domenica 31 ottobre 2010

Cinema


Un film intenso,commovente,basato sui sentimenti e sulla loro forza e debolezza.Ci mostra lo spaccato degli USA mentre veniva approvata la legge sui diritti civili che equiparava bianchi e neri,ma solo sulla carta,in realtà i neri venivano ancora aggrediti,picchiati ed erano esclusi da professioni e da una normale e condivisa vita civile.La storia.Una ragazzina piccolissima durante un litigio tra i genitori senza volerlo spara e uccide la madre.Vive dieci anni con un padre violento e anaffettivo e alla fine decide di scappare con la sua tata di colore rifugiandosi presso la casa di una signora di colore che produce miele.Non racconto le vicissitudini perchè secondo me è uno di quei film che vanno visti assolutamente,se vi è piaciuto "Il colore viola"apprezzerete anche la delicatezza di questo film.Straordinaria l'interpretazione della adolescente Dakota Fanning che dimostra un talento incredibile.

Canzoni

Canzoni

sabato 30 ottobre 2010

Libri


"Non sono riusciti a ripartire.Non ce l'hanno fatta.Ma non è stato per la tempesta.Non è stata soltanto la tempesta.Sei stato tu?Forse.E perchè?Perchè non potevo più restare qui da solo".Una distesa sconfinata di ghiaccio.Il blizzard,il vento polare che soffia spazzando via tutto.Un pugno sparuto di uomini che decide di conquistare quella landa desolata dove nessun umano ha mai messo piede.L'Antartide,90° parallelo.45° sotto zero.Una sfida impossibile.Camminare ore e ore nel nulla senza nessun riferimento,con la neve che ti arriva fino alla vita,trainando slitte pesantissime,accompagnati solo dal freddo insopportabile e dai pensieri.Un gruppo capitanato da Scott,uomo abituato alle sfide,al comando,a non arrendersi mai,alla responsabilità pesante del gruppo,a studiare i percorsi fumando la pipa.A varie tappe si avvicinano al punto più estremo della Terra,rimarranno in cinque a tentare quell'impresa,pronti a tutto,a non vanificare gli sforzi immensi che li hanno portati a superare l'insuperabile,a vincere il freddo intenso,i propri pensieri rivolti alle case,alle famiglie,alla normalità,a dominare la fatica,i piedi e le mani congelate,a dormire nei sacchi a pelo fradici,ad avere i vestiti talmente inzuppati dall'acqua da rimanere attaccati al corpo.Arrivando troveranno la bandiera norvegese,preceduti da Amudsen e il suo gruppo e questo segnerà dentro i cinque esploratori che trascineranno nel viaggio di ritorno,con le slitte,il peso della sconfitta,il sapore amaro di aver lottato inutilmente.Moriranno uno per uno,non riuscendo a raggiungere,per poche miglia,il primo punto creato con vettovaglie e il poco combustibile rimasto per riscaldarsi.Quando li ritroveranno,completamente congelati,mesi dopo,troveranno i diari.Atkinson li leggerà ripercorrendo mentalmente gli ultimi momenti di vita del gruppo e occupandosi personalmente di creare il tumulo di ghiaccio che sarà la tomba degli sfortunati esploratori.Camminando verso il 90° parallelo ogni esploratore aveva la percezione,la forte sensazione,quasi fisica,di avere accanto un altro uomo,c'era qualcuno con loro,tra loro,che li ha seguiti dall'inizio della spedizione alla fine."Non te ne andrai Atch.Non te ne andrai cosi facilmente anche se prima o poi tornerai a casa.Ma da qui non te ne andrai mai più".Chiunque abbia il privilegio di leggere questo capolavoro resterà li,accanto a quegli indomabili coraggiosi e continuerà a leggere dentro di sè,pagina dopo pagina,questo prezioso manoscritto.

venerdì 29 ottobre 2010

Cucina


PANISSA DI FARINA DI CECI - ANTICA RICETTA LIGURE



Economicissima, semplice da fare e gustosa, la panissa è un tipico piatto genovese da mangiare da sola o come contorno al pesce. si prepara con la farina di ceci, acqua e olio, come la farinata.

Potrete poi scegliere se friggere i dadini di panissa o usarli in insalata.

La panissa è sicuramente un piatto antico, oggi lo chiameremmo "street food": Da tempi immemorabili serviva ai liguri come spuntino, o pranzo di mezzogiorno: nutriente e gustosa risolveva il problema della fame di studenti, operai, marinai in porto... di tutti coloro cioè che hanno robusto appetito e pochi soldi in tasca. Purtroppo non ci sono storie o leggende particolare da raccontare su questa ricetta: semplicemente si prepara e si mangia da secoli nello stesso modo.
Ingredienti per 4 persone:
250 gr. di farina di ceci
Succo di 1 limone
Olio extravergine d’oliva
Sale marino q.b.
Intiepidite un litro di acqua salata in una pentola e, dopo averla tolta dal fuoco, stemperatevi la farina di ceci, aiutandovi con una frusta da pasticcere.
Continuate a mescolare fino a che non si presenterà un composto ben amalgamato, a questo punto potrete rimettere la pentola (meglio se antiaderente) sul fornello e cuocere a fuoco moderato per circa un’ora.
Quando sarà cotta condite con pepe nero macinato fresco, limone ed olio extravergine d’oliva.



Accanto al modo più tradizionale di mangiare la panissa , vi offriamo delle variazioni da provare: aggiungete solo pepe nero e rosmarino, oppure provatela aggiungendo un cucchiaino di cumino . Utilizzatela come “polenta” di contorno preparando un sughino in bianco di gamberoni, semplicemente lasciandoli soffriggere con un po’ d’olio d’oliva, uno spicchio d’aglio ed un po’ di vino bianco secco. Comunque la proviate, la panissa vi regalerà il sapore pieno e semplice delle pietanze di una volta! Se poi avanza, come i buoni liguri ci insegnano…niente si butta, anzi, è ancora più gustosa tagliata a fettine e fritta!

