sabato 31 luglio 2010
Egittologia
Ramesse II (nome originale: Usermaatra setepenra Ramesisu meriamun; Avaris, 1297 a.C. – Pi-Ramesse, 1 settembre 1213 a.C.) è stato un sovrano egizio.
Terzo monarca della XIX dinastia egizia, regnò in Egitto dal 1278 a.C. al 1213 a.C. Figlio di Seti I e sua moglie Tuya salì al trono dopo la scomparsa del fratello. Celebre l'incredibile prole (quasi 100 figli) e il numero di mogli, fra le quali figura la famosissima regina Nefertari. Combatté contro l'impero ittita, in quel tempo governato dal re Muwatalli II, nella celebre battaglia di Kadesh, uno degli scontri meglio documentati nel mondo antico. Infaticabile costruttore, diede forma a giganteschi monumenti, quali il tempio di Abu Simbel e il Ramesseum. Secondo alcune interpretazioni del racconto biblico è contro di lui che Mosè avrebbe scagliato le dieci piaghe d'Egitto al fine di liberare il proprio popolo dalla schiavitù.
Non è possibile rintracciare i tratti fisionomici di questo grande sovrano nelle statue che egli fece erigere poiché, probabilmente, il loro aspetto era frutto di un'idealizzazione degli artisti, che si basavano molto spesso su un modello fittizio di perfezione.
Unica testimone del suo reale aspetto fisico è la sua mummia, conservata oggi nel Museo egizio del Cairo, benché mostri, tutto sommato, un sovrano non più nel fiore degli anni ma anzi colpito da diverse malattie deformanti.
Ramesse possedeva un naso aquilino, lungo e sottile, un volto dalla forma ovale, una mascella possente. Era senza dubbio più alto della media del tempo, tra il m 1,70 e il m 1,80, anche se probabilmente lo era anche di più, poiché si sa dalle analisi sulla salma che egli ebbe una deformazione alla colonna vertebrale durante gli ultimi anni di vita, affezione che lo costrinse a camminare servendosi di un bastone. La fisionomia della mummia presenta inoltre caratteristiche tipiche delle popolazioni di etnia asiatica, caratteristiche che si possono intravedere anche nelle mummie di Seti I, suo padre, e Merenptah, suo figlio e successore al trono. Secondo alcuni studiosi Ramesse, in gioventù, aveva i capelli rossi, condizione atipica per gli egiziani del periodo, secondo altri, invece, aveva comunissimi capelli castani.
Ramesse II nacque nel 1297 a.C. circa, benché la datazione non si ancora accertata, ad Avaris, secondo figlio di Seti I e della regina Tuya. La sua unica sorella era Tua, anche se è nota l'esistenza di una certa Henutmire, divenuta in seguito una delle sue mogli, che era, con molta probabilità, sua sorella minore. Aveva anche un fratello Nebchasetnebet, morto in giovane età o, secondo alcuni studiosi, esiliato per un grave crimine.
Il primo grande evento della vita del futuro sovrano fu senza dubbio la salita al trono del nonno, Ramesse I, che avvenne quando Ramesse aveva solo cinque anni. Due anni dopo, nel 1290 a.C., in seguito alla morte di Ramesse I, divenne re Seti (Seti I), suo padre.
Questi affidò l'istruzione del figlio a tre importanti maestri, primo fra tutti Paser, il gran visir, che istruì Ramesse sull'arte della politica, sulla guerra e sull'astrologia. Da ricordare poi Imenemipet, viceré in Nubia. Colui che però istruì maggiormente il principe fu Tia, figlio dello scriba di corte, uomo che assunse un ruolo molto importante quando il discepolo divenne re, arrivando persino a sposare la sorella di questi, sua omonima, divenendo così suo cognato.
A dieci anni partecipò, in compagnia del padre, alle sue prime campagne militari. Durante queste spedizioni venne nominato comandante supremo delle truppe egiziane, secondo militarmente soltanto al re. Nello stesso anno, il sovrano gli affidò il ruolo di "Supervisore di tutti i monumenti". Seti I, quando il figlio aveva solo quindici anni d'età, lo mandò in missione per sedare alcune rivolte in Libia e, al suo ritorno, lo nominò principe reggente. Il re decise di concedere così presto questa alta nomina al figlio, poiché sapeva bene che i sacerdoti del dio Amon, divenuti molto potenti dopo il periodo amarniano, avrebbero senza dubbio tentato di usurpare il trono di Ramesse dopo la sua morte.
