lunedì 30 agosto 2010
Poesie
Eterno Amore
Sola e affaticata camminavo lungo il sentiero arido e deserto della mia vita,
quando,
lungo il ciglio della strada vidi uno stupendo fiore dai colori vivaci e dal profumo intenso,
così splendido che non osai raccoglierlo,
ma mi accontentai di riposare accanto a lui e di donargli il mio sonno.
All’improvviso un canto d’uccello mi svegliò e tutto intorno a me era verde e rigoglioso,
la delicata corolla di petali sorretta dall’esile stelo era ora una robusta pianta,
ricca di frutti maturi, e l’aria profumava di primavera.
Lì decisi di costruire la mia dimora,
di porre fine al mio peregrinare e,
per l’intera mia vita,
fu quella pianta a nutrirmi,
a riparare la mia casa dal caldo sole estivo e dal vento gelido infuriante in inverno,
fu la sua legna ad ardere nel mio camino e ad avvolgere il mio cuore di un caldo tepore.
Tu eri quel fiore,
tu sei diventato pianta per me
e ancora oggi, che sono invecchiata, sei ancora tu a nutrirmi e a rallegrare il mio cuore,
a te, cui ho destinato la mia vita, voglio donare la mia più grande ricchezza,
il mio eterno amore
sabato 28 agosto 2010
Haiku
Cinema
In un pianeta lontano dove regnano militari, igoranza sulle leggi del cosmo e anni '50, piomba un giorno un astronauta americano. Gli abitanti del Pianeta 51, terrorizzati da film di fantascienza incentrati sulla figura dell'invasore malvagio e diffidenti dei diversi reagiscono con terrore e ostilità. Solo uno di loro, costretto ad entrare in contatto con l'ospite inatteso, lo scoprirà innocuo e anche un po' fanfarone.
Produzione americana e competenze spagnole, Planet 51 è un curioso ibrido dalla testa a stelle e striscie e il corpo iberico. Se infatti la sceneggiatura viene da mamma Dreamworks la regia e tutte le maestranze vengono dalla Spagna che con questo film cerca di proporsi come nuovo polo d'eccellenza per l'animazione europea e discount per le case americane. Il risultato è un film che a scenari e umorismo americano alterna una fisicità europea e qualche gag diversa dal solito.
Il risultato è ineccepibile dal punto di vista tecnico. Personaggi che si muovono con grazia e dovizia di particolari, sfondi complessi, ambienti sofisticati e illuminazione di prim'ordine. Un po' più da ridire ci sarebbe invece sulla storia che, come spesso capita in casa Dreamworks, mette davanti gag nemmeno troppo divertenti alla ricerca di una propria originalità e cita film su film in maniera spudorata e senza nessun senso se non, ancora, quello comico.
Pensato, questo sì, per un pubblico infantile ma giammai per uno anche solo adolescenziale, Planet 51 oltre a citare saccheggia anche in giro (evidente la vicinanza del robottino Rover con il Wall-e della Pixar), cerca l'effetto Ritorno al futuro e dimentica di imprimere una visione personale delle cose in quella che di fatto è la solita parabola socialmente conciliante (il diverso che si rivela come gli altri). Eppure alla fine anche la morale della conquista dell'amore (per il protagonista), che avviene attraverso un percorso di purificazione dato dall'aver superato le paure verso l'alieno e averlo aiutato a ritornare a casa, riesce ad essere edificante solo ad un prima lettura.
Guardando più a fondo il dipinto rimane quello di un mondo di uomini (anche se non è la Terra) che relega le donne ad oggetto del desiderio, motore immobile della storia, senza dargli mai vera personalità ma solo bronci e sorrisi. In linea con questo pensiero quando il più maschio dei maschi (il generale) sarà persuaso della bontà dell'alieno anche gli altri lo saranno.
Racconti
La Rivolta di Atlante
Eddie Willers pensò ad un giorno d'estate di quando aveva dieci anni. Quel giorno, in una radura del bosco, l'unica compagna preziosa della sua infanzia gli aveva detto quel che avrebbero fatto da grandi. Le parole erano state decise e brillanti, come la luce del sole. Lui aveva ascoltato, ammirato e sbigottito. Quando gli aveva chiesto cosa avrebbe voluto fare, aveva risposto: «Quel che è giusto. » E aveva aggiunto: «Tu dovresti fare qualcosa di grande... voglio dire, noi due insieme. » «Che cosa? » aveva domandato lei. E lui: «Non so. È questo che dobbiamo scoprire. Non solo quel che dici tu. Non solo affari e un modo per guadagnarsi da vivere. Cose come vincere battaglie, salvare la gente dalle fiamme o scalare montagne. » «A che servirebbe? » aveva detto lei. E lui aveva risposto: «Il sacerdote, la scorsa domenica, ha detto che dobbiamo cercar sempre di raggiungere il meglio in noi stessi. Cosa pensi che sia il meglio in noi due? » «Non so. » «Dobbiamo scoprirlo. » Ma lei non aveva risposto. Stava guardando lontano, verso le rotaie della ferrovia.
Eddie Willers sorrise. Aveva detto: «Quel che è giusto» ventidue anni prima. Da allora aveva mantenuto fede a quella dichiarazione. Le altre domande si erano sbiadite nella sua mente; aveva avuto troppo da fare, per proporsele. Ma ancora pensava che bisognava fare quel che era giusto; non aveva mai capito come la gente potesse fare il contrario. Sapeva solo che lo facevano. E gli sembrava ancora semplice e incomprensibile: semplice che le cose dovessero essere giuste, incomprensibile che non lo fossero. E sapeva che non lo erano.
Ayn Rand
Poesie
The night you slept
Anche la notte ti somiglia,
la notte remota che piange
muta, dentro il cuore profondo,
e le stelle passano stanche.
Una guancia tocca una guancia &endash;
è un brivido freddo, qualcuno
si dibatte e t'implora, solo,
sperduto in te, nella tua febbre.
La notte soffre e anela l'alba,
povero cuore che sussulti.
O viso chiuso, buia angoscia,
febbre che rattristi le stelle,
c'è chi come te attende l'alba
scrutando il tuo viso in silenzio.
Sei distesa sotto la notte
come un chiuso orizzonte morto.
Povero cuore che sussulti,
un giorno lontano eri l'alba.
4 aprile 1950
Cesare Pavese
Accadimenti
Ringrazio tutte le persone che ieri mi hanno manifestato il loro affetto facendomi gli auguri nel giorno del mio compleanno.Da tutti i colleghi di lavoro,agli amici vicini qui in Italia e nel mondo,a tutti gli amici dei vari forum,alla persona che mi ha fatto una sorpresa incredibile.....grazie di cuore a tutti....
giovedì 26 agosto 2010
Astronomia
Orsa Maggiore (costellazione)
L'Orsa Maggiore (in latino Ursa Major) è una costellazione tipica dei cieli boreali; le sue sette stelle più luminose, raggruppate nel celeberrimo asterismo del Grande Carro, sono visibili per tutto l'anno nell'emisfero nord, e non tramontano mai a nord del 41°N (la latitudine di Napoli, Madrid e New York).
Il riferimento all'asterismo come un orso (le quattro stelle orientali) inseguito da tre cacciatori (le tre di coda) è probabilmente il più antico mito a cui l'umanità faccia ancora riferimento. In altre parti del mondo vengono usati nomi diversi: in Nord America è il grande mestolo, nel Regno Unito è l'aratro.