Cinema


Un tuffo.Il fondo marino.La testa che tocca violentemente la sabbia profonda.L'immagine iniziale e l'immagine finale chiudono il cerchio di questa storia,di questa vita,perchè il film narra una storia realmente accaduta,quella di Ramon Sampedro,il primo uomo in Spagna ad avere posto il problema dell'eutanasia come scelta personale di porre fine alla propria sofferenza,alla propria incapacità di essere di nuovo sè stessi pienamente,senza dipendere da nessuno.Ramon è costretto immobile su un letto curato dai familiari che sopportano il suo sarcasmo e le sue continue richieste di aiuto a morire.Con il nipote ha un rapporto particolare,lo vede quasi come un figlio e con lui inventa nuovi oggetti,nuovi meccanismi in una dolce complicità.A lui dedicherà la sua poesia più bella.Aggrappati al destino di Ramon ci sono la sua avvocatessa che cerca in tutti i modi di modificare la legge e permettere a Ramon di portare a termine il suo intento senza andare contro la legge,a sua volta vittima di un destino crudele e che vivrà con Ramon un legame intensissimo e tenero;La cognata che lo cura,lo lava,lo veste,lo imbocca,gli dà le medicine,come una mamma al suo figlioletto,e nella sua semplicità si scorge tutta la profondità di una donna che vive in silenzio i suoi sentimenti;La giovane che,incuriosita dalla sua storia sentita alla radio,va a trovarlo e inizia con lui un cammino che porterà all'amore e alla sua scelta definitiva d'amore.Il tutto condito dalle musiche di wagner,dal nessun dorma,dalla bellezza dei suoni,dalla bellezza dei paesaggi che sono oltre quella finestra,dalla bellezza di una corsa fuori dal letto che ti proietta oltre le valli,oltre le colline,fino a raggiungere una spiaggia assolata,abitata da una sola donna,che lo osservava,e poi il respiro profondo,la salsedine che penetra forte nelle radici e poi giù,il volo.Semplicemente straordinaria l'interpretazione di Bardem,per me un grandissimo attore,la regia stupenda,tutto è armonia e perfettamente dosato,l'emozione,la riflessione,il sorriso,l'umana pietà,la filosofia,l'amore,la disperazione,il dolore,la vita che scorre e quella che vorrebbe fermarsi per sempre.Un capolavoro.

Poesie


Voglio trascinarti -- Scritta da -- elyerinne

Voglio trascinarti
In un dove tra soli periti
Laddove
Possiamo imbottigliare
Le percezioni dei nostri occhi
Laddove
Si fermenta il miglior vino
E si sorseggiano
Le nostre spirali.
Voglio accompagnarti
In un quando tra tempi tridimensionali
Nel momento
In cui sarà sufficiente
Il fumo plumbeo del cuore
Nel momento
In cui la tua fotosintesi
Si farà cappa
Del mio vapore.
Voglio spingerti
In mille perché tra piogge orizzontali
Per sentire
Le tue prigioni
Sopra le mie ombre
Per sentire
Giungere a me
La tua ambra di volto
Avvolta in querce di mie proiezioni.

Haiku


spiaggia alla bassa marea:
tutto ciò che prendo
è vivo

Chiyo-jo

Canzoni

domenica 24 ottobre 2010

sabato 23 ottobre 2010

Poesie


La Ballata Dei Cuori Pensanti.......di Beatrice Ricottilli(archivio di stato dell'Aquila)



Vi abbiamo visti li,mentre la notte cedeva dolore e tragedia ad un'alba livida e fredda....
come falene pronte a farsi catturare da uno scintillio di luce; a grappoli,succosi chicchi d'uva sbriciolati su un letto disfatto;sparsi qui e là,aggrappati a nuvole di polvere e alla speranza.
Con le mani nude,armate di audacia per strappare via la morte in agguato tra le macerie,congli amici cani,addestrai alla fiducia,per essere più forti,con il cuore di pane per sfamare il coraggio.Testimoni concreti e silenziosi di una città braccata,stanata,violentata da una forza titana e cieca,sconosciuta e matrigna che ha rubato e mietuto,separato ed oltraggiato,offeso....Falciato come in un campo di grano la spiga buona e quella malata;la spiga giovane e quella matura;reclinata,fresca o semplicemente pronta a diventare pane.
Vi abbiamo visti li,sul fronte di una guerra senza filo spinato,senz'armi e senza vincitori,quando noi eravamo sbalorditi e vaganti come anime in pena,spettatori e protagonisti di un film di orrore diretto da un ottimo,perfido regista.
Eravate li a liberare l'uomo da ciò che,fino ad un attimo prima,rappresentava la sua stabilità,la sua sicurezza,la sua appartenenza,e che,ancora lo avvicina come ogni animale a madre terra:la tana,il rifugio,la casa,diventata in un soffio di tempo prigione e sepolcro.
Alacri e impavidi,macchine di pace avete respirato cemento e amianto,morte e disperazione,senza lasciare che il tempo rubasse la speranza alla vita,tante vite,per giorni interi ed intere notte,noi li con i nostri sguardi spauriti appoggiati ai vostri per bere pace e coraggio da inesauribili fonti,e voi li,macchine di forza e di umiltà,anche quando riflettori di ipocrisia agitavano sul vostro lavoro fasci di luce falsa per catturare,fuori campo,la voce stridula dei potenti sparsa sul dolore a spendere parole vuote e vuote speranze,il vostro operoso silenzio ha saputo gridare giustizia al mondo.
Senza tripudio,senza gloria,senza frastuono,senza patria nè nome,semplicemente umanità,siete passati,angeli della morte e della vita,siete andati altrove,migrati come uccelli di passo,a coprire con ali possenti le miserie umane,lasciando un esempio concreto ed un senso alla tragedia:si annienta veramente la morte quando rimane viva la memoria,la memoria dell'uomo fatta di case e palazzi,ma anche di carte e pietre,archivi,biblioteche,monumenti,storia radici.
Lontano da voi,operai di speranza,costruttori di pace,rimangono trecento nomi a scuoterci,a chiamarci,a chiederci il conto ed il perchè;ad inchiodarci sulla croce delle nostre responsabilità,ognuno per sè,ognuno con la propia coscienza,quando ancora se ne ha.
Rimangono trecento nomi e uno.
Uno di voi,per sempre uno di noi vigile del fuoco,fratello e padre,collega e amico,cuore pensante che ha lasciato,in cambio di molte,la sua vita stessa al sole come un lenzuolo immacolato,vera bandiera di ogni patria,su cui poter scrivere questa storia cosi simile a quella di un martire o un santo e che invece appartiene semplicemente ad un uomo vero.
A lui,croce di umiltà,a tutti voi che ci avete lasciato con l'esempio concreto il senso vero della vita,della fratellanza e della solidarietà,ma soprattutto il raro dono dell'umiltà,le nostre piccole voci possono intonare un canto d'amore e di solida speranza.
Le nostre braccia troppo vuote e deboli per contenervi possono però stringervi con l'abbraccio che più vi rappresenta: L'abbraccio ideale,intenso,sincero,puro,veramente libero di una poesia.