Dopo la nomina, il padre ordinò che si costruisse per il figlio un palazzo, che fu edificato probabilmente nella città di Menfi. In quell'anno Ramesse sposò la sua prima e prediletta moglie, Nefertari, scelta personalmente da Seti e da sua moglie Tuya per la sua bellezza e la sua spiccata intelligenza. Non si conoscono le origini della futura regina, si sa solo che suo fratello era governatore della città di Tebe.
Seti I gli affidò l'amministrazione dei tributi, il compito di reprimere alcune rivolte scoppiate fra i beduini in terra di Canaan e di supervisionare il lavoro delle miniere di Assuan. Quando Ramesse ebbe ventidue anni Seti lo mandò in Nubia per sedare una ribellione. Il giovane principe svolse magnificamente questo comando e il padre dunque lo premiò inserendo nelle mura dei templi, accanto al proprio nome, il nome del figlio. Dopo diciotto anni di governo circa, Seti I morì e il regno passò quindi nelle mani di Ramesse, allora venticinquenne.
Dopo settanta giorni di lutto, Seti venne sepolto con solenne cerimonia e Ramesse venne così incoronato nuovo sovrano d'Egitto, precisamente il 31 maggio. Al suo fianco, oltre alle due spose reali, Nefertari e Isinofret, anche la madre, Tuya, che morì nel 1258 a.C.
Nel suo secondo anno di regno Ramesse sconfisse i pirati Shardana che depredavano i territori lungo la costa mediterranea, interrompendo le relazioni commerciali con i propri saccheggi. I guerrieri Shardana provenivano forse dalla costa Ionia o dalla zona sud-occidentale della Turchia, o dalla Sardegna. Ramesse preparò i propri guerrieri in punti strategici e, utilizzando un'esca, riuscì ad attirare in un unico punto i pirati Shardana, cogliendoli così di sorpresa e rendendoli suoi prigionieri.
Ramesse, catturò molti degli invasori che utilizzò come truppe mercenarie inglobandoli nell'esercito egizio, quali proprie guardie personali. I guerrieri Shardana ebbero un ruolo rilevante nella successiva battaglia di Kadesh.
È curioso ricordare che, insieme agli Shardana, Ramesse utilizzava un leone, raffigurato anche nelle pareti dei templi di Abu Simbel, come guardia personale.
La politica estera di Ramesse II fu principalmente rivolta all'area mediorientale e si sviluppò attraverso una serie di campagne militari che ebbero luogo negli anni 4°, 5°, 8°, 10°, e forse 18°, di regno.
L'obiettivo primario delle prime di queste campagne fu quello di ripristinare la zona d'influenza egizia nell'area palestinese così come l'avevano delineata la politica estera e le conquiste militari di Thutmose III. Questa intenzione si scontrò con la crescente influenza del regno ittita che controllava ormai tutta la Siria settentrionale e l'intera regione di Naharina.
La battaglia cruciale di questo conflitto ebbe luogo durante la campagna dell'ottavo anno, nei pressi della città di Qaddesh. Essa vide il confronto tra l'esercito egizio comandato personalmente da Ramesse e quello ittita al comando di Muwatalli II. Della battaglia si hanno resoconti sia da fonte ittita che egizia ed è possibile notare che entrambe le parti si attribuirono la vittoria.
Ramesse decise di prepararsi abilmente per questo incredibile conflitto. Inglobò i mercenari Shardana nel proprio esercit , spostò la propria capitale a Pi-Ramesse, luogo dal quale era in grado di armare velocemente i propri uomini e controllare le frontiere. Gli artigiani della nuova capitale forgiarono 1000 armature in una settimana, 1000 scudi in dieci giorni, 250 carri da guerra in due settimane. L'esercito venne strutturato su quattro armate: le divisioni Ra, Ptah, Amon e Seth. Dopo questi atti preparatori, Ramesse condusse i propri uomini verso la fortezza di Kadesh, in quel tempo governata dal re hittita Muwatalli II che, abilmente, riuscì a ingannare il sovrano egizio.
