sabato 31 luglio 2010
Egittologia
Ramesse II (nome originale: Usermaatra setepenra Ramesisu meriamun; Avaris, 1297 a.C. – Pi-Ramesse, 1 settembre 1213 a.C.) è stato un sovrano egizio.
Terzo monarca della XIX dinastia egizia, regnò in Egitto dal 1278 a.C. al 1213 a.C. Figlio di Seti I e sua moglie Tuya salì al trono dopo la scomparsa del fratello. Celebre l'incredibile prole (quasi 100 figli) e il numero di mogli, fra le quali figura la famosissima regina Nefertari. Combatté contro l'impero ittita, in quel tempo governato dal re Muwatalli II, nella celebre battaglia di Kadesh, uno degli scontri meglio documentati nel mondo antico. Infaticabile costruttore, diede forma a giganteschi monumenti, quali il tempio di Abu Simbel e il Ramesseum. Secondo alcune interpretazioni del racconto biblico è contro di lui che Mosè avrebbe scagliato le dieci piaghe d'Egitto al fine di liberare il proprio popolo dalla schiavitù.
Non è possibile rintracciare i tratti fisionomici di questo grande sovrano nelle statue che egli fece erigere poiché, probabilmente, il loro aspetto era frutto di un'idealizzazione degli artisti, che si basavano molto spesso su un modello fittizio di perfezione.
Unica testimone del suo reale aspetto fisico è la sua mummia, conservata oggi nel Museo egizio del Cairo, benché mostri, tutto sommato, un sovrano non più nel fiore degli anni ma anzi colpito da diverse malattie deformanti.
Ramesse possedeva un naso aquilino, lungo e sottile, un volto dalla forma ovale, una mascella possente. Era senza dubbio più alto della media del tempo, tra il m 1,70 e il m 1,80, anche se probabilmente lo era anche di più, poiché si sa dalle analisi sulla salma che egli ebbe una deformazione alla colonna vertebrale durante gli ultimi anni di vita, affezione che lo costrinse a camminare servendosi di un bastone. La fisionomia della mummia presenta inoltre caratteristiche tipiche delle popolazioni di etnia asiatica, caratteristiche che si possono intravedere anche nelle mummie di Seti I, suo padre, e Merenptah, suo figlio e successore al trono. Secondo alcuni studiosi Ramesse, in gioventù, aveva i capelli rossi, condizione atipica per gli egiziani del periodo, secondo altri, invece, aveva comunissimi capelli castani.
Ramesse II nacque nel 1297 a.C. circa, benché la datazione non si ancora accertata, ad Avaris, secondo figlio di Seti I e della regina Tuya. La sua unica sorella era Tua, anche se è nota l'esistenza di una certa Henutmire, divenuta in seguito una delle sue mogli, che era, con molta probabilità, sua sorella minore. Aveva anche un fratello Nebchasetnebet, morto in giovane età o, secondo alcuni studiosi, esiliato per un grave crimine.
Il primo grande evento della vita del futuro sovrano fu senza dubbio la salita al trono del nonno, Ramesse I, che avvenne quando Ramesse aveva solo cinque anni. Due anni dopo, nel 1290 a.C., in seguito alla morte di Ramesse I, divenne re Seti (Seti I), suo padre.
Questi affidò l'istruzione del figlio a tre importanti maestri, primo fra tutti Paser, il gran visir, che istruì Ramesse sull'arte della politica, sulla guerra e sull'astrologia. Da ricordare poi Imenemipet, viceré in Nubia. Colui che però istruì maggiormente il principe fu Tia, figlio dello scriba di corte, uomo che assunse un ruolo molto importante quando il discepolo divenne re, arrivando persino a sposare la sorella di questi, sua omonima, divenendo così suo cognato.
A dieci anni partecipò, in compagnia del padre, alle sue prime campagne militari. Durante queste spedizioni venne nominato comandante supremo delle truppe egiziane, secondo militarmente soltanto al re. Nello stesso anno, il sovrano gli affidò il ruolo di "Supervisore di tutti i monumenti". Seti I, quando il figlio aveva solo quindici anni d'età, lo mandò in missione per sedare alcune rivolte in Libia e, al suo ritorno, lo nominò principe reggente. Il re decise di concedere così presto questa alta nomina al figlio, poiché sapeva bene che i sacerdoti del dio Amon, divenuti molto potenti dopo il periodo amarniano, avrebbero senza dubbio tentato di usurpare il trono di Ramesse dopo la sua morte.
Dopo la nomina, il padre ordinò che si costruisse per il figlio un palazzo, che fu edificato probabilmente nella città di Menfi. In quell'anno Ramesse sposò la sua prima e prediletta moglie, Nefertari, scelta personalmente da Seti e da sua moglie Tuya per la sua bellezza e la sua spiccata intelligenza. Non si conoscono le origini della futura regina, si sa solo che suo fratello era governatore della città di Tebe.
Seti I gli affidò l'amministrazione dei tributi, il compito di reprimere alcune rivolte scoppiate fra i beduini in terra di Canaan e di supervisionare il lavoro delle miniere di Assuan. Quando Ramesse ebbe ventidue anni Seti lo mandò in Nubia per sedare una ribellione. Il giovane principe svolse magnificamente questo comando e il padre dunque lo premiò inserendo nelle mura dei templi, accanto al proprio nome, il nome del figlio. Dopo diciotto anni di governo circa, Seti I morì e il regno passò quindi nelle mani di Ramesse, allora venticinquenne.
Dopo settanta giorni di lutto, Seti venne sepolto con solenne cerimonia e Ramesse venne così incoronato nuovo sovrano d'Egitto, precisamente il 31 maggio. Al suo fianco, oltre alle due spose reali, Nefertari e Isinofret, anche la madre, Tuya, che morì nel 1258 a.C.
Nel suo secondo anno di regno Ramesse sconfisse i pirati Shardana che depredavano i territori lungo la costa mediterranea, interrompendo le relazioni commerciali con i propri saccheggi. I guerrieri Shardana provenivano forse dalla costa Ionia o dalla zona sud-occidentale della Turchia, o dalla Sardegna. Ramesse preparò i propri guerrieri in punti strategici e, utilizzando un'esca, riuscì ad attirare in un unico punto i pirati Shardana, cogliendoli così di sorpresa e rendendoli suoi prigionieri.
Ramesse, catturò molti degli invasori che utilizzò come truppe mercenarie inglobandoli nell'esercito egizio, quali proprie guardie personali. I guerrieri Shardana ebbero un ruolo rilevante nella successiva battaglia di Kadesh.
È curioso ricordare che, insieme agli Shardana, Ramesse utilizzava un leone, raffigurato anche nelle pareti dei templi di Abu Simbel, come guardia personale.
La politica estera di Ramesse II fu principalmente rivolta all'area mediorientale e si sviluppò attraverso una serie di campagne militari che ebbero luogo negli anni 4°, 5°, 8°, 10°, e forse 18°, di regno.
L'obiettivo primario delle prime di queste campagne fu quello di ripristinare la zona d'influenza egizia nell'area palestinese così come l'avevano delineata la politica estera e le conquiste militari di Thutmose III. Questa intenzione si scontrò con la crescente influenza del regno ittita che controllava ormai tutta la Siria settentrionale e l'intera regione di Naharina.
La battaglia cruciale di questo conflitto ebbe luogo durante la campagna dell'ottavo anno, nei pressi della città di Qaddesh. Essa vide il confronto tra l'esercito egizio comandato personalmente da Ramesse e quello ittita al comando di Muwatalli II. Della battaglia si hanno resoconti sia da fonte ittita che egizia ed è possibile notare che entrambe le parti si attribuirono la vittoria.
Ramesse decise di prepararsi abilmente per questo incredibile conflitto. Inglobò i mercenari Shardana nel proprio esercit , spostò la propria capitale a Pi-Ramesse, luogo dal quale era in grado di armare velocemente i propri uomini e controllare le frontiere. Gli artigiani della nuova capitale forgiarono 1000 armature in una settimana, 1000 scudi in dieci giorni, 250 carri da guerra in due settimane. L'esercito venne strutturato su quattro armate: le divisioni Ra, Ptah, Amon e Seth. Dopo questi atti preparatori, Ramesse condusse i propri uomini verso la fortezza di Kadesh, in quel tempo governata dal re hittita Muwatalli II che, abilmente, riuscì a ingannare il sovrano egizio.
Durante un momento di riposo i soldati di Ramesse catturarono due spie beduine che rivelarono al sovrano come l'esercito hittita si trovasse in realtà molto lontano da Kadesh, precisamente a 120 miglia di distanza. Ramesse cadde però in quello che si rivelò un tranello architettato da Muwatalli. Poco tempo dopo infatti vennero catturati due hittiti che, sotto tortura, rivelarono la verità al sovrano: gli Ittiti erano più vicini del previsto. Colto di sorpresa, lo schieramento della divisione Ra venne distrutto dalle armate nemiche, guidate dal fratello di Muwatalli, Hattusili, e Ramesse fu costretto a lottare contro un numero ben maggiore di avversari, con la sola divisione Amon.
Per sua fortuna, le altre due divisioni, rimaste indietro, riuscirono a colpire di sorpresa gli Ittiti e, benché Muwatalli avesse condotto altri 1000 carri contro gli egiziani, fu costretto ad attraversare il fiume Oronte, per ricongiungersi con la fanteria.
Il sovrano egizio presentò la battaglia come un vittoria personale e ne fece immortalare il resoconto sulle pareti del suo tempio funerario (Ramesseum) a Menphi (Bollettino di Kadesh e Poema di Pentaur). Malgrado le affermazioni dei contendenti, gli storici sono portati a ritenere che la battaglia non ebbe vincitori, poiché nonostante Ramesse avesse fermato l'avanzata ittita, il progetto di recuperare le zone d'influenza nella Siria e a Naharina non ebbe successo.
Le seguenti spedizioni militari egizie nell'area palestinese furono rivolte solamente a riportare all'ordine alcuni governanti locali, ribellatisi al controllo egizio. La battaglia di Kadesh, immortalata come una vittoria sui templi di tutto l'Egitto, in realtà ridusse l'influenza di Ramesse a Caanan, mentre l'intera Siria finì nelle mani degli Ittiti.
