giovedì 25 agosto 2011

Cinema


Per questo film voglio sperimentare una recensione scritta a quattro mani in modo da imparare a cogliere aspetti che magari a noi erano sfuggiti e che all'altra persona sono apparsi più evidenti e significativi.
L:Ultimamente ho visto un film.Si intitola" il mio nome è Khan",dove Khan,diffuso cognome mussulmano,va pronunciato "con l'epiglottide" come ripete sempre il protagonista a tutti coloro a cui si presenta,con quell'acca aspirata tanto tipica dell'idioma arabo.E' una pellicola del 2010 girata in India,diretta da Karan Johar e recitata da attori,secondo me,di notevole livello(Shah Rukh Khan,Kajol,Katie A.Keane,Kenton Duty,Benny Nieves),su cui spiccano il talento del protagonista,e a mio modesto parere,il ruolo breve ma fondamentale dell'attriche che interpreta il ruolo della mamma di Shah Rukh.In breve(ma forse non tanto!).Rizvan Khan è un ragazzo indiano di religione mussulmana cresciuto con la mamma ed un fratello.Fin da piccolo è affetto dalla Sindrome di Asperger per cui,oltre a temere il colore giallo e a provare fastidio o paura quando ode suoni troppo forti e improvvisi,ha difficoltà ad interpretare le emozioni di chi lo circonda e ad esprimere le proprie con le parole.Ci riesce benissimo invece scrivendo,lasciandosi andare a ciò che prova e facendo scorrere,sulle pagine bianche del racconto,le vicende della sua vita.La madre di Khan gli ha insegnato,concetto che gli resterà dentro al cuore per sempre e che farà di lui l'uomo di valore che poi tanti stimeranno,che nel mondo esiste solo una differenza tra le persone,quella che separa i buoni dai cattivi,tutto il resto è solo un amaro pregiudizio da cui ogni mente,ed ogni cuore,andrebbero sgombrati per sempre.Rimasto solo dopo la morte della mamma,Khan si trasferisce negli Stai Uniti,a San Francisco,dove il fratello,da sempre geloso del legame che Rizvan aveva con la loro madre,si è costruito una famiglia ed una carriera come venditore di prodotti cosmetici per donna.Khan,riconciliatosi con il fratello,viene da lui assunto come rappresentante e,accompagnato da una malattia che lo rende libero,agli occhi di sè stesso e del mondo,di dire sempre,a volte anche fin troppo lealmente,la verità a tutti quelli che conosce,inizia il suo peregrinare da venditore tra centri estetici e saloni di parrucchieri.Un giorno incontra una ragazza di nome Mandira,di etnia indù e lei,bellissima e solare,vede in Khan,malgrado la storica contrapposizione delle rispettive religioni di appartenenza,l'uomo da sposare e da amare per sempre.Mandira ha un figlio adolescente a cui è legatissima,e lentamente,anche il rapporto tra lui e Khan diventa profondo,tanto che Rizvan,nonostante la malattia gli crei spesso disagio nei rapporti interpersonali,gli si affeziona in modo totale e finisce per considerarlo e trattarlo come se fosse davvero suo figlio.Il tempo trascorre veloce e felice ma la tragedia è alle porte.Con l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 Settembre del 2001,cresce la fobia incontrollata dei cittadini americani verso la popolazione mussulmana, e a farne le spese,in un clima di generale terrore e paura,è il figlio di Mandira il quale,portando il cognome Khan,di origine mussulmana,viene aggredito per razzismo da alcuni suoi coetanei e,in seguito alle lesioni subite,muore.Mandira,distrutta dal dolore,addebita a Rizvan la colpa della scomparsa del suo amatissimo bimbo e,al termine di un litigio,gli urla di andare via e di lasciarla sola.Alla domanda di Khan(domanda che credo sia in grado di lasciare ogni spettatore ammutolito di fronte alla dolcezza ingenua e spontanea della sua essenza),:"Mandira,quando posso tornare?"lei risponde semplicemente "torna solo quando avrai detto al Presidente degli Stati Uniti che il tuo nome è Khan e che non sei un terrorista".Bisognava convincere il mondo che il cognome non fa di un uomo il male.La malattia di Rizvan,che lo porta ingenuamente a credere sempre possibile l'impossibile,o forse il suo amore per la moglie,o forse la sua sfida per tornare,lo portano cosi ad iniziare un peregrinaggio tra i tanti Stati del Paese al fine di incontrare il Presidente e di pronunciare al suo cospetto le parole di Mandira,le stesse che danno il titolo al film,mantenendo cosi la promessa fatta alla sua amatissima sposa.Non svelo il finale,lasciando cosi allo spettatore la curiosità se vedere il film per sapere se l'enorme forza di volontà di Rizvan lo porterà o meno a raggiungere il suo obiettivo.Personalmente,dire che ho adorato questo film fin dal primo momento è poco.Non è facile parlarne;ha una trama semplice e lineare ma allo stesso tempo l'ago della sua