Durante un momento di riposo i soldati di Ramesse catturarono due spie beduine che rivelarono al sovrano come l'esercito hittita si trovasse in realtà molto lontano da Kadesh, precisamente a 120 miglia di distanza. Ramesse cadde però in quello che si rivelò un tranello architettato da Muwatalli. Poco tempo dopo infatti vennero catturati due hittiti che, sotto tortura, rivelarono la verità al sovrano: gli Ittiti erano più vicini del previsto. Colto di sorpresa, lo schieramento della divisione Ra venne distrutto dalle armate nemiche, guidate dal fratello di Muwatalli, Hattusili, e Ramesse fu costretto a lottare contro un numero ben maggiore di avversari, con la sola divisione Amon.
Per sua fortuna, le altre due divisioni, rimaste indietro, riuscirono a colpire di sorpresa gli Ittiti e, benché Muwatalli avesse condotto altri 1000 carri contro gli egiziani, fu costretto ad attraversare il fiume Oronte, per ricongiungersi con la fanteria.
Il sovrano egizio presentò la battaglia come un vittoria personale e ne fece immortalare il resoconto sulle pareti del suo tempio funerario (Ramesseum) a Menphi (Bollettino di Kadesh e Poema di Pentaur). Malgrado le affermazioni dei contendenti, gli storici sono portati a ritenere che la battaglia non ebbe vincitori, poiché nonostante Ramesse avesse fermato l'avanzata ittita, il progetto di recuperare le zone d'influenza nella Siria e a Naharina non ebbe successo.
Le seguenti spedizioni militari egizie nell'area palestinese furono rivolte solamente a riportare all'ordine alcuni governanti locali, ribellatisi al controllo egizio. La battaglia di Kadesh, immortalata come una vittoria sui templi di tutto l'Egitto, in realtà ridusse l'influenza di Ramesse a Caanan, mentre l'intera Siria finì nelle mani degli Ittiti.
Nel settimo anno del suo regno, il sovrano decise di riprovare la conquista e questa volta l'esito risultò positivo. Durante questa campagna divise l'esercito in due armate. Uno di questi, guidato dal figlio primogenito, Amon-her-khepshef, si diede all'inseguimento dei guerrieri delle tribù di Shasu, attraverso il Negev. Conquistò in seguito la terra di Moab. L'altro schieramento, guidato da Ramesse stesso, attaccò Gerusalemme e Gerico. Le due armate si rincontrarono a Moab. Si estese così l'influenza egizia su quella regione. Furono sottomesse anche le città di Damasco e Upi. Intorno al 9° o 10° anno del suo regno, Ramesse tornò alla conquista dei territori che aveva perso dopo la battaglia con gli Ittiti. Si spinse così fino a Tunip, ben oltre Kadesh, ma i territori vinti furono presto sottomessi nuovamente dagli Ittiti.
Il confronto con il regno ittita ebbe il suo epilogo nel 21° anno di regno di Ramesse con la stipula di un trattato di pace tra lui e Hattusili III, succeduto a Muwatalli. Infatti, il re degli Assiri stava minacciando il controllo politico sia degli Egizi che degli Ittiti. I due popoli decisero dunque di rappacificarsi. Il trattato, ritrovato sia nella versione egizia che in quella ittita, prevedeva un patto di non aggressione, il riconoscimento dei reciproci confini, regole sull'estradizione dei fuggitivi e un patto di mutua assistenza in caso di attacco da parte di terzi. Per suggellare questo accordo Ramesse sposò inoltre una principessa ittita, Maat-hor Neferura, figlia di Hattusili. Il trattato, comunque, perse ben presto di importanza per l'Egitto, poiché arrivò una seconda ondata di popolazioni indoeuropee che travolse gli ittiti.
Nel corso del suo lungo regno Ramesse II intervenne anche nell'area libica per frenare i tentativi di infiltrazione delle tribù di quella regione verso il delta del Nilo. A questo scopo venne anche realizzata una linea di difesa fortificata che partendo dall'area costiera di Rakotis si estendeva fino all'odierna Marsa Matruh.
