nebraska è una ballata folk che accomoda allora la bellezza e l'amore, quella di un figlio per il proprio genitore, che prima di lasciare andare torna a guardare dal basso, in una prospettiva infantile e accoccolata ai suoi grandi piedi e al suo piccolo sogno. Intorno a loro scorre l'America lost and found insieme a una storia sincera che battendo vecchie strade, la struttura da road movie che diventa pretesto di 'formazione' (Sideways), ne infila una nuova. Nebraska è una spoglia poesia di chiaroscuri, un'indicazione lirica verso le radici, verso i padri, davanti ai dilemmi di tempi paradossali e senza guida. Diversamente dagli antieroi springsteeniani, il protagonista di Payne non cerca terre promesse e non corre sulle strade di "un effimero sogno americano", decidendo per la lentezza, l'impegno, il rispetto e il senso di responsabilità.
L'amabile David di Will Forte è il "giusto erede" di un genitore vulnerabile che Payne non presenta come esemplare ma come testimonianza eccentrica e irripetibile della possibilità di stare al mondo con qualche passione. E quella di Woody è l'amore, lingua franca di un viaggio che contempla le tracce paterne cicatrizzate nel proprio destino. Su quel padre incerto David ritrova il proprio senso e riprende la strada.


Marzia Gandolfi

Canzoni



Cinema







Jordan Belfort è un broker cocainomane e nevrotico nella New York degli anni Novanta. Assunto dalla L.F. Rothschild il 19 ottobre del 1987 e iniziato alla 'masturbazione' finanziaria da Mark Hanna, yuppie di successo col vizio della cocaina e dell'onanismo, è digerito e rigettato da Wall Street lo stesso giorno in seguito al collasso del mercato. Ambizioso e famelico, risale la china e fonda la Stratton Oakmont, agenzia di brokeraggio che rapidamente gli assicura fortuna, denaro, donne, amici, nemici e (tanta) droga. Separato dalla prima moglie, troppo rigorista per reggere gli eccessi del consorte, Jordan corteggia e sposa in seconde nozze la bella Naomi, che non tarda a regalare due eredi al suo regno poggiato sull'estorsione criminale dell'alta finanza e la ricerca sfrenata del piacere. Ma ogni onda cavalcata ha il suo punto di rottura. Perduti moglie, amici e rotta di navigazione, Jordan si infrangerà contro se stesso, l'inchiesta dell'FBI e la dipendenza da una vita 'tagliata' con cocaina e morfina.
Alla fine di un film di Scorsese ci si convince ogni volta che non si possa andare più in là, che non ci sia più spazio per un'altra inquadratura dopo l'immersione subacquea de Le royaume des fées (Hugo Cabret), che non ci sia un altro sguardo ammissibile dopo gli occhi celesti di un orfano dietro agli orologi e aggrappati alle lancette che scandiscono l'unico tempo che può vivere. Poi vedi The Wolf of Wall Street, commedia nera e stupefacente senza redenzione, e ti accorgi che è possibile. Navy Seal del cinema, Martin Scorsese si spinge daccapo oltre e questa volta negli angoli oscuri dove vivono le cose (molto) cattive e dove ingaggia una battaglia ad alto volume con gli avvoltoi di Wall Street, immorali gangster ma socialmente più accettabili di un gangster.
Jordan Belfort, trader compulsivo impegnato a consumare (letteralmente) il mondo, è in fondo il fratello di quel bravo ragazzo di Henry Hill (Ray Liotta in Goodfellas), che proprio come lui non è frutto dell'immaginazione ed è materia prima su cui si edifica il film. Recitato in prima persona da Leonardo DiCaprio, imperiale nella performance e imperioso nel film, The Wolf of Wall Street afferra in piena e frontale autarchia un personaggio incontinente e talmente brillante che non smette di rilanciare e sperimentare i suoi limiti. Alla maniera del suo 'eroe' le immagini di Scorsese, brillanti e smaniose, sature e vuote, si rigenerano con la costanza di un moto perpetuo, svolgendo l'oscenità bestiale del mondo della finanza e proseguendo la sua analisi antropologica sull'avidità attraverso l'economia americana. Scrupoloso studioso di ambienti, di cui L'età dell'innocenza è il vertice incomparabile, Scorsese introduce in un'ouverture rapida e vorticosa l'universo degli operatori finanziari, un regno delirante e fuori controllo che fa fortuna a colpi di bluff e di transizioni più o meno legali, che pratica il piacere e il cinismo dentro un programma quotidiano di feste decadenti popolate da spogliarelliste, puttane, nani volanti e bestie da fiera. Un'orgia senza fine e senza altra ragione che perseverare nella perversione e nel vizio del denaro e della droga, il primo serve per ottenere la seconda. Così per 'montare' il toro furioso di Wall Street Jordan Belfort tira la cocaina, per restarci in equilibrio ingoia sedativi.
Se si vuole accedere nei luoghi di The Wolf of Wall Street è necessario seguire la 'striscia' bianca e mettere in conto la tachicardia, un'accelerazione di ritmo e un aumento della frequenza delle immagini, in cui non si può fare a meno di leggere l'esperienza psicotropa e autodistruttiva che ha segnato la vita del regista e lasciato un'impronta indelebile nel suo cinema. Una conoscenza estrema e febbrile della 'materia' che ha forgiato il suo stile, l'eccitabilità della macchina da presa, il montaggio vertiginoso e incalzante, le atmosfere paranoiche, quelle ansiogene e quelle insonni. Gli abusi degli anni Settanta poi hanno prodotto un'identificazione primaria tra il giovane Scorsese e Jordan Belfort, di cui l'autore coglie assai bene i comportamenti ossessivi e la grottesca esuberanza, figurando un personaggio irrecuperabile, che cavalca ininterrottamente una cresta isterica e amorale fino al punto di rottura, un'onda di trenta metri che lo inghiottirà senza inghiottirlo davvero mai. Perché Belfort, in cima al suo yacht o sul palco(scenico) del suo ufficio, è un eruttante 're del mondo', di un serraglio di animali selvaggi e predatori. Lupo, leone (il logo della sua azienda e della sua immagine pubblica), toro (l'emblema di Wall Street), scimmie in stato di eccitazione permanente, ubriachi di potere e dipendenti da tutto. Scorsese non fa sconti, figuriamoci lezioni morali, per quelle rimandiamo a Oliver Stone e Michael Moore, rinunciando a qualsiasi forma di empatia col suo personaggio, escludendo la traccia sentimentale di Casinò, la storia di un 'asso' che costruisce un impero per offrirlo a sua moglie, e mettendo in scena niente altro che la pura e semplice ambizione di dilapidare il mondo senza scrupoli e senza rimpianti.
The Wolf of Wall Street è (anche) lo stand-up di un buffone, corruttibile e corrotto leader di una gang disfunzionale, da cui emerge l'ambizione smisurata del trader di Jonah Hill, grande improvvisatore e habitué della commedia 'per adulti' a cui Scorsese regala una delle sequenze più prodigiosamente oscene e fuori misura del film. Maître in materia di cinismo e profitto personale resta nondimeno Jordan Belfort, che il regista riduce a un verme paralizzato dall'abuso di una sostanza chimica, costretto a strisciare fino alla sua vettura, vittima di un'umiliazione che ha contribuito a creare. Un uomo impossibile da redimere che quando infine cade non ha che un'idea nella testa: ricominciare. Un imperatore moderno e wellesiano, che fallisce il successo ed è un fallito di successo, senza 'Rosebud', traumi infantili o segreti da scoprire. Oscillante tra picchi e crisi, ansiolitici ipnotici e droghe stimolanti, The Wolf of Wall Street agisce direttamente sulla chimica cerebrale dello spettatore, che rimane con una penna in mano e la rivelazione di qualcosa di mostruoso e appassionante sulla natura umana. Scorsese ripete la magia, questa volta nera e distruttiva.