Le stelle del Grande Carro sono chiamate, in ordine da ovest ad est, Dubhe, Merak, Phecda, Megrez, Alioth, Mizar e Alkaid (o Benetnasch), e sono state assegnate loro le lettere greche da α ad η (vedi nomenclatura di Bayer), nello stesso ordine. Mizar ha una stella compagna chiamata Alcor, appena visibile ad occhio nudo, che è un tradizionale test della vista. Entrambe le stelle sono in realtà doppie, e sono state, rispettivamente, la prima binaria visuale e la prima binaria spettroscopica scoperte.
La Stella Polare può essere trovata disegnando una linea tra Dubhe e Merak, all'estremo del Gran Carro, e prolungandola di cinque volte. Altre stelle come Arturo (α Boötis) e Spica (α Virginis) possono essere trovate prolungando invece il lato lungo.
Nel 1869, Richard. A. Proctor notò che, eccetto per Dubhe e Alkaid, le stelle del Gran Carro hanno tutte lo stesso moto proprio, che le porta verso un punto comune del Sagittario. Questo gruppo, noto ora come Associazione dell'Orsa Maggiore (Cr 285), del quale sono stati identificati alcuni altri membri, formava in passato un ammasso aperto.
Da allora le stelle dell'ammasso si sono disperse in una regione di circa 30 per 18 anni luce, posta a circa 75 anni luce di distanza, che è quindi il più vicino oggetto simile ad un ammasso. Altre 100 stelle circa, inclusa Sirio, formano una "corrente" che ha lo stesso moto proprio, ma la loro relazione con l'ex-ammasso non è chiara. Il nostro Sistema Solare si trova sul bordo esterno di questa corrente, ma non ne fa parte, avendo un'età 40 volte superiore.
Poesie
Abitudini
Sull'asfalto del viale la luna fa un lago
silenzioso e l'amico ricorda altri tempi.
Gli bastava in quei tempi un incontro improvviso
e non era piú solo. Guardando la luna,
respirava la notte. Ma più fresco l'odore
della donna incontrata, della breve avventura
per le scale malcerte. La stanza tranquilla
e la rapida voglia di viverci sempre,
gli riempivano il cuore. Poi, sotto la luna,
a gran passi intontiti tornava, contento.
A quei tempi era un grande compagno di sé.
Si svegliava al mattino e saltava dal letto,
ritrovando il suo corpo e i suoi vecchi pensieri.
Gli piaceva uscir fuori prendendo la pioggia
o anche il sole, godeva a guardare le strade,
a parlare con gente improvvisa. Credeva
di saper cominciare cambiando mestiere
fino all'ultimo giorno, ogni nuovo mattino.
Dopo grandi fatiche sedeva fumando.
Il piacere piú forte era starsene solo.
E' invecchiato l'amico e vorrebbe una casa
che gli fosse più cara, e uscir fuori la notte
e fermarsi sul viale a guardare la luna,
ma trovare al ritorno una donna sommessa,
una donna tranquilla, in attesa paziente.
E' invecchiato l'amico e non basta piú a sé.
I passanti son sempre gli stessi; la pioggia
e anche il sole, gli stessi; e il mattino, un deserto.
Faticare non vale la pena. E uscir fuori alla luna,
se nessuno l'aspetti, non vale la pena.
Cesare Pavese
Cartoni Animati
Inauguro questo post perchè penso che i cartoni abbiano fatto parte integrante della nostra vita,della mia di sicuro,da bambino,da adolescente,e poi come padre seguendo l'evoluzione dei disegni e l'avvento di nuove tecnologie come la computer grafica che hanno rivoluzionato questo settore.pertanto partirò da quelli che seguivo da bambino per arrivare ai più recenti che vedo con i miei figli,ripercorrendo una storia personale ma che credo che possa riflettere il percorso di crescita anche di altre persone....
Leggende
La leggenda greca narra la storia dell'amore tra Ippodamia figlia di Enomao,re di Pisa,donna di tale bellezza da spingere eserciti di pretendenti da tutta la Grecia per avere la sua mano,e Pelope,che,si narra,chiese l'aiuto degli Dei per vincere la tremenda sfida che il re proponeva a tutti i pretendenti la mano della figlia,e gli Dei per dimostrare il loro favore gli misero a disposizione un carro dorato con il quale Pelope si presentò pronto per affrontare la prova decisiva.La sfida consisteva in una corsa di cavalli con il pretendente che faceva da lepre ed il cavallo del re che seguiva tirando frecce e cercando di disarcionare il malcapitato di turno.Fino a Pelope nessuno aveva superato la prova ed ogni pretendente morto veniva decapitato e la sua testa ornava il giardino del palazzo del re come prova della sua invincibilità.Ma Ippodamia stanca di essere sempre segregata dal padre, e si narra,vittima di un incesto con lui,si mise d'accordo con lo scudiero del padre affinchè sabotasse il suo carro.Cosi quando iniziò la sfida con Pelope ecco che al carro del re si staccò una ruota e il re mori sul colpo mentre Pelope vinse la gara sposando Ippodamia e diventando re,dando al regno cinque figli e un periodo di pace e prosperità al suo regno.La notte della vittoria Ippodamia e Pelope furono uno davanti all'altra al chiarore della Luna davanti le enormi colonne del palazzo reale,si presero per mano e unirono i loro destini,come i loro corpi,per sempre.
mercoledì 25 agosto 2010
Poesie
Psicologia
Il Desiderio è uno stato di affezione dell'io, consistente in un impulso volitivo diretto a un oggetto esterno, di cui si desidera la contemplazione oppure, più facilmente, il possesso. La condizione propria al desiderio comporta per l'io sensazioni che possono essere dolorose o piacevoli, a seconda della soddisfazione o meno del desiderio stesso. Dolore morale per la mancanza della persona amata o dell'oggetto o condizione di cui si ha assolutamente bisogno. Ma anche la gradevole e coinvolgente sensazione di poter presto rivivere un momento o situazione in qualche modo piacevole, che la mente riesce a rievocare in modi più o meno evanescenti e/o realistici rispetto alle percezioni dell'esperienza effettivamente vissuta.
I filosofi, sin dalle origini della filosofia, si sono domandati quale spazio dare ai desideri. Le risposte sono molto variegate. Dentro il Fedone, Platone espone l'idea di una via ascetica, o di come l'uomo debba lottare contra i desideri turbolenti del proprio corpo; i cirenaici, al contrario, fanno della soddisfazione di tutti i desideri il bene supremo. Tutte queste riflessioni conducono a stabilire numerosi distinguo, come per esempio fa Epicuro.
La morale epicurea è una morale che mette al centro i concetti di piacere come bene, e del dolore come il male. Per aspettarsi il benessere (l'atarassia), l'epicureo deve applicare le regole del "quadruplo rimedio":
gli dei non devono essere temuti;
la morte non deve essere temuta dato che quando ci siamo noi, lei non c'è; quando lei c'è, non ci siamo noi;
il dolore viene facilmente soppresso, oppure si muore;
il benessere è facile da ottenere.
Questa classificazione non può essere separabile da un'arte di vivere, dove i desideri sono l'oggetto di un preciso calcolo in vista della ricerca della felicità.
Nella forma più prettamente fisica, corrisponde all'eccitazione sessuale oppure alla fame o alla sete, di intensità più o meno marcata e più o meno duratura, che può anticipare oppure no la soddisfazione.