Ramesse fu, oltre che grande capo militare, anche grande costruttore. Portò a compimento i monumenti edificati dal padre e riempì l'Egitto di templi e statue in suo onore allo scopo di rafforzare l'aspetto divino della propria indiscutibile regalità. Proprio grazie alle iscrizioni su questi edifici è stato possibile ricostruire la storia di questo grande sovrano. Fra i più grandi monumenti da lui edificati si può ricordare il tempio di Abu Simbel e il Ramesseum.
Nella sua attività edilizia non si diede scrupoli nel demolire gli edifici eretti da Akhenaton (per riutilizzarne i materiali), né di deturpare le costruzioni di altri predecessori.
Tra le sue realizzazioni anche quella di Pi-Ramesse, in pratica una città eretta solamente come residenza del sovrano (la capitale dell'Egitto continuò ad essere Tebe). La nuova città sorse nell'area est del delta del Nilo non lontano dal sito di Avaris, la capitale dei sovrani hyksos della XV dinastia.
La sua opera più grandiosa e celebre è senza dubbio il tempio di Abu Simbel, località dell'Egitto meridionale lungo il fiume Nilo, a sud della città di Assuan.
Ramesse fece costruire sulla roccia della montagna due templi, uno maggiore, dedicato a se stesso e uno minore, dedicato alla moglie Nefertari.
Il tempio maggiore si sviluppa in profondità nella roccia per circa 55 metri; la facciata è adorna di quattro colossali statue di Ramesse, alte più di 20 metri. Tra le gambe vi sono statue più piccole, raffiguranti Tuya, Nefertari e alcuni fra i suoi figli.
La grande sala, che si apre subito dopo il breve corridoio di ingresso, è sorretta da otto imponenti colonne, disposte in due file di quattro, a ciascuna delle quali è addossata una statua di Ramesse II, ritratto con gli attributi di Osiride. Sulle pareti della sala ipostila sono rappresentati i celebri episodi della battaglia di Kadesh. Nelle celle meridionali, utilizzate come depositi di oggetti sacri, è raffigurato invece il sovrano nell'atto di donare offerte agli dei.
Il tempio minore, costruito nello stesso periodo, è dedicato, oltre che a Nefertari, anche alla dea Hathor. È di dimensioni minori rispetto all'altro ma appare comunque imponente; la facciata è adorna di sei statue (quattro raffiguranti Ramesse, due raffiguranti Nefertari) alte più di nove metri.
Ci vollero ben vent'anni per completare questo immenso complesso, il tempio funerario di Ramesse, non destinato ad ospitarne il corpo dopo la morte, bensì a celebrarvi cerimonie legate al suo culto una volta che egli fosse scomparso. Il re affidò la missione a Penra, suo architetto di corte, che non deluse di certo le sue aspettative. Il Ramesseum venne edificato sulla riva sinistra del Nilo, nella regione tebana. Lungo 300 metri e largo 195 metri possedeva persino una baia cui far attraccare le navi per le cerimonie. Proprio la vicinanza con il fiume fu la causa del degrado della struttura a causa delle inondazioni annuali: oggi della grande struttura sopravvive soltanto il primo cortile del tempio.
L'edificio principale, con una struttura molto simile a quella degli altri templi del Nuovo Regno, era costituito da due cortili, con un enorme ingresso di piloni, una sala ipostila, nella quale svolgere le celebrazioni, tre vestiboli, un santuario. I piloni sono decorati con scene tratte dalla battaglia di Kadesh. All'interno della sala ipostila viene invece descritta la presa della fortezza di Dapur.
I resti del complesso includevano inoltre un palazzo, alcuni granai e due templi, più piccoli, dedicati rispettivamente a Tuya, madre del sovrano e a Nefertari. Il Ramesseum poteva dunque essere definito come una specie di cittadella religiosa poiché comprendeva, oltre al tempio principale, una serie di edifici, alcuni dei quali destinati a residenze. C'erano anche botteghe, magazzini e persino una scuola di scribi, la cosiddetta "Casa della vita", luogo nel quale si trovavano scribi addetti a commemorare (e a ingigantire) le imprese del sovrano. L'intero complesso era circondato da una cinta muraria. Come aveva già fatto, per realizzare altri templi, Ramesse diede ordine di utilizzare parti di antichi monumenti. Il complesso che doveva rappresentare la grandezza del sovrano e del suo regno per i secoli a venire, fu invece parzialmente smantellato,allo scopo di riciclarne i materiali da costruzione, da sovrani successivi.
