venerdì 5 marzo 2010

Accadimenti


Il delitto di Novi Ligure è un noto caso di cronaca nera svoltosi a Novi Ligure il 21 febbraio 2001. Intorno alle ore 19:50 di quel giorno, Erika De Nardo (Novi Ligure, 28 aprile 1984), che all'epoca aveva soltanto 16 anni, uccise a colpi di coltello la madre Susy Cassini (Novi Ligure, 15 Settembre 1959), contabile di 41 anni, ed il fratello Gianluca De Nardo (Novi Ligure, 27 Novembre 1989), di soli 11 anni, con il concorso dell'allora fidanzato Omar Mauro Favaro (Novi Ligure, 15 maggio 1983) di 17 anni, appena un anno più grande di Erika.

Secondo l'accusa, i due giovani avrebbero progettato di uccidere anche il padre della ragazza, Francesco de Nardo (Maida, 19 Giugno 1956), ingegnere, di allora 44 anni, ma avrebbero poi desistito perché Omar, che si era anche ferito ad una mano nel corso della mattanza, era ormai stanco e aveva deciso di andarsene, dicendo ad Erika "Se vuoi, uccidilo tu".

Dopo il delitto e l'arrivo delle forze dell'ordine, Erika De Nardo, allora studentessa, narrò, con diverse contraddizioni, di una rapina ad opera di extracomunitari finita in tragedia, fornendo una descrizione di due malviventi che a suo dire ne sarebbero stati responsabili. Un giovane albanese ritenuto somigliante all'identikit fornito dalla ragazza venne prontamente rintracciato, ma l'alibi fu riscontrato essere valido.

L'ipotesi di una rapina degenerata parve quasi immediatamente perdere consistenza. Nessuna porta o finestra della casa mostrava segni di forzatura ed i due cani da guardia della famiglia non avevano abbaiato. I vicini di casa non avevano notato rumori insoliti, le armi con cui erano state assalite e uccise le vittime appartenevano alla famiglia (si trattava di due coltelli facenti parte del set da cucina) e sembrava improbabile che una rapina, che oltretutto non aveva nemmeno avuto luogo, dal momento che nessun oggetto di valore era stato sottratto, potesse essere il movente di tanta ferocia. Fu possibile capire con certezza chi fossero i veri autori del delitto in base a registrazioni ambientali.

Lasciati soli nell'anticamera della locale caserma dei Carabinieri nella quale erano installate microspie e telecamere nascoste, tra il 22 ed il 23 febbraio, i due omicidi allora adolescenti, occupati a scambiarsi effusioni e scherzare tra loro, "confessarono" involontariamente l'esecuzione, parlandone tra loro, confrontandosi sugli identikit che la ragazza avrebbe dovuto disegnare per la polizia (ad un certo punto si sentì Omar rimproverare la fidanzata perché aveva tracciato un volto troppo somigliante a lui: "'Non vorrai mica che ci freghiamo da soli, sarebbe il massimo!") e, sembra, ipotizzando un tentativo di fuga in caso su di loro si fossero addensati i sospetti.

Una telecamera inquadrò Erika che mimava il gesto della coltellata mentre mormorava "gliel'ho dato qui" e chiedeva al fidanzatino: "Ti sei divertito vero a ucciderli?" mentre Omar la strattonava sbottando "vieni qui, assassina" e rinfacciandole "tu non sai, non è un gioco questo... sono morte due persone è una roba da ergastolo". Poco prima la ragazza aveva commentato "Adesso possiamo andare in giro come una coppia vera" e raccomandato al fidanzatino di vestirsi bene ai funerali delle loro vittime, previsti per il giorno successivo; funerali ai quali, peraltro, la giovane non poté partecipare, trovandosi già in carcere.

Verso le ore 19 del 23 febbraio 2001 i due vennero definitivamente posti in stato di fermo e quindi condotti nel carcere minorile "Ferrante Aporti" di Torino. Di qui in poi, Erika e Omar si rinfacceranno a vicenda la responsabilità di quanto avvenuto, smentiti però dai rilievi del RIS di Parma, che ricostruì che entrambi avevano partecipato in egual misura agli omicidi. In seguito ad un tentativo di contattare l'ex fidanzatino per concordare una versione che tentasse di scagionarli, Erika De Nardo venne trasferita al carcere minorile "Cesare Beccaria" di Milano. Pare inoltre che la ragazza fosse oggetto di ostilità da parte delle altre detenute, quasi tutte di origine slava e per lo più recluse per reati minori.

Nel corso delle indagini emerse una certa conflittualità tra Erika e la madre: litigi causati dallo scarso rendimento scolastico della ragazza e dal fatto che Susy Cassini disapprovava la relazione della figlia con Omar, e temeva che i due giovani facessero uso di stupefacenti (circostanza confermata, anche se fu escluso che la coppia fosse in stato di alterazione provocato dall'uso di droga la sera del delitto o che la loro situazione fosse riconducibile ad una tossicodipendenza vera e propria).

Il 14 dicembre 2001 i due vennero condannati dal Tribunale dei Minori di Torino, rispettivamente a 16 (De Nardo) e 14 (Favaro) anni di reclusione. In seguito, le condanne sono state confermate, prima dalla Corte d'Appello di Torino e poi, in via definitiva, dalla Corte di Cassazione.

Durante la detenzione, Erika intraprese una fitta corrispondenza con un musicista veronese, tal Mario Gugole, presentato dalla stampa come "il nuovo fidanzato di Erika". Il giovane rilasciò diverse interviste e partecipò ad alcuni talk-show, suscitando viva disapprovazione.

Nel maggio 2006, suscitò polemiche un'uscita di Erika dal carcere per qualche ora, nel quadro di un programma di recupero dei detenuti, durante una partita di pallavolo. La pubblicità all'evento da parte di televisione e giornali venne da più osservatori ritenuta eccessiva e fuorviante. Nell'ottobre 2008 è morto in un incidente stradale il "fidanzato" per corrispondenza di Erika, Mario Gugole, alimentando fantasie superstiziose su una presunta "maledizione" legata alla giovane.

Il 3 marzo 2010 è uscito di prigione Omar, che ha beneficiato dell'indulto e di sconti per la buona condotta.Ritengo che la gravità del delitto sia talmente odiosa che rilasciare Omar anticipatamente rispetto al preventivato 2015 sia uno smacco per la giustizia e per la povera mamma barbaramente uccisa e il povero fratellino che non aveva nessuna colpa se non stare nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

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