giovedì 15 settembre 2016

Serie Tv









Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio
: così suona la battuta fondamentale di un film che a distanza di anni non ha ancora esaurito la sua carica eversiva ed euristica, e si dà il caso funzioni da metafora perfetta di quanto accade nell’attesa seconda stagione di Narcos. Perché lo show di Netflix che ci ha mostrato l’ascesa di Pablo Escobar – il narcotrafficante più famoso del mondo – stavolta, come era inevitabile, ci porta per mano attraverso le indigeribili fasi della sua decadenza. È nel momento della caduta che ci siamo separati da Escobar l’anno scorso, al termine della prima stagione della serie tv. Il re della cocaina era riuscito a fuggire dall’assalto alla sua stessa fortezza, La Catedral (una gabbia dorata concepita per assomigliare molto più a un palazzo reale che a un carcere) ma lo ritroviamo perduto in un bosco con un maglione ridicolo e un piccolo manipolo di uomini al seguito.
Per la prima volta, e non senza un briciolo di controversa tristezza, ci troviamo costretti a osservare che le parole plata o plomo simbolo della potenza escobariana sono scivolate da un arsenale linguistico che, via via, finirà per svuotarsi di minacce e riempirsi di compromessi.
In Narcos 2, infatti, lo show Netflix fa il salto: non è più il personaggio Escobar al centro della scena e dell’azione, è la persona Escobar al cui accartocciamento lento e inesorabile saremo disposti a osservare per dieci ore mentre, va detto, gustiamo una delle performance più memorabili degli ultimi anni.

 Tanto alla bravura di Wagner Moura nei panni del signore della droga quanto agli scrittori della serie, infatti va dato un grande credito: Escobar è uscito da tempo dalle pagine dei libri per diventare una leggenda, una figura vicina alla mitologia la cui vicenda ha fatto da canovaccio per innumerevoli narrative; ma se è vero che è impossibile decifrare quanto il mito sia stato influente nella costruzione di una varietà di ritratti di finzione più e meno affini da Michael Corleone fino a Tony Montana, è anche vero che Narcos 2 (assai più di Narcos 1) sembra ricordare allo spettatore che questo non è l’esemplare. È l’esempio. È la forma nella quale infinite altre forme si sono insinuate.
(Per fare un paragone concreto: se state pensando alla parabola simile dell’amatissimo Walter White, sappiate che guardando la nuova stagione della serie vi verrà in mente innumerevoli volte; ma è probabilmente il protagonista di Breaking Bad a essere escobariano, non il contrario, ecco il punto). 
Il senso profondo di Narcos 2 è che Pablo Escobar è realmente esistito. La sua trasformazione restituisce all’umanità una creatura che dall’umanità sembrava essersi slegata per sempre. Come dire che è stato semplice vedere Pablo volare, molto più complesso è vederlo capitolare da un’altezza cui la maggior parte di noi fa fatica persino a pensare. Per renderci partecipi della portata dell’avvenimento, lo show si serve di una scissione in qualche modo innaturale: nel corso degli episodi scopriamo, infatti, che il mostro assassino è un marito, un padre e un figlio eccezionale, un pater familias la cui integrità può essere solo frutto di una specie di schizofrenia, o quanto meno di una mente dotata di compartimenti stagni perfetti, privi di perdite; ma è proprio grazie a questa tensione voluta, grazie a questo artificio paradossalmente e più che mai autentico, che non riusciamo mai a condannare Escobar fino in fondo.
Di apologia del male si è parlato tanto, anche a sproposito. Narcos 2, però, si muove in direzione opposta: di puntata in puntata, l’intonaco del buon male si stacca e si sgretola fino a che non resta, più o meno letteralmente, una casa nuda di mattoni che non ha niente, davvero niente di affascinante. E si finisce per provare solo pena per la dissoluzione – torniamo all’inizio – di una persona che ha cessato del tutto di essere un personaggio. Una persona al cui atterraggio terribile assistiamo attorcigliandoci le dita come davanti a un incidente da cui non si riescono a staccare gli occhi. Ben coscienti del potere positivo, umanizzante, e trasformativo della caduta dell’antieroe.




Marina Pierri

Poesie










Tu forte notte



Tu forte notte. Non giunge al tuo volto
vampa di labbra o di nuvole l’ombra.
Nei bui gironi del sonno t’ascolto
e risplendi come aurora che sorga.
Sei la notte. Giacendo nel tuo letto
seppi la sorte e il male futuro.
Scansato dal volgo, la fama a lato
e la musica come vetro schiacciato.
Forti i nemici e angusta la terra
e tu, o amata, fedele a lei rimani.
Ramoscello di sambuco sull’acqua,
spinto dal vento da ignoti pantani.
Saggezza immensa, bontà non di donna
nelle tue fragili mani, o Mortale.
In fronte il chiarore del sapere:
plenilunio nascosto, non sbocciato.

Vilna, 1934




CZESLAW MILOSZ

Cinema









Nell'Olanda della seconda metà del XVII secolo, la giovane Griet (Scarlett Johansson) si trova a prestare servizio nella casa del maestro Johannes Vermeer (Colin Firth). Le loro differenze culturali e sociali non impediscono che il pittore scopra nella ragazza una particolare predisposizione all'arte: di lei farà la sua musa ispiratrice nonché modella per un ritratto che rimarrà icona della pittura fiamminga. Sguardi complici e silenzi carichi di emozioni riempiono le atmosfere barocche di cui il film del britannico Peter Webber è abile testimone.

Canzoni


Pensieri


Serie Tv







Noah Solloway e Alison Lockhart instaurano una relazione extraconiugale dopo essersi incontrati nella località turistica di Montauk a Long Island. Noah è un insegnante di New York che ha pubblicato un romanzo, e sta cercando di scrivere un secondo libro. È felicemente sposato con quattro figli, ma risente del carisma del ricco suocero, scrittore di successo. Alison è una giovane cameriera nativa di Montauk che sta cercando di tenere in piedi la sua vita e il suo matrimonio dopo la tragica morte del figlio. I risvolti e le conseguenze psicologiche della storia tra Noah e Alison vengono raccontati da due punti di vista differenti, quello maschile e quello femminile, durante un interrogatorio per scoprire l'autore di un omicidio avvenuto proprio negli anni del loro amore.