venerdì 22 ottobre 2010

Canzoni

Teatro

Cinema


Una di quelle pellicole che non ti stancheresti mai di vedere e rivedere.La storia del pugile jim Braddock dall'ascesa dai ring di periferia alla caduta in miseria fino alla definitiva consacrazione nel match finale che riscatta tutto, soprattutto di lui come uomo.La sua energia,il suo mai scoraggiarsi,mai arrendersi,il suo arrivare ad umiliarsi pur di superare il momento brutto,il suo tenere ferocemente all'unità della famiglia,la sua profonda dedizione d'amore alla sua compagna sempre fedele,sempre accanto a lui,nella luce come nel buio.Intenso,emozionante,commovente,crudo,poetico.L'avevo visto la prima volta in un momento buio della mia vita e quindi immedesimandomi interamente nella vicenda umana del pugile,mentre questa volta la visione è stata più dolce e più positiva.

Poesie


Incontro

Queste dure colline che han fatto il mio corpo
e lo scuotono a tanti ricordi, mi han schiuso il prodigio
di costei, che non sa che la vivo e non riesco a comprenderla.

L'ho incontrata, una sera: una macchia piú chiara
sotto le stelle ambigue, nella foschía d'estate.
Era intorno il sentore di queste colline
piú profondo dell'ombra, e d'un tratto suonò
come uscisse da queste colline, una voce più netta
e aspra insieme, una voce di tempi perduti.

Qualche volta la vedo, e mi vive dinanzi
definita, immutabile, come un ricordo.
Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà
ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.
Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane:
mi sorprende, e pensarla, un ricordo remoto
dell'infanzia vissuta tra queste colline,
tanto è giovane. È come il mattino, Mi accenna negli occhi
tutti i cieli lontani di quei mattini remoti.
E ha negli occhi un proposito fermo: la luce piú netta
che abbia avuto mai l'alba su queste colline.

L'ho creata dal fondo di tutte le cose
che mi sono più care, e non riesco a comprenderla.


Cesare Pavese

mercoledì 20 ottobre 2010

Accadimenti


Poco tempo fa sono rimasto choccato dalla notizia che un giovane siciliano,due volte laureato,disperato perchè non trovava lavoro,si era gettato dalla terrazza dell'Università e l'aveva fatta finita.Non mi interessa qui parlare di suicidio,mi interessa maggiormente sottolineare la disperazione nella quale versano i giovani,e non solo,in questo Paese,dove tutto in apparenza luccica,funziona,tutti hanno i simboli del consumismo ma poi dietro questa facciata di cartapesta c'è la vera vita,i veri sacrifici della gente vera,la disperazione,il dolore,il combattere giorno per giorno per sè stessi o per la propria famiglia,per la propria dignità,perchè senza lavoro non hai speranze di costruire niente,non ti viene data la possibilità di esprimerti,di far vedere il tuo valore,ti rubano il futuro.Alcuni non reggono la lotta.Si arrendono.Non vedono alcuno spiraglio nella loro vita,sentono il peso di questo "blocco"imposto loro.E che siano i più giovani a sentire questo peso e a subire questa incertezza è ancora più angosciante.Bisogna fare di tutto per invertire la rotta,assolutamente,non è più accettabile perdere preziose vite umane in un Paese che viene definito ricco e benestante(ma dove?).

Haiku


C'ero soltanto.
C'ero. Intorno
cadeva la neve


Kobayashi Issa

Libri


Credo uno dei due tre libri più brutti che abbia mai letto.Noioso,spocchioso,insulso,la brutta copia di un racconto di Borges.Due racconti assolutamente trascinati che non so come siano stati pubblicati.Io mai li avrei dati alle stampe,spreco inutile di carta.Adesso dello stesso scrittore mi accingo a leggere "Ultimo parallelo"sperando che sia stato solo un "incidente di percorso"che può capitare ad ogni artista in generale e ancora di più ad uno scrittore ancora un po' acerbo e con le idee ancora un po' confuse su cosa scrivere.Lo stile è buono anche se scopiazzato ma per un libro non basta.Come diceva appunto Borges "Gli scrittori che curano molto lo stile sono quelli che non hanno nulla da dire".Parole di anziano saggio grandissimo scrittore.

Canzoni

martedì 19 ottobre 2010

Cinema


Ormai è un film cult.Difficile sottolineare la miriade di sequenze entrate di diritto nell'immaginario collettivo di chi mastica cinema giorno e notte.Fenomenale Jeff Bridges nella parte di Drugo,uno degli attori più talentuosi del cinema americano,e poi caratteristi di assoluto valore come Danny Goodman.Lo script geniale nella sua assoluta incoerenza di storia e situazioni,personaggi che entrano ed escono,mix di stili e citazioni di generi,follia e nonsense.Da non perdere per chi ama l'originalità e il talento cinematografico.

Haiku


inverno desolato
nel mondo di un solo colore
il suono del vento


Chiyo-jo

Canzoni

lunedì 18 ottobre 2010

Poesie


L'Inverno con Lei


Ti Amo senza sapere come
ne' quando ne' da dove,
t 'amo direttamente senza problemi ne' Orgoglio
cosi' ti Amo perche' non so Amare altrimenti che cosi'
in questo modo in cui non Sono e non Sei,
cosi' vicino che la tua mano sul mio petto e' mia,
cosi' vicino che si chiudono i tuoi occhi
col mio sonno ...

Accadimenti


Questo blog è scritto e letto da persone amanti degli animali,di tutti gli animali e allora diamo spazio agli amici a quattro zampe che condividono con noi momenti intensi della nostra vita...cominciamo con la bellissima Alma.....

Pensieri


Un incontro casuale.Pensieri scritti su un forum.Uno scambio di idee che cresce come una marea e diventa inarrestabile.Parole che esprimono pensieri profondi,risate,parole che mascherano dolori del passato,incomprensioni,parole che tirano fuori a fatica sentimenti,squarci delle nostre personalità,e il tempo si alterna tra fredde albe invernali e schizzi di raggi di sole primaverili che la portano a me.Bellissima e lucente.La sua vicinanza è già Amore,Emozione,Desiderio.Sensazione potente e profonda di appartenenza.Il Tempo rinnova e amplifica la conoscenza,i luoghi dell'anima si intrecciano fortemente come le mani quando passeggiamo insieme.Ogni bacio,dal primo al più recente una scintilla.Ogni sguardo un tuffo nelle profondità marine.Ogni abbraccio l'energia che ti fa affrontare qualunque ostacolo della vita.Il mio mondo che si riempie dei profumi,dei colori,dei trucchi,degli abiti,dei pensieri,delle carezze,dei libri,delle canzoni,delle scarpe,dei piatti cucinati,da Lei.Dal mio Amore.