Marzia Gandolfi

sabato 2 agosto 2014

Serie Tv






Il clan dei Savastano è una delle organizzazioni più potenti e influenti di tutto il Napoletano. A capo del clan c’è Pietro, un boss vecchio stampo, temuto e rispettato da tutti. Al suo fianco, il braccio destro Ciro Di Marzio, detto Ailandèr, di cui Pietro si fida ciecamente. Pietro ha un erede designato, suo figlio Genny, un ragazzo di vent'anni che si porta addosso centoventi chili e il peso di una vita che non ha scelto. Genny sa di non essere all'altezza del padre, ma sa anche che, quando Pietro deciderà di ritirarsi dagli affari, toccherà proprio a lui guidare l’impero dei Savastano, un impero fatto di ogni genere di affari illeciti, dallo spaccio, agli appalti truccati, al business dei rifiuti. Ma un clan rivale insidia il predominio dei Savastano, quello guidato da Salvatore Conte, pronto a tutto pur di strappare il controllo del territorio al boss. All’indomani di una serie di sanguinosi scontri tra le due organizzazioni criminali, Pietro sembra avere la meglio, ma le forze della legalità lo portano dritto in carcere. Per i Savastano si apre una nuova era: Pietro finisce nel strette maglie del 41 bis, grazie all’intervento di un direttore di carcere che non si piega alle logiche della corruzione. Sarà Imma, la moglie di Pietro, a prendere inizialmente le redini del clan e a gestire gli affari di famiglia, dopo aver neutralizzato Ciro – che vorrebbe approfittare del vuoto di potere per la scalata che sogna da tempo – e suo stesso figlio Genny, considerato ancora inadeguato per l’incarico. Dopo un lungo periodo in Honduras, però, Genny si è fatto le ossa e, tornato a Napoli, è pronto per prendere il comando. E mentre uno dei suoi giovanissimi soldati vive una storia di redenzione e tradisce il sistema, un alleato di sempre trama nell’ombra per scalzarlo, e per farlo riaccende la guerra con il clan Conte. La guerra per conquistare i vertici del Sistema è appena cominciata…Serie magnificamente scritta,girata ed interpretata....