Cinema







Paul Shepherdson, un agente CIA in pensione, viene richiamato in servizio in seguito all'uccisione di un senatore che aveva rapporti con la Russia. Le modalità dell'omicidio fanno pensare al ritorno sulla scena di un killer sovietico da tempo inattivo il cui nome in codice era Cassio. 'Era' perché Shepherdson, che gli aveva dato la caccia per anni, a un certo punto aveva comunicato di averlo ucciso. Chi non è convinto che Cassio sia morto è il giovane agente FBI Ben Geary che ha dedicato i suoi studi proprio alla figura dell'assassino. Per quanto riluttante Shepherdson gli si deve affiancare in una nuova ricerca di cui è certo di conoscere l'esito.
Il problema di The Double è che allo spettatore viene comunicato l'esito di cui sopra (cioè l'identità di Cassio) trenta minuti dopo l'inizio del film. Una scelta del genere se la poteva permettere Alfred Hitchcock non certo Michael Brandt, qui al suo esordio come regista. Brandt, che scrive la sceneggiatura in coppia con Derek Haas, ha steso, sempre con Haas nel recente passato, le apprezzabili sceneggiature di Quel treno per Yuma, Fast & Furious e Wanted - Scegli il tuo destino.
Questa volta però il gioco non riesce. Perché da quel momento la storia si trasforma in un susseguirsi di colpi di scena per tenere desta un'attenzione che risulta priva di sostegno. Anche perché se Gere ha l'understatement (che ormai gli conosciamo da tempo quasi immemorabile) che è utile al personaggio, Topher Grace non possiede sufficiente appeal per tenergli testa e quindi anche il gioco di coppia si squilibra. Le spy story post guerra fredda come questa debbono essere sufficientemente intricate per stimolare chi guarda a cercare di decodificarne l'intreccio ma debbono anche autogiustificarsi. Qui tutto viene semplificato ritenendo forse che sia sufficiente alzare il volume della colonna sonora musicale per ottenere l'effetto desiderato.
Oltre all'interessante prima mezzora c'è anche un elemento che trasforma il film in una specie di sensore. Hollywood torna a guardare all'Est come a un non solo potenziale pericolo. Richard Gere, che già nel 1997 con L'angolo rosso - Colpevole fino a prova contraria aveva segnalato la non democraticità della nuova Cina, risponde ancora una volta all'appello.



Giancarlo Zappoli

domenica 11 settembre 2016

Pensieri








Volenti o nolenti l’abbandono ci introduce, dal primo momento in cui lo subiamo, in una terra desolata che non conoscevamo, ci fa ascoltare un timbro inedito della disperazione e della fatica dell’esistere e del desiderare.





(Emanuele Trevi)

Fotografia









Trombe marine a Scilla
fotografia di Emilio Francesco Giunta

Serie Tv










A Las Vegas, Alex Kane, ex militare divenuto esperto di sicurezza, viene reclutato da una segreta organizzazione per diventare il suo player, il "giocatore". L'organizzazione, composta da persone facoltose, è dedita a un particolare gioco d'azzardo: scommettere se il giocatore sia in grado o meno di fermare i gravi crimini che la "casa" determina di volta in volta come eventi che abbiano un'alta probabilità di verificarsi.

Cinema









James Cleveland "Jesse" Owens parte per l'università, lasciando una figlia piccola, una ragazza ancora da sposare e una famiglia d'origine in precarie condizioni economiche. Sembra già una conquista, ma qualche mese dopo, grazie al coach dell'Ohio University, Larry Snyder, Jesse ottiene la convocazione per le Olimpiadi di Berlino. È il 1936 e la politica di epurazione razziale di Hitler divide il Comitato Olimpico Americano: partecipare o boicottare? La comunità afroamericana si pone lo stesso problema. Jesse sa una cosa: se andrà, non potrà permettersi di non vincere.
Il regista Stephen Hopkins non è nuovo alla biografia: quella di Peter Sellers aveva fatto infuriare chi la trovava esageratamente critica tanto quanto chi la giudicava non abbastanza mostruosa. Con Race, titolo dal doppio significato, sembra evitare il rischio in partenza, rinunciando alle sfumature e optando risolutamente per un ritratto eroico di Owens, dall'inizio alla fine, nello sport e nella vita.
D'altronde - sembra dire Hopkins - i conflitti esterni al personaggio sono tali e tanti che lo mantengono comunque e perennemente sotto pressione. E così è: la scelta di raccontare i giochi olimpici più controversi della storia porta con sé una quantità di materiale narrativo ingente, e il regista lo gestisce aspirando ad un modello di racconto classico, che in qualche momento gli riesce bene e in altri meno. La volontà di mantenersi politicamente corretto (per esempio conducendo il film sul binario parallelo del riscatto del coach bianco insieme al campione nero) riduce, però, il tasso di tensione, così come l'impressione che il battere ogni record non costi a Owens fatica alcuna, e l'immagine del suo reiterato primato, nello stadio bianco che doveva magnificare agli occhi del mondo il Terzo Reich, resta la sola a tentare di ristabilire un equilibrio.
La regia, più che altro, vive di rendita della forza della Storia, limitandosi a non fare danni quando si tratta di mettere in campo le interpretazioni di Goebbels e di Leni Reifensthal, qui sdoganata come artista super partes, ben voluta e finanziata dal Fuhrer ma interessata ad un altro fine assoluto, la riuscita del suo film. Del suo uso potenzialmente strumentale dell'atleta di Cleveland, così come della censura che gli Stati Uniti del Sud operarono sulla notizia dei miracoli berlinesi di Jesse Owens, il film non fa menzione. Race corre alla meta ma, dal punto di vista filmico, è una vittoria poco sudata: senza le sfumature, la foto-ricordo è piatta.



Marianna Cappi

Canzoni


Pensieri


Libri









A cinquant’anni di distanza rivive il mito dei Beatles a Genova.
Era il 1965. Nel corso della loro unica tournée italiana che toccò anche Milano e Roma, i leggendari Beatles tennero due memorabili concerti al Palasport di Genova, nello stesso giorno, sabato 26 giugno. Fu Paul McCartney a convincere il loro produttore a scegliere il capoluogo ligure “molto più simile a Liverpool di altre città italiane”. Più di 5000 spettatori al pomeriggio e oltre 15 mila la sera giunsero alla Fiera del mare per assistere allo storico evento. Il gruppo, destinato a diventare un fenomeno, non solo musicale, di dimensioni mondiali, era già famoso in Italia dove si era affermato con la vendita dei 45 giri, soprattutto con successi come Twist and Shout, She's A Woman e Baby's In Black. L’esibizione dei Beatles durò 35 minuti ma bastarono per lasciare un ricordo indelebile della loro prima e unica tournée italiana.