Di tutte le forme di desiderio, sono comunemente considerate più elevate quelle che aspirano a vette di bellezza, che rientra nei piaceri naturali, "ricerca del gradevole".Il desiderio può essere definito anche come una tensione verso un obiettivo. In questo senso il desiderio ci può muovere su un percorso che ci conduce a trasformarlo in realtà ovvero il desiderio può rappresentare la molla che ci spinge a ricercare un sistema che ci conduca a passare dalla situazione attuale (SA) in cui ci troviamo a quella desiderata (SD). Tale percorso passa attraverso la comprensione del perché desideriamo alcune cose poiché si afferma che “se conosco il perché, l’obiettivo è già parte di me”. In realtà tutti i desideri che proviamo sono già parte di una nostra naturale propensione verso la vita e quindi realizzare un desiderio ci porta a “ritrovare” ciò che è già insito nel nostro essere. Desiderare davvero qualcosa significa conoscere il perché di quel desiderio. Il desiderio è strettamente correlato all’azione da compiere e all’obiettivo da raggiungere, infatti è impensabile che esista un’azione quando manca un obiettivo ed è impensabile che esista un obiettivo quando manca un desiderio.
Secondo molti filosofi (p.es Platone, Kant) la giustizia è la forma più alta di bellezza, e dunque il desiderio o sete di giustizia è quello più elevato. Per altri come Marx oppure Hegel il desiderio più elevato è quello dell'uguaglianza. Per Friedrich Nietzsche la massima aspirazione o desiderio dell'essere umano deve essere quella di diventare una persona che incarni il concetto del superuomo.
Desiderio = dolore : Schopenhauer
Solo liberandosi radicalmente di ogni desiderio, solo estirpando da sé la volontà l’uomo potrebbe superare l’infelicità che fa parte della sua natura.
"Ogni volere scaturisce da bisogno, ossia da mancanza, ossia da sofferenza. A questa dà fine l’appagamento; tuttavia per un desiderio, che venga appagato, ne rimangono almeno dieci insoddisfatti; inoltre, la brama dura a lungo, le esigenze vanno all’infinito, l’appagamento è breve e misurato con mano avara. Anzi, la stessa soddisfazione finale è solo apparente: il desiderio appagato dà tosto luogo a un desiderio nuovo: quello è un errore riconosciuto, questo un errore non conosciuto ancora. Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare appagamento durevole, che più non muti: bensì rassomiglia soltanto all’elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento. Quindi finché la nostra coscienza è riempita dalla nostra volontà; finché siamo abbandonati alla spinta dei desideri, col suo perenne sperare e temere; finché siamo soggetti del volere, non ci è concessa durevole felicità né riposo. Che noi andiamo in caccia o in fuga; che temiamo sventura o ci affatichiamo per la gioia, è in sostanza tutt’uno; la preoccupazione della volontà ognora esigente, sotto qualsivoglia aspetto, empie e agita perennemente la coscienza; e senza pace nessun benessere è mai possibile."
(Il mondo come volontà e rappresentazione)
Alcuni sostengono che alla base delle religioni ci sia il desiderio di trascendenza, di un ordine superiore, di un Dio oppure dei, come essere supremo spirituale, non visibile, che prevale e regola il mondo materiale, immanente.
Nel Cristianesimo, Ebraismo, Islam l'umano desiderio di immortalità viene appagato con la fede nella risurrezione. L'inferno invece viene a placare il desiderio di una giustizia trascendente.
Nell'Induismo la dottrina delle successive reincarnazioni porta ad una contemporaneità di vite, inferni e paradisi successivi fino al paradiso supremo, dove si raggiunge la completa assenza di ogni desiderio e necessità, il Nirvana.
Racconti
La storia della matita
Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo la lettera. A un certo punto, le domandò:
“Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me. ”
La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote:
“È vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto. ”
Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunché di speciale.
“Me è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita! ”
“Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza sarai sempre una persona in pace col mondo.
“Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. 'Dio': ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua volontà.
“Seconda qualità, di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. È un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.
“Terza qualità: il tratto della matita ci permette si usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.
“Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro te.
“Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione. ”
Paolo Coelho
Accadimenti
Da Mladic a “Terminator”, i criminali di guerra che mancano all'appello
Alen Custovic
Criminali di guerra. Molti sono scomparsi, alcuni dati per morti, altri vivono lontano o vicino camuffati sotto identità fittizie, mentre altri ancora sono del tutto scoperti e protetti grazie a connivenze, spesso foraggiate con gli stessi soldi ammucchiati nelle guerre per le quali i criminali sono ricercati. I criminali di guerra purtroppo sono presenti trasversalmente in tutto il mondo. Alcuni calpestano il suolo europeo, altri l’Africa, l’Asia o l’America. Ma chi sono questi uomini, i most wanted della terra dietro ai quali pendono mandati di cattura internazionali?
Quello della guerra dei Balcani dell’inizio anni Novanta del secolo scorso, con epicentro Bosnia ed Erzegovina, è stato senza dubbio uno degli scenari più atroci della guerra contemporanea, che ha visto il proliferare di veri e propri banditi di guerra. Uno dei criminali più noti della nostra epoca è Radovan Karadzic, il duce di Pale, ex psichiatra, il leader serbo bosniaco accusato di crimini contro l’umanità e genocidio, arrestato dopo 13 anni di latitanza dalle autorità di Belgrado mentre lavorava come medico, sotto il falso nome di Dragan Dabic, vicino la capitale serba in un ambulatorio privato di medicina alternativa. Si era fatto crescere barba e capelli; secondo le indagini pare che nessuno sapesse chi fosse in realtà, l’uomo che ordinò il massacro nell’enclave di Srebrenica, l’eccidio di un numero imprecisato di civili musulmani, circa 8.000 persone.
Il grande assente dei Balcani nelle celle internazionali è Ratko Mladic, generale serbo bosniaco ritenuto l’esecutore della pulizia etnica condotta a Srebrenica e non solo. Negli anni della latitanza è stato segnalato in numerose località, dai paesi baltici fino in Israele, anche se resta più credibile supporre che anche lui si nasconda in Serbia. Un altro criminale balcanico di spicco è Goran Hadzic, il leader dei serbi della regione croata della Krajina accusato di aver fatto sterminare 250 civili. Secondo indiscrezioni si troverebbe in Bielorussia.
Un'altra fucina di criminali di guerra è il fronte africano. Recente è l’accusa e la richiesta di arresto del procuratore capo della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, contro il presidente sudanese al-Bashir, accusato di genocidio in Darfur, la regione del Sudan occidentale dove in cinque anni sono state uccise circa 300 mila persone. Una condanna che si prevede di difficilissima realizzazione, considerando che la Corte aveva già emesso un mandato di cattura per la pulizia etnica in Darfur contro l’ex ministro dell’Interno Ahmed Harun, ma invece di imprigionarlo Khartoum gli ha affidato un importante incarico istituzionale.