Cinema






Decisosi a parlare e mandare in galera tutta la sua famiglia (o almeno quelli che ha lasciato in vita) assieme al proprio clan, il boss mafioso Giovanni Manzoni è continuamente trasferito da una casa all'altra e da un'identità fittizia all'altra per il programma protezione testimoni dell'FBI. Arrivato con la moglie, la figlia adolescente e il figlio di poco più piccolo in un paesino della Francia, tenterà di sopprimere la sua natura mentre i suoi parenti si integrano a modo proprio con l'ambiente locale.
Intanto in una galera americana, uno dei molti capi che ha fatto incarcerare con la sua testimonianza non smette di cercarlo per chiudere i conti.
C'è il tocco di Martin Scorsese su Cose nostre - Malavita, film di cui è produttore esecutivo e che infatti non ha i soliti toni eccessivi di Luc Besson ma un'inedita (per il regista francese) vicinanza ai temi narrati. Il quadro della famiglia di Cose nostre è infatti un film di mafia post-Soprano, in cui i malavitosi sono persone insospettabilmente normali ma capaci di perpetrare azioni truci nella stessa maniera in cui si va al lavoro ogni giorno. Ma diversamente dal solito il ritratto è contaminato da un affetto, una nostalgia e al tempo stesso un autentico terrore del crimine italoamericano che paiono venire dall'immaginario scorsesiano.
Il calco ufficiale è il romanzo "Malavita" di Tonino Benacquista, quello non ufficiale sembra invece l'unione di In Bruges e Quei bravi ragazzi (che in un momento di metacinema sfiorato viene proiettato davanti al protagonista interpretato da Robert De Niro). È impossibile infatti non notare un certo piacere filmico nel manipolare la trama e i personaggi che compongono la famiglia del film in modo che oscillino in continuazione tra dramma e commedia, tra risata e tensione, facendosi forza di un'ambientazione inusuale (il paesino della Francia del nord) utilizzata con una chiave satirica che ricorda il film di McDonagh. Al tempo stesso è anche evidente come uno dei punti chiave della trama sia la discesa del boss, il suo essere ridotto al rango di persona normale, privato dei privilegi, del rispetto e della deferenza che sono dovuti ad un criminale del suo rango e costretto a subire i consueti soprusi di tutti i giorni invece che imporli agli altri, come accade all'Henry Hill di Ray Liotta.
Non c'è quindi molto di originale nel film di Besson, che da sempre è più un abile masticatore di cinema altrui che un creatore originale, tuttavia questa volta il miscuglio è più bilanciato e armonioso del solito. Superando la chimera dell'originalità a tutti i costi, Besson riesce a saltare dall'high school movie alle sparatorie in mezzo alle strade, dai dialoghi screwball dei due coniugi a quelli noir tra De Niro e Tommy Lee Jones, con un'agilità che non fa sentire nessuna fatica al pubblico, anzi esalta le qualità del film.