Nel settimo anno del suo regno, il sovrano decise di riprovare la conquista e questa volta l'esito risultò positivo. Durante questa campagna divise l'esercito in due armate. Uno di questi, guidato dal figlio primogenito, Amon-her-khepshef, si diede all'inseguimento dei guerrieri delle tribù di Shasu, attraverso il Negev. Conquistò in seguito la terra di Moab. L'altro schieramento, guidato da Ramesse stesso, attaccò Gerusalemme e Gerico. Le due armate si rincontrarono a Moab. Si estese così l'influenza egizia su quella regione. Furono sottomesse anche le città di Damasco e Upi. Intorno al 9° o 10° anno del suo regno, Ramesse tornò alla conquista dei territori che aveva perso dopo la battaglia con gli Ittiti. Si spinse così fino a Tunip, ben oltre Kadesh, ma i territori vinti furono presto sottomessi nuovamente dagli Ittiti.
Il confronto con il regno ittita ebbe il suo epilogo nel 21° anno di regno di Ramesse con la stipula di un trattato di pace tra lui e Hattusili III, succeduto a Muwatalli. Infatti, il re degli Assiri stava minacciando il controllo politico sia degli Egizi che degli Ittiti. I due popoli decisero dunque di rappacificarsi. Il trattato, ritrovato sia nella versione egizia che in quella ittita, prevedeva un patto di non aggressione, il riconoscimento dei reciproci confini, regole sull'estradizione dei fuggitivi e un patto di mutua assistenza in caso di attacco da parte di terzi. Per suggellare questo accordo Ramesse sposò inoltre una principessa ittita, Maat-hor Neferura, figlia di Hattusili. Il trattato, comunque, perse ben presto di importanza per l'Egitto, poiché arrivò una seconda ondata di popolazioni indoeuropee che travolse gli ittiti.
Nel corso del suo lungo regno Ramesse II intervenne anche nell'area libica per frenare i tentativi di infiltrazione delle tribù di quella regione verso il delta del Nilo. A questo scopo venne anche realizzata una linea di difesa fortificata che partendo dall'area costiera di Rakotis si estendeva fino all'odierna Marsa Matruh.
Ramesse fu, oltre che grande capo militare, anche grande costruttore. Portò a compimento i monumenti edificati dal padre e riempì l'Egitto di templi e statue in suo onore allo scopo di rafforzare l'aspetto divino della propria indiscutibile regalità. Proprio grazie alle iscrizioni su questi edifici è stato possibile ricostruire la storia di questo grande sovrano. Fra i più grandi monumenti da lui edificati si può ricordare il tempio di Abu Simbel e il Ramesseum.
Nella sua attività edilizia non si diede scrupoli nel demolire gli edifici eretti da Akhenaton (per riutilizzarne i materiali), né di deturpare le costruzioni di altri predecessori.
Tra le sue realizzazioni anche quella di Pi-Ramesse, in pratica una città eretta solamente come residenza del sovrano (la capitale dell'Egitto continuò ad essere Tebe). La nuova città sorse nell'area est del delta del Nilo non lontano dal sito di Avaris, la capitale dei sovrani hyksos della XV dinastia.
La sua opera più grandiosa e celebre è senza dubbio il tempio di Abu Simbel, località dell'Egitto meridionale lungo il fiume Nilo, a sud della città di Assuan.
Ramesse fece costruire sulla roccia della montagna due templi, uno maggiore, dedicato a se stesso e uno minore, dedicato alla moglie Nefertari.
Il tempio maggiore si sviluppa in profondità nella roccia per circa 55 metri; la facciata è adorna di quattro colossali statue di Ramesse, alte più di 20 metri. Tra le gambe vi sono statue più piccole, raffiguranti Tuya, Nefertari e alcuni fra i suoi figli.
La grande sala, che si apre subito dopo il breve corridoio di ingresso, è sorretta da otto imponenti colonne, disposte in due file di quattro, a ciascuna delle quali è addossata una statua di Ramesse II, ritratto con gli attributi di Osiride. Sulle pareti della sala ipostila sono rappresentati i celebri episodi della battaglia di Kadesh. Nelle celle meridionali, utilizzate come depositi di oggetti sacri, è raffigurato invece il sovrano nell'atto di donare offerte agli dei.
Il tempio minore, costruito nello stesso periodo, è dedicato, oltre che a Nefertari, anche alla dea Hathor. È di dimensioni minori rispetto all'altro ma appare comunque imponente; la facciata è adorna di sei statue (quattro raffiguranti Ramesse, due raffiguranti Nefertari) alte più di nove metri.
Ci vollero ben vent'anni per completare questo immenso complesso, il tempio funerario di Ramesse, non destinato ad ospitarne il corpo dopo la morte, bensì a celebrarvi cerimonie legate al suo culto una volta che egli fosse scomparso. Il re affidò la missione a Penra, suo architetto di corte, che non deluse di certo le sue aspettative. Il Ramesseum venne edificato sulla riva sinistra del Nilo, nella regione tebana. Lungo 300 metri e largo 195 metri possedeva persino una baia cui far attraccare le navi per le cerimonie. Proprio la vicinanza con il fiume fu la causa del degrado della struttura a causa delle inondazioni annuali: oggi della grande struttura sopravvive soltanto il primo cortile del tempio.
L'edificio principale, con una struttura molto simile a quella degli altri templi del Nuovo Regno, era costituito da due cortili, con un enorme ingresso di piloni, una sala ipostila, nella quale svolgere le celebrazioni, tre vestiboli, un santuario. I piloni sono decorati con scene tratte dalla battaglia di Kadesh. All'interno della sala ipostila viene invece descritta la presa della fortezza di Dapur.
I resti del complesso includevano inoltre un palazzo, alcuni granai e due templi, più piccoli, dedicati rispettivamente a Tuya, madre del sovrano e a Nefertari. Il Ramesseum poteva dunque essere definito come una specie di cittadella religiosa poiché comprendeva, oltre al tempio principale, una serie di edifici, alcuni dei quali destinati a residenze. C'erano anche botteghe, magazzini e persino una scuola di scribi, la cosiddetta "Casa della vita", luogo nel quale si trovavano scribi addetti a commemorare (e a ingigantire) le imprese del sovrano. L'intero complesso era circondato da una cinta muraria. Come aveva già fatto, per realizzare altri templi, Ramesse diede ordine di utilizzare parti di antichi monumenti. Il complesso che doveva rappresentare la grandezza del sovrano e del suo regno per i secoli a venire, fu invece parzialmente smantellato,allo scopo di riciclarne i materiali da costruzione, da sovrani successivi.
Di fronte alle rovine si trova la base di un colosso raffigurante Ramesse, che, ai tempi in cui venne scolpito, era alto 17 metri e pesante ben 1000 tonnellate, ora rimangono di essa solo la testa e la base, mentre gli altri frammenti sono disseminati in vari musei.
I resti di questo monumentale santuario stupiscono ancora oggi i turisti, come un tempo stupirono Diodoro Siculo, che lo descrisse minuziosamente come la tomba di Osimandia, corruzione greca di Usermaatra, parte del prenome di Ramesse II.
Pi-Ramesse (pr rmssw - che significa "casa di Ramesse") venne realizzata nel quinto anno del suo regno e lì il sovrano trasferì la sua residenza. La città sorse nei pressi dell'antica Avaris, nel delta orientale del Nilo, località in cui già si trovava la residenza estiva del padre, Seti I.
C'erano ragioni militari e politiche alla base della costruzione di Pi-Ramesse. Sorse infatti a ridosso della frontiera orientale, una zona che andava controllata perché esposta al pericolo di continue invasioni. Inoltre questo mutamento di residenza riduceva politicamente il potere crescente del clero tebano.
La nuova residenza sorgeva in una zona molto ricca. I campi erano rigogliosi e produttivi, i fiumi ricchi di pesci e ciò permetteva di sostenere gli abitanti della nuova città. La popolazione era composta da genti provenienti anche da parti del regno esterne alla valle del Nilo come la Libia, la Nubia, Canaan e Amurru.
La storia di Pi-Ramesse fu però abbastanza breve, i sovrani della XXI dinastia, a poco più di un secolo dalla morte di Ramesse, decisero di spostare la capitale a Tanis e per darle lustro saccheggiarono molti degli edifici della città.
Gli studiosi ritengono che l'antica capitale si trovi nella zona dove oggi sorge il villaggio di Qantir. Lì vennero infatti scoperte tegole e altri manufatti sul quale erano intagliati i nomi di Seti e Ramesse. Dagli anni settanta una squadra di archeologi austriaci si è messa al lavoro, ricercando il perimetro dell'immensa capitale di Ramesse. Sono state ritrovate le fondamenta di un enorme tempio, di un cimitero e di alcune abitazioni private. Venne inoltre scoperto il perimetro di una gigantesca stalla, di circa 17.000 metri quadrati, nella quale veniva conservato il carro del sovrano e le armi dei suoi soldati.
Per la realizzazione di questo tempio Ramesse non svolse soltanto il ruolo di committente ma anche di supervisore ai lavori. Fece erigere un colossale pilone d'ingresso, affiancato da sei gigantesche statue di 65 metri ciascuna, due in granito nero che lo raffiguravano seduto e quattro in granito rosso che lo raffiguravano in posizione eretta.
Per completare l'edificio vennero eretti due obelischi alti 25 metri ciascuno . Sui piloni vengono descritti gli episodi della guerra contro gli hittiti e della sua vittoria presso Kadesh.
Nell'immenso tempio di Amon-Ra, egli terminò la Grande Sala Ipostila, iniziata sotto il regno di Amenhotep II e portata avanti a più riprese durante i regni di Horemheb e del padre Seti I.
Ramesse fece decorare con rilievi celebrativi le mura e volle anche la creazione di un lago sacro, conservatosi fino ai giorni nostri. Le sue acque rappresentavano simbolicamente il luogo da cui erano nate tutte le forme di vita. Qui si celebravano i culti del Sole e di Osiride e i sacerdoti vi si purificavano prima di ogni rito.
Dopo trent'anni di regno Ramesse celebrò la Heb Sed (o giubileo), avente lo scopo di rinvigorire le forze del sovrano. La prima festa Sed di ogni sovrano, tranne alcune eccezioni, doveva essere celebrata nel trentesimo anno di regno, benché alcuni l'abbiano celebrata dopo periodi più brevi di regno, in seguito veniva ripetuta con maggiore frequenza. Ramesse arrivò a celebrarne quattordici.