Di fronte alle rovine si trova la base di un colosso raffigurante Ramesse, che, ai tempi in cui venne scolpito, era alto 17 metri e pesante ben 1000 tonnellate, ora rimangono di essa solo la testa e la base, mentre gli altri frammenti sono disseminati in vari musei.
I resti di questo monumentale santuario stupiscono ancora oggi i turisti, come un tempo stupirono Diodoro Siculo, che lo descrisse minuziosamente come la tomba di Osimandia, corruzione greca di Usermaatra, parte del prenome di Ramesse II.
Pi-Ramesse (pr rmssw - che significa "casa di Ramesse") venne realizzata nel quinto anno del suo regno e lì il sovrano trasferì la sua residenza. La città sorse nei pressi dell'antica Avaris, nel delta orientale del Nilo, località in cui già si trovava la residenza estiva del padre, Seti I.
C'erano ragioni militari e politiche alla base della costruzione di Pi-Ramesse. Sorse infatti a ridosso della frontiera orientale, una zona che andava controllata perché esposta al pericolo di continue invasioni. Inoltre questo mutamento di residenza riduceva politicamente il potere crescente del clero tebano.
La nuova residenza sorgeva in una zona molto ricca. I campi erano rigogliosi e produttivi, i fiumi ricchi di pesci e ciò permetteva di sostenere gli abitanti della nuova città. La popolazione era composta da genti provenienti anche da parti del regno esterne alla valle del Nilo come la Libia, la Nubia, Canaan e Amurru.
La storia di Pi-Ramesse fu però abbastanza breve, i sovrani della XXI dinastia, a poco più di un secolo dalla morte di Ramesse, decisero di spostare la capitale a Tanis e per darle lustro saccheggiarono molti degli edifici della città.
Gli studiosi ritengono che l'antica capitale si trovi nella zona dove oggi sorge il villaggio di Qantir. Lì vennero infatti scoperte tegole e altri manufatti sul quale erano intagliati i nomi di Seti e Ramesse. Dagli anni settanta una squadra di archeologi austriaci si è messa al lavoro, ricercando il perimetro dell'immensa capitale di Ramesse. Sono state ritrovate le fondamenta di un enorme tempio, di un cimitero e di alcune abitazioni private. Venne inoltre scoperto il perimetro di una gigantesca stalla, di circa 17.000 metri quadrati, nella quale veniva conservato il carro del sovrano e le armi dei suoi soldati.
Per la realizzazione di questo tempio Ramesse non svolse soltanto il ruolo di committente ma anche di supervisore ai lavori. Fece erigere un colossale pilone d'ingresso, affiancato da sei gigantesche statue di 65 metri ciascuna, due in granito nero che lo raffiguravano seduto e quattro in granito rosso che lo raffiguravano in posizione eretta.
Per completare l'edificio vennero eretti due obelischi alti 25 metri ciascuno . Sui piloni vengono descritti gli episodi della guerra contro gli hittiti e della sua vittoria presso Kadesh.
Nell'immenso tempio di Amon-Ra, egli terminò la Grande Sala Ipostila, iniziata sotto il regno di Amenhotep II e portata avanti a più riprese durante i regni di Horemheb e del padre Seti I.
Ramesse fece decorare con rilievi celebrativi le mura e volle anche la creazione di un lago sacro, conservatosi fino ai giorni nostri. Le sue acque rappresentavano simbolicamente il luogo da cui erano nate tutte le forme di vita. Qui si celebravano i culti del Sole e di Osiride e i sacerdoti vi si purificavano prima di ogni rito.
Dopo trent'anni di regno Ramesse celebrò la Heb Sed (o giubileo), avente lo scopo di rinvigorire le forze del sovrano. La prima festa Sed di ogni sovrano, tranne alcune eccezioni, doveva essere celebrata nel trentesimo anno di regno, benché alcuni l'abbiano celebrata dopo periodi più brevi di regno, in seguito veniva ripetuta con maggiore frequenza. Ramesse arrivò a celebrarne quattordici.