Cinema









Nick segue il fratello nel sogno di vivere in Colombia, sulla spiaggia, in un vero e proprio paradiso terrestre. Lì conosce Maria, di cui s'innamora perdutamente. Ci sono però alcuni problemi con due fratelli del posto, che non amano l'idea che dei canadesi vivano nel loro bosco. Nick ne parla una sera con l'amatissimo zio di Maria, un uomo dal carisma insuperabile, che riesce nella magia di occuparsi generosamente del suo paese come della sua famiglia. Il giorno dopo, i focali fratelli piantagrane vengono trovati appesi a testa in giù, carbonizzati. Perché lo zio di Maria è Pablo Escobar, e nessuno sfugge a Pablo Escobar. Per Nick, il sogno d'amore e libertà cede progressivamente il posto al peggiore degli incubi.
È sempre bello assistere alla nascita di qualcosa. Con Escobar: Paradise lost nasce un regista. Andre Di Stefano, attore italiano dalla carriera internazionale, dimostra con il primo film di possedere tutte le qualità del buon regista, compresa l'ambizione, quando è ben riposta come in questo caso. Si confronta con una materia complessa, potentemente schizofrenica, e con un altro regista, uno dei più grandi e dei più folli. Escobar, dio della povera gente e demonio incarnato, si curava moltissimo dell'immagine di sé che voleva restituire, sapeva confondere, illudere, e non sono poche le sequenze in cui Di Stefano lo mette dietro un obiettivo fotografico, a dirigere un matrimonio o una folla ("porta via Maria da qui" arriverà ad ordinare ad un certo punto a un suo scagnozzo, in un attimo di delirio, in un campo di calcio gremito di gente accalcata).
Benicio Del Toro, già Che Guevara, indossa un'altra icona latinoamericana, di segno diametralmente opposto. La forza della sua interpretazione è la stessa del suo personaggio e ha a che vedere con le sfumature profonde e insondabili dell'autoinganno. Quell'uomo che parlava con Dio prima di ordinare i più atroci massacri, che cantava struggenti canzoni d'amore alla moglie, leggeva le fiabe ai figli, ma non si fidava nemmeno dei collaboratori più stretti, s'ingannava lui stesso rispetto alle proprie azioni ("tutto quello che facciamo lo facciamo per la nostra famiglia") o covava un'anima più nera del nero? Senza che in alcun modo questo dubbio passi mai per una sfumatura di giustificazione, Del Toro ne fa la pasta della propria performance, ipnotizzante. Non regge il confronto, specie nei primi piani, Josh Hutcherson nei panni di Nick, ma tutto sommato non è un difetto che offende, tale è l'abisso tra i due personaggi prima ancora che tra gli attori.
La tragedia, che si fa strada per spire avvolgenti, sempre più soffocanti, ha i connotati concitati del thriller ma anche la vena ancestrale del rapporto di complicità e tradimento tra padre e figlio, perché Nick non è certo senza colpa, e la sua scusa, è la stessa del mostro: l'amore, la famiglia.




Marianna Cappi 

Serie Tv










A palazzo Esperanza, la giovane Estelle scopre che suo nonno è ancora sulle tracce di una profezia di cui le raccontava quando era piccola. Tale profezia, opera del papa Giovanni XXII, svelerebbe il futuro del mondo fino all'anno 4400. Estelle, ormai adulta, non crede più all'esistenza della profezia, la cui scoperta dovrebbe avvenire, secondo la leggenda, ad opera di un membro della famiglia Esperanza nell'arco di un ciclo lunare, caratterizzato dalla manifestazione di alcuni segni. Ma un primo segno sembra manifestarsi quando, durante degli scavi archeologici ad Avignone, viene ritrovato un rosone luminoso nascosto da un muro. Estelle viene allontanata dal sito archeologico ma vi fa ritorno di notte, assieme a suo nonno e a David, un dipendente che disponendo dell'accesso li aiuta a entrare. Estelle e il nonno trovano il tesoro nascosto di papa Giovanni XXII con gli indizi per scoprire la profezia, ma il vecchio archeologo ha un malore per l'emozione. Viene portato in ospedale e, dopo essersi svegliato da un sonno profondo, subisce l'aggressione di un uomo proprio nel momento in cui Estelle, rimasta a vegliarlo durante la notte, si era allontanata. La ragazza, sentendo le urla, corre dal nonno, che fa appena in tempo a metterla in guardia da un'associazione segreta chiamata Fratelli di Giuda, e a confessarle che è lei la prescelta per scoprire la profezia e combattere la setta segreta. Altra vittima dei Fratelli di Giuda è un'amica di Estelle, uccisa perché scambiata per lei.

giovedì 1 settembre 2016

Canzoni


Pensieri


Serie Tv










Elliot Alderson è un giovane programmatore che di giorno lavora come ingegnere informato per la Allsafe Security e di notte vigila la rete come hacker. Affetto da un disturbo antisociale di personalità che gli impedisce di condurre una vita normale, Elliot si ritrova a un bivio quando il misterioso leader della Fsociety, un gruppo clandestino di hacker, lo recluta chiedendogli di distruggere dall'interno l'azienda che ha garantito di tutelare. Anche se trattenuto dalle sue convinzioni, Elliot fatica a resistere all'occasione di far crollare gli amministratori delegati delle multinazionali che crede stiano controllando (e rovinando) il mondo.

Cinema









All We are saying is Give Peace a Chance". Il mantra di John Lennon è stato uno degli inni rivoluzionari pacifisti con la più alta capacità di penetrazione nel mondo anglosassone e non. Il più 'politico' dei Beatles (che avrebbe scritto e musicato quell'evergreen che è Imagine) era all'epoca già entrato nella "fase Yoko Ono" che avrebbe poi portato alla dissoluzione del gruppo scatenando le ire dei fan e dando il via alle accuse nei confronti della compagna orientale del musicista. 
Questo documentario, che vede l'attiva collaborazione della vedova e che pertanto non può metterla in cattiva luce, ha comunque il pregio di mostrare, attraverso molti documenti inediti e interviste a chi all'epoca era entrato in contatto con il musicista, un'altra faccia della medaglia. È quella di una pop star all'apice del successo che, grazie forse anche a un'infanzia e adolescenza travagliate, sente il bisogno di fare qualcosa per un mondo che sia più in pace con se stesso. Sono gli anni della guerra nel Vietnam e Lennon è pronto a manifestare il suo dissenso in tutte le forme possibili. A partire dal "bed in" ad Amsterdam in favore della pace con la stampa ammessa periodicamente attorno al talamo nuziale fino all'attivo sostegno delle campagne anti Nixon negli States. Ed è qui che ebbe inizio il tentativo da parte dell'FBI di Edgar Hoover (che riferiva direttamente alla Casa Bianca) di espellere l'artista dal territorio americano. Perché giustappunto l'artista stava diventando sempre più 'politico' e riusciva, con il concerto di una sola serata, a far rivedere una sentenza che condannava pesantemente per l'uso di marijuana un'attivista pacifista. Questo Lennon era stato presentato all'epoca in Europa più come uno stravagante performer che come un impegnato militante. Le testimonianze di Walter Cronkite, di Angela Davis, di Ron Kovic (ricordate Nato il 4 luglio?), di George McGovern e di numerosi altri illuminano ora questo aspetto sinora mai abbastanza messo in luce della sua personalità. I Beatles all'epoca apparivano come il gruppo 'perbene' da contrapporre ai dissacranti Rolling Stones. Ma chi può ricordare un altrettanto partecipe attivismo politico da parte di Mick Jagger? Documentari come questo, che provvedono a far rivedere criticamente certi giudizi aprioristici, sono i benvenuti.