storia lega fili di vario colore unendo argomenti disomogenei che bbracciano tematiche molto diverse fra di loro.C'è praticamente tutto,ma il tutto,in questo caso,non diventa mai troppo.C'è l'handicap del protagonista,una malattia seria,una sorta di autismo dai tanti effetti sulla personalità del soggetto ma compensata dalla voglia di vita,dalla semplicità,dalla forza genuina e simpatica del protagonista;C'è l'insegnamento biblico(in realtà quasi universalmente riconosciuto da ogni religione),trasmesso dalla mamma di Khan a suo figlio,quello di crescere e di vivere credendo e praticando l'uguaglianza tra gli uomini,senza cedere a falsi condizionamenti dettati dal colore dell apelle,dal paese di appartenenza o dalla religione professata;C'è il ruolo delle donne,appartenenti ad etnie e religioni diverse(mussulmane la mamma e la cognata di Rizvan,indù la moglie,protestante una signora di colore conosciuta durante il suo "viaggio verso il Presidente"),ma ognuna con una forza interiore senza limiti,con un senso di giustizia,di fratellanza tra le persone,di compassione,di partecipazione e di dignità che nel film fa da sottofondo ad ogni vicenda restituendo alle donne,nel caso fosse mai stata loro tolta,quel ruolo di "Yin",di "parte femminile" che si realizza nel consigliare saggezza,e dolcezza insieme,allo Yang del mondo maschile,nell'essere sempre presente e nel coraggio di scegliere la strada più difficile e di seguirla fino in fondo;C'è il tema del terrorismo,usato dal regista come causa che porterà il protagonista ad affrontare un lunghissimo viaggio,geografico ma anche interiore verso sè stesso e che ,allo stesso tempo,non diventa solo una parte della trama ma resta li,con tutto il suo peso di dramma storico e politico del mondo intero,con tutti i suoi risvolti psicologici e tragici per la morte delle tante vittime innocenti,con tutti i suoi risvolti sociali per la nascita di una forma di guerra banale e razzista contro tutto ciò che è arabo,tutti coloro che sono mussulmani;C'è il senso del viaggio,dei grandi paesaggi,degli scenari mozzafiato vissuti attraversando un Paese che il regista vuol far conoscere allo spettatore esaltandone le contraddizioni sociali ma anche la magia dei suoi posti sconfinati e dei cieli dai mille colori;C'è il tempo degli incontri con le vite che appartengono ad altri e che si intrecciano a quella di Khan diventando parte delle sue scelte,come quella di seguire i precetti di un maestro atipico che quando Rizvan è ancora adolescente gli insegna il mondo superando i confini della malattia che lo limita o quella di interrompere il suo viaggio per prestare soccorso ad una cittadina alluvionata in cui vivevano persone da cui Rizvan era stato accolto e trattato come un figlio nel momento in cui più ne aveva bisogno;C'è il peso del dovere e delle promesse da mantenere,il richiamo a ciò che la nostra coscienza reputa giusto fare,come quello che suggerisce ad un semplice ragazzino di denunciare gli aggressori del figlio di Mandira,e questo malgrado il timore delle minacce subite,malgrado la paura che attanaglierebbe ogni adolescente legandolo ad un silenzio complice e salvifico che fa comodo;C'è il ritorno al mito dell'eroe,all'esaltazione di un uomo che agisce sul suo piccolo mondo autistico per cambiare quello tanto più grande che lo circonda,un uomo che,con la sua solidarietà,diventa un esempio da seguire,il paradosso che fa di un mussulmano non un nemico da combattere ma un cittadino americano che difende il suo Paese dai suoi fratelli di religione e che,salvando sè stesso,salva anche tutti gli altri.In questo film c'è il male e il bene che lo vince,sempre,in ogni situazione,in ogni ambito,in ogni occasione.C'è il buio e c'è la contrapposizione della luce che lo illumina ma non c'è mai un suggerimento di moralità forzata,un messaggio di etica banale e buonista che va necessariamente condivisa per non esere tacciati o accusati di cinismo futile.C'è l'applauso finale,la sfilata tra la gente che esulta ed esalta,che acclama un uomo che era pensato terrorista e che dimostra di essere l'opposto.C'è il trionfo dell'amore,di quello vero,speciale,unico,profondo,di quello che lega un'anima ad un'altra già nel momento della scelta,quando per la prima volta gli occhi e i sorrisi imbarazzati si incontrano e si innamorano,quando ancora non ci si conosce e il legame è solo un incipit in divenire.Il trionfo di quell'amore che si vuole costruire ogni giorno,e che,forte di sè stesso,affronta e vince ogni battaglia.Di quell'amore fortissimo che lega me alla persona che,questo film,me lo ha fatto conoscere ed apprezzare.Quella persona che io non voglio perdere mai.