Una delle pagine più sanguinarie della fine del secolo scorso è stata compiuta nei cosiddetti “cento giorni di terrore” in Ruanda, ad opera degli Hutu, costata oltre 800 mila vite umane nella popolazione dei Tutsi e nella parte moderata degli stessi Hutu. Decine di criminali sono stati arrestati e consegnati all’apposito tribunale internazionale. Mancano però ancora nomi celebri, come Augustin Bizimana, ex ministro della Difesa considerato l’ideatore della campagna di sterminio. Oo come il ricco imprenditore Felicien Kabuga, attualmente forse rifugiato in Kenya. Nello specifico la sua società è accusata di aver comprato migliaia di machete, gli stessi usati per uccidere e mutilare le vittime durante i massacri.
Un altro latitante è Joseph Kony, il leader del famigerato Esercito della Resistenza del Signore (LRA – Lord’s Resistance Army) costituito in grande maggioranza dai bambini soldato, gruppo guerrigliero di matrice cristiana attivo nel nord dell’Uganda e alcune parti del Sudan; gruppo che si proclama portavoce di Dio e dello Spirito Santo, intento a instaurare uno stato teocratico. Con il leader è ricercato anche Dominic Ongwen, uno dei guerriglieri più giovani imputati davanti alla Corte internazionale di giustizia, il cui nome di battaglia è un appellativo apparentemente innocuo, White Ant, Formica Bianca. Ma a sottolineare una certa “creatività” dei nomi di battaglia c’è anche quello del ruandese Idelphonse Nizeyimana, conosciuto col nome di battaglia di Terminator.
Una considerazione a parte va fatta sulla Corte penale internazionale, nata fra mille polemiche, riconosciuta da 108 stati, che conta però alcuni grandi assenti. Tra i paesi che hanno firmato ma non ratificato l’accordo figurano infatti gli Usa. Fino ad oggi la Corte ha portato a scarsi risultati e il tribunale dell’Aia è tutt’altro che privo di ombre. In realtà i criminali di guerra spesso vivono di connivenze presso le forze politiche dei paesi stessi in cui i crimini sono stati commessi. Radovan Stankovic è un serbo condannato a 20 anni per lo stupro di varie donne bosniache internate in un lager di Foca; e proprio là era stato trasferito dal tribunale dell’Aia per scontare la pena. Ma le guardie si sono “distratte” durante una visita medica e Stankovic è scappato. Nel 2007 l’ex generale croato Mladen Markac, mentre doveva attendere il processo per crimini di guerra agli arresti domiciliari a Zagabria, è stato ripreso da un fotografo durante una battuta di caccia con il ministro degli interni, dimessosi subito dopo perché il governo croato aveva assicurato ai giudici del tribunale per l’ex Jugoslavia che Markac non avrebbe lasciato il domicilio. Un caso, purtroppo, tutt’altro che isolato.
martedì 24 agosto 2010
Pensieri
Poesie
You, wind of March
Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
sulla terra nuda;
il tuo brivido dura.
Sangue di primavera; anemone o nube;
il tuo passo leggero
ha violato la terra.
Ricomincia il dolore.
Il tuo passo leggero
ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
sotto povero cielo,
era immobile e chiusa
in un torpido sogno,
come chi più non soffre.
Anche il gelo era dolce
dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
la speranza taceva.
Ora ha una voce e un sangue
ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
sono un brivido forte,
la speranza li torce,
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
il tuo fiato d'aurora.
Sangue di primavera,
tutta la terra trema
di un antico tremore.
Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
sei passata leggera
come rondine o nube,
e il torrente del cuore
si è ridestato e irrompe
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose;
e le cose, nel cielo e nel cuore
soffrono e si contorcono
nell'attesa di te.
È il mattino, è l'aurora,
sangue di primavera,
tu hai violato la terra.
La speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero.
25 marzo 1950
Cesare Pavese
Cucina
Cannelloni ricotta e spinaci
Ricette: primi piatti a base di verdura
INFORMAZIONI
4 persone
700 Kcal a porzione
difficoltà media
pronta in 1 ora
ricetta vegetariana
si può preparare in anticipo
si può mangiare fuori
INGREDIENTI
500 g di spinaci
sale
400 g di ricotta di mucca
40 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
250 g di pasta fresca all’uovo o di cannelloni già pronti
½ litro di latte in besciamella
PREPARAZIONE
Pulire gli spinaci accertandosi che siano stati scartati tutti i gambi e sciacquare abbondantemente le foglie in acqua fresca corrente. Metterli in una capace pentola, portarli sul fuoco e farli bollire a fuoco moderato per 10 minuti. Non aggiungere altra acqua che non quella che resta sulle foglie dopo il lavaggio. A metà cottura unire un pizzico di sale.
Quando cotti, mettere gli spinaci in un colino e pestarli con un cucchiaio in modo da strizzarli e levare i residui d’acqua.
Tritarli finemente con la mezzaluna sul tagliere.
In una terrina mescolare gli spinaci, la ricotta, il Parmigiano Reggiano grattugiato, fino ad amalgamarli.
Se si utilizza la pasta fresca:
Tagliare la pasta in rettangoli lunghi 10-12 cm e lessarli per un minuto in abbondante acqua salata.
Metterli su uno strofinaccio ben pulito. Farcirli mettendo un cucchiaio di composto di ricotta, spinaci e Parmigiano vicino al lato più corto ed arrotolare.
Se si utilizzano i cannelloni già pronti:
Riempire i cannelloni con il composto aiutandosi con un cucchiaio.
Per completare la preparazione:
Imburrare una pirofila grande abbastanza da contenere tutti i cannelloni in un solo strato.
Preparare la besciamella, metterne un mestolo sul fondo della pirofila e disporre i cannelloni.
Coprire con la restante besciamella, cospargere con altro Parmigiano Reggiano grattugiato e cuocere nel forno preriscaldato a 200° C per 20 minuti.
Prolungare per qualche minuto la cottura sotto il grill del forno se occorresse per rosolare in superficie.
STAGIONE
Gennaio, febbraio, marzo, dicembre.
lunedì 23 agosto 2010
Videogiochi
E' uno di quei giochi che,quando inizi,non vorresti mai smettere.E' il classico abbatti mattoni,ma questo modernissimo gioco vanta una grafica eccezionale,livelli sempre più complessi di gioco,e soprattutto una enorme diversità delle schermate cosi che il gioco risulta sempre diverso e affascinante.
Mostre
Millecinquecento morti, quattro milioni in fuga dai villaggi sommersi, un quinto del Pakistan inondato da pioggie monsoniche eccezionali. L’allarme umanitario diventa anche una minaccia politica: la disastrosa inefficienza del governo pachistano trasforma la calamità naturale in un’occasione per l’ulteriore avanzata del fondamentalismo islamico. Anche in Cina l’estate si chiude sotto il segno di una tragedia, milletrecento morti solo nella provincia del Gansu per i violenti nubifragi, straripamenti e alluvioni. Sono due esempi recenti della potenza distruttiva dell’acqua scatenata da fenomeni climatici estremi. Cina e Pakistan, con altre nazioni asiatiche che hanno il 40% della popolazione mondiale, dipendono dalle stesse riserve idriche primordiali. Cioè i ghiacciai del Tibet. Dalle vette dell’Himalaya nascono tutti i grandi fiumi dell’Asia, il più occidentale diventa l’Indus, il più orientale il Fiume Giallo. In mezzo ci sono i due fiumi sacri dell’induismo, Gange e Brahmaputra. I due fiumi dell’Indocina, Mekong e Irrawady. Lo Yangze che traversa tutta la Repubblica Popolare fino a Shanghai. Sono i maestosi corsi d’acqua che hanno alimentato le civiltà più antiche nella storia dell’umanità. Oggi possono rivoltarsi contro di noi. O semplicemente abbandonarci e sparire, come in ampi tratti della Cina ha fatto il Fiume Giallo. Inaridito, sterile.