Giancarlo Zappoli

giovedì 25 agosto 2016

Accadimenti







Ansia, paura, speranze e disperazione nell'area dove mercoledì notte un terremoto del 6° grado ha devastato cittadine e paesi nel centro Italia, provocando decine e decine di morti e con un bilancio via via diventa più drammatico. A metà pomeriggio la protezione aggiorna il numero dei deceduti a 250, tra questi molti bambini, (ma il bilancio è destinato ad aggravarsi, i soccorritori continuano ad estrarre corpi dalle macerie delle case) e centinaia di feriti: quelli ospedalizzati sono 365, mentre è difficile tenere il conto di quelli non ricoverati. "Temo che le vittime aumenteranno e non di poco", ha detto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. "Siamo vicini alle cifre delle vittime dell'Aquila", ha ammesso il Capo dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio.

Nel dettaglio, nell'area del reatino "ci sono stati 200 salvataggi, e sono al momento impiegati 639 uomini e 270 mezzi"; nell'area delle Marche "15 salvataggi", con 388 uomini in campo". Intanto è iniziato lo svuotamento della diga di Scanderello: lo sbarramento costruito nel 1924, è alto 55 metri e forma il terzo lago artificiale della provincia di Rieti, con una lunghezza di 3 chilometri ed una superficie di circa 1 chilometro quadrato ed una profondità di 41 metri. Ma l'Enel rassicura: nessun danno, è solo precauzione.

Canzoni


Fotografia





National Geographic Live! - Jim & Jamie Dutcher: The Hidden Life of Wolves

Pensieri


Serie Tv







American Crime Story è una serie televisiva antologica creata da Scott Alexander e Larry Karaszewski per il network FX. 

Nata come una "costola" di American Horror Story, ne mantiene la struttura, discostandosi dal genere horror per raccontare noti casi giudiziari e di cronaca che hanno avuto un forte impatto mediatico. La prima stagione, sottotitolata The People v. O. J. Simpson, racconta il Caso O. J. Simpson e il processo per uxoricidio a O. J. Simpson, basato sul libro The Run of His Life: The People v. O. J. Simpson scritto dall'avvocato e analista legale Jeffrey Toobin.

La prima stagione ha riscosso molto successo da parte del pubblico e della critica, ricevendo ben 22 candidature agli Emmy Awards del 2016, classificandosi seconda solo a Il Trono di Spade. La seconda stagione sarà incentrata sull'uragano Katrina e le conseguenze sulla popolazione di New Orleans.

mercoledì 24 agosto 2016

Poesie







Corona




Dalla mano l’autunno mi bruca la sua foglia: siamo amici. Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare: il tempo ritorna nel guscio.

Nello specchio è domenica, nel sogno si dorme, la bocca parla vero.

Il mio occhio scende al sesso dell’amata: noi ci guardiamo, noi ci diciamo cose oscure, noi ci amiamo come papavero e memoria, noi dormiamo come vino nelle conchiglie, come il mare nel raggio sanguigno della luna.

Noi stiamo alla finestra abbracciati, dalla strada ci guardano: è tempo che si sappia! È tempo che la pietra si degni di fiorire, che all’affanno cresca un cuore che batte. È tempo che sia tempo. È tempo.







Paul Celan

Cinema






Metà commedia, metà azione, American Ultra è la storia di un eroe antieroe, Mike Howell, outsider dedito alle droghe e molto innamorato della sua ragazza, che si ritrova all'improvviso con la sua vita completamente stravolta.
Le premesse iniziali del film di Nima Nourizadeh denotano degli aspetti molto positivi, Mike (Jesse Eisenberg) e Phoebe (Kristen Stewart) sono una coppia fuori dagli schemi, romantici e complici nonostante i numerosi problemi causati soprattutto dalla difficile personalità del ragazzo.
Siamo in quella provincia americana di Clerks, quella dei commessi strafatti di erba, impacciati, cinici e sognatori. Ma le cose prendono una piega diversa nel momento in cui, dopo un misterioso incontro con una donna, Mike inizia ad avere uno strano mutamento: da imbranato fumatore di erba ad agente addestrato pronto a uccidere.
Più che un film che dovrebbe mescolare diversi registri, American Ultra risulta solo un pasticcio, confuso e sbilanciato, non segue un'evoluzione precisa tanto da confondere lo spettatore che quasi fatica a seguirne l'azione. Sebbene molteplici siano i momenti di sparatorie ed esplosioni, il film non ha nessun appeal nonostante, come detto prima, la parte iniziale prometta bene e man mano che si va avanti la trama sembra solo avvitarsi su sé stessa.
Se ormai la visione del supereroe totalmente positivo e integerrimo è lontana anni luce (pensiamo all'ultimo successo Marvel, Deadpool), American Ultra non riesce a portare sullo schermo un personaggio che abbia forza e carisma necessari per creare un cult, colpa forse anche di una sceneggiatura troppo sconclusionata. Il film scritto da Max Landis (il padre di Chronicle) non riesce a competere con l'ambizione di mettere insieme il teen movie, lo spionaggio e l'azione, delude così la parabola dell'eroe diverso e lascia con l'amaro in bocca lo spettatore amante del genere. In Italia il film arriva soltanto un anno dopo dall'uscita americana. Unica nota totalmente positiva la bravura dei due protagonisti, di nuovo insieme sul grande schermo.