S:Ci sono pellicole che vanno oltre la dimensione spazio-tempo,riescono ad oltrepassare i confini dell'animo umano dipingendo storie che rimangono impresse a fuoco nella memoria dello spettatore.Quelle che nel gergo degli sceneggiatori vengono chiamate "storie della volontà",dove il personaggio principale sfida tutto e tutti mettendo in gioco completamente sè stesso, è meravigliosamente rappresentata nella vicenda umana di Rizvan Khan,un bambino indiano affetto da una rarissima malattia che,se da un lato menoma alcune capacità del piccolino,dall'altra ne esalta la manualità creativa,tanto è vero che cresce riparando oggetti,abilità che poi risulterà preziosa nel corso della sua vita.Il punto di riferimento del piccolo Khan è la mamma,che cesella il suo animo aprendolo all'incontro con gli altri esseri,giudicandoli solo dall'energia,positiva o negativa che sia,dei loro cuori.La morte della madre lo porta ad iniziare la "vera avventura"della sua vita,in un Paese che non è il suo,gli Stati Uniti,dove vive il fratello,e li comincerà lavorando,girando,conoscendo persone e incontrando Mandira,una ragazza dolce e intelligente che si affeziona alla genuina semplicità e all'immenso cuore di Khan.Tra i due nasce un amore solido turbato solo,dopo la caduta delle Torri Gemelle,dall'uccisione del figlio di Mandira da parte di un gruppo di teppisti imbevuti dell'odio di quei giorni contro tutto ciò che è mussulmano.Questa tragedia porta Mandira ad allontanarsi da Khan,al quale non rimane altro che girovagare nell'immensità dei paesaggi americani sperando di vedere il Presidente e,come promesso alla sua Mandira,dirgli il suo nome e che non è un terrorista.Troverà sulla sua strada,come tutti gli uomini,il bene e il male,la donna di colore accogliente e premurosa che lo cura come un figlio,e il predicatore mussulmano che incita i suoi seguaci a combattere gli infedeli con la violenza.E' un film che è come un arcobaleno,ha vari colori ed ogni colore ha varie gradazioni di spettro,in un gioco di luce che si riproduce all'infinito.Ma il centro di questa luce,a mio avviso,è la tolleranza,il principio secondo cui riconoscere ed accettare gli altri per come sono dentro,per le loro capacità,per il loro cuore,per la loro creatività,dismettendo tutti quegli orpelli che purtroppo nella società odierna vengono considerati "metri di giudizio"di una persona.In questo il film è profondamente indiano,intriso di quella millenaria filosofia che tanto ha dato all'umanità e che dona all'essere umano la consapevolezza delle sue enormi potenzialità,sfruttabili solo se dentro di sè si ha la piena coscienza del proprio agire e pensare,malgrado il cammino sia sempre irto di difficoltà ed ostacoli.Straordinaria l'interpretazione di Shah Rukh Khan che non cede mai al manierismo o al macchiettismo,ma è perfettamente lineare con l'essenza del personaggio,cosi come di Kajol,attrice talentuosa del cinema indiano che sa disegnare l'essenza della femminilità nelle sue espressioni più positive quali la dolcezza,l'intelligenza,la sensibilità,la capacità di soffrire,di sacrificarsi,di donare amore.Caratteristiche che riconosco nella donna che amo e che,come me,è stata risucchiata in una torrida serata d'agosto,nella magia luminosa di questo film.

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