Gabriele Niola

Canzoni


Cinema







C'era una volta Jasmine, reginetta mondana di Park Avenue, sposata al carismatico Hal, uomo d'affari che la viziava e lusingava. Ma Hal era anche un truffatore e un fedifrago e la fine del loro matrimonio ha portato Jasmine alla bancarotta e all'esaurimento nervoso. Sola e in balìa degli antidepressivi, la donna si trasferisce a San Francisco per vivere con la sorella Ginger, che spinge ad essere più ambiziosa in amore, scatenando la reazione del fidanzato di lei, Chili.
Rassicurati dall'esordio all'insegna dell'abituale jazz sull'abituale font dei titoli di testa, rigorosamente nell'abituale bianco su nero, ci prepariamo all'abituale "ronde" di incontri ed incroci e dissertazioni più o meno umoristiche sulla tragicommedia della vita, ma pian piano veniamo zittiti e sorpresi da un personaggio femminile gigantesco, che è insieme tutte le attrici di Woody Allen (Mia Farrow e Dianne Wiest in particolare, ma anche la Gena Rowlands di Un'altra donna) e una protagonista senza precedenti, per maturità di scrittura e resa interpretativa.
Jasmine arriva da New York a San Francisco in prima classe, senza smettere un secondo di raccontare i dettagli della sua storia alla vicina di posto, che si rivela essere una perfetta sconosciuta. Poi sarà la volta dello sproloquio riservato ai nipotini grassocci, altrettanto interdetti, e sempre di più del monologo, perché Jasmine non ha altro interlocutore possibile che se stessa: è un personaggio tragico, che non sa adattarsi al presente, legata ad un passato che non smette di riaffiorare e ad un immaginario (lo stesso per cui ha cambiato il suo nome da Jeanette in Jasmine) che si è costruita addosso come una seconda pelle.
Il fatto che la crisi della protagonista sia in relazione con la crisi della finanza e con l'ambiguità morale di una certa condotta di vita, non ci dice soltanto dello scarso ottimismo sociale del regista, che di per sé è cosa nota, ma ci racconta anche quanto lucido e attuale sia il suo sguardo sul mondo, quanto acutamente antropologico, anziché narcisista come viene spesso liquidato. Ci ricorda lo straordinario talento del comico newyorkese per la tragedia. Ci fa vivere ogni minuto l'effetto che fa uno scambio d'eccezione come quello tra il regista giusto e la giusta musa. Lui le consegna un copione perfetto, memore di Fitzgerald e Blanche DuBois (ottima anche Sally Hawkins nei panni di Stella/Ginger), e lei lo fa vivere con una forza e una vulnerabilità dirompenti. La regia di Allen, vibrante e sofisticata come non era da tempo, non nasconde la compassione, la Jasmine di Cate Blanchett, che sullo schermo parla da sola, instaura un dialogo speciale con la macchina da presa. Insieme, mantengono la leggerezza fino all'ultimo, mentre il dramma si va lentamente affacciando e imponendo.


Marianna Cappi

venerdì 1 agosto 2014

Immagini





Monache buddiste in preghiera
fotografia di Anna Alberghina

A Koyasan, in Giappone, ho incontrato questo gruppo di monache nel suggestivo cimitero buddista Okunoin sul Monta Koya. Come fanno ogni giorno, hanno iniziato a recitare le preghiere del mattino, trasmettendomi una straordinaria sensazione di pace.

Canzoni


Serie Tv






Frank Underwood è un deputato del congresso degli Stati Uniti con una grande ambizione.Muove gli altri come pedine puntando ad un solo risultato:scalare il potere.Serie che illumina sugli intrighi nella più grande potenza mondiale,su come viene gestita la politica,sulle continue transazioni,compromessi,intrighi,tutto per un unico scopo,accrescere fama,denaro e potere ed avere successo.Kevin Spacey è magistrale come sempre nell'interpretazione,e sa rendere come pochi la mancanza di scrupoli dei politici,perchè la vicenda può essere presa a metafora di qualunque governo di qualunque Paese.

