sabato 27 luglio 2013
Accadimenti
Si chiama ‘obsolescenza programmata’ ed è quel sistema mediante il quale un produttore immette sul mercato un bene già sapendo che sarà di breve durata. E non sono i replicanti di Blade Runner.
Ovvio che qui non si parla di un cellulare che la casa madre decide di superare dopo poco tempo con un altro modello, che fa parte purtroppo delle regole del mercato, ma proprio di un prodotto programmato per durare poco.
Questa bella scoperta dell’obsolescenza programmata, che alimenta in modo esponenziale il mondo dei rifiuti, è stata fatta dai Grunen, i verdi tedeschi, ed è il risultato di uno studio da loro commissionato a due esperti sulla durata dei beni di consumo. Ed ecco che si scoprono elettrodomestici realizzati appositamente con materiali scadenti, scarpe con suole che si consumano in fretta, ricambi introvabili, ed altre amenità.
Secondo i due esperti, se i consumatori tedeschi non fossero “costretti” a comprare continuamente elettrodomestici e prodotti nuovi a causa dell’obsolescenza programmata, potrebbero risparmiare, complessivamente, la bella cifra di 100 miliardi di euro all’anno.
Il fenomeno sommerso, ovviamente diffuso in ogni paese è talmente simile ad una truffa che in Francia è addirittura in discussione in Parlamento una proposta di legge sempre del gruppo ecologista che istituisce il reato di obsolescenza programmata.
Del resto, nel nostro piccolo, e nella piena legalità, credo che tutti noi ci siamo accorti, più in generale, che i beni non sono più “fatti per durare”, così come ci siamo accorti che talvolta la riparazione di un bene è più costosa del suo riacquisto, oppure ancora (ma gli esempi potrebbero continuare) che un ricambio di cartucce di stampante costa quasi quanto la stampante stessa.
Intanto, un rapporto della Banca Mondiale del 2012 ha accertato che il totale mondiale dei rifiuti solidi prodotti nelle aree urbane (soggette al controllo delle quantità) è di 1,3 miliardi di tonnellate, e cioè circa 1,2 chilogrammi al giorno per abitante. In Italia la media è addirittura di 2,23 chilogrammi a testa. Sicuramente l’obsolescenza programmata fa la sua sporca parte…
Fabio Balocco
Ambientalista e avvocato
Poesie
ORA
Adesso ora
se tu leggi
prima di dimenticarti di tutto.
Ora
passa un pezzettino d’infinito,
la millesima parte di un secondo
passa attraverso le tue mani, attraverso gli occhi,
come farfalla di neve, come perle che rotolano,
una freccia lanciata nell’aria,
prima che cada.
La punta di tutto quello che è stato
e che non è mai stato.
ROLF JACOBSEN
Film
Vedere i titoli di testa di una pellicola di Woody Allen è come sedersi davanti ad un quadro di un grande pittore in un museo,stai li incantato sapendo già che ciò che vedrai non solo non ti deluderà,ma al contrario ti lascerà dentro una traccia,un solco,qualcosa che il cervello memorizza sapendo già che è un dato importante che vale la pena salvare:è la preziosità infinita dell'Arte,di chi ha abbastanza talento affinchè i suoi lavori possano definirsi come tali.E Mr. Allen di talento creativo ne ha da vendere.Questo film dimostra come,e solo lui poteva riuscirci,da un'apparente commedia sofisticata ma leggera,si possa generare una critica ferocissima all'industria hollywoodiana e ai suoi meccanismi tutti basati solo sul profitto,sui soldi,sulle conoscenze,sulla corruzione,sui giochi di potere,sulle convenienze,e sono tutte queste basse meschinità ad uccidere il talento vero, a relegarlo ai margini,a far si che si produca una marea di spazzatura e solo un diamante possa emergere una volta ogni tanto.La metafora di Val,regista talentuoso ma emarginato dallo showbiz hollywoodiano,è evidente,e quando gli capita la vera occasione ecco che lui per un disturbo psicosomatico perde la vista ed è costretto a girare tutto il film con mille espedienti,non vedendo nulla.questo crea una serie infinita di gag alcune delle quali davvero irresistibili,condite dalle sue solite,meravigliose battute.Potrebbe essere il contraltare di un altro film,questo solo interpretato da Allen,"Il Prestanome"di Martin Ritt, che arrivava allo stesso scopoattraverso la metafora del maccartismo smascherare le umane miserie di quel mondo,solo che in quel bellissimo film aleggiava una atmosfera,cupa,mortale,funerea,quasi senza speranza,qui invece tra i coriandoli colorati della commedia e battute scoppiettanti quell'aria cupa non si avverte,tutt'al più qualche venatura di malinconia,che è nelle corde del regista ed è presente in tutti i suoi film,più o meno accentuata a seconda dello script.