Cinema


A volte prendere o perdere un autobus può fare la differenza.Fra l'essere una giovane donna forte e sana e fare una vita comune oppure salirci su e subire un incidente che ti porterà a tirare fuori un talento di pittrice fuori dal comune e vivere una vita oltre ogni schema.E' l'inizio del film e della storia della pittrice messicana Frida Kahlo,famosa per il suo enorme talento,per i suoi quadri dove la vita di una donna viene svelata senza maschere,nel dolore e nella gioia,e anche famosa per il suo carattere forte e determinato e per l'anticonformismo che ha sempre caratterizzato il suo stile di vita.Il film segue passo passo le tappe fondamentali della vita della donna e dell'artista mostrandoci gli aspetti del suo carattere positivi e negativi,i suoi punti di forza e le sue fragilità,i suoi amori e le sue passioni,una donna vera con la D maiuscola.Straordinarie le interpretazioni del cast,dalla convincentissima Selma Hayek nella parte difficile di Frida,al grande Alfred Molina nella parte del marito e famoso pittore messicano,a Geoffrey Rush nella parte di Trostzskj alle piccole particine di Banderas e Norton,tutti diretti con sapiente maestria dall'occhio dolce e benevolo della regista.Davvero un gran bel film.

Canzoni

giovedì 14 ottobre 2010

martedì 12 ottobre 2010

Cinema


Un film angosciante.A causa di un virus gli esseri umani si sono completamente estinti e i pochi sopravvissuti sono diventati una sorta di zombie,metà umani e metà animali.Solo uno è rimasto nella città di New York e combatte contro quei corpi ormai animali che cercano solo sangue per sopravvivere.Sarà solo lui,con il suo sacrificio,a salvare i rimanenti esseri umani dall'estinzione.Apocalittico,inquietante,oscuro,volutamente dark,grandissima l'interpretazione di Will Smith.

Poesie


ED IO POTREI

Ed io potrei e dovrei ancora farcela,
correre è l'unica cosa chè mi resta fare,
non è possibile fermarsi, non mi consentito riposare,
correre è quello chè la vita chiede ormai a questa mia vita.
Potrei invocare aiuto, chiedere clemenza, comprensione, ma chi ascolterebbe il mio lamento,
mi guardo confuso intorno è il nulla i miei occhi smarriti scrutano, nel buio di questa mia fottuta esistenza,
nulla mi resta, nemmeno un misero straccio di amico,
a darmi una mano per uscire dal baratro, dove si è inabissata la mia anima.
Tutto ormai è senza rispose e terribilmente evanescente,
potrei gridare, dimenarmi, sbattere la testa contro il muro,
ma servirebbe soltanto ad accrescere il mio già straripante dolore.
Allora non mi resta chè il silenzio ed attendere chè il miracolo avvenga,
chè qualcuno si accorga chè io sono vivo, chè ci sono, chè io esisto e
comprenda il mio immenso bisogno d'amore.
Ed io potrei e dovrei farcela,
ricominciare a riconsiderare chè tutto è ancora possibile e
chè tutto può ancora accadere, chè tutto può ancora succedere e
chè la speranza la vita finiscono,
solo quando l'orologio del tempo, smetta di battere.
Allora sarà meglio chè mi rimetta a correre, chè mi lasci alle spalle tristezze e malinconie chè affliggono la mente e il cuore,
tanto anche se la salita è irta e mi costa tanta fatica ripercorrerla ,
tocca a me, a me soltanto, portare il fardello.

Canzoni

lunedì 11 ottobre 2010

Accadimenti


Ieri come da tradizione,a Trieste c'è stato l'evento clou della stagione,la Barcolana,uno spettacolo meraviglioso di vela,natura,mare,spensieratezza,colori,una festa popolare incredibile tra genti di tutto il mondo,uno spettacolo unico.Il dato sportivo è secondario rispetto allo spettacolo che toglie il fiato,il golfo pieno di vele bianche che spezzano il connubio cielo/mare.....

Fotografia

Poesie


SENSAZIONE..

Non ti vorrei così...
indispensabilmente accanto...
La sensazione d’appartenerti
si fa più forte
un po’ ne ho paura, ma lascio che sia.
Sentire ancora il tuo profumo
quando tra noi il tempo ha già fatto il suo corso,
avere la sensazione d’averti vicino
d’essere stata tua nel riflesso d’un sogno
mi spinge verso ciò che sa d’immenso...

Pensieri


Una donna è sincera quando non dice delle bugie superflue. (Anatole France)

Haiku


su una salita a Siena
risento una bugia
che avrei dovuto dimenticare


Natsuishi Banya

Canzoni

mercoledì 6 ottobre 2010

Accadimenti


NOBEL PER LA FISICA 2010 AGLI STUDI SUL GRAFENE

Sono i russi Andre Geim e Konstantin Novoselov (Geim è cittadino olandese mentre Novoselov ha la doppia cittadinanza, britannica e russa) a vincere il premio Nobel per la Fisica 2010 per gli esperimenti pionieristici sul grafene, uno dei materiali più sottili al mondo, dello spessore di un solo atomo di carbonio e con particolari caratteristiche di conduttività. Questo materiale è quasi trasparente eppure così denso che neppure l'elio, il più piccolo atomo del gas, può passare attraverso di esso.

Con il grafene, i fisici possono ora studiare una nuova classe di materiali bidimensionali con proprietà uniche e una vasta gamma di applicazioni pratiche che ora appaiono possibili, compresa la creazione di nuovi materiali e la fabbricazione di elettronica innovativa.
Per esempio nuovi transistor di grafene potrebbero portare alla realizzazione di computer sempre più veloci (attualmente si usa il silicio).

Dal momento che è praticamente trasparente e un buon conduttore, il grafene è ideale per realizzare schermi touch-screen trasparenti, pannelli luminosi, e forse anche nell'impiego nelle celle solari.

In caso di miscela nella plastica, grafene può trasformarli in conduttori dell'energia elettrica e che li rende più resistenti al calore e meccanicamente robusti. Questa la resilienza può essere utilizzato nei nuovi super materiali forti, che sono anche sottile, elastica e leggera.
In futuro, i satelliti, aerei, automobili e potrebbe essere prodotto con questi nuovi materiali compositi.