Cinema






Il volo 2549 della compagnia Península, diretto a Città del Messico, registra un danno tecnico al carrello. Azzoppato come il suo bizzarro equipaggio, l'aereo gira in tondo sul cielo di Toledo in attesa che un aeroporto venga attrezzato per gestire atterraggio e emergenza. 'Narcotizzati' i passeggeri e le hostess della classe turistica, a vegliare i pochi clienti della business ci sono due assistenti di volo e il responsabile di cabina, col vizio della tequila e del sesso ad alta quota. Invaghito del capitano, bisessuale, non disdegna una fellatio al co-pilota, ancora indeciso sulla sua natura e in attesa di istruzioni dalla torre di controllo. Composti ai loro posti conversano intanto di vita e di morte una coppia di sposi novelli e drogati, un finanziere ricercato, un killer professionista, un playboy irriducibile, una consumata protagonista della cronaca rosa e una rabdomante di trapassi vergine. Intrattenuti con siparietti e agua de Valencia corretta alla mescalina, sognano il Messico e dimenticano la paura, 'precipitando' nel sesso e nel piacere.
Dopo aver 'cambiato pelle' e abitato i tessuti delle emozioni, Pedro Almodóvar lascia il principio di realtà per quello del piacere. Decollato e invertita la rotta, vola verso il passato e una ritrovata esuberanza sessuale. A governare un aereo in avaria e in volo a ellissi su Toledo è la legge del desiderio e il registro dell'eccesso, congenitamente connaturato all'"almodramma". Emancipata e ardente, Gli amanti passeggeri è una commedia alla mescalina e come l'alcaloide del peyote ha un'azione eccitante sullo spettatore e sui passeggeri, che affollano una fusoliera satura di colori, pop e omosessualità. Radicale e in barba alle mezze misure, Almodóvar gira un film che pratica l'amoralità propria dello humor camp, guardando alla Spagna e alla crisi che l'ha piegata.
In panne, come il suo aereo, la Península gira a vuoto dentro un cielito lindo, indecisa se precipitare o atterrare. Nell'attesa, mentre la classe operaia è sedata per evitare il panico e le 'discese' in piazza, la 'prima classe' si intrattiene come può dopo aver fallito a terra vita, matrimoni e banche. Se il Paese vive in equilibrio inerziale sotto un regime di dittatura finanziaria, nell'alta quota della finzione Almodóvar cerca e trova la sua catarsi, risvegliando i suoi personaggi agli anni della movida madrilena.
La sregolatezza e la piena libertà che caratterizzarono lo spirito della capitale spagnola nell'era postfranchista risalgono come un rigurgito o uno schizzo organico a sfogare il dolore, la perdita e la sconfitta. La dismisura impatta il compromesso e drammatizza una realtà che in Spagna come in Italia ha preferito governare e controllare le pulsioni melodrammatiche dell'immaginario collettivo, declinandole in forme espressive addomesticate. In un tourbillon di lacrime, desideri, turgori, umori, eccessi, cadute, impennate, punti esclamativi ritmici e coreografici, Almodóvar cortocircuita personaggi, destini e dialoghi fino all'appagamento nell'amplesso. Perché il suo cinema non conosce scacco e trova sempre soddisfazione, rimandando la morte o raggiungendo il massimo piacere nel suo approssimarsi.
Lasciata la casa e la città, collocazioni ideali della sua filmografia, l'autore spagnolo pratica l'autoerotismo a cinquemila metri di altezza, invitando i suoi attori a una sessualità gioiosa. Lo sanno bene Javier Cámara, Carlos Areces e Raúl Arévalo, steward ineguagliabili e gaissimi dentro un crescendo musicale. Sulla pista restano invece gli attori di ieri, amabili zavorre e indissolubili legami. Assegnati ai blocchi e al trasporto bagagli, Penélope Cruz e Antonio Banderas sono comparse 'gravide' di (altre) storie.


Marzia Gandolfi

Libri






Fernand Ravinel, rappresentante di commercio, uomo vile, dall'esistenza grigia e mediocre, progetta insieme alla sua amante, la dottoressa Lucienne Mogard, l'uccisione della moglie, una donna fragile e malaticcia. Il classico "delitto perfetto", fatto passare per incidente. Tanto perfetto, però, che a un certo punto il cadavere sparisce: il delitto sembra non essere mai stato consumato, e la donna, presenza fantomatica e invisibile, comincia a riaffacciarsi nella vita e nelle ossessioni del marito. La vicenda si avvierà verso una tragica risoluzione finale, solo quando la verità sanguinosa e brutale esploderà nell'universo borghese e abitudinario in cui si muovono i tre protagonisti.Un libro che si legge tutto d'un fiato,a metà tra un libro di Simenon,per le atmosfere che sa ricreare,e un film di Hitchcock,per l atensione che esercita sul lettore.Un piccolo grande libro che spiega da solo come saper creare una storia accattivante senza annoiare e riuscendo a sorprendere sempre.

Cinema






Nel 2009 il capitano Richard Phillips lascia la sua famiglia nel Vermont per guidare la nave porta container USA Maersk Alabama dall'altra parte del mondo. In acque extraterritoriali, il suo bastimento viene però attaccato da un manipolo di pirati somali, armati e pronti a tutto, e Phillips viene rapito, in cerca di riscatto.
Serve a poco che i pescatori somali chiamino il personaggio di Tom Hanks "Irish" anziché yankee: il film si nasconderebbe dietro un dito se non desse per evidente e garantito che quello che racconta è un attacco alla ricchezza battente bandiera americana da parte di un gruppo di poverissimi, ricattati da un locale signore della guerra e dunque in qualche modo "obbligati" a recitare la parte dei cattivi e a posizionare Hanks e i suoi in quella degli eroi. Ma non è questo il punto, o meglio è solo il punto di partenza.
Greengrass si trasferisce dal ventre dell'aereo United 93 a quello di una nave che porta soccorsi umanitari, ma la sostanza non cambia, e non solo perché si tratta della ricostruzione di una storia vera, ma soprattutto perché, se là era la fine ad essere nota, qui lo è in qualche modo la premessa. Il governo americano non abbandona i suoi cittadini (è una morale che torna sempre più spesso nei film hollywoodiani degli ultimi anni), foss'anche uno solo, e non importa quali e quanti costi umani e militari questo comporti. La cavalleria arriverà e quella somala potrebbe allora tradursi in un'altra missione suicida, ma -ancora una volta- l'abilità cinematografica di Greengrass sta tutta nel saper creare, tra due estremi noti, una tensione che non lascia scampo.
La scrittura non è mai stato il punto di forza dei film da lui diretti, e i dialoghi di Captain Phillips non si segnalano per particolare smalto, ma questa volta la dinamica narrativa è più semplice e al contempo più sofisticata. Dalla condizione di assedio, che vede tutti contro tutti, il film vira ad un certo punto verso un contesto più asfittico e cardiopatico: l'Iliade si trasforma così in Odissea e Philipps si ritrova a vivere una serie di peripezie in solitaria. Per tornare a casa, dovrà ricorrere alle sue doti umane (il rapporto tra i due capitani è lo spazio emotivo del film), all'astuzia e alla fede in un'entità superiore (i Seals).
L'ambientazione in alto mare, il ritratto lucido della Marina statunitense nei suoi vari gradi, l'impatto visivo e metaforico della piccola scialuppa circondata dalle enormi navi da guerra sono parte integrante dello spettacolo inscenato da Greengrass. Completa il quadro la performance di Tom Hanks e il cast di non professionisti che dà sguardo e sangue ai pirati somali. Non si cerchino, però, grandi spunti etico-politici: that's entertainment.