Troppo pieni o troppo secchi, all’origine delle convulsioni dei fiumi asiatici c’è una causa comune, è lo scioglimento e la grande ritirata dei ghiacciai sull’Himalaya. Lo documenta un’importante esposizione fotografica all’Asia Society di New York, Rivers of Ice, “Fiumi di Ghiaccio”. E’ una mostra che farà il giro del mondo, andrà anche in Cina e in India, nella speranza di smuovere le classi dirigenti locali. La sua peculiarità: per la prima volta esibisce al pubblico le prove fotografiche, raccolte con rigore scientifico, che il cambiamento climatico sta provocando una forte riduzione nel volume dei ghiacciai tibetani. Dietro c’è un uomo straordinario, anzi due, che si “parlano” a un secolo di distanza. David Breashears, 55 anni, è il più celebre alpinista-fotografo americano. Dopo essere diventato una star acclamata anche a Hollywood, da anni si dedica a tempo pieno alla causa dei ghiacciai morenti in Tibet con la sua organizzazione Glacier Research Imaging Project. Il suo alleato di fatto è un italiano che lo precedette cent’anni fa, il padre nobile della fotografia alpina, Vittorio Sella. Dal dialogo ideale tra Breashears e Sella è nata questa operazione senza precedenti: il raffronto sistematico tra i ghiacciai dell’Himalaya come sono oggi, e come erano all’inizio del Novecento.
Incontro Breashears al suo ritorno a New York dopo una delicata missione in Cina. E’ andato a raccogliere fondi e a negoziare con le autorità, per rendere possibile una tournée dell’esposizione Rivers of Ice a Pechino, Shanghai e Shenzhen. “Il cambiamento climatico – mi dice – è un tema scottante e controverso nel mondo intero. Sappiamo quanto tempo è stato speso per rintuzzare gli attacchi dei negazionisti. Io non voglio entrare in contese politiche, mi limito a usare la forza delle immagini. L’impatto di queste fotografie è chiaro, non c’è bisogno di aggiungere un sovrappiù di polemica. L’acqua che scorre nelle pianure più popolose del pianeta è minacciata, i fiumi da cui dipende la sopravvivenza di due miliardi di persone oggi corrono un pericolo mortale. La spiegazione è tutta in queste foto. E senza il lavoro da pioniere di Vittorio Sella forse non avremmo mai potuto raggiungere una conclusione così chiara, o rappresentarla in modo così efficace”.
Breashears ha lasciato la sua impronta sulle vette più inaccessibili del pianeta. Primo americano a espugnare per due volte l’Everest, ci è tornato per un totale di otto volte ed ha anche realizzato la prima diretta televisiva della storia da quella cima. La passione congiunta per l’alpinismo e per la fotografia ne ha fatto un’autorità in campo cinematografico. Ha vinto quattro Emmy Awards, il più importante per il documentario “Everest” realizzato con la tecnica Imax. C’è la sua mano invisibile anche dietro alcuni grandi film commerciali: fu lui a guidare gli scalatori del film “Cliffhanger” con Sylvester Stallone e “Sette anni in Tibet” con Brad Pitt (sulla vita del Dalai Lama da giovane). Ha vissuto in presa diretta la più grande tragedia dell’alpinismo contemporaneo: interruppe le riprese del documentario “Everest” per partire in soccorso alla spedizione dove morirono otto dei più grandi scalatori mondiali nel 1996. Ma a un certo punto della sua vita alpinismo e cinema non gli sono bastati. “Ho conosciuto – dice Breashears – il grande alpinista inglese Sir Edmund Hillary e mi è rimasta scolpita una sua frase: ricordati che nella vita devi riuscire a fare qualcosa di più importante che scalare montagne. Lui ci è riuscito, nel Nepal lo ricordano non come rocciatore ma per gli ospedali che ha costruito”. Per Breashears l’occasione si presentò nel 2007, quando la rete tv americana Pbs gli chiese un servizio sull’impatto del cambiamento climatico nell’Himalaya. Una sfida doppiamente difficile sul piano tecnico. Da un lato perché occorreva restituire nelle immagini la profondità, lo spessore volumetrico di ghiacciai che si trovano in luoghi inaccessibili. D’altro lato era indispensabile trovare qualche traccia del passato dei ghiacciai, visibile e documentabile, comprensibile anche per un vasto pubblico. E’ qui che la “memoria italiana” è venuta in soccorso a Breashears. “Da ragazzo – ricorda – dopo i miei esordi in Colorado frequentavo regolarmente le Dolomiti ed ero già un ammiratore della grande scuola italiana di roccia: i Ragni di Lecco, i primi free-climber della storia, Riccardo Cassin, Walter Bonatti. Ma quando cominciai a imbattermi nelle opere di Vittorio Sella, nelle librerie antiquarie, scoprii un’altra dimensione. Sella era un vero artista dell’immagine, un genio dell’inquadratura, il maestro per molte generazioni di alpinisti-fotografi”.
Nato a Biella nel 1859 in una dinastia dell’industria tessile, iniziato all’alpinismo dal celebre zio Quintino (ministro delle Finanze dal 1862 al 1873), Vittorio Sella fu protagonista delle prime storiche imprese sull’Himalaya: con lo scalatore inglese Douglas Freshfield nel 1899, poi soprattutto con il Duca degli Abruzzi sul Karakorum nel 1909. Per Breashears la scoperta delle fotografie custodite a Biella dalla Fondazione Sella è stata una svolta. In quell’archivio del primo Novecento c’è l’elemento indispensabile, il punto di confronto. E’ una monumentale banca-dati sullo stato dei ghiacciai tibetani all’inizio del secolo scorso. Ripreso con una minuzia meravigliosa, da quello che Breashears definisce “un artista-scienziato”, ricco di sensibilità estetica, capace di una tenacia maniacale per raggiungere le postazioni più impervie da cui scattare foto “impossibili”. “L’anno scorso – racconta Breashears – sono stato sul Karakorum per rifare tre servizi fotografici esattamente dove li fece Sella. Un’impresa tremenda, gli sherpa erano spaventati, non capivano l’ostinazione con cui volevo raggiungere dei punti così pericolosi. Ogni volta che torno da una di queste spedizioni il mio rispetto per Sella aumenta. Lui e i suoi compagni avevano una preparazione da autodidatti, se paragonata all’addestramento di oggi. Avevano mezzi arcaici. Eppure riuscirono a fare cose di una difficoltà impressionante. A un profano che guardi con occhio distratto queste foto di ghiacciai può sfuggire l’immensa difficoltà per farle. E’ duro trovare la veduta giusta, che non sia ostruita da qualche montagna, che dia un’idea precisa della massa di ghiaccio. Nel mio lavoro ci sono tanti ostacoli da superare, bisogna trovare gli uomini adatti, i fondi per finanziarsi. Sella però me ne ha tolto uno: non ho bisogno di cercare la postazione giusta, basta che raggiunga il punto dove scattò lui, mi lascio guidare”.
Nel gioco di dissolvenza delle immagini che accoglie i visitatori della Asia Society, una grande distesa bianca immortalata da Sella lascia il posto a un’immagine di Breashears dove il candore delle nevi eterne si è rattrappito in altura, e dietro la sua via di fuga ha lasciato una lunga scia nera, una vallata di pietre e terra nuda che sembra una cicatrice oscena.
