sabato 15 maggio 2010
Pensieri
Nell'amore l'amante e l'amato si sentono reciprocamente "destinati",mossi cioè da una forza che,da una parte,li separa e li governa,e dall'altra,rappresenta quanto di più specifico compete all'uno e all'altro.Il "destino" si sa è bifronte:da un lato appare come forza cosmica,dall'altro è quanto di più singolare ci riguarda,quel che appunto ci rende "singoli",inconfondibili,in un certo senso "soli".Si dirà:un sentimento non garantisce nulla,un sentimento può anche ingannare.Cosi è infatti.Un sentimento non ha alcuna realtà al di fuori della psiche che lo sperimenta,dunque nessuna garanzia ontologica.E' un evento,non una res,una cosa.Si radica in se stesso.Per questo può apparire effimero come una falena o immortale come un dio.Non sappiamo cosa sia l'amore.Sappiamo solo che "abitandolo" l'amante si sente destinato all'amato e questo a quello.E allora,per questo sentimento che non ha radici fuori di se stesso,si attua quel "miracolo" del tutto inesplorabile dell'"entusiasmo amoroso" in cui dice Jaspers "la singola persona finita diventa l'uno e l'assoluto".L'"io" e il "tu"avvertono di muoversi,anzi di "essere mossi"l'uno verso l'altro da distanze cosmiche,da tempi mitici inimmaginabili.L'essere convenuti da spazi ed ere incommensurabili in un unico,definitissimo punto procura la ferma vertigine che afferra i pellegrini dell'assoluto,non importa se si tratta di mistici o di amanti.D'altra parte i primi hanno sempre impiegato il linguaggio dei secondi.Ognuno infatti nell'amore è assoluto per l'altro.
Mario Trevi
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