mercoledì 11 luglio 2012

Poesie







Stupenda e misera città,
che m'hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini,
 
le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa
 
delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato
 
con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d'estate;
 
a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire
 
che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono
 
fratelli proprio nell'avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi
 
vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare
 
esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognun, era il mondo.
 
Una luna morente nel silenzio,
che di lei vive, sbianca tra violenti
ardori, che miseramente sulla terra
 
muta di vita, coi bei viali, le vecchie
viuzze, senza dar luce abbagliano
e, in tutto il mondo, le riflette
 
lassù, un po' di calda nuvolaglia.
È la notte più bella dell'estate.
Trastevere, in un odore di paglia
 
di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide
 
risuonano d'incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
- sotto festoni di luci ormai sole -
 
verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l'anima era invasa
 
quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.



Pier Paolo Pasolini

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