Pensieri
Poesie
Hai un sangue, un respiro.
Sei fatta di carne
di capelli di sguardi
anche tu. Terra e piante,
cielo di marzo, luce,
vibrano e ti somigliano;
il tuo riso e il tuo passo
come acque che sussultano;
la tua ruga fra gli occhi
come nubi raccolte;
il tuo tenero corpo
una zolla nel sole.
Hai un sangue, un respiro.
Vivi su questa terra.
Ne conosci i sapori
le stagioni i risvegli,
hai giocato nel sole,
hai parlato con noi.
Acqua chiara, virgulto
primaverile, terra,
germogliante silenzio,
tu hai giocato bambina
sotto un cielo diverso,
ne hai negli occhi il silenzio,
una nube, che sgorga
come polla dal fondo.
Ora ridi e sussulti
sopra questo silenzio.
Dolce frutto che vivi
sotto il cielo chiaro,
che respiri e vivi
questa nostra stagione,
nel tuo chiuso silenzio
è la tua forza. Come
erba viva nell'aria
rabbrividisci e ridi,
ma tu, tu sei terra.
Sei radice feroce.
Sei la terra che aspetta.
21 marzo 1950
Cesare Pavese
Accadimenti
Ultimo rapporto di Save The Children: almeno 50.000 i bambini sfruttati
Scritto da Alessandra Rebecchi Lunedì 23 Agosto 2010 12:21
Il dato è molto grave: nel lasso di tempo tra il 2000 e il 2008 oltre 50.000 minori, vittime di tratta e sfruttamento, hanno ricevuto assistenza e aiuto, e quasi un migliaio di loro sono finiti sotto programmi specifici di protezione.
Questi i dati emersi dall'ultimo dossier di Save The Children, dedicato alle "nuove schiavitù" e redatto per la Giornata in Ricordo della Schiavitù e della sua Abolizione, che ricorre oggi.
Le nazioni maggiormente interessate alla tratta a scopo di sfruttamento sessuale sono la Nigeria, la Romania, la Moldavia, l'Albania e l'Ucraina, anche se questi Paesi sono fonte di preoccupazione anche dal lato dello sfruttamento lavorativo: una soluzione al problema potrebbe venire da una maggior presenza sulle strade di unità di sicurezza pubblica, che possano aiutare e orientare i minori, senza far pesare loro il fatto di essere parte di un'azione illecita.
In Italia i minori a rischio sono per le più ragazzi dai 12 ai 17 anni, non accompagnati, e fuggiti da realtà difficili come quelle della Nigeria, Afghanistan o della Romania. Questi ragazzi vivono in condizioni estreme, e pur di non dover tornare indietro e rivivere la situazione originaria sono costretti a prostituirsi, spacciare, elemosinare o, quando va bene, lavorare in nero.
I minori non accompagnati registrati nel nostro Paese sono 4.466, ma contando che la maggior parte di loro quando arriva non viene in contatto con le comunità di accoglienza, non viene censito dal Comitato Minori Stranieri, perciò, corre anche i maggiori rischi. Di questi, circa 2500 sono stati seguiti da Save The Children, e sono per lo più ragazze sfruttate sessualmente.
Per quanto riguarda le attività illegali quali furti e spaccio, ne sono coinvolti i minori rumeni e nordafricani, il più delle volte minori di 14 anni, per cui non perseguibili penalmente.
Molti di questi ragazzi poi non si fermano in Italia, ma ci considerano solo un Paese di transito per raggiungere il nord Europa.
Libri
Approdato all’improvviso in un paesino sperduto sul mare di Normandia, un uomo corre in direzione della spiaggia per cercare la compagna, da qualche giorno in vacanza. Da lontano la scorge, sagoma malinconica e intenta ad osservare il mare; una figura inconfondibile e meravigliosa. Ma, mentre le si avvicina, poco a poco si rende conto che quella donna non è lei; che la figura che credeva inconfondibile è in realtà una donna vecchia, brutta e “beffardamente diversa”.
Così, con questa scena potente, che condensa il dramma in pochi fotogrammi, Milan Kundera mette immediatamente a fuoco la tematica cardine di questo suo breve ma intrigante romanzo.
Cos’è infatti l’identità? La pirandelliana maschera imposta a un essere in perpetuo movimento? L’idea che gli altri si fanno di noi o che noi creiamo di noi stessi? Qual è il suo senso ultimo?
Con lo stile particolarissimo che lo contraddistingue fin dagli esordi, e che lo ha reso celebre con “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, Milan Kundera fonde narrazione e riflessione filosofica, affrontando alcune tematiche universali dell’essere umano, passando attraverso l’analisi del delicatissimo rapporto di coppia, microcosmo dove più violentemente esplodono le contraddizioni.
Ecco così che un’intesa perfetta si trasforma all’improvviso in un fiume di fraintendimenti mentre ci si accorge che l’io non assomiglia più a se stesso. Lo sguardo a cui bastava un attimo per riconoscersi, d’un tratto viene stretto dalla paura che, nell’attimo in cui la palpebra si chiude, di fronte l’individuo si trasformi in un altro uomo. Perso tra sconosciuti l’io non riesce più a spiegare chi realmente è.
Grazie al continuo slittamento di punti di vista Kundera ci trascina in un labirinto di interpretazioni differenti, mostrandoci come il confine tra realtà e filosofia, reale e fantasticheria, sia una frontiera impalpabile, un labile velo che in realtà non esiste.
domenica 22 agosto 2010
Libri
Ci è venuta voglia di passare la serata e la notte in un castello. In Francia, molti sono stati trasformati in alberghi: un fazzoletto di verde sperduto in una distesa di squallore senza verde; un quadratino di viali, alberi, uccelli al centro di una immensa rete di strade. Sono al volante e osservo, nello specchietto retrovisore, una macchina dietro di me. La freccia di sinistra lampeggia e tutta la macchina emette onde di impazienza. Il guidatore aspetta il momento giusto per superarmi; spia questo momento come un rapace che fa la posta a un passero.
Mi moglie Vera mi dice: “Sulle strade francesi ogni cinquanta minuti muore un uomo. Guardali tutti questi pazzi che corrono accanto a noi. Sono gli stessi che sanno essere così straordinariamente prudenti quando sotto i loro occhi viene scippata una vecchietta. Com’è possibile che quando guidano non abbiano paura?”.
Che cosa rispondere? Questo, forse: che l’uomo curvo sulla sua motocicletta è tutto concentrato sull’attimo presente del suo volo; egli si aggrappa ad un frammento di tempo scisso dal passato come dal futuro.; si è sottratto alla continuità del tempo; è fuori del tempo; in altre parole, è in uno stato di estasi; in tale stato non sa niente della sua età, niente di sua moglie, niente dei suoi figli, niente dei suoi guai, e di conseguenza non ha paura, poiché l’origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere.La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo. A differenza del motociclista, l’uomo che corre a piedi è sempre presente al proprio corpo, costretto com’è a pensare continuamente alle vesciche, all’affanno; quando corre avverte il proprio peso e la propria età, ed è più che mai consapevole di se stesso e del tempo della sua vita. Ma quando l’uomo delega il potere di produrre velocità a una macchina, allora tutto cambia: il suo corpo è fuori gioco, e la velocità a cui si abbandona è incorporea, immateriale – velocità pura in sé e per sé, velocità-estasi.