Dagli esami fatti sulla sua mummia si evince che soffrì per una carie molto dolorosa che gli rese difficile la masticazione, probabilmente dovuta all'abbondante consumo di miele . Fu colpito inoltre da artrite e gravi problemi circolatori, senza contare una deformazione alla colonna vertebrale che lo costrinse a camminare grazie all'aiuto di un bastone.
Il lungo regno di Ramesse lo vide sopravvivere a molti dei suoi figli al punto che giunse a non nominare più ufficialmente un principe ereditario.
Negli ultimi anni di vita venne affiancato da Merenptah, suo tredicesimo figlio, nato dall'unione con Isinofret. Questi prese in mano il governo del regno nell'ultimo periodo di regno del padree gli succedette alla sua morte.
Ramesse morì a Pi-Ramesse il 1° di settembre del 1213 a.C., dopo sessantasette anni di regno circa. La notizia si diffuse per tutto l'impero e il popolo cadde nella desolazione. La maggior parte degli egiziani infatti non aveva conosciuto altri sovrani oltre a Ramesse. A Pi-Ramesse vennero celebrati i riti della mummificazione per settanta giorni. Dopo le relative cerimonie il corpo venne privato degli organi, ma il cuore venne accidentalmente rimosso e inserito nuovamente nel corpo ma in una locazione errata.
Dopo i riti preparatori, la mummia di Ramesse, accompagnata da un'enorme flotta, con alla testa la nave regale del successore, Merenptah, navigò lungo il Nilo fino a Tebe.
Il corteo funebre si diresse verso la tomba, che era stata scavata nella roccia nella necropoli della Valle dei Re. Dopo la celebrazione dell'"Apertura della bocca", compiuta dallo stesso Merenptah, i presenti fecero un banchetto in onore del defunto. Il sarcofago, contenente la salma del sovrano, venne posto all'interno della tomba e con lui il tesoro che avrebbe dovuto accompagnarlo nel Regno dei Morti. Poi l'ingresso fu sigillato.
Dopo di lui altri undici sovrani portarono il suo nome, ma nessuno riuscì ad eguagliarne le imprese.
La tomba del grande sovrano, identificata come KV7, venne saccheggiata pochi anni dopo la sua morte e, di conseguenza venne disperso il corredo funebre, probabilmente imponente, che vi era contenuto. La tomba era nota e visitata già nell’antichità. È senza dubbio una fra le più grandi della Valle dei Re. A causa di alcune inondazioni e del trascorrere del tempo, è gravemente danneggiata.
Presenta una pianta molto complicata. All'ingresso ci sono due rampe di scale, quindi segue corridoio, un’altra scalinata e un secondo corridoio; di seguito vi si trova un’anticamera ad una sala a pilastri. Al centro di questa sala vi è una terza scalinata che è collegata un’altra sala laterale circondata da colonne.
Si prosegue attraverso due corridoi assiali in sequenza, attraverso una stanza che conduce alla camera del sarcofago che è disposta a L rispetto al resto della struttura. La sala dove si trova al centro sarcofago del re è formata da otto pilastri quadrangolari. Si affacciano quattro stanzette laterali sulla sala; lo sviluppo della tomba si conclude con altre due camerette rette da due pilastri, da una delle quali si accede ad una terza identica, tramite un vestibolo.
Qualche decennio dopo la tomba fu violata e le ricchezze che conteneva portate via. Iniziò in questo modo la travagliata storia della mummia di Ramesse. Essa fu spostata più volte dai sacerdoti egizi addetti alla necropoli per evitare le razzie dei ladri di tombe, che pur di impadronirsi di qualche oggetto prezioso arrivavano a togliere le bende ai cadaveri per cercare gli amuleti d'oro e i gioielli nascosti durante l'imbalsamazione.
Intorno al 1000 a.C. la mummia, insieme a quelle di altri sovrani fra cui suo nonno Ramesse I e suo padre Seti, fu infine riposta nel nascondiglio segreto vicino al tempio di Hatshepsut di Deir el-Bahari, nei pressi di Tebe. Qui rimase fino al 1881, quando fu scoperta dall'egittologo Gaston Maspero e portata al Museo Egizio del Cairo. Qui accadde un fatto alquanto insolito: mentre era esposta in una sala del Museo la mummia alzò un braccio davanti a una folla di visitatori. Tale fenomeno fu attribuito a una contrazione dei muscoli mummificati, dovuta al calore.
Nel 1974 gli egittologi del museo in cui era conservata la salma del grande sovrano, notarono come la mummia stesse subendo un rapido deterioramento. Decisero dunque di condurre il corpo a Parigi per accertamenti. Siccome la salma doveva viaggiare in aereo, venne realizzato uno speciale passaporto per Ramesse. Il sovrano egizio fece dunque il suo ingresso in Europa, accolto con onori militari, come si conviene a un re della sua fama.
Gli scienziati scoprirono così che il deterioramento era causato da un semplice fungo. Dopo averlo rimosso, analizzarono il corpo della mummia, diagnosticando le malattie che avevano fatto soffrire il sovrano nei suoi ultimi anni di vita. Venne così portata alla luce la probabile causa della morte del sovrano: un'infezione fatale che ebbe origine da un ascesso ai denti.
Terminata l'odissea di cure e studi, Ramesse fu finalmente riavvolto nelle bende, riadagiato nel sarcofago e restituito al Museo del Cairo. Dopo il suo ritorno in Egitto, la mummia venne visitata dal presidente egiziano Anwar Sadat e da sua moglie.
Nefertari è ritenuta la più importante e, senza dubbio, la più amata fra le Grandi Spose Reali. Non si conoscono le sue vere origini anche se , probabilmente, discendeva da una famiglia della nobiltà di tebana. Secondo alcuni studiosi era perfino sorellastra di Ramesse e dunque, figlia di Seti I. Quest'ultimo la scelse, ancora tredicenne quale moglie per il suo successore. Sposò Ramesse quando questi aveva solo quindici anni. I documenti del periodo la definiscono come una donna furba e intelligente, senza dubbio dotata di eccezionale bellezza.
Da Nefertari Ramesse ebbe tre o quattro figli, fra questi ricordiamo il primogenito, Amon-her-khepshef e Merytamon, che divenne Grande Sposa Reale dopo la morte della madre. Il sovrano dimostrò il proprio favore per la sposa costruendo in suo onore il tempio minore di Abu Simbel, deificandola e associandola alla dea Hathor. La tomba che venne edificata per lei è senza dubbio una fra le più splendide della Valle delle regine, ancora oggi apprezzata e visitata. Nel 24° anno di regno di Ramesse, mentre Nefertari viaggiava verso sud per inaugurare il tempio di Abu Simbel, venne colta da un malore che la portò alla morte. Aveva circa quarant'anni.
Benché Nefertari sia la più celebre fra le molte mogli di Ramesse, anche Isinofret ricoprì un ruolo predominante all'interno della corte egiziana. Secondo alcuni studiosi, Nefertari collaborava col marito nel risanamento delle controversie nella zona meridionale, mentre Isinofret si occupava delle questioni nella zona settentrionale.
Da Isinofret Ramesse ebbe il maggior numero di figli; fra questi ricordiamo Ramesse, Merenptah (che gli successe sul trono) e Khaemwaset, futuro sommo sacerdote di Menfi. Ricevette il titolo di Grande Sposa reale dopo la morte di Nefertari a cui sopravvisse dieci anni. Non è stata ancora ritrovata la sua tomba.
Ramesse ebbe un grande numero di spose minori che gli donarono una miriade di figli. Fra queste possiamo ricordarne solo alcune: Bintanath, una delle sue figlie, Maat-hor Neferura, figlia del re ittita Hattusili III, Henutmire, sua sorella minore.
Bintanath era una delle figlie che Ramesse ebbe da Isinofret. Divenne Grande Sposa reale, probabilmente dopo la morte della madre. Esiste una statua raffigurante questa regina ma è profondamente deturpata. Alcuni studiosi pensano che si tratti comunque di una statua dedicata a Nefertari e non a Bintanath.
Il matrimonio con Maat-hor Neferura nacque invece a scopi diplomatici. Questa fu una mossa politica per suggellare il trattato di pace avuto con gli Ittiti, ai quali la principessa apparteneva, essendo figlia del loro re Hattusili III. Quando Maat-hor Neferura morì, Ramesse sposò un'altra principessa ittita, sorella della prima, della quale però non conosciamo il nome.
Fumetti
Horacio Altuna è uno dei maggiori disegnatori erotici attualmente in circolazione.
Come altri autori di questo prolifico genere (uno per tutti Milo Manara) l'approdo sulle sponde del fumetto erotico arriva dopo una buona gavetta che attraversa molti generi del fumetto e permette all'autore di formarsi e di affinare il suo stile.
Altuna è nato a Cordoba il 24 novembre del 1941 ed ha iniziato a lavorare nel mondo del fumetto nel 1965 (la sua prima storia è stata Súper Volador).Nel 1967 inizia la sua collaborazione con la Editorial Columba che gli permette di confrontarsi e lavorare con scenggiatori del calibro di Robin Wood (creando il personaggio di Big Norman) e Hector G. Oesterheld (Kabul de Bengala).
In seguito (1973) collabora con l'inglese Fleetway (editore specializzato in fumetti di guerra) e l'americana Charlton Comics.
Dal 1975 realizza una serie di racconti autoconclusivi per la rivista argentina Skorpio insieme allo sceneggiatore Guillermo Saccomanno.
Sempre nel 1975 dà vita, sulle pagine di El Clarin, insieme al prolifico sceneggiatore Carlos Trillo, al personaggio che lo fa conoscere ed apprezzare in tutto il mondo, Loco Chavez, giornalista di cronaca e costume per il quotidiano El Clarin in una Buenos Aires specchio della società Argentina del periodo a cavallo della transazione democratica, in Italia pubblicato su Skorpio, Lancistory e Comic Art a partire dal 1987 e poi riproposto integralmente in diversi volumi della serie I Giganti dell'Avventura da Eura Editore. Loco Chavez ha un'ambientazione contemporanea quindi riesce ad essere uno specchio della complessa situazione (politica, economica, sociale) argentina che riesce a rappresentare con leggerezza ed ironia.