domenica 21 luglio 2013
Accadimenti
Navigare nel mare della vita,a volte con la burrasca,a volte con il sereno,con la pioggia,il vento o il sole,attraversare terre aride,campi floridi,distese innevate,prati luminosi,boschi incontaminati.Avere la possibilità di metterla in acqua questa barchetta,che siamo noi stessi,ci viene data da chi ci dona la vita,spesso a costo di perdere la sua,spesso tra dolori indicibili che lasciano cicatrici per tutta la vita,ma con la gioia di sapere di aver seguito il proprio essere,il proprio sentimento,quello per cui si è portati.E dopo la nascita c'è la crescita,con il senso di protezione che riceviamo,con l'esempio,con la guida,con il senso di appartenenza,con lo spezzare il tempo e mangiarlo insieme,con la condivisione di attimi che hanno il profumo dell'eterno e il calore del sole.Si è giovani uomini,con l'inesperienza,i balbettii,le cadute,i successi,i primi battiti del cuore,l'alito nefasto della morte che ti sfiora il viso,tante vite attraversate,tanti luoghi,tante situazioni,tante luci spente e riaccese,tante notti a chiacchierare su una spiaggia o accanto al fuoco,tanti viaggi e alcuni ritorni,una parabola di metà vita insieme,con la forza del carattere,con l'essenzialità,con la determinazione,col vedere sempre al di là del contingente,con l'estraneità al male,all'oscuro.
Buon Compleanno Mamma......
Film
Sono molti nella storia del cinema i film che hanno trattato il tema del disturbo psichico,alcuni sono dei capolavori,altri solo buoni film,ed altri ancora mediocri pellicole.Questo The Master è possibile annoverarlo sicuramente tra gli ottimi film,seppur non un capolavoro,riesce a tener desta la suspense dello spettatore fino all'ultima inquadratura cosa che solo i grandi registi riescono a fare.Non ci sono momenti di pausa in questo film,tutto è perfettamente calibrato,misurato,neanche un centimetro di pellicola inutile,Anderson è maestro nel delineare personaggi inusuali e scavare nella loro psiche e comprendere le ragioni della loro "devianza".Alla base di tutti i personaggi dei suoi film,da magnolia a Il petroliere a quest'ultimo,c'è una profonda solitudine,un senso di estraneità dagli altri esseri umani disarmante,un autismo comportamentale,una comunicazione verbale dislessica e a volte incomprensibile.Per questo motivo mi viene da accomunare Anderson a Cronenberg e ad Aronofsky,tre registi che hanno in comune questa ricerca,forse Cronenberg usa più il corpo come metafora della disintegrazione dell'essere,mentre Aronofsky gioca più sugli specchi,sulle maschere,sulla realtà-non realtà,Andreson invece è più "psicanalitico",lui affonda il bisturi della sua macchina da presa nel comportamento,nell'analisi,nell'ascolto,freddo,lucido,dei suoi personaggi,e in questo modo evita facili moralismi,cose già viste e riesce ad essere sempre innovativo ed originale.Da sottolineare la grandezza della prova attoriale,non a caso premiata a venezia con la coppa volpi.Phoenix ed Hoffmann danno luogo ad un duello fatto di parole,di tic,di silenzi,di sguardi,di pensieri,di visioni,di odi ed amori,di alcol e di sesso,di disintegrazione e ricomposizione della mente e della vita di un individuo.La sequenza finale è veramente il compendio di tutto il cinema di Anderson,dieci minuti da antologia,sia come scrittura filmica che come capacità interpretative di questi due grandissimi attori.