Strano connubio: la fredda impersonalità della tecnica e il fuoco dell’estasi. Mi torna in mente l’americana che una trentina di anni fa, con piglio insieme severo ed entusiastico, da vera militante dell’erotismo, mi diede una lezione (gelidamente teorica) sulla liberazione sessuale; la parola chiave che ricorreva più frequentemente nel suo discorso era “orgasmo”; tenni il conto: la pronunciò quarantatre volte. Il culto dell’orgasmo: l’utilitarismo puritano applicato alla vita sessuale; l’efficienza contrapposta all’ozio; la riduzione del coito a un ostacolo che va superato il più velocemente possibile per giungere a un’esplosione estatica, unico vero fine dell’amore e dell’universo.
Perché è scomparso il piacere della lentezza? Dove mai sono finiti i perdigiorno di un tempo? Dove sono quegli eroi sfaccendati delle canzoni popolari, quei vagabondi che vanno a zonzo da un mulino all’altro e dormono sotto le stelle? Sono scomparsi insieme ai sentieri tra i campi, insieme ai prati e alle radure, insieme alla natura? Un proverbio ceco definisce il loro placido ozio con una metafora: essi contemplano le finestre del buon Dio. Chi contempla le finestre del buon Dio non si annoia; è felice. Nel nostro mondo, l’ozio è diventato inattività, che è tutt’altra cosa: chi è inattivo è frustrato, si annoia, è costantemente alla ricerca del movimento che gli manca.
Guardo nello specchietto retrovisore: sempre la stessa macchina che non riesce a superarmi a causa del traffico in senso inverso. Accanto al guidatore è seduta una donna; perché l’uomo non le racconta qualcosa di divertente? Perché non le appoggia la mano sul ginocchio? Macchè: l’uomo maledice l’automobilista davanti a lui perché va troppo piano, e neppure la donna pensa a toccarlo con la mano, mentalmente sta guidando anche lei, e anche lei mi maledice.
E a me viene in mente un altro viaggio da Parigi verso un castello di campagna, il viaggio, avvenuto più di duecento anni fa, di Madame de T. e del giovane cavaliere che l’accompagnava. E’ la prima volta che sono così vicini l’uno all’altra, e l’ineffabile atmosfera di sensualità che li circonda nasce appunto dalla lentezza del ritmo: grazie ai sobbalzi i loro corpi si toccano, dapprima inconsapevolmente, poi consapevolmente, e ha inizio la vicenda.
Racconti
Fotografia
Poesie
Risveglio
Lo ripete anche l'aria che quel giorno non torna.
La fìnestra deserta s'imbeve di freddo
e di cielo. Non serve riaprire la gola
all'antico respiro, come chi si ritrovi
sbigottito ma vivo. E' finita la notte
dei rimpianti e dei sogni. Ma quel giorno non torna.
Torna a vivere l'aria, con vigore inaudito,
l'aria immobile e fredda. La massa di piante
infuocata nell'oro dell'estate trascorsa
sbigottisce alla giovane forza del cielo.
Si dissolve al respiro dell'aria ogni forma
dell'estate e l'orrore notturno è svanito.
Nel ricordo notturno l'estate era un giorno
dolorante. Quel giorno è svanito, per noi.
Torna a vivere l'aria e la gola la beve
nella vaga ansietà di un sapore goduto
che non torna. E nemmeno non torna il rimpianto
ch'era nato stanotte. La breve finestra
beve il freddo sapore che ha dissolta l'estate.
Un vigore ci attende, sotto il cielo deserto.
Cesare Pavese
domenica 8 agosto 2010
Accadimenti
Oggi è un giorno caro al mio cuore come agli Dei che si concentrarono in questo giorno per far nascere una bimba che avesse in sè la fusione dei più nobili elementi,l'intelligenza,la curiosità che aumenta la cultura,la dolcezza dei gesti e dei pensieri,la generosità con tutti gli esseri abitanti questo pianeta,animati e non,la sensualità di chi sa prendere ma soprattutto dare tutto di sè stessa,il dubbio che è sempre sintomo di riflessione interiore,la libertà del vivere,la solarità che l'accompagna come luce che riscalda chi la avvicina.Una bimba mostrata alla luna per gareggiare in bellezza con lei e anche le momentanee eclissi di dolore che ogni vita oscura la fanno riapparire sempre più splendente e radiosa.Buon Compleanno Amore Mio........
mercoledì 4 agosto 2010
Accadimenti
Ieri è morta una grande donna,una signora dell'editoria italiana ed europea,Elvira Sellerio.Con il marito aveva creato una piccola ma combattiva casa editrice che aveva come ragione di vita la qualità delle pubblicazioni.Cura maniacale nella grafica,nella rilegatura,i libri della sellerio sono piccoli libri ma robusti e maneggevoli caratterizzati da quel blu intenso delle copertine che ormai li rende riconoscibili a tutti.L'avventura editoriale iniziò con Sciascia,enorme successo proseguito poi con il boom di Camilleri che portò la piccola casa editrice a stare tra le grandi come quantità di libri venduti e come qualità dei cataloghi distribuiti.Ma la Sellerio non era solo una abile imprenditrice editoriale e una grande scopritrice di talenti letterari,era anche una donna di cultura a tutto tondo,infatti era stata anche consigliere della RAI,impegnata in molti premi letterari e dovunque ci fosse la possibilità di diffondere la cultura,quella con la c maiuscola,con eleganza e discrezione,senza strombazzamenti.
Racconti
Si potrebbe quasi
Si potrebbe quasi...
"Si potrebbe quasi mangiare fuori"
Quello che conta è il "quasi", è il condizionale.
A tutta prima sembra una pazzia.
Siamo all'inizio di marzo, abbiamo avuto una settimana di pioggia.
E poi, da stamani, è spuntato il sole, con una intensità smorzata, una forza tranquilla.
Il pranzo è pronto, la tavola apparecchiata.
Ma anche dentro tutto è cambiato.
La finestra socchiusa, i rumori di fuori, una leggerezza nell'aria.
"Si potrebbe quasi mangiare fuori"
La frase arriva sempre nello stesso istante.
Proprio prima di mettersi a tavola, quando sembra troppo tardi per sovvertire il corso del tempo, quando l'antipasto sta già sulla tovaglia.
Troppo tardi? Il futuro lo decidi tu.
Forse sarai così pazzo da precipitarti fuori, a passare lo straccio sul tavolo del giardino, a suggerire maglioni, a canalizzare l'aiuto che ciascuno offre con brio maldestro.
Oppure ti rassegnerai a mangiare al caldo: le sedie sono troppo bagnate, l'erba così alta...
Poco importa. Quello che conta è il momento della frase. Si potrebbe quasi...
È bella la vita al condizionale, come nell'infanzia:
"Potremmo fare così: tu sei..."
Una vita inventata che prende in contropiede le certezze.
Una vita quasi: l'aria fresca a portata di mano.
Una fantasia modesta, una ventata di saggia follia che cambia tutto senza cambiare niente...
Talvolta diciamo: "Si sarebbe quasi potuto..."
Questa è la frase triste degli adulti che hanno mantenuto in equilibrio sul vaso di Pandora solo la nostalgia. Ma ci sono delle volte in cui cogliamo il giorno nel momento fluttuante delle possibilità, nel momento delicato di un'esitazione onesta, senza orientare in anticipo il giogo della bilancia.