Altro classico del fumetto da lui realizzato è Uscita di sicurezza del 1979 (pubblicato in Italia nel 1985) dove si narrano le vicende del mediocre e dimesso Signor Lopez, impiegato frustrato e bistrattato sia al lavoro che in famiglia il quale trova una via di fuga dal triste ed oppressivo tran-tran quotidiano chiudendosi nelle toilette e dando libero sfogo alla sua fervida immaginazione. Sono gli anni della dittatura in argentina e tra le righe è possibile leggere (come spesso avviene in Altuna) una critica verso la società ed una lancia spezzata in favore della libertà di espressione.
Nel 1982 si trasferisce in Spagna dove inizia la collaborazione con l'editore Toutain dando vita alle serie Slot Machine e Shitychesky, ideate insieme a Carlo Trillo, e ad altri lavori dei quali è autore completo (Chico Montana, Time Out e altri).
Sempre con Trillo realizza, alla fine degli anni ‘80, Charlie Moon dove narra le avventure di un ragazzino che si arrangia per sopravvivere nell'America ai tempi della Grande Depressione. In Italia viene pubblicato su Lanciostory Più (supplemento alla rivista Lanciostory solitamente dedicato ad un unico autore) del gennaio 1993, albo interamente dedicato ad Altuna. E' da segnalare la presenza sullo stesso albo della breve (5 tavole) storia 'Pastori', amara e cupa parabola che prende spunto dall'uccisione di Che Guevara avvenuta il 9 ottobre 1967.
In Italia ha collaborato con numerose riviste ma quelle che più di tutte hanno dato spazio ai suoi lavori sono le pubblicazioni di Eura Editore, casa editrice fortemente attenta alla produzione fumettistica sudamericana, e l'Eternauta, anche questa rivista caratterizzata dall'attenzione verso quella che viene definita la scuola argentina del fumetto.
Altuna è presente sin dal primo numero (marzo 1982) sulla rivista L'Eternauta con Shitychesky, fumetto incentrato sulle disavventure di un poliziotto di New York che vive con l'anziana madre e si trova alle prese con i casi più strampalati.
Sulla stessa rivista viene pubblicato, a partire dal dicembre 1982, Dopo il grande splendore (conosciuto anche come L'ultima gioventù), amara parabola sul genere umano in cui una bomba atomica 'intelligente' ha risparmiato la vita ai soli bambini (a chi non ha ancora raggiunto la pubertà) costretti a lottare e sopravvivere in un mondo senza adulti.
Sempre su L'Eternauta viene pubblicato il già citato fumetto Slot Machine, serie di brevi storie erotiche, e gli episodi di Time Out (pubblicati a partire dal marzo 1987), incentrati sui viaggi nel tempo e nello spazio di una coppia di volontari alle prese con la macchina del tempo messa a punto da due strampalati scienziati. Time Out è realizzata integralmente da Altuna che si dimostra un ottimo autore completo particolarmente a suo agio con storie comico-brillanti e, più in là nel tempo, con quelle comico-erotiche.
La presenza di Altuna sulle pagine de L'Eternauta, quasi immancabile nei primi anni della rivista, si fa meno frequente col passare del tempo.
L'editore che più di tutti ha portato in Italia le opere di Altuna è, però, Eura Editore.
Eura ha pubblicato i più importanti fumetti dell'autore sulle sue riviste contenitore, Skorpio e Lanciostory, ed ha realizzato numerosi albi cartonati dedicati al grande autore argentino, in special modo legati alla sua produzione erotica oltre ad aver riproposto le storie pubblicate a puntate sulle riviste (Locho Chavez, L'Ultima gioventù) in appositi albi di grande formato.
Tra le altre riviste su cui il maestro argentino ha pubblicato i suoi fumetti vanno necessariamente citate almeno Comic Art e Totem. I suoi fumetti erotici sono stati pubblicati principalmente sulle riviste erotiche Playboy, Penthause Comix, Blue.
Nel 1986 ha ricevuto premio Yellow Kid come miglior illustratore per il fumetto Chances.
Nel 1987 ha realizzato gli storyboard per il film Old Gringo di Luis Puenzo.
Nel 1993 ha creato Chico Montana per il quotidiano El Clarin in cui seguiamo le avventure di un mediocre giornalista e le sue contrastate vicende sentimentali. Ancora una volta l'intento di Altuna è quello di rappresentare la società argentina e la sua evoluzione. In Italia le avventure di Chico Montana sono pubblicate a partire dal 1994 dalla rivista Skorpio dell'Eura Editoriale.
Sulla rivista sorella di Skorpio, Lanciostory hanno trovato spazio le avventure del Terzo Millennio (El Ficcionario) pubblicate a fine anni ‘90 ed incentrate su di un futuro prossimo caratterizzato da una società violenta ed insensibile basata su città multilivello, necessarie per tenere separati i ceti più ricchi dalla massa, e da un ordine imposto e garantito con la forza grazie ad un uso massiccio delle forze dell'ordine, corrotte e sempre pronte a proteggere i ceti alti, sempre presenti a presidiare le strade.
Oltre alle storie lunghe ed alle grandi serie a puntate Altuna ha pubblicato moltissime storie brevi spaziando tra i vari generi ma soffermandosi soprattutto sul genere erotico spesso pubblicate dalla rivista Playboy.
Le storie erotiche sono sempre molto ironiche e spesso ripercorrono le situazioni tipiche di questo tipo di produzione (incentrate su medici e infermiere e medici e pazienti, voyerismo e cosi via) e permettono ad Altuna di sbizzarrirsi nel disegnare le sue graziose e sensuali eroine, sempre presenti nella sua opera ma qui decisamente più centrali e maliziose .
Nel 2004 ha ottenuto il Gran Premio del Salone Internazionale del Fumetto di Barcellona.
Autore molto attivo ha realizzato un gran numero di fumetti, alcuni dei quali (Loco Chavez né è un esempio) constano di un numero impressionante di tavole e sono stati portati avanti per lunghissimo tempo. Questo non ha influito sulla qualità della produzione con disegni sempre molto curati ed estremamente realistici e dettagliati.
Nonostante il realismo delle tavole Altuna mantiene un tratto gradevole e personalissimo, mai pesante o didattico, e riesce a rappresentare al meglio stati d'animo e le situazioni. Da sempre amante del bianco e nero, ricorre spesso all'utilizzo dei retini per dare profondità alle immagini; si avvicina al colore, con ottimi risultati, solo a carriera già inoltrata.
Particolarmente apprezzato per come riesce a rendere la figura femminile, aggraziata ed estremamente sensuale, spesso formosa, occhi grandi e labbra carnose, non ha tuttavia lasciato ad oggi protagonisti femminili e alcune sue eroine che hanno raggiunto anche un notevole successo (per tutte si pensi alla Pampita di Locho Chavez) sono comunque personaggi secondari.
Negli ultimi anni di attività si dedica prevalentemente al fumetto erotico portando avanti serie come Immaginaria e pubblicando per riviste come Playboy. Da segnalare anche gli episodi di Hot L.A., duro fumetto incentrato sulla criminalità e la violenza nella Los Angeles dei giorni nostri e, dal 2005, la pubblicazione della striscia Famiglia Tipo sul giornale El Periodico.
Dipinti
E' un dipinto che ho sempre amato,come tutti quelli dipinti da questo grandissimo artista,De Chirico.Si chiama "Cavalli in riva al mare" e ogni volta che lo guardo mi dà un senso di libertà,di giocosità,di pace,di serenità.Malgrado i colori non siano accesi,la luce sia quasi fioca,mi trasmette anche l'idea della coppia innamorata che gioca,che si diverte libera sulla spiaggia,e che vive senza confini l'amore.
Haiku
Accadimenti
Oggi all'età di 96 anni è morta una donna che ho avuto l'onore di conoscere e che è stata per un breve periodo mia insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia,Suso Cecchi D'Amico.Una donna dolcissima,dai modi signorili,sempre molto attenta alla scrittura,e al rapporto tra scrittura cinematografica ed opera letteraria.Dotata di una cultura impressionante,leggeva di continuo,sempre aggiornata su tutto,con una capacità di spaziare in una conversazione tra i temi più disparati aggiungendo sempre il suo punto di vista profondo e incisivo,dava a noi giovani sempre spunti per migliorare e migliorarci,come scrittori di cinema e come persone,senza alcuna severità o dall'alto della sua già enorme esperienza,ma come una mamma insegna ai suoi piccoli a camminare,a parlare e ad entrare nella vita con forza e coraggio,e si che per entrare in quell'ambiente ce ne voleva di forza e coraggio....Ricordo i suoi vestiti,il suo profumo,i suoi occhi,la sua risata,il fatto che ti chiamava sempre per nome,una donna di un fascino unico e di una bellezza interiore senza tempo.
Cinema
E' l'ultimo film della trilogia tratta dai bestsellers di Larsson,dopo "Uomini che odiano le donne" e "La ragazza che giocava con il fuoco".Questo film è meno violento dei primi due,più incentrato sulla risoluzione delle vicende di Lisbeth ed è più giallo che dark rispetto ai primi due.Bravissima come al solito l'interprete che fa Lisbeth e il giornalista che fa Michael,che hanno sulle spalle tutto il film.Molto belle le sequenze del processo a Lisbeth,ben scritte e ben girate.Un buon film.
Psicologia
L'uomo è cosciente di sé stesso come realtà unica e irripetibile, della propria individualità. Questa coscienza di sé stesso come realtà separata, la consapevolezza della propria breve vita, del fatto che è nato senza volerlo e che contro la propria volontà morirà; che morirà prima di quelli che ama, o che essi moriranno prima di lui, il senso di solitudine, d'impotenza di fronte alle forze della natura e della società, possono rendergli insopportabile l'esistenza. Diventerebbe pazzo, se non riuscisse a rompere l'isolamento, a unirsi agli altri uomini, al mondo esterno.
Il senso di solitudine provoca l'ansia; anzi, è l'origine di ogni ansia. Essere soli significa essere indifesi, incapaci penetrare attivamente nel mondo che circonda.