Marianna Cappi

mercoledì 30 luglio 2014

Pensieri








Che importa l'eternità della dannazione a chi ha trovato, per un attimo, l'infinito della Gioia? 


Charles Baudelaire, Lo spleen di Parigi, 1855/64 (postumo 1869)

Serie Tv








Catherine Jensen è una detective della omicidi che si occupa di dare la caccia ai serial killer e allo stesso tempo cerca di scoprire la verità dietro la scomparsa di suo fratello. Catherine si è conquistata la reputazione di detective poco incline a seguire le regole pur di mettere le mani sugli assassini più brutali di Pittsburgh. Motivata dal suo passato, dalla scomparsa di suo fratello e dai sospetti sul suo patrigno, spesso si trova coinvolta emotivamente nei casi in cui lavora, stabilendo un legame con le vittime. Jensen è affiancata da Thomas Schaeffer, uno psicologo forense che a sua volta ha una relazione burrascosa con il dipartimento di polizia.Serie atipica,ha una detective non bellissima,non wonder woman,non super sexy,bensi una donna normale che ha anche notevoli scompensi comportamentali,eppure grazie proprio al suo passato di violenze subite riesce ad immedesimarsi nelle vittime e dare la caccia senza tregua a dei serial killer spietati.All'inizio risulta disturbante la proyagonista ma dopo ci si affeziona a lei,alle sue debolezze,alla sua solitudine,al suo pesante passato e si tifa spudoratamente per questa donna che sembra in tutto e per tutto il ritratto della perdente mentre invece dimostra di valere molto,come persona e come detective.

Cucina







Ci sono ricette tradizionali legate al territorio in cui nascono e che acquistano un sapore più intenso se assaporate proprio in quei luoghi, dove il tempo sembra essersi fermato. Se vi capita di passare per Roma, dovreste riservare un momento per assaggiare la crostata di ricotta e visciole al quartiere del ghetto. La ricetta originale, infatti, appartiene alla tradizione ebraica ed è entrata a tutti gli effetti tra le preparazioni della gastronomia romana.
Seguendo passo passo la preparazione otterrete un dolce di morbida pasta frolla con un cuore di ricotta, crema pasticcera e visciole. Tre strati di bontà racchiusi in un'unica torta che riequilibrano in maniera golosa la dolcezza della ricotta e del velo di crema con il gusto piacevolmente asprigno delle visciole, la varietà più selvatica delle ciliegie.Eccellente!

Canzoni


Pensieri


Canzoni


Serie Tv






Masters of Sex è una serie televisiva statunitense di genere drammatico creata da Michelle Ashford, che ha debuttato il 29 settembre 2013 sul canale via cavo Showtime. È basata sulla biografia di Thomas Maier Masters of Sex: The Life and Times of William Masters and Virginia Johnson.
La serie ha per protagonisti Michael Sheen e Lizzy Caplan, che interpretano i reali pionieri della sessualità umana, il sessuologo William Masters e la psicologa Virginia Johnson, raccontando le loro vite e le loro ricerche che hanno segnato la rivoluzione sessuale.Non ha nulla di morboso e pruriginoso,ma al contrario spiega bene la nascita e l'evoluzione della più grande rivoluzione riguardo il comportamento sessuale umano,la ricerca del dr.Masters.Coadiuvato da una donna fuori dal comune come Virginia Johnson riusciranno a scardinare pregiudizi e preconcetti della società americana degli anni 60,ponendo le basi della futura sessuologia,intesa come vera scienza e vero studio dei comportamenti e delle malattie in questo campo.Gli attori sono tutti bravissimi e la ricostruzione storica esemplare,una serie che appassiona fin da subito.

