sabato 13 marzo 2010
Psicologia
In psicologia, la rimozione è un meccanismo psichico che allontana dalla coscienza desideri, pensieri o residui mnestici considerati inaccettabili e insostenibili dall'Io, e la cui presenza provocherebbe dispiacere.
Insieme ai concetti di proiezione (vedi anche Transfert) e inconscio, la rimozione è uno dei cardini del pensiero e della prassi psicoanalitica. L'inconscio stesso per la psicoanalisi si costituisce in massima parte come conseguenza della rimozione.
L'introduzione di questo concetto si deve a Sigmund Freud a partire dai suoi primi studi sull'isteria quando il medico viennese notò che alcuni traumi psichici vissuti dai pazienti rimanevano sconosciuti alla loro coscienza e che la guarigione avveniva nel momento in cui questi traumi venivano riportati dall'inconscio al conscio.
La rimozione tuttavia va considerata come una modalità universale dello psichismo la cui finalità è proprio quella di difendere, come una sorta di apparato immunitario proprio dello psichismo, l'ideale dell'io (o Super-io) in cui ci si rispecchia.
Al concetto di rimozione si collega quello di resistenza, un ulteriore meccanismo psichico che impedisce ai contenuti una volta rimossi di tornare nuovamente coscienti. Scopo della psicoanalisi secondo Freud è quello di diminuire la forza di queste resistenze e permettere all'Io di tornare in possesso del materiale rimosso, in modo da porre termine alla sua funzione patogena.
Per Jung tuttavia i contenuti che riguardano la rimozione a differenza di Freud non hanno una valenza solo personale ma anche storico-sociale. Da qui Jung è stato costretto a postulare un inconscio collettivo con i suoi archetipi propri della specie oltre all'inconscio personale con i suoi complessi personali teorizzato dal fondatore della psicoanalisi.
In Psicopatologia della vita quotidiana Freud illustra come il concetto di rimozione (assieme a quello di inconscio) intervenga in molti aspetti della nostra vita comune, ad esempio negli atti mancati, più comunemente detti Lapsus Freudiani, di cui fanno parte le dimenticanze e gli errori verbali.
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