Questo profondo bisogno dell'uomo, dunque, è il bisogno di superare l'isolamento, di evadere dalla prigione della propria solitudine. L'impossibilità di raggiungere questo scopo porta alla pazzia, poiché il panico della completa separazione può essere vinto solo da un isolamento dal mondo esterno così totale, da cancellare il mondo esterno, dal quale si è separati, e così scompare il senso di separazione.
L'uomo - di qualsiasi età e civiltà - è messo di fronte alla soluzione di un eterno problema: il problema di come superare la solitudine e raggiungere l'unione.
Tentativi di superare la separazione
Esistono diversi tentativi con cui l’uomo tenta di superare questo senso di separazione e di solitudine. Oltre l’esercizio maturo dell’amore si possono sintetizzare tre modi: l’esercizio della sessualità, il conformismo e l’attività creativa:
La soluzione sessuale, entro certi limiti, è un modo naturale e normale di superare la separazione, ed è una soluzione parziale al problema dell'isolamento. Ma in molti individui per i quali la solitudine non può essere superata in nessun modo, l’esercizio dell'attività sessuale assume una funzione che li rende non molto diversi dagli alcoolizzati e dai tossicomani. Diventa un tentativo disperato di sfuggire all'ansia suscitata dalla separazione e il suo risultato è un sempre crescente senso d'isolamento, poiché l'atto sessuale, senza amore, non riempie mai il baratro che divide due creature umane, se non in modo assolutamente momentaneo.
La soluzione più frequente scelta dall'uomo nel passato e nel presente è l'unione col gruppo, il condividerne costumi, usi, pratiche e credenze.
Anche nella civiltà occidentale contemporanea, l'unione col gruppo è la maniera più frequente per superare l'isolamento. È un'unione in cui l'individuo si annulla in una vasta comunità, e il suo scopo è quello di far parte del gregge. Se io sono uguale agli altri, sia nelle idee che nei costumi, non posso avere la sensazione di essere diverso. Sono salvo: salvo dal terrore della solitudine.
La maggior parte della gente non si rende nemmeno conto del proprio bisogno di conformismo. Vive nell'illusione di seguire le proprie idee ed inclinazioni, di essere individualista, di aver raggiunto da sé le proprie convinzioni; e si dà il fatto che le sue idee siano le stesse della maggioranza.
Nella società capitalistica contemporanea il senso di uguaglianza è mutato. Per uguaglianza, s'intende l'uguaglianza degli atomi, degli uomini che hanno perso il loro individualismo. "Uguaglianza oggi significa uniformità, anziché unità". È l'uniformità astratta degli uomini che compiono lo stesso lavoro, che scelgono gli stessi divertimenti, leggono gli stessi giornali e hanno le stesse idee. La società contemporanea predica questo ideale di uguaglianza perché ha bisogno di atomi umani simili tra loro, per farli funzionare in una massa compatta: tutti obbediscono agli stessi comandi, e tuttavia ognuno è illuso di seguire i propri desideri. Così come la moderna produzione di massa richiede la standardizzazione dei prodotti, così il progresso civile esige la standardizzazione dell'uomo. Questa standardizzazione è chiamata "uguaglianza".
L'unione ottenuta mediante il conformismo, non è intensa né profonda; è superficiale e, poiché è il risultato della routine, è insufficiente a placare l'ansia della solitudine. I casi di alcoolismo, di tossicomania, di manie sessuali e di suicidio, sono sintomi del fallimento di tale unione.
Un terzo modo per raggiungere l’unione è l’attività creativa, sia quella dell’artista che dell’artigiano. In ogni attività creativa, colui che crea si fonde con la propria materia, che rappresenta il mondo che lo circonda. Sia che il contadino coltivi il grano o il pittore dipinga un quadro, in ogni tipo di lavoro creativo, l'artefice e il suo oggetto diventano un'unica cosa: l'uomo si unisce col mondo nel processo di creazione. Questo, tuttavia, vale solo per il lavoro produttivo, per il lavoro nel quale io progetto, produco, vedo il risultato della mia fatica. Ma nel moderno processo di lavoro, al dipendente, anello di una catena senza fine, poco è lasciato di quel genere di lavoro che crea l'unione tra lui e il mondo. Il lavoratore diventa un'appendice della macchina o dell'organizzazione burocratica. Ha cessato di essere "lui", e di conseguenza non può verificarsi nessuna unione se non quella del conformismo.
Rapporti che non significano ancora "amore".
L'unità conquistata col lavoro produttivo non è interpersonale; l'unità raggiunta con la fusione orgiastica (sessuale) è fittizia; l'unità ottenuta col conformismo è solo una parvenza di unità. Non sono che soluzioni parziali al problema dell'esistenza. La soluzione completa sta nella conquista dell'unione interpersonale, nella fusione con un'altra persona, nell'amore.
Il desiderio di fusione interpersonale è il più potente. È la passione più antica, è la forza che tiene unita la razza umana, la tribù, la famiglia, la società. Il non riuscire e raggiungere questa unione significa follia e distruzione. Senza amore, l'umanità non sopravviverebbe un solo giorno. Eppure, se chiamiamo "amore" la conquista dell'unione interpersonale, ci troviamo in serie difficoltà. La fusione tra persone può essere raggiunta in diversi modi. Ma sono poi tutte forme d'amore? Oppure dobbiamo riservare la parola "amore" a una particolare tipo di unione, che è stata la virtù ideale di tutte le grandi religioni e dei sistemi filosofici di quattromila anni di civiltà orientale e occidentale?
Come sempre nelle difficoltà attorno al contenuto delle parole, la risposta può essere solo arbitraria. Ciò che conta è sapere di quale tipo di unione parliamo, parlando d'amore. Ci riferiamo all’amore come alla matura soluzione del problema esistenza, oppure alludiamo a quelle incomplete forme di amore che possono chiamarsi unioni simbiotiche? Nelle seguenti pagine chiamerò amore solo la prima. Inizierò la discussione sull'amore con le ultime.
Le unioni simbiotiche
L’unione simbiotica ha il suo modello biologico nella relazione tra la madre e il feto Sono due, eppure uno. Vivono insieme (simbiosi), hanno bisogno l'uno dell'altro. Il feto è parte della madre, riceve tutto ciò di cui ha bisogno da lei; la madre è il suo mondo; lei lo nutre, lo protegge, ma anche la sua vita è intensificata da esso. Nell'unione simbiotica fisica, i corpi sono indipendenti, ma lo stesso genere d'unione esiste psicologicamente.
La forma passiva dell'unione simbiotica è quella della sottomissione, o, per usare un termine clinico, dei masochismo. Il masochista sfugge all'insopportabile senso di separazione e solitudine rendendosi parte di un'altra persona che lo domina, lo guida, lo protegge; che è la sua vita e il suo ossigeno, per così dire. Il masochista ha la percezione di essere nulla, a meno che non diventi parte di uno che ritiene potente: parte di grandezza, di potere, di sicurezza. Il masochista non ha da prendere decisioni, non ha da correre rischi; non è mai solo, non è indipendente; non ha autonomia; non è ancora pienamente nato. Può esserci la sottomissione masochistica al destino, alla malattia, alla musica ritmica, allo stato orgiastico provocato dalle droghe, o sotto influsso ipnotico: in tutti questi casi la persona rinuncia alla propria integrità, fa di sé stessa lo strumento di qualche cosa o di qualcuno al di fuori di sé stessa.
La forma attiva di fusione simbiotica è il dominio o, per usare il termine psicologico corrispondente al masochismo, il sadismo. Il sadico vuole sfuggire alla propria solitudine, al proprio senso d'isolamento, impossessandosi un'altra persona. Sublima se stesso incorporando un altro essere, che lo idolatra.
Il sadico è legato a chi gli è succube così come quest'ultimo è subordinato al primo; non può nemmeno vivere, senza l'altro. La differenza sta solo nel fatto che il sadico domina, intraprende, offende, umilia, e il masochista è comandato, offeso, umiliato. Questa è una differenza considerevole, in senso realistico; ma in un senso più profondo ed emozionale, la differenza è minima, rispetto a ciò che ambedue hanno in comune; fusione senza integrità. Se si capisce questo, non ci si meraviglierà di scoprire che una persona reagisce sia nel modo sadico che masochistico, verso oggetti diversi. Hitler agì in un primo tempo in modo sadico, verso il popolo; ma in modo masochistico verso il destino, la storia, l'"alto potere" della natura. Il suo suicidio tra la distruzione generale è altrettanto caratteristico quanto il suo sogno di successo, di dominio totale.
L’unione fondata sull’amore
In contrasto con l'unione simbiotica, l'amore maturo è unione a condizione di mantenere la propria integrità, la propria individualità. L'amore è un potere attivo dell'uomo; un potere che annulla le pareti che lo separano dai suoi simili, che gli fa superare il senso d'isolamento e di separazione, e tuttavia gli permette di essere sé stesso e di conservare la propria integrità. Sembra un paradosso, ma nell'amore due esseri diventano uno, e tuttavia restano due.
L’amore come "attività"
Se diciamo che l'amore è un'attività, dobbiamo chiarire il significato della parola "attività". Per "attività", nell'uso moderno della parola, di solito s'intende un'azione che opera un cambiamento in una situazione esistente, attraverso un dispendio di energia. Un uomo è considerato attivo se fa affari, studia medicina, lavora, costruisce o pratica uno sport. Comune a tutte queste attività è il fatto che sono volte a conquistare una meta. Ciò di cui non si tiene conto, è la causa di ogni attività. Prendete per esempio un uomo spinto verso il lavoro incessante da un senso di profonda insicurezza e solitudine; o un altro guidato dall'ambizione o dalla brama di ricchezza. In tutti questi casi la persona è schiava di una passione, e la sua attività in realtà è una "passività", poiché è guidata: è la "vittima", e non è l’"attore". D'altro canto, un uomo che se ne sta inerte a contemplare, senza scopo né fine tranne quello di arricchire la propria esperienza e la propria unità col mondo, è considerato "passivo", perché non fa niente. In realtà, questo atteggiamento di meditazione è la più alta attività che esista, un'attività dell'anima, che è possibile solo in una condizione di intima libertà e indipendenza. Un concetto moderno di attività si riferisce all'uso dell'energia per raggiungere scopi esterni; l'altro concetto di attività si riferisce all'uso dei poteri inerenti all'uomo, senza tener conto di qualsiasi cambiamento esterno. Questa seconda teoria è stata espressa nel modo più chiaro da Spinoza. Egli distingue gli affetti in attivi e passivi, "azioni" e "passioni". Nella funzione di un affetto attivo, l'uomo è libero, è padrone del suo affetto; nella funzione di un affetto passivo, l'uomo è oggetto di eventi di cui lui stesso non si rende conto. Invidia gelosia, ambizione, bramosia, sono passioni; l'amore è un'azione un potere umano che può essere praticato in libertà, e non è la conseguenza di una costrizione.