Andreina Di Sanzo

Canzoni


Pensieri


Serie Tv






La serie racconta l'ascesa del rock e del punk nella New York anni settanta. L'episodio pilota è stato scritto da Terence Winter e George Mastras e diretto da Martin Scorsese.
Richie Finestra è il fondatore e presidente dell'etichetta American Century Records che è sul punto di essere ceduta. Un evento cambia la sua vita e riaccende il suo amore per la musica ma rovina la sua vita privata.
Devon, moglie di Richie e madre di due figli, è un'ex attrice e modella che faceva parte della factory di Andy Warhol. La crisi personale e professionale di Richie complica ulteriormente la loro relazione suscitandole il desiderio di tornare al suo vecchio stile di vita anticonformista.
Zak Yankovich è un importante dirigente dell'American Century Records, con una grande esperienza nell'industria musicale, sebbene lavori nell'ombra di Richie. La loro collaborazione si fa tesa a causa di disaccordi su come condurre l'etichetta sullo sfondo della scena musicale del 1973.Originale,ben scritta,ben diretta,ben recitata,forse una serie troppo trasgressiva e per questo cancellata dalla HBO.Ma del resto il mondo della musica è quello,inutile nascondere la verità.Possono riconoscersi vere icone rock e pop come Lou Reed,Andy Wharhol,John Lennon e Yoko Ono ecc.

Cinema





Molti sono i film che si sviluppano all'interno di un unico ambiente,i più recenti l'ottimo Carnage,o il francese A cena con amici,per non parlare del classico Zoo di vetro.In Italia è più inusuale ambientare uno script al chiuso quasi come fosse una piece teatrale.Ricordo l'ottimo Regalo di Natale di Avati per esempio.Qui un gruppo di amici si riunisce e decide di intraprendere un gioco,mettere tutti i cellulari sul tavolo e svelare messaggi,chiamate,video,per carpire eventuali segreti dei partecipanti.All'inizio il gioco eccita gli amici che ci si dedicano di buona lena,tra risate,battute riuscite,ottimo cibo ed atmosfera conviviale.Poi però l'atmosfera cambia e cominciano a delinearsi le prime crepe,i primi tradimenti,le prime omissioni,le inclinazioni segrete,in un crescendo raveliano accompagnato da un ottimo cast che tiene bene la scena e una regia solida e mai becera.Purtroppo,a mio avviso,la bontà del film si perde nella sequenza finale,troppo inverosimile ed assolutamente di quel buonismo che avrebbe fatto inorridire Bunuel.Peccato.Poteva essere una commedia sarcastica e acidula sul malcostume dell'apparenza nel mondo di oggi e sul ruolo che la tecnologia assume all'interno delle nostre vite.Ma ci sarebbe voluto un altro script o forse più coraggio nel non scadere nel lieto fine un po' banalotto.Meritato il David di Donatello se non altro per la coralità del lavoro svolto tra regia,sceneggiatura e recitazione.

Viaggi


























lunedì 8 agosto 2016

Serie Tv







Adattamento cinematografico del romanzo di Stephen King dedicato ad uno dei fatti di cronaca più discussi della storia americana, l'assassinio del presidente Kennedy; l'insegnante di liceo Jake Epping si ritrova a viaggiare nel tempo per cercare di impedire l'assassino di JFK, ma dovrà vedersela con Lee Harvey Oswald, un amore imprevisto e con il passato, che non vuole essere cambiato.Nel perfetto stile di Stephen King lo script è pieno di mistero e molto thriller.Il viaggio a ritroso nel tempo permette a chi,come me,conosce molto bene la vicenda dell'omicidio di JFK,di recuperare pezzi di storia a lungo omessi od impolverati o nascosti.In questo la serie tv merita un plauso per il recupero di questo pezzo di memoria di un evento ancora doloroso nella storia degli Stati Uniti.

Canzoni


Pensieri


Cinema





Michael è un borseggiatore americano che campa di espedienti a Parigi: un giovane uomo perennemente in fuga, soprattutto da se stesso, destinato ad essere sempre il tipo sbagliato nel posto sbagliato. Infatti è proprio lui a scippare la borsa ad una parigina in lacrime, convinto che custodisca qualcosa di grande valore. Ha ragione, ma il valore non è monetario: nella borsa c'è una bomba con cui Zoe, la giovane donna in lacrime, avrebbe dovuto far saltare il quartier generale del Partito Nazionalista Francese. Da quel momento inizia per Michael una triplice fuga: dalla polizia francese, dai terroristi e dalla CIA nella persona di Sean Briar, agente caduto in disgrazia per via del suo carattere refrattario alle regole (e alle compiacenze) e per questo definito "irresponsabile". Ma proprio nell'insubordinazione congenita Michael e Sean troveranno il punto di contatto che li aiuterà ad individuare, e a combattere, i nemici comuni.
Diretto dal regista-sceneggiatore britannico James Watkins, che ha alle spalle un paio di "film di paura" riusciti come The Woman in Black ed Eden Lake, e scritto da Andrew Baldwin, attualmente al lavoro sul copione del nuovo episodio della saga di Bourne, Bastille Day è evidentemente un provino per Idris Elba e il team di autori che si autocandidano a confezionare il prossimo Bond movie con Elba nel ruolo del primo 007 nero della storia. Questo non è necessariamente un demerito: regista, sceneggiatore e interprete lavorano sulla velocità e sulla capacità di aggiungere all'azione un sottotesto sociopolitico (senza per questo raggiungere le vette metafisiche e psicologiche dei Bond movie di Sam Mendes e John Logan). Funziona benissimo Idris Elba, action hero di grande presenza e carisma, in un ruolo in cui qualche anno fa avremmo visto Jean Reno. Funzionano discretamente anche Richard Madden, il Robb Stark de Il trono di spade, e Charlotte Le Bon, nei ruoli di Michael e Zoe, entrambi impegnati ad incarnare la vulnerabilità della loro generazione in contrasto con la gravitas (anche fisica) dei "padri".
Lo spin narrativo più interessante del film, ambientato in una Parigi dilaniata dai conflitti sociali e costantemente minacciata dal terrorismo di ogni specie, è l'indicazione che dietro gli -ismi si nascondano i soliti vecchi volponi e le più antiche brame di potere. L'altro spin fa parte di un filone cinematografico contemporaneo, quello per così dire magico, cui appartiene ad esempio la minisaga di Now You See Me: Michael è infatti un mago del furto sull'assunto che tutti, oggi più che mai, guardano senza vedere, troppo facilmente sviati da furbesche tattiche di distrazione (non a caso ad accomunare Michael e Sean è la capacità di quest'ultimo di "riconoscere uno stronzo quando lo vede"). Ed è interessante il tentativo di unire le forze (anche produttive) di Stati Uniti e Francia per parlare di una contemporaneità caratterizzata da un clima sociopolitico infuocato induce una sorta di cecità collettiva verso quei meccanismi di potere basati proprio sul creare costantemente un diversivo. Il rischio, naturalmente, è quello di delegittimare la protesta descrivendola come ingenuamente manipolabile e riconducibile al malaffare invece che all'esasperazione sociale.
La sceneggiatura ha punti di forza e di debolezza: fra i primi c'è la capacità di lavorare in sottrazione nella costruzione dei personaggi e di snocciolare informazioni in maniera efficiente ed economica, nonché una buona abilità di dialogo (vedi lo scambio che delinea la relazione fra due ex amanti, in cui lei chiede: "Com'è tua moglie" e lui risponde: "Costosa"); fra i secondi ci sono alcune svolte narrative improbabili e la difficoltà a far quagliare le ottime premesse iniziali nel finale bulimico in cui Bastille Day cerca di far confluire svariati generi e svariate linee narrative. Nessun dubbio invece su regia e montaggio, che lavorano in sinergia per costruire un racconto agile alternando sapientemente parole e silenzi, azione veloce e attimi sospesi, magia e realismo, brutalità e gentilezza. Stampa in PDF 