Racconti


L'ultimo amore
del principe Genji

Quando Genji il Rifulgente, il più grande seduttore che mai abbia
stupito l'Asia, ebbe raggiunto il suo cinquantesimo anno, si accorse
che bisognava cominciare a morire. La sua seconda moglie, Murasaki,
la principessa Violetta, che egli aveva tanto amata attraverso tante
infedeltà contraddittorie, l'aveva preceduto in uno di quei Paradisi
dove vanno i morti che hanno acquisito qualche merito nel corso di
questa vita mutevole e difficile, e Genji si tormentava di non
poterne ricordare esattamente il sorriso, o meglio la smorfietta che
lei faceva prima di piangere. La sua terza sposa, la
Principessa-del-Palazzo-dell'Ovest, l'aveva ingannato con un giovane
parente, come lui stesso, al tempo della sua giovinezza, aveva
ingannato suo padre, con un'imperatrice adolescente. La stessa
commedia ricominciava sul teatro del mondo, ma questa volta lui
sapeva che non gli sarebbe toccata che la parte del vecchio, e a
questo preferiva la parte del fantasma. E così distribuì i suoi beni,
congedò i suoi servitori e si accinse ad andare a finire i suoi
giorni in un eremitaggio che aveva avuto cura di far costruire sul
fianco della montagna. Attraversò un'ultima volta la città, seguito
soltanto da due o tre compagni devoti che in lui non si rassegnavano
a prendere congedo dalla loro giovinezza. Nonostante l'ora mattutina,
alcune donne puntavano il viso contro i sottili listelli delle
persiane. Bisbigliavano ad alta voce che Genji era ancora bellissimo,
e questo provava una volta di più al principe che era proprio tempo
di andarsene.
Misero tre giorni a raggiungere l'eremitaggio situato in lande
assai selvatiche. La casetta sorgeva ai piedi di un acero centenario;
poiché era autunno, le foglie di questo bell'albero ne ricoprivano il
tetto di paglia con uno strato d'oro. In quella solitudine la vita si
rivelò più semplice e più rude ancora di quanto non fosse stata nel
corso del lungo esilio, in una remota provincia giapponese, subìto da
Genji al tempo della sua tempestosa giovinezza, e quell'uomo
raffinato poté finalmente gustare, fino a saziarsene, il lusso
supremo che consiste nel fare a meno di tutto. Presto si annunciarono
i primi freddi, le pendici della montagna si ricoprirono di neve come
le larghe pieghe di quei vestiti ovattati che si portano in inverno,
e la nebbia soffocò il sole. Dall'alba al crepuscolo, al baluginìo di
un avaro braciere, Genji leggeva le Scritture, e trovava in quei
versetti austeri un sapere ormai impossibile per lui nei più patetici
versi d'amore. Ma ben presto si accorse che la sua vista scemava,
come se tutte le lacrime che aveva versate sulle sue fragili amanti
gli avessero bruciato gli occhi, e dovette rendersi conto che per lui
le tenebre sarebbero cominciate prima della morte. Di tanto in tanto
un corriere intirizzito arrivava dalla capitale, zoppicando sui piedi
gonfi di stanchezza e di geloni, e gli presentava rispettosamente
certi messaggi di parenti o di amici che desideravano fargli ancora
una visita in questo mondo, prima degli incontri infiniti e incerti
dell'altra vita. Ma Genji temeva di ispirare ai suoi ospiti soltanto
compassione o rispetto, due sentimenti di cui aveva orrore, e ai
quali preferiva l'oblìo. Scuoteva tristemente il capo, e quel
principe rinomato un tempo per il suo talento di poeta e di
calligrafo rimandava il messaggero con in mano un foglio bianco. A
poco a poco le comunicazioni con la capitale rallentarono; il ciclo
delle feste stagionali continuava a ruotare lontano dal principe che
una volta le dirigeva con un colpo di ventaglio, e Genji, abbandonato
senza ritegno alle tristezze della solitudine, aggravava sempre più
il suo male agli occhi perché non si vergognava più di piangere.
Due o tre delle sue antiche amanti gli avevano proposto di venire a
condividere il suo isolamento pieno di ricordi. Le lettere più tenere
provenivano dalla Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono: era
un'antica concubina di nascita non illustre e di mediocre bellezza;
aveva fedelmente servito come dama d'onore presso le altre spose di
Genji, e per diciott'anni aveva amato il principe senza stancarsi mai
di soffrire. Lui le faceva ogni tanto qualche visita notturna, e
questi incontri, benché rari come le stelle in una notte piovosa,
erano bastati a illuminare la povera vita della
Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono. Non facendosi illusioni né
sulla propria bellezza, né sul proprio spirito, né sulla propria
nascita, la Signora, la sola fra tante amanti, conservava per Genji
una dolce riconoscenza poiché non trovava del tutto naturale che egli
l'avesse amata.
Restando senza risposta le sue lettere, affittò una modesta
carrozza e si fece portare alla capanna del principe solitario.
Spinse timidamente la porta di rami intrecciati; si inginocchiò, con
un'umile risatina che la scusasse di essere lì. In quel tempo Genji
riconosceva ancora il viso dei suoi visitatori se si avvicinavano
molto. Una rabbia amara lo colse davanti a quella donna che
risvegliava in lui i più stillanti ricordi dei giorni morti, non
tanto per via della sua presenza quanto perché le sue maniche erano
ancora impregnate del profumo che usavano le sue mogli defunte. Lei
lo supplicava tristemente di tenerla almeno come serva. Spietato per
la prima volta, Genji la cacciò, ma lei aveva conservato qualche
amico fra i vecchi che si occupavano del servizio del principe, e
talvolta costoro le facevano avere notizie. Crudele a sua volta come
non lo era mai stata in vita sua, lei sorvegliava di lontano il
procedere della cecità di Genji, come una donna impaziente di
raggiungere il suo amante aspetta che la sera sia del tutto scesa.
Quando lo seppe quasi del tutto cieco, si spogliò dei suoi vestiti
di città e indossò una casacca corta e rozza secondo l'uso delle
giovani contadine; si intrecciò i capelli alla maniera delle ragazze
dei campi; e si mise sulle spalle un fagotto di stoffe e di terraglie
del genere che si vende nelle fiere paesane. Conciata così, si fece
condurre nel luogo dove l'esule volontario abitava in compagnia dei
cerbiatti e dei pavoni della foresta; fece a piedi l'ultima parte
della strada perché il fango e la stanchezza l'aiutassero a
rappresentare bene la sua parte. Le piogge tenere della primavera
cadevano dal cielo sulla terra molle, e sommergevano gli ultimi
lucori del crepuscolo: era l'ora in cui Genji, ravvolto nel suo
stretto abito da monaco, passeggiava lentamente lungo il sentiero da
cui i suoi vecchi servitori avevano accuratamente scostato ogni
sassolino per impedirgli di inciampare. Il suo viso vacuo,
spassionato, offuscato dalla cecità e dalle avvisaglie della
vecchiaia, sembrava uno specchio brunito che avesse un tempo riflesso
la bellezza, e la Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono non ebbe
bisogno di fingere per mettersi a piangere.
Questo rumore di singhiozzi femminili fece sussultare Genji. Si
orientò lentamente dal lato di dove provenivano quelle lacrime.
- Chi sei, donna? disse con inquietudine.
- Sono Ukifune, la figlia del fattore So-Hei, disse la Signora non