L'amore è un sentimento attivo, non passivo; è una conquista, non una resa. Il suo carattere attivo può essere sintetizzato nel concetto che amore è soprattutto "dare" e non ricevere
Cosa significa "dare"
Che cosa significa dare? La risposta sembra semplice, ma in realtà è piena di ambiguità e di complicazioni. Il malinteso più comune è che dare significhi "cedere" qualcosa, essere privati, sacrificare. La persona il cui carattere non si è sviluppato oltre la fase ricettiva ed esplorativa, sente l'atto di dare in questo modo. Il "tipo commerciale" è disposto a dare, ma solo in cambio di ciò che riceve; dare senza ricevere, per lui significa essere ingannato. La gente arida sente il dare come un impoverimento. La maggior parte degli individui di questo tipo, di solito si rifiuta di dare. Alcuni trasformano in sacrificio l'atto di dare. Sentono che solo per il fatto che è penoso dare, si dovrebbe dare; la virtù, per loro, sta nell'accettare il sacrificio. Per loro, la regola che è meglio dare anziché ricevere significa che è meglio soffrire la privazione piuttosto che provare la gioia.
Per la persona attiva, dare ha un senso completamente diverso. Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell'atto mi sento vivo.
Nella sfera delle cose materiali, dare significa essere ricchi. Non quello che ha molto è ricco, ma colui che dà molto. L'avaro che è terrorizzato all'idea di perdere qualche cosa è, psicologicamente parlando, un povero essere, per quanto ricco sia. Chiunque sia capace di dare se stesso è ricco. Solo chi avesse appena quanto basti a sopravvivere, sarebbe incapace di godere nell'atto di dare cose materiali. Ma è noto che i poveri sono più ansiosi di dare dei ricchi. Ciò nonostante, la povertà oltre un certo limite può rendere impossibile il dare, ed è assai doloroso, non solo per la sofferenza che provoca direttamente, ma perché toglie al povero la gioia di dare.
La sfera più importante del dare, tuttavia, non è quella delle cose materiali, ma sta nel regno umano. Che cosa dà una persona a un'altra? Dà se stessa, ciò che possiede di più prezioso, dà una parte della sua vita. Ciò non significa necessariamente che essa sacrifichi la sua vita per l'altra, ma che le dà ciò che di più vivo ha in sé; le dà la propria gioia, il proprio interesse, il proprio umorismo, la propria tristezza, tutte le espressioni e manifestazioni di ciò che ha di più vitale. In questo dono di se stessa, essa arricchisce l'altra persona, sublima il senso di vivere dell'altro sublimando il proprio. Non dà per ricevere; dare è in se stesso una gioia squisita. Ma nel dare non può evitare di portare qualche cosa alla vita dell'altra persona, e colui che riceve si riflette in essa; nel dare con generosità, non può evitare di ricevere ciò che le viene dato di ritorno. Dare significa fare anche dell'altra persona un essere che dà, ed entrambi dividono la gioia di sentirsi vivi. Nell'atto di dare qualcosa nasce, e un senso di mutua gratitudine per la vita che è nata in loro unisce entrambe. Ciò significa che l'amore è una forza che produce amore.
"Se amate senza suscitare amore, vale a dire, se il vostro amore non produce amore, se attraverso l'espressione di vita di persona amante voi non diventate una persona amata, allora il vostro amore è impotente, è sfortunato.".
Amore espressione di maturità umana
È inutile sostenere che sentire l'amore come un atto di dare dipende dal carattere dell'individuo. Al contrario presuppone la conquista di un atteggiamento prevalentemente produttivo; in quest'orientamento l'individuo ha vinto l'indipendenza, l'onnipotenza narcisistica, il desiderio di sfruttare gli altri, e ha preso fiducia nelle proprie capacità umane. Nella misura in cui queste qualità mancano, egli ha paura di dare sé stesso, e quindi di amare.
Al di là dell’elemento del dare, il carattere attivo dell’amore diviene evidente nel fatto che si fonda sempre su certi elementi comuni a tutte le forme d'amore. Questi sono: la premura (o cura), la responsabilità, il rispetto e la conoscenza.
La premura
L’amore è premura soprattutto nell'amore della madre per il bambino. Noi non avremmo nessuna prova di questo amore se la vedessimo trascurare il suo piccolo, se lei tralasciasse di nutrirlo, lavarlo, curarlo; e restiamo colpiti dal suo amore se la vediamo assistere il suo bambino. Non c'è differenza anche nell'amore per gli animali o per i fiori. Se una donna ci dicesse di amare i fiori e la vedessimo dimenticare di innaffiarli, non crederemmo nel suo "amore" per i fiori. "Amore è interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo" Là dove manca questo interesse, non esiste amore.
La responsabilità
Cura e interesse implicano un altro aspetto dell'amore: quello della responsabilità. Oggi, per responsabilità spesso s'intende il dovere, qualche cosa che ci è imposto dal di fuori. Ma responsabilità, nel vero senso della parola, è un atto strettamente volontario; è la mia risposta al bisogno, espresso o inespresso, di un altro essere umano. Essere "responsabile" significa essere pronti e capaci di "rispondere". La persona che ama risponde. La vita di suo fratello non è solo affare di suo fratello, ma suo. Si sente responsabile dei suoi simili, così come si sente responsabile di sé tesso. Questa responsabilità, nel caso della madre e del bambino, si riferisce soprattutto alle cure materiali; nell'amore tra adulti, si riferisce principalmente ai bisogni psichici dell'altra persona.
Il rispetto
La responsabilità potrebbe facilmente deteriorarsi nel dominio e nel senso di possesso, se non fosse per una terza componente dell'amore: il rispetto. Rispetto non è timore né terrore; esso denota, nel vero senso della parola (respicere = guardare), la capacità di vedere una persona com'è, di conoscerne la vera individualità. Rispetto significa desiderare che l'altra persona cresca e si sviluppi per quello che è. Il rispetto, perciò, esclude lo sfruttamento; voglio che la persona amata cresca e si sviluppi secondo i suoi desideri, secondo i suoi mezzi, e non allo scopo di servirmi. Se io amo questa persona, mi sento uno con lei, ma con lei così com'è, e non come dovrebbe essere per adattarsi a me. È chiaro che il rispetto è possibile solo se ho raggiunto l'indipendenza; se posso stare in piedi o camminare senza bisogno di grucce, senza dover dominare o sfruttare nessuno. Il rispetto esiste solo sulle basi della libertà: l'amore è figlio della libertà, mai del dominio.
La conoscenza
Non è possibile rispettare una persona senza conoscerla: la cura e la responsabilità sarebbero cieche, se non fossero guidate dalla conoscenza. Conoscere sarebbe una parola vuota se non fosse animata dall'interesse. Ci sono molti gradi di conoscenza; il conoscere, in quanto aspetto dell'amore, non si ferma alla superficie, ma penetra nell'intimo. È possibile solo se riesco ad annullarmi a vedere l'altro quale veramente è. Posso capire, ad esempio, se una persona è adirata, anche se non lo dimostra apertamente, ma se la conosco a fondo, mi accorgo che è ansiosa e preoccupata, che si sente sola, che ha un senso di colpa. Allora mi rendo conto che la sua ira altro non è che la manifestazione di qualcosa di più profondo, e l'ansia. manifestazione di sofferenza, e non di collera.
Premura, responsabilità e comprensione sono strettamente legate fra loro. Sono un complesso di virtù che fanno parte della personalità matura, di una persona che sviluppa con profitto i suoi poteri, che sa quello che vuole, che ha abbandonato sogni narcisistici di onnipotenza e di onniscienza, che ha acquistato l’umiltà fondata sulla forza intima che solo l’attività produttiva può dare.
Erich Fromm
Top Five
Pensieri
L'Amore non vuole che consumarsi.
Ma se amate e bramerete senza scampo siano questi i vostri desideri:
Sciogliersi e imitare l'acqua corrente che canta il suo motivo alla notte.
Conoscere la pena di troppa tenerezza.
Piagarsi in comprensione d'amore.
E sanguinare di voluta gioia.
destarsi all'alba con un cuore alato e ringraziare un nuovo giorno d'amore.
Riposare nell'ora del meriggio e meditare l'estasiato amore.
Grati,rincasare al vespro.
E addormentarsi pregando per l'amato in cuore,con un canto di lode sulle labbra.
Gibran
Poesie
Estate
C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un'erba che so,
con un tonfo. Cosí trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
La parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.
Cesare Pavese
Pensieri
Accadimenti
Riassunto
25 Lug, 2010 05:00 EST Wikileaks ha pubblicato un documento insieme chiamato la guerra in Afghanistan Diario, uno straordinario compendio di oltre 91 mila relazioni che riguardano la guerra in Afghanistan 2004-2010.
Le relazioni, scritte da soldati e agenti dei servizi segreti, è soprattutto letale descrivendo le azioni militari che coinvolgono le forze militari statunitensi, contiene informazioni di intelligence, relazioni di incontri con personalità politiche e dettagli relativi.
La collezione documento è disponibile su una pagina web dedicata .
Le relazioni coprono la maggior parte delle unità dell'esercito degli Stati Uniti con l'eccezione delle attività di parte delle forze speciali statunitensi '. Le relazioni in genere senza copertura superiore di operazioni segrete Usa o europee e le altre operazioni delle forze ISAF.
Abbiamo ritardato il rilascio di circa 15.000 rapporti dall'archivio totale come parte di un processo di minimizzazione del danno richiesto dalla nostra fonte. Dopo un ulteriore riesame, tali relazioni saranno pubblicate, con redazioni occasionali, e, infine, in pieno, come la situazione della sicurezza in Afghanistan.
