Implicati loro malgrado in un gravissimo attentato terroristico al Cremlino l'agente Ethan Hunt e i suoi collaboratori sono messi al bando dal governo americano. Il Presidente lancia l'operazione "Protocollo Fantasma". Hunt e i suoi ufficialmente non agiscono più per conto degli Usa ma tocca a loro, senza alcuna copertura, cercare di fermare chi sta cercando di scatenare una guerra nucleare contando sulla mai sopita diffidenza tra russi e yankee.
Le serie televisive, come si sa, sono concepite in modo tale da poter passare di mano in mano (leggi: di regista in regista) senza che i non addetti ai lavori si accorgano di nulla. La standardizzazione è la regola di base a cui tutti si debbono attenere. Sul grande schermo fortunatamente le cose procedono diversamente. Siamo ormai alla quarta Mission Impossible e ogni volta abbiamo assistito a una conferma della continuità unita però a un'incessante variazione di stile. Brian De Palma, che aveva curato l'esordio, non aveva rinunciato al suo gusto per la ricerca stilistica e la citazione raffinata mentre John Woo aveva dato sfogo alla passione per l'esasperazione di ogni singolo dettaglio. J.J. Abrams aveva raccolto l'eredità cercando di portare alla storia il suo spiccato interesse per una costruzione narrativa in cui l'amato (e ampiamente sperimentato in Lost) flashback entrasse in gioco per strutturare un'emozione che non scaturisse solo dall'azione.È ora il turno di Brad Bird che, lasciati i supereroi in cerca di tranquillità de Gli Incredibili e i fornelli di Ratatouille, affronta attori in carne ed ossa che agiscono però in una dimensione in cui gli spettatori debbono essere disponibili a sospendere la famosa incredulità o disporsi a fare altre scelte. Perché Ethan Hunt sopravvive ancora a qualsiasi percossa e caduta (con un po' di dolore a una gamba e nulla più) come da contratto ma, pur aderendo a questa dimensione, Bird non rinuncia a percorrere la strada esplorata da Abrams.
Cerca cioè di umanizzare l'"incredibile" agente offrendogli delle occasioni per far emergere emozioni che vadano al di là della pura action in escalation (che ovviamente non manca). Se allo 007 di Daniel Craig si concedeva un 'passato' ora quello di Ethan Hunt viene letto sotto una nuova luce. Ma, al suo fianco, c'è un gruppo che consente di diversificare anche i diversi livelli dell'azione aggiungendo qualche punta di ironia in più grazie al personaggio interpretato da Simon Pegg. I cattivi? Non mancano e sono proprio cattivi e, come spiega Hunt offrendoci in due battute una lezione di sceneggiatura di genere: "Quando sparano non pensano. Tirano su tutto quello si muove."
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