Libri









Libro di viaggio letto tutto d'un fiato in una visita in un'altra città per lavoro,affascina la semplicità di scrittura di Canetti,il suo indagare rispettoso gli usi,i costumi,le tradizioni,della gente di questa città del Marocco.I suoi occhi sono occhi di occidentale ma non sono mai disincantati,invece sempre partecipi delle tragedie umane vissute li come la povertà estrema,la pazzia,la prostituzione,la fame,la mancanza di lavoro,le crudeltà inflitte agli animali.In pochi e brevi capitoli viene illustrato un microcosmo che poi non è molto distante da quello che poteva essere il nostro Sud negli anni 50,dove il sacro abbraccia spesso il profano e dove persino in un gesto disgustoso come il masticare una moneta si può trovare il senso di un'intera esistenza.

Cinema








Abscam era il vero nome di un'operazione dell'FBI che negli anni '70 incastrò alcuni membri del congresso con l'aiuto di una coppia di noti truffatori.
Irving Rosenfeld che per anni aveva guadagnato promettendo a persone disperate cifre grosse in cambio di cifre piccole senza mai corrispondere nulla, fu incastrato assieme alla sua socia e compagna Sydney Prosser e costretto dall'agente Richie DiMaso ad aiutare l'FBI nell'organizzazione di una truffa ai danni di politici e mafiosi. Quello che nessuno aveva calcolato era però la devastante presenza della vera moglie di Irving, un ingestibile tornado di problemi.
La storia che David O. Russell trae dalla sceneggiatura di Eric Singer rifiuta subito qualsiasi realismo storico in stile Argo e si getta a capofitto nel tunnel del grottesco, prediligendo l'uso sfarzesco ed esagerato di costumi d'epoca e parrucche (eccezionale quella totalmente implausibile di Jeremy Renner) per conferire ai suoi personaggi quell'aura di amabile vulnerabilità con cui è solito condirli per avvicinarli al pubblico. Dunque è senza proibirsi nessuna delle sue consuete ruffianerie che Russell ha realizzato forse il suo film più convincente.
Su tutta la vicenda narrata aleggia l'ombra flebile di un conflitto tra i più comuni al cinema, ovvero il rapporto che la finzione instaura con la realtà (cosa implichi cioè per due individui l'essere uniti dal proporsi a oltranza per quello che non sono), si basasse realmente su questo però American hustle non avrebbe speranze di generare interesse, tanto è svogliata la trattazione dell'argomento. Nel dipanarsi e intrecciarsi dei rapporti tra i quattro protagonisti è infatti evidente che sono i piccoli momenti autentici in un mare di bugie quel che David O. Russell ama filmare e quindi i più sinceri da guardare.
Già The Fighter e Il lato positivo mettevano dei personaggi animati dalle migliori intenzioni di fronte agli ostacoli che le proprie debolezze e quelle delle persone che gli sono più vicine pongono per il raggiungimento di una vittoria reale, metafora di una più profonda e spirituale. Sia un incontro di boxe, una gara di ballo o come in questo caso una serie di arresti di proporzioni sempre più esagerate, il raggiungimento dello scopo finale nei film di Russell è dimostrazione di qualcosa di più grande e sembra essere sempre subordinato al confronto con la fragilità dei rapporti umani. Dividendo in quattro personaggi (variamente tarpati nelle loro ambizioni, condannati a fregarsi ma anche in grado di salvarsi vicendevolmente) le istanze solitamente portate da una coppia, il regista trova finalmente la chiave migliore concentrandosi sulla componente determinante del suo cinema: la recitazione.
Tutti e quattro gli attori protagonisti, con cui Russell ha già lavorato nei suoi film precedenti, forniscono una prestazione fuori dalle loro rispettive medie. Nonostante espedienti grossolani e dalla mano pesante come la serie di ellissi temporali che saltano eventi importanti della storia per poi recuperarli con brevi flashback, ogni scena di American hustle è sostenuta con una credibilità e una sincerità sentimentale talmente potenti da iniettare il dramma necessario nei momenti più divertenti e l'ironia più commovente nei momenti drammatici.
Fin dal ruolo più piccolo ma fondamentale di Jennifer Lawrence a quello del vero protagonista, ovvero l'Irving di Christian Bale, collettore di ogni frustrazione e portatore dei conflitti più amari senza ricorrere ai soliti eccessi dell'attore ma attraverso una misura commovente, ogni sguardo sembra poter materializzare il sogno del cinema di mettere una lente di ingrandimento su quelle sensazioni umane per le quali non esistono parole.


Gabriele Niola

domenica 27 luglio 2014

Dipinti



Enrico Castellaneta            Meriggio Marino a Capri  1898

Comicità







L'umanità si trova oggi a un bivio. Una via conduce alla disperazione, l'altra all'estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene.