Paola Casella 

Serie Tv





Un gruppo eterogeneo di reclute dell'FBI comincia la propria formazione presso la base di Quantico. Sono tutti brillanti e preparati, e sembra impossibile che uno di loro abbia in mente di progettare il più grande attacco terroristico dopo gli attentati dell'11 settembre 2001.Interessanti le fasi di addestramento e le modalità,e anche la location di Quantico,la storia purtroppo è abbastanza inverosimile e i personaggi troppo modelli e quindi poco credibili ma si lascia vedere abbastanza scorrevolmente.

domenica 7 agosto 2016

Canzoni


Libri







Da Pet Sounds dei Beach Boys a Revolver dei Beatles, da My Favorite Things di Coltrane a Estrangeiro di Caetano Veloso, un racconto in trentatre capitoli (più uno) in cui si fondono analisi rigorosa e storia sociale, personaggi indimenticabili e segreti di bottega. Partendo dal valore di ciò che ha resistito al tempo si compone una selezione ideale, tutta da discutere ma tutta da godere. Per scaricare i titoli giusti, per acquistare gli indispensabili, per tornare ad ascoltare in Cd quello che si ascoltava in vinile. Perché la musica è una sola, e bisogna saper scegliere. Nella babele infinita dove tutte le informazioni si annullano, il racconto lucido e autorevole di Assante e Castaldo rimette in gioco il gusto di tornare a ciò che è al fondamento di tutto il resto.

Haiku









Discute il vento
sull'ombra dei ciliegi –
ascoltandolo.
Composta venerdì 15 giugno 2012
da PensieriParole






Pensieri


Serie Tv





Un borsone viene lasciato incustodito a Times Square. Al suo interno una donna si risveglia completamente nuda, ricoperta di tatuaggi e priva di qualsiasi ricordo. Non sa chi é, da dove viene e chi sia stato a farle quei tatuaggi. Uno di questi tatuaggi la collega all'FBI dato che é il nome di un agente speciale, ovvero Kurt Weller. La donna, chiamata successivamente Jane Doe, viene affidata all'FBI e tramite la risoluzione di alcuni tatuaggi, Jane, insieme alla squadra composta dall'agente Weller, Edgar Reade, Tasha Zapata e Patterson, risolve diversi crimini.Serie molto originale nella partenza ma che poi langue un po'.La tengono su gli ottimi interpreti e il fatto che indaga il fenomeno del terrorismo a 360 gradi e quindi risulta molto attuale.Comunque buona.

Canzoni


Dipinti




Monaco in riva al mare
Caspar David Friedrich





Il paesaggio è un genere iconografico che nasce e si diffonde a partire dal XVII secolo. Esso ha origini nella tradizione barocca e nel classicismo seicentesco che gli conferisce valenze arcadiche, idilliache o bucoliche, a sottolinearne la natura incorruttibile ed edenica. Nella cultura romantica il paesaggio assume significati psicologici, divenendo proiezione del Sé, visione interiore che incontra e trasforma l’altro da sé, ovvero ciò che è esterno all’uomo. Nell’Ottocento vi sono due modalità per rappresentare il paesaggio che bene si accordano al pensiero kantiano, il quale distingue tra un paesaggio sublime e uno pittoresco. Il sentimento del sublime è infatti il tratto saliente della pittura ottocentesca e nello specifico del paesaggio romantico tedesco di Caspar David Friedrich. E nel sublime vanno rintracciate quelle ascendenze filosofiche che hanno determinato la fisionomia e la risonanza di questa grande opera che ha aperto orizzonti stilistici e culturali ai grandi maestri europei del XIX e XX secolo. Il vero tema di questo dipinto è in realtà il vuoto: la figura umana è minuscola e quasi illeggibile.