Ci sono giorni in cui si potrebbe quasi... ".
Philippe Delerm
Poesie
Ti voglio bene e non so perché
Mi commuove ogni cosa di te
Ti voglio bene perché sei
così vulnerabile al mondo
che il mio mondo finisce nel tuo,
irrimediabilmente
È una dolce ninnare per me
Il battito calmo del tuo cuore
Il tuo passo tranquillo
Come il cammino
Sul tuo sentiero di luce
Le tue orme lievi
Come quelle soavi di una grazia
Le tue mani sono un volo d’ali
Un nido di gabbiani
Sono l’aurora e il tramonto del giorno
Il vento sulle mie ali
Per volare più in alto nel cielo di domani
E a ogni nuova alba che verrà
Le tue labbra sono farfalle
Che mi recano in dono i tuoi baci
I tuoi seni sono coppe soavi di frutti deliziosi
Che si offrono alla mia sete di vita
Come un dono degli dei
E si aprono varchi delicati nel mio mare
Come magnifici scogli tra le onde
A cui mi tengo stretto
nelle notti tempestose e buie
Sono ciliegie fragole e pesche
per l’arsura delle mie labbra
al sole dell’estate
I tuoi capelli sono cascate d’onde verticali
Che precipitano a picco
sulle aureole in fiamme dei tuoi seni
Riversandosi in mille arrendevoli rivoli
sulla linea delicata della tua nuca
e delle tue spalle
Sono grappoli d’uva nera
che incorniciano il tuo volto angelico
La tua pelle è un puro gioiello d’ambra
Tenera come burro cacao sulla mia pelle
Le tue spalle sono un pendio vertiginoso
da scalare
Il tuo corpo è un'anfora
mirabilmente disegnata
nella nuda fosforescenza della luna
Le tue gambe sono i pilastri del cielo
e della terra
Torri gemelle da salire piano piano
Un ponte affusolato sopra l’oceano della vita
I tuoi occhi sono diamanti
attraversati dalla luce diafana dell’iride
Sono la terra promessa
il mondo meraviglioso dove si appaga
la mia essenza
Le sole stelle luminose che non scompaiono
al sole del mattino, nel mio cielo
Sono il cielo dove vola la tua anima
Il paradiso nel quale si involano
la mia e la tua, in rapite estasi.
lunedì 2 agosto 2010
Racconti
Poesie
Terre lontane
Amami liberiamo nel vento la tempesta d’amore, accompagnami nelle immense terre lontane. Cercami nel dolce suono dei passi nel delirio dei miei cupi silenzi, nell’oceano dei miei lunghi inverni, e nelle piogge gelide dei tramonti grigi. Cavalca l’ira sulla cresta delle onde bianche aspettando il sole e la primavera. Potrai seminare nelle tue mani una fetta di cielo, un pugno di luce all’angolo del paradiso dove finalmente è possibile rinascere in quello che per te è il posto più sicuro al mondo, tra le mie braccia.
Al mio Sole,luce della mia vita....
Accadimenti
Oggi è il trentesimo anniversario di uno degli eventi più drammatici della storia del nostro Paese,la strage alla stazione di Bologna,85 morti e centinaia di feriti.In un attimo in quelle maledette 10.25 di mattina gli scompartimenti della sala d'aspetto e tre treni fermi sui primi binari vennero spazzati via senza pietà da due cariche esplosive poste in due valigie nella sala d'aspetto.Una bambina,Angela Fresu,la vittima più piccola,3 anni,in braccio alla madre,ebbe la sfortuna di trovarsi accanto alle borse e venne letteralmente polverizzata dalla potenza della deflagrazione.Uno scempio,una immagine da guerra,una tragedia umana,ovunque sangue,detriti,lamenti,pezzi di cadaveri,edifici crollati,treni squarciati,binari divelti,l'apocalisse.Della strage vennero accusati Fioravanti e la Mambro come esecutori materiali,ma più di un dubbio c'è addirittura sulla loro presenza a Bologna,figuriamoci sulla loro partecipazione.E' certo che fu una strage organizzata nell'ottica della strategia della tensione,ed è altrettanto chiaro che la matrice fu di destra se non proprio fascista.Bologna è sempre stata una roccaforte della sinistra e colpire quella città era colpire il simbolo dell'efficenza emiliana.E' certa la presenza a Bologna di uno degli esponenti della Banda della Magliana cosi come è altrettanto certo il depistaggio attuato da settori deviati dei servizi segreti per allontanare la verità dei fatti.Ancora oggi c'è il segreto di stato sulla documentazione segreta riguardante quegli eventi,uno scandalo.Cosi come scandalosa è l'assenza di membri del governo dalla manifestazione avvenuta a Bologna oggi,un ulteriore schiaffo a quelle povere vittime che oltre a non avere avuto la verità non hanno avuto neanche il rispetto per la loro morte.
domenica 1 agosto 2010
Racconti
La vita non è in ordine alfabetico
La vita non è in ordine alfabetico come credete voi. Appare... un po' qua e un po' là, come meglio crede, sono briciole, il problema è raccoglierle dopo, è un mucchietto di sabbia, e qual è il granello che sostiene l'altro? A volte quello che sta sul cocuzzolo e sembra sorretto da tutto il mucchietto, è proprio lui che tiene insieme tutti gli altri, perché quel mucchietto non ubbidisce alle leggi della fisica, togli il granello che credevi non sorreggesse niente e crolla tutto, la sabbia scivola, si appiattisce e non ti resta altro che farci ghirigori col dito, degli andirivieni, sentieri che non portano da nessuna parte, e dai e dai, stai lì a tracciare andirivieni, ma dove sarà quel benedetto granello che teneva tutto insieme... e poi un giorno il dito si ferma da sé, non ce la fa più a fare ghirigori, sulla sabbia c'è un tracciato strano, un disegno senza logica e senza costrutto, e ti viene un sospetto, che il senso di tutta quella roba lì erano i ghirigori.
Antonio Tabucchi
Poesie
Troppo difficile è ignorare
questa voglia matta di poggiar
le mie labbra assetate sui tuoi splendidi,
morbidi,
freschi,
petali di rosa.
Di rugiada
la tua bocca è fatta;
come il sole in una mattina d'inverno
mi manca.
Poi non posso dimenticare
della tua grande mano,
il calore potente,
che sulla mia pelle si espandeva
dai polpastrelli tuoi duri.
E se fosse possibile non pensare
alla sensazione
che i tuoi capelli folti e corti
davano al mio cuore,
quando le dita tra loro passavano.
C'è anche il tuo odore,
il tuo profilo,
la tua barba.
L'agonia di ciò
sta nel fatto che sei qui,
al mio fianco.
Così possibile,
così vicino.
Basterebbe soltanto
ch'una mano azzardasse
di passar la linea immaginaria
che la decenza ha tracciato
da quando Noi
siamo stati scissi in Me e Te.
L'ironia cancella i nostri sentimenti,
i miei istinti,
come se davvero così avvenisse,
come fosse una vera rottura.
Ma tu sei qui,
ma io sono qui,
siamo vicini.
Il tuo alito fatato
arriva alla mia pelle stregata,
e io non so
se la cenere può
spegnere quest'ultimo tizzone
in me che ancora sopravvive!
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