mercoledì 4 gennaio 2012

Cinema


Nel 1607 alcune navi inglesi arrivarono sulle coste della Virginia. A bordo c'era il capitano John Smith, che ebbe l'incarico di esplorare la regione. Fu fatto prigioniero dalla tribù Powhatan. Pochahontas, figlia del capo gli salvò la vita e si innamorò di lui. Successivamente Smith tornò in patria, la principessa venne adottata dalla comunità inglese, si convertì al cristianesimo, sposò il colono John Rolfe, ebbe un figlio, venne condotta in Inghilterra, ricevuta a corta dal re Giacomo I, morì a ventidue anni durante il viaggio di ritorno nel nuovo mondo.
Il film racconta questa storia senza mai pronunciare "Pocahontas", ma attribuendo alla principessa il nome di Rebecca. Il regista Malick, quattro film in 33 anni (l'ultimo, del '97, La sottile linea rossa) porta tutte le sue attitudini estetiche: l'erba lunga nel vento, i mari e i fiumi, i passaggi di stormi fra le nuvole e una voce fuori campo perenne che fa da coro, pensiero, poesia, sentimento, e anche "metafisica". Malick sa usare la macchina. E la lentezza, una volta accettata, può essere uno strumento che si pone contro la frenesia generale del cinema contemporaneo. E lei, la principessa è una metafora straordinaria di progresso: capisce tutto, è umana e pulita, cambia le regole senza arrivare agli estremi, si integra con le nuove quando è arrivato il momento. In Inghilterra ritrova il grande amore, il tormentato Smith, il cuore sarebbe dalla sua parte, ma lei rimane da questa parte, dove c'è un marito affidabile e innamorato, e c'è un figlio.
E gli indiani, reali nella lingua e nel corpo, nudi a giocare sulla coste incantate d'America, trasferiscono il senso del paradiso perduto e contaminato. Non sarà mai più così. Sempre troppo maledetto&febbrile Smith-Farrell. Straordinaria la "principessa" Q'Orianka Kilcher, selvaggia creatura dei boschi e del mare, e "sorriso" più civile dei "civili" colonizzatori.Un film che,come tutti quelli di questo straordinario regista,incanta e fa riflettere,commuove e spiazza,cattura e respinge,fa innamorare o detestare,ma è inconfondibilmente "magia cinematografica".

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