Woody Allen

Canzoni


Serie Tv











Raymond "Red" Reddington, uno dei più pericolosi criminali nella FBI Ten Most Wanted Fugitives, si costituisce all'agenzia offrendosi di fornire informazioni su ogni persona con cui abbia lavorato: chiede però di parlare solo con Elizabeth Keen, una giovane profiler al suo primo giorno di servizio. Questa richiesta, all'apparenza incomprensibile, costringe l'agenzia a rendere Elizabeth parte integrante di una segreta task force, che da quel momento inizia a occuparsi essenzialmente dei casi forniti da Red.
Da subito emerge come la speciale blacklist stilata da Reddington abbia un carattere molto personale: l'uomo, infatti, grazie a questa vuole liberare la piazza dai suoi principali nemici, avvalendosi delle forze dell'FBI; il Bureau non può tuttavia esimersi dal catturare quelli che sono a tutti gli effetti dei criminali, dando così l'avallo a questa singolare collaborazione. Queste cacce all'uomo finiscono ben presto per intrecciarsi con le vicende personali della stessa Elizabeth, che su soffiata di Red inizia a dubitare perfino della reale identità del marito. Altro enigma che scuote Lizzy, orfana dai tempi dell'infanzia, è capire quale sia la vera natura del legame tra lei e Reddington, arrivando a ipotizzare che l'uomo possa essere suo padre.Tutto poggia sulle abili spalle di James Spader,qui più misurato e quindi più efficace che mai nella sua recitazione.lo script è buono e la serie scorre via con la consueta ammirazione per la cura dei dettagli che gli americani mettono sempre nelle loro serie.

Poesie





                                                                                              Il cielo in me 



                                                               Io non devo scordare
                                                                che il cielo fu in me.

Tu
eri il cielo in me,
che non parlavi mai del mio volto,
ma solo quand' io parlavo di Dio
mi toccavi la fronte
con lievi dita e dicevi:
«Sei più bella così, quando pensi
le cose buone.»
Tu eri il cielo in me,
che non mi amavi per la mia persona
ma per quel seme di bene
che dormiva in me.
E se l'angoscia delle cose a un lungo
pianto mi costringeva,
tu con forti dita
mi asciugavi le lacrime e dicevi:
«Come potrai domani esser la mamma
del nostro bimbo, se ora piangi così?»
Tu
eri il cielo in me,
che non mi amavi per la mia vita
ma per l'altra vita
che poteva destarsi in me.
Tu
eri il cielo in me
il gran sole che muta
in foglie trasparenti le zolle
e chi volle colpirti
vide uscirsi di mano uccelli
anzi che pietre - uccelli
e le lor piume scrivevano nel cielo
vivo il tuo nome
come nei miracoli antichi.
Io non devo scordare
che il cielo fu in me.
E quando per le strade - avanti
che sia sera - m'aggiro ancora
voglio essere una finestra che cammina,
aperta, col suo lembo
di azzurro che la colma.
Ancora voglio
che s'oda a stormo battere il mio cuore in alto
come un nido di campane.
E che le cose oscure della terra
non abbiano potere
altro su me,
che quello di martelli lievi
a scandere sulla nudità cerula dell'anima
solo il tuo nome.

 novembre 1933  Antonia Pozzi

Pensieri


Libri






E' uno di quei classici della letteratura che,quando si scopre,diventa uno di quei libri che rimangono dentro.Hardy è eccellente nel descrivere la campagna inglese,le abitudini dell'epoca vittoriana,la vita lenta e placida dei paesini inglesi.I personaggi sono memorabili,soprattutto Gabriele Oak,quello che poi si rivela il vero caposaldo della struttura narrativa di questo affascinante libro.Pur contestualizzato nell'epoca in cui fu scritto,si legge piacevolmente e senza intoppi,e quando giunti alla fine è un vero peccato chiudere le pagine perchè si vorrebbe ancora essere immersi nell'atmosfera del libro e nelle vite dei personaggi narrati.

Canzoni






Per Luca....

Serie Tv







Al suo primo giorno alla CIA in qualità di tirocinante, Annie viene subito mandata in missione dalla sua nuova divisione Protezione Nazionale.Inizia cosi una delle serie svolta all'interno della CIA.Ci mostra come opera,gli strumenti tecnologici che utilizza,le forze che ha in campo,le risorse umane e come vengono impiegate,insomma viene svelato tutto un mondo che a noi appare invisibile ma che è realissimo e che guida le nostre vite.Tutti molto bravi gli attori,credibili nelle loro parti.serie adatta a chi ama il mondo dello spionaggio ed è affascinato dai colpi di scena e dall'azione.