dimenticando di adottare l'accento del villaggio. Sono andata in città
con mia madre per comperare stoffe e marmitte perché mi sposano alla
prossima luna. Ma ecco che mi sono smarrita nei sentieri della
montagna, e piango perché ho paura dei cinghiali, dei demoni, del
desiderio degli uomini e dei fantasmi dei morti.
- Tu sei tutta bagnata, fanciulla, disse il principe posandole una
mano sulla spalla.
Infatti era fradicia fino alle ossa. Il contatto di quella mano così
nota la fece vibrare dalla punta dei capelli all'alluce del piede
nudo, ma forse Genji credette che tremasse per il freddo.
- Vieni nella mia capanna, riprese il principe con voce invitante.
Potrai scaldarti al mio fuoco, anche se ci sono più ceneri che
carbone.
La Signora lo seguì, preoccupandosi di imitare l'andatura goffa di
una contadina. Si accovacciarono davanti al fuoco morente. Genji
tendeva le mani verso il calore, ma la Signora dissimulava le dita,
troppo delicate per una ragazza dei campi.
- Sono cieco, sospirò Genji un momento dopo. Non farti scrupoli e
togliti i vestiti bagnati, ragazza. Scaldati nuda davanti al mio
fuoco.
La Signora si tolse docilmente l'abito da contadina. Il fuoco
coloriva il suo corpo esile che sembrava intagliato nella più pallida
delle ambre. All'improvviso Genji mormorò:
- Ti ho ingannata, fanciulla, perché non sono ancora del tutto
cieco. Ti intuisco attraverso una nebbia che forse non è che l'alone
della tua bellezza. Lascia che posi la mano sul tuo braccio che trema
ancora.
E' così che la Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono ridivenne
l'amante del principe Genji che per più di diciott'anni aveva
umilmente amato. Non dimenticò di imitare le lacrime e le timidezze
di una fanciulla al suo primo amore. Il suo corpo era rimasto
mirabilmente giovane, e la vista del principe era troppo debole per
permettergli di distinguere qualche capello grigio.
Quando le loro carezze furono finite, la Signora si inginocchiò
davanti al principe e gli disse:
- Ti ho ingannato, Principe. Sono Ukifune, sì, la figlia del
fattore So-Hei, ma non mi sono affatto smarrita nella montagna. La
gloria del principe Genji è giunta fino al villaggio, ed è di mia
spontanea volontà che sono venuta, per scoprire l'amore fra le tue
braccia.
Genji si alzò barcollando, come un pino che vacilli sotto l'urto
dell'inverno e del vento. Gridò con voce sibilante:
- Disgrazia a te, che sei venuta a riportarmi il ricordo del mio
peggiore nemico, il bel principe dagli occhi vivi che con la sua
immagine mi tiene sveglio ogni notte... Vattene...
E la Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono si allontanò,
rimpiangendo l'errore che aveva appena commesso.
Durante le settimane che seguirono, Genji restò solo. Soffriva. Si
accorgeva, scoraggiato, di essere ancora avvolto nelle illusioni di
questo mondo, e pochissimo preparato agli scorticamenti e alle
epifanie dell'altra vita. La visita della figlia del fattore So-Hei
aveva risvegliato in lui il gusto delle creature dai polsi stretti,
dai lunghi seni conici, dal riso patetico e docile. Da quando stava
diventando cieco, il senso del tatto restava il suo solo modo di
aderire alla bellezza del mondo, e i paesaggi in cui era venuto a
rifugiarsi non gli dispensavano più alcuna consolazione. Il fruscìo
di un ruscello, infatti, è più monotono della voce di una donna, e i
pendii delle colline o le striature delle nuvole sono fatti per chi
può vedere, e planano troppo lontano da noi per lasciarsi
accarezzare.
Due mesi più tardi la Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono
fece un secondo tentativo. Questa volta si vestì e si profumò con
cura, ma badò bene che il taglio delle stoffe avesse qualcosa di
meschino e di timido nella sua stessa eleganza, e che quel profumo
discreto, ma banale, suggerisse la mancanza di immaginazione di una
giovane proveniente da un onorevole strato della provincia, e che non
ha mai visto la corte.
Per l'occasione ingaggiò dei portatori e una portantina
ragguardevole che tuttavia mancava delle ultime raffinatezze
cittadine. Fece in modo di arrivare nei dintorni della capanna di
Genji soltanto in piena notte. L'estate l'aveva preceduta nella
montagna. Genji, seduto ai piedi dell'acero, ascoltava il canto dei
grilli. La Signora si avvicinò a lui nascondendo a metà il viso
dietro il ventaglio e mormorò tutta confusa:
- Sono Sciujo, la moglie di Sukazu, un nobile di settimo rango
della provincia di Yamato. Sono partita per il pellegrinaggio al
tempio di
Ise, ma uno dei miei portatori si è storto un piede, e io non posso
continuare la strada prima dell'aurora. Indicami una capanna dove io
possa passare la notte senza temere calunnie, e far riposare i miei
servi.
- Dove, se non nella casa di un vecchio cieco, può essere meglio al
riparo delle calunnie una giovane donna? disse amaramente il
principe. La mia capanna è troppo piccola per i tuoi servi, che
dormiranno sotto quest'albero, ma a te io cederò l'unico materasso
del mio eremo.
Si alzò e camminando a tastoni le indicò la strada. Nemmeno una
volta aveva alzato gli occhi su di lei, e da questo segno ella
riconobbe che era completamente cieco.
Quando si fu distesa sul materasso di foglie secche, Genji andò
malinconicamente a sedersi sulla soglia della capanna. Era triste, e
non sapeva nemmeno se quella giovane fosse bella.
La notte era calda e chiara. La luna stendeva un chiarore sul viso
alzato del cieco, che sembrava scolpito in una candida giada. Dopo un
po' la signora lasciò il suo giaciglio forestiero e a sua volta venne
a sedersi sulla soglia. Disse con un sospiro:
- La notte è bella, e io non ho sonno. Permettimi di cantare una
delle canzoni di cui trabocca il mio cuore.
E senza aspettare risposta cantò una romanza che il principe aveva
cara per averla tante volte sentita dalle labbra della sua moglie
preferita, la principessa Violetta. Genji, turbato, si avvicinò
insensibilmente alla sconosciuta:
- Di dove vieni, giovane donna che conosci le canzoni care alla mia
giovinezza? Arpa in cui vibrano arie di un altro tempo, lasciami
passare la mano sulle tue corde.
E le carezzò i capelli. Dopo un po' le domandò:
- Ahimè, certo tuo marito sarà più bello e più giovane di me,
giovane donna del paese di Yamato.
- Mio marito è meno bello e sembra meno giovane, rispose
semplicemente la Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono.
E così, sotto un nuovo travestimento, la Signora divenne l'amante
del principe Genji, al quale un tempo era appartenuta. Al mattino lo
aiutò a preparare una pappa calda, e il principe Genji le disse:
- Sei abile e tenera, giovane donna, e credo che nemmeno il
principe Genji, che è stato tanto felice in amore, abbia avuto
un'amante più dolce di te.
- Non ho mai sentito parlare del principe Genji, disse la Signora
scuotendo la testa.
- Come! esclamò amaramente Genji. E' stato dimenticato così presto?
E restò cupo per l'intiera giornata. La Signora capì allora di aver
fatto un secondo passo falso, ma Genji non accennava a mandarla via,
e sembrava felice di ascoltare il fruscìo del suo vestito di seta
nell'erba.