I dati sono forniti in formato HTML (web), CSV (valori separati da virgola) e SQL (database) formati, ed è stata resa in formato KML (Keyhole Markup Language) di dati di mappatura che può essere utilizzata con Google Earth. Si prega di notare che il checksum cambia.
Wikileaks è un sito frequentato da persone che sanno che li possono trovare documentazione inedita e quasi mai pubblicata e a conoscenza dei mass media,o perlomeno non portata a conoscenza dai mass media al grande pubblico per ovvie ragioni.Primo di sicurezza,si tratta in genere di documentazione militare e giornalistica su eventi della scena mondiale che possono daf fastidio;Secondo perchè le fonti di wikileaks ovviamente vengono protette al massimo e restano segrete per la loro incolumità e pertanto i giornalisti non possono approfondire e verificare i dati.Alla messa in rete dei 91.000 files riguardanti lo scenario Afghanistan il presidente Obama in persona ha divuto indire una conferenza stampa per smentire come "spazzatura"i files pubblicati da tre importanti giornali mondiali,ben sapendo però che quei files stavano quotidianamente sulla sua scrivania ed erano assolutamente top secret.In essi vi sono contenute operazioni militari delicatissime e anche mostrano il metodo di gestione di quella guerra da parte delle forze ISAF e del comando militare,cose che hanno dell'incredibile.In Italia ovviamente neanche un trafiletto su nessun quotidiano o rivista o televisione a riprova che siamo veramente un paese da terzo mondo riguardo la capacità informativa.Come sempre spetta al singolo andarsi a cercare le notizie e documentarsi e scoprire le verità e non bersi più le balle che ci propinano sulla missione di pace....
giovedì 29 luglio 2010
Cucina
Ricetta Melanzane alla parmigiana:
1. Lavate le melanzane, mondatele e affettatele nel senso della lunghezza; cospargetele con un pizzico di sale e lasciatele "piangere" su un piano inclinato. Poi sciacquatele, asciugatele e friggetele un po' per volta, in olio bollente. Prelevatele con un mestolo forato e passatele nella carta assorbente.
2. Mondate i pomodori, lavateli per bene, tagliateli a cubetti e fateli soffriggere nell'olio di oliva ben caldo; aromatizzate con il basilico, salate, pepate, mescolate e cuocete per 20 min.
3. Fate uno strato di melanzane sul fondo di una pirofila, spolverizzatele di parmigiano, cospargetele con qualche fetta di mozzarella, sopra irroratele con un mestolino di salsa di pomodoro e continuate ad alternare gli ingredienti fino ad esaurimento. Quindi infornate e cuocete per 40 min. a 180°. Servite ben calda.
Poesie
Thieves of Hearts
Come è strano ad un tratto conosci persone che ti rendono la vita meravigliosa
Con la loro anima con la loro dolcezza..ti fanno sentire fortunata..ti fanno sentire orgogliosa..
Ti mettono li tra il pubblico,e ti lasciano guardare…cosi perennemente ..e si possono toccare solo con gli applausi..
Riesco solo per poco a guardarti negli occhi,e poi inzia a tremare il cuore..con la speranze che entrambi sono fusi…
Ah..l’amore e’ così potente che ti da la forza di nasconderlo così bene che a volte ti scoraggia
Ed il mio cuore perso nel costante pensiero e tra mille domande lui viaggia..
Questa sciocca paura si nutre dell’amore stesso
Ma incosciamente ci uccidiamo a vicenda tra uno sguardo e una mancata fantasia di sesso.
Quanto vorrei uccidere ogni paura,andare oltre ogni apparenza
Perché quando non ci sei,nulla ha la sua essenza…
Ringrazio il fato che nonostante tutto riesce a far coincidere i giorni per poterti amare
Sorvolo ogni ostacolo anche un DIO solo per poterti guardare
Ogni speranza nel vero amore io avevo buttato
Ma da quando ti conosco egli è rinato
E ha fatto capire a molti che non è il primo amore che non si scorda mai
Ma è quello puro..che lascia un segno a vita e da questa convinzione dall’ora di te piu’ nulla separai.
Oh..vorrei chiederti scusa per ogni parola inoppurtuna..
A volte Vorrei chiederti perdono per la mia mancata cortesia…muto la fortuna in sfortuna..
Con il mio stupido orgoglio che da sempre è stato il nemico del tuo cuore.
Non sarà oggi non sarà domani ma un giorno o l’altro io confessero’ questo amore.
Perché un giorno d’amore
è meglio di una vita che non conosce affatto questa umana ossessione..
Cinema
E' uno psico-thriller superlativo.L'unico paragone che mi viene in mente è con un film dell'immenso Hitchcock.Girato magnificamente da Scorsere,sceneggiatura superba,interpretazione straordinaria di Di Caprio(vedere per credere la sequenza nella quale ripesca i figli morti).E' la storia di un agente dell'FBI che va su una isola per trovare l'uccisore della moglie morta a seguito di un incendio della casa.Si presenta con un collega in questa isola e viene accolto dal Dottore che è a capo dell'equipe medica.Da qui inizia un viaggio negli inferi della mente che porterà Di Caprio a perdere completamente la nozione di sè.Il confine tra reale e immaginario diventa sempre più labile e nelle sequenze finali viene alla luce la verità che è assolutamente inattesa e non scontata e fa di questo film un rarissimo esempio di originalità della storia.da vedere e rivedere senza fine.
mercoledì 28 luglio 2010
Pensieri
Racconti
Ascolta la voce del silenzio
- Devi, tu, diventare indifferente agli oggetti ed ai pensieri
- quando la tua forma ti apparirà irreale, così come irreali
da sveglio ti appaiono le forme vedute nel sogno
- quando il suono interno ucciderà quello esterno
- allora abbandonerai il falso per entrare nel vero
- prima che l'Anima possa vedere, gli occhi devono essere resi ciechi
- prima che l'Anima possa udire, devi diventare sordo ai rumori come ai mormorii
- prima che l'Anima possa capire e ricordare, lei stessa deve unirsi al Silenzio
- ed allora l'Anima capirà e ricorderà
- ed allora l'orecchio interno ascolterà...
... la Voce del Silenzio
Helena Petrovna Blavatsky
martedì 27 luglio 2010
Haiku
Racconti
Il momento dell'aurora
Un rabbino riunì i suoi allievi e domandò loro:
“Come possiamo conoscere il momento preciso in cui finisce la notte e comincia il giorno? ”
“Quando, a una certa distanza, siamo in grado di distinguere una pecora da un cane, ” disse un ragazzino.
“In verità, si può affermare che è ormai giorno quando, a una certa distanza, siamo in grado di distinguere un olivo da un fico, ” replicò un altro allievo.
“Non sono soluzioni particolarmente convincenti. ”
“Qual'è la risposta giusta allora? ” domandarono tutti.
e il rabbino disse:
“Quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello, ponendo fine a ogni conflitto. Ecco, questo è il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno. ”
Paulo Coelho
lunedì 26 luglio 2010
Haiku
Televisione
E' una trasmissione molto interessante,ideata e condotta da una giornalista esperta come la Leosini.Affronta casi di persone "borderline"cioè persone che hanno commesso delitti efferati ma che sono "normali"nei loro comportamenti quotidiani tanto da essere considerati come persone irreprensibili,e invece....Il fascino dell'indagine della Leosini sta proprio in questo,indagare il comportamento umano e attraverso questo cercare di penetrare in profondità la personalità di questi individui che hanno avuto comportamenti delittuosi e che hanno trasformato la loro vita,e quella delle loro vittime,irrimediabilmente.L'ultimo caso affrontato è stato quello di Adele Mongelli,una signora cinquantenne all'epoca dei fatti che uccise il suo giovane amante con 38 coltellate in un impeto di gelosia causata dalla confessione del ragazzo di avere una altra donna e di volerla lasciare.Una intervista a tratti piena di non ricordo,non so,ma poi esce fuori la personalità della Mongelli ed è sorprendentemente quella di una donna che è stata solo vittima di un raptus dovuto alla violenza psicologica subita,perchè lei lo amava quel giovane.Quello che una volta si chiamava "dramma della gelosia",in realtà una storia più che caratterizzata dall'elemento criminale della persona dalla sua umanità e dal suo dolore.
Cinema
Un altro piccolo gioiello firmato Clint Eastwood.E' la storia vera dei primi momenti della presidenza Mandela dopo la liberazione dal carcere e l'elezione.Si trova a dover ricomporre un paese spaccato in due dal razzismo,dilaniato da odi atavici,da disparità economiche,da diritti calpestati,da violenze del passato che gridano vendetta.Eppure lui sa che c'è una sola strada da seguire,la riconciliazione,l'unica per compattare il Sudafrica e renderlo quel grande paese che è.Appassionato di rugby si rende conto che la squadra che rappresenta la nazione è il simbolo dell'apartheid e per questo avversata dalla maggioranza della popolazione,che è di colore.Mandela si rende conto che attraverso questa squadra può creare quello spirito nuovo di unione che può far solo superare il passato veramente e aprire prospettive nuove al suo amato paese.Cosi fa.Stabilisce un rapporto personale con il capitano della squadra tanto da spingerlo ad andare nei ghetti,ad allenarsi freneticamente e ad arrivare alla Coppa del Mondo in finale con i mitici All Blacks e vincere.E' uno di quei film chiamati in gergo "trama della volontà",la sintesi è in questo frammento di poesia che realmente Mandela leggeva sempre a sè stesso quando era in carcere e viveva momenti durissimi:"Sono il padrone del mio destino,il capitano della mia Anima".
domenica 25 luglio 2010
Accadimenti
Ieri è stato il trentesimo anniversario della morte di un grandissimo artista,conosciuto universalemnte per le sue doti recitative,Peter Sellers.Ogni persona vive a suo modo l'influenza interiore di un artista.Per me Sellers ha rappresentato la parte geniale dell'artista,quella sregolata,quella dello humour graffiante e sconclusionato,quella del prendere la vita non troppo sul serio,quella di vivere intensamente non solo la creatività ma anche la vita privata,quella del non arrendersi mai anche davanti alle difficoltà,quella di vivere mille vite in una,quella del mantenere quella sorta di curiosità e ingenuità positiva che è il lato bambino esistente in ognuno di noi,quella della profonda ricerca di sè che viene fuori da film come Oltre il giardino,quella della repulsione totale alla violenza e alla guerra magistralmente descritte ne Il dottor stranamore,quella del rinnovarsi sempre e tendere sempre all'evoluzione evitando la cristallizazione e l'apatia.Il mio piccolo fiore per te Peter......