Caratteri morfologici del rilievo

Il bassorilievo che traduce tridimensionalmente questo dipinto la cui spazialità evoca l’idea dell’infinito senza però ritrarre in forma mimetica la profondità prospettica, si compone di una sezione inferiore, aggettante, che simula la progressione delle dune di sabbia e successivamente quella delle onde, qui ritratte nelle lievi increspature di un mare autunnale non burrascoso. Oltre la fascia che traduce il lembo di terra e la striscia di mare, il cui confine si percepisce lungo la linea d’orizzonte, percepiamo il cielo nuvoloso, con squarci di sereno collocati vicino al margine superiore del rilievo e quindi, idealmente, sopra l’osservatore, identificabile con il monaco meditativo, visto a figura intera, piccolissimo, posto in piedi e decentrato a sinistra rispetto al lettore. Si consiglia una lettura tattile bimanuale lenta e progressiva che dalla sezione inferiore delle dune di sabbia, avvii alla percezione graduale e analitica dell’ondulazione della sabbia e del mare, fino a permettere un’apertura delle mani e quindi una percezione estesa della difformità delle nubi e degli squarci di cielo sereno.
Entro una veduta nordica, la cui ampiezza si dilata e contrae al tempo stesso, un monaco in riva al mare volge il proprio sguardo verso un luogo lontano, oltre la linea d’orizzonte che separa le onde marine dalla vastità del cielo. Quell’uomo, posto a sinistra nella composizione, è infinitamente piccolo rispetto all’ampiezza del paesaggio che lo circonda ma lo spazio sembra sovrastarlo e al tempo stesso accoglierlo, come parte di un tutto. Nel cielo dai toni verde-grigio, lividi, alcuni gabbiani si alzano in volo, nubi affollate, soprattutto in prossimità della linea dell’orizzonte, sembrano stemperarsi gradualmente e lasciare spazio, in alto, a uno squarcio di sereno. Lungo la fascia di spiaggia che occupa la sezione inferiore dell’opera, il giallo oro dell’arena contrasta con il verde scuro del mare che, a sua volta, riflette la cupezza del cielo. L’opera ha una forza evocativa che riconduce alla filosofia kantiana, quindi alla distinzione tra paesaggio pittoresco e sublime e pertanto tra un rapporto conciliato con la natura e un rapporto più complesso e drammatico. Lo scarto generato dalla realtà e dalla sua rappresentazione idealizzata, forte d’una percezione della dimensione vertiginosa dell’infinito come incognito, tragico e inattingibile, è qui perfettamente espresso e testimoniato. Al tempo stesso nell’opera di Caspar David Friedrich esiste una pace acquisita mediante lo sviluppo di una profonda consapevolezza della finitezza umana. La “dimensione astratta del figurativo” presente nella sua pittura piega la compresenza di soggetti riconoscibili, a noi familiari, e di atmosfere e allusioni a contenuti che trascendono il mondo sensibile e inducono a leggere questo paesaggio come metafora di una regione dell’anima, totalmente interiore, coincidente a una visione solo apparentemente esteriore. “Quando un paesaggio è avvolto nella nebbia, sembra più vasto, sublime, anima l’immaginazione e rafforza l’attenzione, come una fanciulla velata”, spiega l’artista. Esiste pertanto un modo di vedere, fortemente intuitivo, allusivo d’altro che l’artista comprende, sente e traduce in immagini poetiche. La spazialità prospettica in Friedrich è sostenuta da un vedere attraverso e oltre la rappresentazione mimetica del mondo e del rapporto dell’uomo con la natura. Non si tratta esattamente di un vedere distintamente, piuttosto di un vedere potenziato dalla coscienza e dall’orientamento dello spirito. Caspar David Friedrich con “Il Monaco in riva al mare” percepisce il significato di un’idea di infinito silenzioso, non muto, e lo ritrae mediante una sua fenomenologia dell’invisibile per vedere, nei dettagli nascosto, il senso delle cose. Nelle celebri riflessioni che accompagnarono la ricerca estetica dell’artista, vi è il ruolo preminente di una facoltà mediana chiamata immaginazione creatrice che “in parte percepisce, in parte crea il mondo” e fa dire “ chiudi il tuo occhio fisico, così che tu possa vedere il quadro con l’occhio dello spirito”. La verità della natura e dell’uomo risiede nella coscienza, l’occhio non ha il solo compito di correre sulla superficie delle cose, passandone in rassegna i motivi e godendo del piacere del riconoscimento, l’occhio è costretto ad andare oltre la sensibilità quando esplora nuovi sentieri della regione del sé. Il 13 ottobre 1810, sui Berliner Abendblätter appare un articolo, rimasto famoso, del grande drammaturgo Heinrich von Kleist il quale, a proposito del dipinto, scrive: "....tutto ciò che avrei dovuto trovare nel quadro, lo trovai tra me e il quadro [...] e così io stesso divenni il monaco, il dipinto divenne una duna, ma ciò su cui doveva spaziare il mio sguardo nostalgico, il mare, mancava del tutto. Nulla può essere più triste [...] e poiché nella sua uniformità sconfinata non ha altro primo piano della cornice, guardandolo si ha l'impressione di avere le palpebre tagliate. E tuttavia il pittore ha indubbiamente aperto un cammino nuovo nel campo della sua arte [...]".
Con lo stesso principio di accorata e partecipe consapevolezza della funzione demiurgica dell’arte, Caspar David Friedrich aveva così spiegato la genesi di un’opera:
"L'unica vera sorgente dell'arte è il nostro cuore, il linguaggio di un animo infallibilmente puro. Un'opera che non sia sgorgata da questa sorgente può essere soltanto artificio. Ogni autentica opera d'arte viene concepita in un'ora santa e partorita in un'ora felice, spesso senza che lo stesso artista ne sia consapevole, per l'impulso interiore del cuore".
"Perché, mi son sovente domandato / scegli sì spesso a oggetto di pittura / la morte, la caducità, la tomba? / Ė perché, per vivere in eterno / bisogna spesso abbandonarsi alla morte".

Accadimenti




26 Giugno 2016


Oggi sono 20 anni che non sei più con noi fisicamente Papà,ma ci accompagni sempre nel nostro cammino di vita perchè sei sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori.Ci manchi!

Serie Tv






Il detective seriale dal quale è stato tratto spunto per realizzare la serie TV è in grado di rinascere ad ogni libro.
E’ questa la formula vincente, come ha spiegato il maestro del thriller Michael Connelly, dalla cui penna è nato Harry Bosch.
Forte di oltre 50 milioni di copie vendute in tutto il mondo e, dal 1992, protagonista di ben 17 romanzi, Harry Bosch è il personaggio di punta di Bosch la serie televisiva statunitense prodotta da Amazon Studios.
La prima stagione si é ispirata a tre dei romanzi di Michael Connelly: La bionda di cemento, La città delle ossa e Il cerchio del lupo.Serie molto ben scritta e girata con un Titus welliver superlativo.Fa vedere come è veramente la vita di un poliziotto della squadra omicidi in una città violenta come Los Angeles.Bosch è un duro,solitario,testardo,disprezzato dai superiori perchè incorruttibile ed incontrollabile,adorato dai colleghi per il coraggio e l'esperienza.Una prima stagione bellissima e che si fa vedere tutta d'un fiato senza pause.

Fotografia





 
Lago di Misurina
fotografia di Marco Vancini

Libri









Raramente rileggo.Non so perchè ma questo libro mi chiamava cosi l'ho riletto.Forse in prima lettura mi erano sfuggiti degli elementi.La storia è semplice,una coppia,differenza di età tra i due,questa volta a vantaggio dell'uomo,miscela desiderio,conoscenza,gelosia,tanto che lui decide di scrivere a lei delle lettere fingendo di essere un ammiratore segreto.La reazione di lei lo stupisce,il rapporto si accende,il sesso soprattutto,tanto che ad un certo punto lui un po' infastidito,decide di gettare la maschera.Mi ha fatto venire in mente le atmosfere del film di Kubrick "Eyes wide shut".Anche li si cercano e scoprono le vere identità attraverso la sperimentazione.La domanda centrale del libro è "quanto conosciamo chi abbiamo accanto?",da qui il titolo,l'identità,perchè per Kundera in una coppia c'è un processo continuo di disvelamento di personalità che può risultare infinito,o anche non cominciare mai o finire subito o dopo un po',ma la solidità del rapporto si basa tutta sulla curiosità di conoscere ed accettare l'altro.Banale?Direi di no.Direi molto vero.