Arrivò l'autunno e trasformò gli alberi della montagna in
altrettante fate vestite di porpora e d'oro, ma destinate a morire
con i primi freddi. La Signora descriveva a Genji quei bruni grigi,
quei bruni dorati, quei bruni lilla, badando a non alludervi che per
caso, e ogni volta evitava di ostentare l'aiuto che gli recava.
Deliziava ogni giorno Genji inventando complicate collane di fiori,
pietanze raffinate per troppa semplicità, nuove parole che si
adattavano a vecchie arie struggenti e sofferte. Aveva già dispiegato
gli stessi fascini nel suo padiglione di quinta concubina, dove Genji
talvolta le faceva visita. Ma lui, distratto da altri amori, non se
n'era accorto.
Alla fine dell'autunno le febbri salirono dalle paludi. Gli insetti
pullulavano nell'aria ammorbata, e ogni respiro pareva una sorsata
presa a una sorgente avvelenata. Genji si ammalò e si distese sul suo
letto di foglie morte, convinto ormai di non rialzarsi più. Davanti
alla Signora si vergognava della propria debolezza e delle cure
umilianti a cui lo costringeva la malattia, ma quell'uomo che per
tutta la sua vita aveva cercato ciò che c'è insieme di più unico e di
più straziante in ogni esperienza, non poteva che apprezzare quanto
una simile intimità nuova e miseranda poteva aggiungere fra due
esseri alle intime dolcezze dell'amore.
Un mattino in cui la Signora gli massaggiava le gambe, Genji si
sollevò sul gomito, e cercando a tastoni le mani della Signora,
mormorò:
- Giovane donna che curi chi sta per morire, io ti ho ingannata. Io
sono il principe Genji.
- Quando sono venuta da te, non ero che una provinciale ignorante;
disse la Signora, e non sapevo chi fosse il principe Genji. Ora so
che è stato il più bello e il più desiderato degli uomini, ma tu non
hai bisogno di essere il principe Genji per essere amato.
Genji la ringraziò con un sorriso. Da quando i suoi occhi tacevano,
sembrava che lo sguardo gli vagasse sulle labbra.
- Sto per morire, disse con fatica. Non mi lamento di un destino
che condivido con i fiori, con gli insetti, con gli astri. In un
universo dove tutto passa come un sogno, non ci perdoneremmo di
durare sempre. Non mi addolora che le cose, gli esseri e i cuori
siano perituri, dal momento che una parte della loro bellezza è fatta
di questa sciagura. Ciò che mi affligge è che siano unici. Un tempo,
la certezza di ottenere in ogni istante della mia vita una
rivelazione non destinata a rinnovarsi, rappresentava il fiore dei
miei segreti piaceri. Ora io muoio pieno di vergogna, come un
privilegiato che abbia assistito da solo a una festa sublime data una
volta sola. Cari oggetti, voi non avete più per testimone se non un
cieco che muore... Saranno in fiore altre donne, sorridenti come
quelle che io ho amato, ma il loro sorriso sarà diverso, e il neo che
mi ispirava tanti slanci si sarà spostato per lo spessore di un atomo
sulla loro guancia d'ambra. Altri cuori si spezzeranno sotto il peso
di un amore insopportabile, ma le loro lacrime non saranno le nostre
lacrime. Mani umide di desiderio continueranno a intrecciarsi sotto i
mandorli in fiore, ma la stessa pioggia di petali non si sfoglia mai
due volte sulla stessa felicità umana. Ah, mi sento simile a un uomo
trascinato da un'inondazione, che voglia almeno trovare un angolino
di terra asciutta per affidargli qualche lettera ingiallita e qualche
ventaglio dalle sfumature sbiadite... Che ne sarà di te, quando non
sarò più qui a intenerirmi sul tuo ricordo, Principessa Azzurra, mia
prima moglie, al cui amore non ho creduto che il giorno dopo la tua
morte? E tu, ricordo desolato della
Signora-del-Padiglione-delle-Campanule, che sei morta nelle mie
braccia perché una rivale gelosa pretendeva di essere sola ad amarmi?
E voi, ricordi insidiosi della mia troppo bella matrigna e della mia
troppo giovane sposa, occupate volta a volta a insegnarmi quanto si
soffra a essere il complice o la vittima di un'infedeltà? E tu,
ricordo sottile della Signora Cicala-del-Giardino che si eclissò per
pudore, tanto che io dovetti consolarmi con il suo giovane fratello,
il cui viso infantile rifletteva ogni tratto di quel timido sorriso
di donna? E tu, caro ricordo della Signora-della-Lunga Notte, che sei
stata tanto dolce, e che consentisti a essere soltanto la terza nella
mia casa e nel mio cuore? E tu, povero piccolo ricordo pastorale
della figlia del fattore So-Hei, che in me non amava che il mio
passato? E tu soprattutto, tu, ricordo delizioso della piccola Sciujo
che in questo momento mi massaggi i piedi e che non avrai il tempo di
essere un ricordo? Sciujo, che avrei voluto incontrare più presto
nella mia vita, ma è anche giusto che all'estremo autunno sia
riservato un frutto...
Ebbro di tristezza, lasciò ricadere la testa sul duro cuscino. La
Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono si curvò su di lui e
tremando tutta mormorò:
- Non c'era un'altra donna nel tuo palazzo, una di cui non hai
pronunciato il nome? Non era dolce? Non si chiamava per caso la
Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono? Ah, cerca di ricordare...
Ma già i tratti del principe Genji avevano assunto quella serenità
che soltanto ai morti è riservata. La fine di ogni dolore aveva
cancellato dal suo viso ogni traccia di sazietà o di amarezza, come
se l'avesse convinto di avere ancora diciott'anni. La
Signora-del-villaggio-dei-fiori-che-cadono si buttò a terra urlando
contro ogni ritegno; le sue lacrime salate le devastavano le guance
come una pioggia tempestosa, e i suoi capelli strappati a manciate
volavano via come borra di seta. Il solo nome che Genji avesse
dimenticato, era precisamente il suo.