Dagli esami fatti sulla sua mummia si evince che soffrì per una carie molto dolorosa che gli rese difficile la masticazione, probabilmente dovuta all'abbondante consumo di miele . Fu colpito inoltre da artrite e gravi problemi circolatori, senza contare una deformazione alla colonna vertebrale che lo costrinse a camminare grazie all'aiuto di un bastone.
Il lungo regno di Ramesse lo vide sopravvivere a molti dei suoi figli al punto che giunse a non nominare più ufficialmente un principe ereditario.
Negli ultimi anni di vita venne affiancato da Merenptah, suo tredicesimo figlio, nato dall'unione con Isinofret. Questi prese in mano il governo del regno nell'ultimo periodo di regno del padree gli succedette alla sua morte.
Ramesse morì a Pi-Ramesse il 1° di settembre del 1213 a.C., dopo sessantasette anni di regno circa. La notizia si diffuse per tutto l'impero e il popolo cadde nella desolazione. La maggior parte degli egiziani infatti non aveva conosciuto altri sovrani oltre a Ramesse. A Pi-Ramesse vennero celebrati i riti della mummificazione per settanta giorni. Dopo le relative cerimonie il corpo venne privato degli organi, ma il cuore venne accidentalmente rimosso e inserito nuovamente nel corpo ma in una locazione errata.
Dopo i riti preparatori, la mummia di Ramesse, accompagnata da un'enorme flotta, con alla testa la nave regale del successore, Merenptah, navigò lungo il Nilo fino a Tebe.
Il corteo funebre si diresse verso la tomba, che era stata scavata nella roccia nella necropoli della Valle dei Re. Dopo la celebrazione dell'"Apertura della bocca", compiuta dallo stesso Merenptah, i presenti fecero un banchetto in onore del defunto. Il sarcofago, contenente la salma del sovrano, venne posto all'interno della tomba e con lui il tesoro che avrebbe dovuto accompagnarlo nel Regno dei Morti. Poi l'ingresso fu sigillato.
Dopo di lui altri undici sovrani portarono il suo nome, ma nessuno riuscì ad eguagliarne le imprese.
La tomba del grande sovrano, identificata come KV7, venne saccheggiata pochi anni dopo la sua morte e, di conseguenza venne disperso il corredo funebre, probabilmente imponente, che vi era contenuto. La tomba era nota e visitata già nell’antichità. È senza dubbio una fra le più grandi della Valle dei Re. A causa di alcune inondazioni e del trascorrere del tempo, è gravemente danneggiata.
Presenta una pianta molto complicata. All'ingresso ci sono due rampe di scale, quindi segue corridoio, un’altra scalinata e un secondo corridoio; di seguito vi si trova un’anticamera ad una sala a pilastri. Al centro di questa sala vi è una terza scalinata che è collegata un’altra sala laterale circondata da colonne.
Si prosegue attraverso due corridoi assiali in sequenza, attraverso una stanza che conduce alla camera del sarcofago che è disposta a L rispetto al resto della struttura. La sala dove si trova al centro sarcofago del re è formata da otto pilastri quadrangolari. Si affacciano quattro stanzette laterali sulla sala; lo sviluppo della tomba si conclude con altre due camerette rette da due pilastri, da una delle quali si accede ad una terza identica, tramite un vestibolo.
Qualche decennio dopo la tomba fu violata e le ricchezze che conteneva portate via. Iniziò in questo modo la travagliata storia della mummia di Ramesse. Essa fu spostata più volte dai sacerdoti egizi addetti alla necropoli per evitare le razzie dei ladri di tombe, che pur di impadronirsi di qualche oggetto prezioso arrivavano a togliere le bende ai cadaveri per cercare gli amuleti d'oro e i gioielli nascosti durante l'imbalsamazione.
Intorno al 1000 a.C. la mummia, insieme a quelle di altri sovrani fra cui suo nonno Ramesse I e suo padre Seti, fu infine riposta nel nascondiglio segreto vicino al tempio di Hatshepsut di Deir el-Bahari, nei pressi di Tebe. Qui rimase fino al 1881, quando fu scoperta dall'egittologo Gaston Maspero e portata al Museo Egizio del Cairo. Qui accadde un fatto alquanto insolito: mentre era esposta in una sala del Museo la mummia alzò un braccio davanti a una folla di visitatori. Tale fenomeno fu attribuito a una contrazione dei muscoli mummificati, dovuta al calore.