Canzoni


Serie Tv






A Broadchurch, piccolo centro marittimo inglese, Alec Hardy (David Tennant) è appena stato promosso al grado di ispettore della polizia locale quando la comunità è scossa dal ritrovamento sulla spiaggia del cadavere del piccolo Danny Latimer. Nel corso delle indagini, si scoprirà che Broadchurch non è il luogo idilliaco che tutti immaginavano.Un po' come il Twin Peaks americano,però meno thriller e più vicino alla realtà.Ottimi gli interpreti,soprattutto il dimesso ispettore di polizia,ed eccellente il colpo di scena finale che rende il plot veramente ben costruito.

domenica 6 marzo 2016

Cinema




Ho e Mark, traditi dal capobanda, sono arrestati per traffico di banconote false. Usciti dal carcere dopo tre anni, vorrebbero rientrare nella legalità, ma lo strapotere dell'uomo che li ha traditi li induce a riprendere le armi. La situazione è complicata dalla presenza di Kit, poliziotto, che vede nel fratello Ho il responsabile della morte violenta del loro padre.Secondo film del plastico Woo a uscire in Italia (dopo Senza tregua) e prima parte di una delle saghe più straordinariamente visionarie dell'ultimo cinema moderno. Montaggio micidiale, ritmo delirante, stile «coreografico»: gli action movie americani sono avvertiti e azzerati.Bellissima la sequenza finale che da sola vale tutto il film.

Canzoni


Dipinti





Dipinto di Vladimir Kush

Poesie





Le volte che è con furia
che nel tuo ventre cerco la mia gioia
è perché, amore, so che più di tanto
non avrà tempo il tempo
di scorrere equamente per noi due
e che solo in un sogno o dalla corsa
del tempo buttandomi giù prima
posso fare che un giorno tu non voglia
da un altro amore credere l’amore.



Giovanni Raboni

Cinema





Bachir Lazhar, immigrato a Montréal dall'Algeria, si presenta un giorno per il posto di sostituto insegnante in una classe sconvolta dalla sparizione macabra e improvvisa della maestra. E non è un caso se Bachir ha fatto letteralmente carte false per avere quel posto: anche nel suo passato c'è un lutto terribile, con il quale, da solo, non riesce a fare i conti. Malgrado il divario culturale che lo separa dai suoi alunni, Bachir impara ad amarli e a farsi amare e l'anno scolastico si trasforma in un'elaborazione comune del dolore e della perdita e in una riscoperta del valore dei legami e dell'incontro.
Il film è un racconto semplice, sia dal punto di vista della struttura che dell'estetica, assolutamente naturalistica, ma suscita emozioni forti perché sembra uscito da un passato più autentico, incarnato dal personaggio del titolo, che delle nuove locuzioni per l'analisi logica non sa nulla ma conosce la sostanza, quella che non muta. Un passato, soprattutto, in cui l'insegnamento era anche iniziazione e cioè trasmissione di una passione prima che di un sapere e in cui l'abbraccio tra maestro e bambino, così come lo scappellotto, non era proibito ma faceva parte di un relazione profonda, che non poteva non contemplare anche le manifestazioni fisiche. Monsieur Lazhar è dunque un film commovente, non pietistico né moraleggiante, che riflette sulla perdita ma fa riflettere anche noi su cosa ci siamo persi per strada.
Le istanze sociali, quali il rischio di espulsione del maestro dal paese o la solitudine famigliare di molti bambini, contribuiscono al clima del film ma non sgomitano per emergere là dove non servono. Il cuore del film resta la relazione tra i bambini -Alice (Sophie Nelisse) in particolare- e il maestro, ovvero l'incontro con l'altro, la scoperta reciproca delle storie personali che stanno dietro un nome e un cognome sul registro, da una parte e dall'altra della cattedra. È questa simmetria, infatti, che, se inizialmente può suonare un po' meccanica, diviene poi responsabile della forza e della bellezza del film, specie perché il regista e sceneggiatore Philippe Falardeau non pone tanto l'adulto al livello dei bambini quanto il contrario. Posti di fronte alla necessità di superare un trauma che alla loro età non era previsto che si trovassero sulla strada, gli alunni di Bachir sperimentano il senso di colpa, la depressione e la paura esattamente come accade all'uomo, nel suo intimo.
Insegnando ai bambini e a se stesso a non scappare dalla morte, Lazhar (si) restituisce la vita.


Marianna Cappi

Serie Tv





The Wire è una serie televisiva statunitense prodotta dalla HBO e trasmessa in USA dal 2 giugno 2002 al 9 marzo 2008, con 60 episodi nell'arco di cinque stagioni. Gli autori della serie sono David Simon e Ed Burns.
Nella classifica stilata da Writers Guild of America si piazza al nono posto tra le serie meglio scritte di sempre.
The Wire è un racconto duro, realistico e spietato della società americana nel suo rapporto con il crimine legato al traffico della droga. Mostra i legami tra povertà, l'indotto del commercio della droga, la morte della classe operaia americana, le istituzioni, l'educazione, i mass-media. Ne risulta un quadro pessimista ed estremamente critico. La struttura della serie è interamente orizzontale: non ci sono casi di puntata, ma un unico arco narrativo di stagione. Il racconto parte da un'indagine di polizia su una singola organizzazione criminale, ma ben presto si estende a tutto ciò che ruota intorno al traffico di droga: mandanti, fornitori, riciclatori di denaro sporco, disfunzioni delle istituzioni preposte alla legalità e all'educazione, storture del sistema dei media. Secondo l'autore David Simon, The Wire è solo in apparenza un telefilm poliziesco, poiché in realtà la serie analizza lo stile di vita delle metropoli americane, l'influenza che le istituzioni esercitano sugli individui, ed i compromessi che chiunque è costretto ad accettare, siano essi poliziotti, scaricatori di porto, trafficanti di droga, politici, giudici, giornalisti, avvocati o persino attivisti per la comunità.
La serie è interamente ambientata a Baltimora, città americana di medie dimensioni nello stato del Maryland che ha un numero di omicidi sette volte maggiore della media nazionale, seconda solo a Detroit. Ogni stagione si concentra su un aspetto differente di Baltimora: il traffico di droga (prima stagione), il porto (seconda stagione), la burocrazia e l'amministrazione cittadina (terza stagione), il sistema scolastico (quarta stagione), e l'apparato dei media (quinta stagione).
La serie è stata molto apprezzata per il ritratto realistico della vita urbana e la profonda esplorazione dei temi sociali e politici. Sebbene non abbia vinto premi importanti, né riscosso un grande successo commerciale fuori dagli USA, The Wire è spesso definita dai critici statunitensi come la migliore serie televisiva di tutti i tempi.