Richard Henry Sellers detto Peter (Southsea, 8 settembre 1925 – Londra, 24 luglio 1980) è stato un celebre attore, regista e sceneggiatore inglese.
È ricordato per le spiccate doti di attore comico, e per l'abilità nei travestimenti e nelle imitazioni, ma fu interprete di notevole spessore anche in ruoli drammatici.
La sua fama è legata soprattutto al ruolo dell'imbranata comparsa indiana Hrundi V. Bakshi in Hollywood Party (1968), film ricco di esilaranti gag, e per la brillante interpretazione del goffo Ispettore Clouseau nella serie de La Pantera Rosa, oltre al Dottor Stranamore dell'omonima pellicola di Stanley Kubrick, nel quale recitò in tre ruoli diversi (che avrebbero dovuto essere quattro, se Sellers non si fosse infortunato durante le riprese).
La sua vita, difficile e travagliata nonostante il grande successo, è narrata nel film Tu chiamami Peter (The Life and Death of Peter Sellers) (2004), nel quale Sellers è interpretato da Geoffrey Rush.
Peter Sellers nacque dal protestante Bill Sellers (1900 – 1962) e dall'ebrea Agnes Doreen Marks (1892 – 1967). Sellers crebbe in un ambiente che gli permise di mettere in risalto il suo naturale talento; i suoi genitori erano infatti attori di varietà e da loro apprese tutto quello che c'era da sapere sul mondo dello spettacolo. Studiò in una scuola cattolica, sebbene nessuno dei genitori fosse cattolico.
Abilissimo ballerino, fu talentuoso batterista: andò infatti in tournée con diverse jazz band, e come musicista fu anche un dotato suonatore di ukulele e banjo (si esibì al londinese Windmill Theatre). Una diceria non smentita dall'interessato vuole anzi che il padre avesse insegnato a suonare l'ukulele a George Formby.
Arruolatosi nel 1942 nella RAF (in cui divenne caporale), organizzava di tanto in tanto improvvisati spettacoli per divertire i commilitoni, imitando i superiori. Da quell'esperienza è stato sostenuto che abbia tratto successivamente più di uno spunto artistico, in particolare per il Dottor Stranamore (film nel quale uno dei personaggi da lui interpretati è proprio un ufficiale dell'aviazione inglese).
Tornato alla vita civile, mise in risalto le sue qualità a teatro e alla radio facendo cabaret, cantando e incidendo alcuni dischi. Egli stesso raccontò di aver faticato a trovare la giusta chiave per il successo, arrangiandosi con espedienti, come quando telefonò ad un produttore, imitando la voce di Kenneth Horne, per "raccomandarsi" per un'audizione.
Fu alla radio che conobbe un inizio di celebrità, grazie al programma della BBC "The Goon Show" (1951 - 1960), insieme a Spike Milligan, Harry Secombe e Michael Bentine.
Debuttò nel cinema negli anni cinquanta, lavorando sia negli Stati Uniti che nella natìa Gran Bretagna, e interpretando diversi film, anche se non tutti di successo.
Risale al 1955 il suo primo vero successo nel cinema, grazie alla commedia La signora omicidi, in cui interpretò il ruolo di un gangster maldestro. Nel 1962 ottenne una parte secondaria in Lolita di Stanley Kubrick, regista che lo avrebbe poi rivoluto nel film Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, Nell'occasione, Kubrick (ben noto per essere un regista molto esigente) gli concesse una "licenza" di recitazione a ruota libera per i tre personaggi previsti dal film, una concessione che il regista avrebbe in seguito rilasciato solo a Jack Nicholson per il film Shining (1980).
Nel 1963, chiamato da Blake Edwards a interpretare La Pantera Rosa, la sua carriera ebbe una svolta. Originariamente, la parte dell'ispettore Clouseau, era stata affidata a Peter Ustinov, il quale prima accettò il ruolo, ma poi lo rifiutò mettendo in difficoltà la produzione, che fu costretta a intentargli una causa che l'attore perse.
Peter Ustinov lavorò in seguito in Topkapi (1964), interpretando un ruolo per il quale era stato preso inizialmente in considerazione lo stesso Peter Sellers.
Blake Edwards, in difficoltà per la defezione di Ustinov, decise di affidare il ruolo di Clouseau a Sellers, ancora relativamente poco conosciuto al grande pubblico, salvo per i ruoli interpretati con discreto successo in Gran Bretagna.
Il primo episodio della serie de La Pantera Rosa non era in realtà basato sull'ispettore Clouseau, ma sulla figura di Sir Charles Lytton (interpretato da un magistrale David Niven); fu lo straordinario talento comico di Peter Sellers a fare innamorare il pubblico del personaggio di Clouseau e a dare il via a una serie di successivi sequel, a partire dall'esilarante Uno sparo nel buio (1964).
I due film decretarono il successo di Sellers, che divenne immediatamente uno dei comici più pagati e ricercati del mondo, malgrado l'attore rimanesse scettico circa la qualità della propria interpretazione dell'ispettore Clouseau, al punto che arrivò a chiedere di non far uscire Uno sparo nel buio nelle sale, e iniziando a rendere difficoltosa la proficua collaborazione con Blake Edwards, il regista che sino ad allora più l'aveva valorizzato, a causa di divergenze artistiche talora futili, altre volte serissime.
Poco prima dell'inizio delle riprese del terzo episodio, L'infallibile ispettore Clouseau (1968), Sellers abbandonò il progetto e si dichiarò deciso a non riprendere mai più il ruolo del maldestro ispettore. Subito dopo anche Edwards si rifiutò di dirigere il film, che venne realizzato ugualmente con l'attore Alan Arkin nei panni di Clouseau, per la regia di Bud Yorkin, ma ne risultò un grande fiasco.
Sempre nel 1968, Sellers e Edwards toccarono l'apice del loro sodalizio artistico in Hollywood Party, considerato uno dei più grandi capolavori del cinema umoristico.
A dieci anni di distanza da Uno sparo nel buio, Sellers e Edwards tornarono a girare un nuovo sequel sull'ispettore Clouseau nel 1974, con The Return of the Pink Panther (La Pantera Rosa colpisce ancora), seguito da The Pink Panther strikes again, 1976 (La Pantera Rosa sfida l'ispettore Clouseau: da notare l'erronea traduzione italiana, che facilmente può creare confusioni tra il terzo ed il quarto episodio della serie). Le riprese di entrambi i film furono tuttavia molto travagliate, a causa dei frequenti contrasti tra Sellers e Edwards.
Seguirono poi ancora La vendetta della Pantera Rosa (1978), l'ultimo interamente interpretato da Peter Sellers, e Sulle orme della Pantera Rosa (1982), realizzato dopo la morte dell'attore, utilizzando 40 minuti di spezzoni scartati dai precedenti film.
Successivamente Blake Edwards tentò di resuscitare il personaggio dell'ispettore Clouseau, ma con risultati deludenti, ne La Pantera Rosa - Il mistero Clouseau (1983), interpretato da Roger Moore, cui seguì, nel 1993, Il figlio della Pantera Rosa interpretato da Roberto Benigni.
La vita privata e sentimentale di Sellers fu molto travagliata.
Nel 1951 si sposò con Anne Howe, dalla quale ebbe due figli, Michael (1954 – 2006) e Sarah (1957). L'unione si interruppe a causa di voci su possibili relazioni dell'attore con la cantante Wanda Jackson e con Sophia Loren (quest'ultima avrebbe comunque sempre smentito).
Nel 1964 sposò Britt Ekland, che fu sua partner in alcuni film e da cui ebbe una figlia, Victoria. L'unione si concluse con il divorzio nel 1968.
Nel 1970 sposò la modella australiana Miranda Quarry (attuale contessa di Stockton) dalla quale divorziò nel 1974 per risposarsi nel 1977 con l'attrice Lynne Frederick. Nel pomeriggio della sua morte Sellers avrebbe dovuto firmare le carte che gli avrebbero permesso di escludere la Frederick dal testamento. Invece la donna ne ereditò l'intero patrimonio miliardario.
Tendenzialmente di indole malinconica, nonostante il grande successo e il favore di pubblico e critica, Sellers visse sempre afflitto dall'insicurezza circa il proprio talento e dalla paura di non riuscire a far ridere il pubblico, il che gli causò gravi e frequenti problemi di depressione.
Inoltre, egli affermava come in realtà il vero Peter Sellers non esistesse, in quanto riteneva di non avere una personalità sua propria, ma di assumere sempre quella del personaggio che stava interpretando.
Nel 1979, con l'obiettivo di dare una svolta alla propria carriera in direzione di ruoli drammatici, Sellers interpretò il film Oltre il giardino, accanto a Shirley MacLaine. La pellicola non venne apprezzata all'unanimità dalla critica, ma Sellers fu straordinario nel ruolo del mite giardiniere Chance, riscuotendo vasti consensi nella sua nuova veste di attore drammatico.
Il suo ultimo lavoro fu Il diabolico complotto del dottor Fu Manchu (1980), commedia di scarso successo di cui fu anche il regista (non accreditato), oltre che l'interprete, e che fece appena in tempo a terminare prima che la morte lo cogliesse improvvisamente per infarto, il 24 luglio 1980.
Nelle sue ultime disposizione testamentarie, espresse la volontà di essere cremato e che la cerimonia funebre fosse accompagnata dal brano di Glenn Miller In the Mood: richiesta sarcastica, visto che era notoria la sua decisa avversione per questo brano.
Peter Sellers ricevette due nomination all'Oscar, la prima nel 1965 (come miglior attore) con Il dottor Stranamore e la seconda nel 1980 (sempre come miglior attore) con Oltre il giardino. Con lo stesso film vinse comunque il Golden Globe nello stesso anno.
Nel 1959 conquistò un BAFTA, per la sua interpretazione in Nudi alla meta.
Iscriviti a:
Post (Atom)