Novelle orientali,Marguerite Yourcenar

Poesie


TI AMO

Ti amo, quando le prime timide luci del giorno vincono il buio della notte,
ti amo, quando il mattino si profuma di fresca rugiada,
ti amo, quando quando il tempo scandisce e rintocca il mezzogiorno,
ti amo, nei lunghi estenuanti pomeriggi assolati,
ti amo, nella dolcissima estasiante poesia del tramonto,
ti amo quando le prime ombre della sera s'impossessano del giorno morente,
ti amo, nell'ultimo mio pensiero per te, della notte,
ti amo, nei meravigliosi sogni del mio mondo incantato ed aspettando la nuova alba arrivante continuo a pensarti ed amarti,
per celebrare ancora il tuo amore e continuare per sempre ad amarti.

Canzoni

Cinema


Genere buddy buddy come dicono negli States,vale a dire un film basato su una coppia,in questo caso di poliziotti.Lui è Bruce Willis e fa sempre la stessa parte di Die Hard con la stessa espressione.L'attore di colore è talmente indisponente nelle sue macchiette da sperare che passi nel film qualche rapinatore e lo uccida.....Volgarità e battute di bassa lega a volontà,azione zero,molto parlato,se potete evitatelo....

martedì 5 ottobre 2010

Cinema


Un film particolare.Mescola leggende vichinghe con tracce di fantascienza.In apparenza un connubio indigesto,in realtà debitamente girato e miscelato risulta un film gradevole e spettacolare.Ottimo l'attore Jim Caviezel,solido come sempre John Hurt,eccellente Sophia Myles.Bella la fotografia e la sequanza finale.Un'ora e mezza da passare piacevolmente.

lunedì 4 ottobre 2010

domenica 3 ottobre 2010

Poesie


Poesia



Nascondiglio dell’anima,
rifugio del cuore,
oasi nel deserto della quotidianità,
bolla
dove respiro l’ultima boccata d’aria.

Fuggo
dall’oggi che mi dilania
strattonata tra volti che non riconosco,
sbigottita,
avvilita,
appesantita da una soma che non so portare.

Come affronterò
il dolore,
ospite inatteso?
Dove canterò
la gioia,
fiore della vita?

La poesia,
sola,
mi è compagna.

Cinema


Un giovane contabile viene contattato casualmente da un giovane e brillante avvocato che lo introduce al suo "giro"di donne facili.Durante uno di questi incontri il contabile si innamora di una di loro perdutamente e la frequenta assiduamente.Ad un certo punto l'avvocato ormai divenuto "amico"del contabile gli chiede di trasferire dei soldi da un conto ad un altro minacciandolo di uccidere la sua innamorata se si rifiuta.Qui inizia la parte thriller del film,con il colpo di scena finale.La prima parte svela una New York notturna splendidamente fotografata da Dante Spinotti,dove donne in carriera annoiate si inseriscono in una "sex list" a disposizione di facoltosi uomini,per passare serate piacevoli e sconfiggere la solitudine,ovviamente non a pagamento.Questo è l'aspetto che poteva,a mio parere,essere meglio sfruttato,per introdurre la parte più d'azione.Eccezionali gli interpreti,da un grandissimo Ewan McGregor,al cattivo Hugh Jackman,alla bravissima e bellissima Michelle Williams.Un buon film.

sabato 2 ottobre 2010

Poesie


Neve



Vedo le mie orme sulla neve

impressioni immobili di movimento.

Istanti intrappolati e resi permanenti,

rivelano un cammino di goffaggine greve.



Indiscrete più dello specchio, le orme

riflettono azioni, non sole forme

mi coglie l’imbarazzo nel vederle

alzo lo sguardo per evitarle.



Penso alla bellezza del candido manto

velo uniforme dai miei passi infranto.

Passi che non riesco a cancellare

che confondo tornando a calpestare.



Ma la neve è gentile, non porta rancore

in fretta ricopre oppure svanisce.

I tuoi errori cancella senza dolore

t’invita a cambiare ma non ti ferisce.



Simone Rossetto

Cucina


Risotto con funghi



Ingredienti per 4 persone :

500g di riso per risotto
750g di funghi champignon
200g di pancetta
1 cipolla
1 bustina di zafferano
olio
sale
prezzemolo


In una pentola cuocere i funghi precedentemente lavati e tagliati a pezzi piccoli, finché si asciughi tutta l'acqua. Aggiungere la pancetta tagliata a cubetti e un po' di olio e far rosolare. Versare il riso nella padella, tostare per qualche minuto, quindi versare il brodo bollente. A fine cottura, versare lo zafferano sciolto in una tazzina d'acqua calda, salare e pepare a piacimento, aggiungere del prezzemolo tritato e un po' di formaggio grattugiato.

Serie tv

Cartoni Animati

Canzoni