lunedì 12 luglio 2010
Dipinti
Chi era Monna Lisa? E la Maya desnuda, era davvero la duchessa d’Alba? E la ragazza col turbante di Vermeer, cosa faceva? Era una serva – come ha ipotizzato la scrittrice Tracy Chevalier, oppure apparteneva, come invece lascerebbe supporre il prezioso orecchino di perla, alla classe più agiata?
Misteri dell’arte, intriganti questiti sull’identità di ritratti che appartengono all’immaginario dell’umanità ed ai quali nessuno ha ancora saputo trovare una risposta definitiva. Non che la storia dell’arte cambierà più di tanto se un giorno si riuscisse a confermare che protagonista del ritratto più celebre d’ogni tempo e del sorriso più controverso di sempre è davvero Lisa del Giocondo, esponente della famiglia fiorentina dei Gherardini, moglie di un mercante di stoffe, nonché amante di un Medici. Ma oggi nessuno può affermarlo con esattezza, manca la prova principe. E infatti studiosi autorevoli affermano che potrebbe trattarsi della nobile di origini spagnole imparentata coi reali di Napoli, Costanza d’Avalos; per altri la Gioconda raffigurerebbe invece Bianca Sforza, figlia primogenita di Ludovico il Moro (morte avvelenata); per altri sarebbe Caterina Sforza e per altri ancora ritrarrebbe la madre stessa di Leonardo Da Vinci, e per questo motivo il genio non si sarebbe mai voluto separare da questo piccolo quadro che tenne con sé fino alla fine dei suoi giorni.
Tutto resta in sospeso, a ciascuno scegliere la tesi che trova più attraente. E se la Gioconda è certo il caso più celebre d’identità rimasta impantanata nel tempo, altri ritratti più o meno famosi sembrano attendere che qualcuno racconti la loro storia, che qualcuno sveli a chi appartenevano quegli occhi, quelle espressioni, quelle vite che grandi artisti hanno impresso sulla tela per la memoria futura. Ma è una memoria dimezzata.
Conosciuta come la Gioconda del nord, La ragazza col turbante di Johannes Vermeer (museo Mauritshuis, L’Aia) è portatrice di un’affascinante ambiguità. Sarà per quel turbante di un azzurro intenso, per l’enorme orecchino di perla, o per quegli occhi neri di liquida bellezza che fissano il pittore. Il suo nome? Nel 1999, ha provato Tracy Chevalier a darglielo, nel fortunato romanzo “La ragazza con l’orecchino di perla” (dal quale è stato tratto anche un film). La scrittrice l’ha chimata Griet e l’ha messa a servizio nella casa di Vermeer costruendo una storia di sotterranea attrazione tra lei e il pittore. Da quel momento la misteriosa ragazza è per tutti la servetta di casa Vermeer. Un’ipotesi plausibile, anche se letteraria.
E con lo scopo di restituire un passato ad alcuni dei ritratti conservati nelle sue imponenti collezioni, la National Portait Gallery di Londra, ha chiesto soccorso proprio alla letteratura. Piò esattmente ha commissionato ad alcuni noti romanzieri, tra cui la stessa Chevalier, di creare immaginarie biografie ad alcuni “soggetti” dei cui nomi s’è persa traccia. John Banville, Julian Fellowes, Terry Pratchet, Sarah Singleton, Joanna Trollope, Minette Walters, sono le altre “penne” alle quali il Museo s’è affidato per dare alle stampe un delizioso libro (purtroppo scritto in inglese) con tanto di epistolari, diari, mini-biografie e memorie di questi sconosciuti.
Riperorrendo le illustri sconosciute della storia dell’arte non si può fare a meno d’imbattersi nella Maja, la procace bellezza mediterranea dipinta da Francisco Goya tra il 1790 ed il 1800 in due diversi quadri: La Maja vestida e La Maja desnuda, questa sufficientemente oscena da portare il pittore diritto davanti all’Inquisizione Spagnola. Furono evidentemente motivi di opportunità a consigliare all’artista di non rivelare il nome della conturbante modella. Troppo conturbante – forse – anche per essere la duchessa di Alba, che molti studiosi hanno dato come plausibile. La duchessa, infatti, morì nel 1802 di tubercolosi,e dunque pensare che le Maja siano il ritratto di una donna di trentasei anni gravemente malata è da escludersi.
Non meno intrigante è però il mistero che avvolge il “Ritratto di donna” del pittore rinascimentale Dosso Dossi, conservato alla National Gallery of Victoria, in Australia. Nel 2008 c’è stato chi ha voluto vedere in quella donna col naso appuntito e gli occhi penetranti nientemeno che Lucrezia Borgia, ma l’ipotesi non ha trovato unanimità di consensi.
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