Nel 1974 gli egittologi del museo in cui era conservata la salma del grande sovrano, notarono come la mummia stesse subendo un rapido deterioramento. Decisero dunque di condurre il corpo a Parigi per accertamenti. Siccome la salma doveva viaggiare in aereo, venne realizzato uno speciale passaporto per Ramesse. Il sovrano egizio fece dunque il suo ingresso in Europa, accolto con onori militari, come si conviene a un re della sua fama.
Gli scienziati scoprirono così che il deterioramento era causato da un semplice fungo. Dopo averlo rimosso, analizzarono il corpo della mummia, diagnosticando le malattie che avevano fatto soffrire il sovrano nei suoi ultimi anni di vita. Venne così portata alla luce la probabile causa della morte del sovrano: un'infezione fatale che ebbe origine da un ascesso ai denti.
Terminata l'odissea di cure e studi, Ramesse fu finalmente riavvolto nelle bende, riadagiato nel sarcofago e restituito al Museo del Cairo. Dopo il suo ritorno in Egitto, la mummia venne visitata dal presidente egiziano Anwar Sadat e da sua moglie.
Nefertari è ritenuta la più importante e, senza dubbio, la più amata fra le Grandi Spose Reali. Non si conoscono le sue vere origini anche se , probabilmente, discendeva da una famiglia della nobiltà di tebana. Secondo alcuni studiosi era perfino sorellastra di Ramesse e dunque, figlia di Seti I. Quest'ultimo la scelse, ancora tredicenne quale moglie per il suo successore. Sposò Ramesse quando questi aveva solo quindici anni. I documenti del periodo la definiscono come una donna furba e intelligente, senza dubbio dotata di eccezionale bellezza.
Da Nefertari Ramesse ebbe tre o quattro figli, fra questi ricordiamo il primogenito, Amon-her-khepshef e Merytamon, che divenne Grande Sposa Reale dopo la morte della madre. Il sovrano dimostrò il proprio favore per la sposa costruendo in suo onore il tempio minore di Abu Simbel, deificandola e associandola alla dea Hathor. La tomba che venne edificata per lei è senza dubbio una fra le più splendide della Valle delle regine, ancora oggi apprezzata e visitata. Nel 24° anno di regno di Ramesse, mentre Nefertari viaggiava verso sud per inaugurare il tempio di Abu Simbel, venne colta da un malore che la portò alla morte. Aveva circa quarant'anni.
Benché Nefertari sia la più celebre fra le molte mogli di Ramesse, anche Isinofret ricoprì un ruolo predominante all'interno della corte egiziana. Secondo alcuni studiosi, Nefertari collaborava col marito nel risanamento delle controversie nella zona meridionale, mentre Isinofret si occupava delle questioni nella zona settentrionale.
Da Isinofret Ramesse ebbe il maggior numero di figli; fra questi ricordiamo Ramesse, Merenptah (che gli successe sul trono) e Khaemwaset, futuro sommo sacerdote di Menfi. Ricevette il titolo di Grande Sposa reale dopo la morte di Nefertari a cui sopravvisse dieci anni. Non è stata ancora ritrovata la sua tomba.
Ramesse ebbe un grande numero di spose minori che gli donarono una miriade di figli. Fra queste possiamo ricordarne solo alcune: Bintanath, una delle sue figlie, Maat-hor Neferura, figlia del re ittita Hattusili III, Henutmire, sua sorella minore.
Bintanath era una delle figlie che Ramesse ebbe da Isinofret. Divenne Grande Sposa reale, probabilmente dopo la morte della madre. Esiste una statua raffigurante questa regina ma è profondamente deturpata. Alcuni studiosi pensano che si tratti comunque di una statua dedicata a Nefertari e non a Bintanath.
Il matrimonio con Maat-hor Neferura nacque invece a scopi diplomatici. Questa fu una mossa politica per suggellare il trattato di pace avuto con gli Ittiti, ai quali la principessa apparteneva, essendo figlia del loro re Hattusili III. Quando Maat-hor Neferura morì, Ramesse sposò un'altra principessa ittita, sorella della prima, della quale però non conosciamo il nome.
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