Serie Tv
Vedendo questa serie si capisce il perchè sia la preferita da Barack Obama.Ottima regia,perfetta sceneggiatura,attori di altissimo livello,argomento di fortissima attualità,ci sono tutti gli ingredienti per catturare l'interesse degli spettatori più smaliziati ed esigenti.La storia è semplice.durante un'azione antiterrorismo in Iraq i delta force liberano un ostaggio americano detenuto in un buco da otto anni.Viene accolto in patria com eun eroe,gli vengono offerte trasmissioni televisive,libri,film,un seggio senatoriale.Ma c'è
qualcosa che non va.Carrie è un'analista in gamba della CIA e da una soffiata scopre che un ostaggio americano si è convertito all'Islam.Comincia a sopsettare del marine e insegue la caccia al numero uno dei ricercati di Al Qaeda,ma è una caccia che la porterà a perdere tutto,lavoro,amici,amori,persino sè stessa acutizzando la sua malattia psichiatrica.Diciamo che dietro questa storia in realtà si offre allo spettatore ben altro.Uno spaccato di tutti i poteri forti degli USA,dalla Casa Bianca,alla CIA,al FBI,alla NSA,al sistema dei media,è forse la serie più completa per quanto riguarda l'analisi del potere odierno e i suoi meccanismi negli Usa.Mi viene il parallelismo con un altro "Impero",quello romano,nella sua fase discendente,intrighi,corruzione dilagante,attacchi distruttivi dall'esterno,violenza gratuita per difendersi a tutti i costi,indifferenza verso il popolo,chi dice che la storia non insegna nulla mente.....Grandissime le interpretazioni,in effetti è una prova attoriale di altissimo livello quella offerta da Claire Danes e Damian Lewis,fantastico nel lasciare in sospeso allo spettatore la domanda se ingiustamente sospettato o terrorista calcolatore.ma su tutti svetta Mandy Patinkin,nel ruolo del saggio e sofferente Saul,quello che pur essendo all'interno della CIA e del suo immenso potere,riesce ad avere uno sguardo distaccato e ad avere una coscienza,a rimanere sè stesso,un uomo,a non tradire i suoi ideali e a vedere la realtà al di là delle maschere.Immenso.
sabato 20 luglio 2013
Poesie
Faccio una poesia della mia vita, della vita una poesia
la poesia è una maniera di vivere e l’unica maniera di morire
appassionatamente indifferenti:
scivolare nell’infinito, tenere a galla
sulla superficie di Dio un prescelto attimo leggero,
sulla superficie dei freddi occhi di Dio,
che non piangono, non sono desti, non si formano opinioni,
guardano senza nulla fissare e asserendo ogni cosa,
l’ordine è il loro fine e momenti precisi
proteggono gli scorpioni, i serpenti, i polipi
(che gli uomini odiano, confondendo queste forme
con le loro passioni);
professare una sola fede: la Curiosità,
vagare nelle case dei pesci, dello scorpione e del capricorno,
imprestare dall’uccello il desiderio ed il viaggio
e volteggiare giù
ala avvolta dal vento,
libertà veloce, a forma d’uccello.
EEVA-LIISA MANNER
Accadimenti
Come promesso ai lettori di questo blog, continuo a informarli sulla prosecuzione dei lavori del ‘9/11 Consensus Panel‘, del quale faccio parte (colgo l’occasione per informare anche che due nuovi membri si sono aggiunti al panel e si tratta di Jonathan Cole, ingegnere civile, e di Daniele Ganser, storico, direttore del SIPER (Swiss Institute for Peace and Energy Research), docente dell’Univesrità di San Gallo e dell’Università di Basilea) .
Questa volta il panel ha preso in esame la davvero straordinaria e singolare faccenda delle telefonate da tre dei quattro aerei che furono dirottati quella tragica mattina. L’accuratissima analisi dell’intera storia delle telefonate ha permesso al Panel di individuare ben 32 contraddizioni, alcune delle quali insormontabili, tra le versioni fornite dalle autorità (che infatti si sono ripetutamente contraddette) e le evidenze documentali raccolte.
Va ricordato qui che, per ben tre anni, dal 2001 al luglio del 2004, la storia delle telefonate cellulari in partenza dagli aerei dominò i racconti dei media americani e mondiali. Vennero pubblicati racconti e libri, migliaia di articoli. Quelle telefonate furono ritenute un fatto della realtà e date per scontate. Ci fu perfino un film, quello sul volo UA 93, interamente basato su alcune di quelle telefonate. Va detto subito che sia l’FBI che il famoso o famigerato ‘9/11 Commission Report‘ del 2004 accettarono ufficialmente che da tre dei quattro aerei partirono telefonate dai cellulari. Poiché la credibilità del ‘9/11 Commission Report‘ dipende pesantemente da questa narrazione, è evidente che una zero credibilità delle telefonate è uguale alla zero credibilità del rapporto. Ed è esattamente questo che il Panel ha potuto acclarare.
Non c’è spazio qui per passare in rassegna tutte le meticolose ricostruzioni delle telefonate (Todd Beamer dal UA93; Barbara Olson dal AA77; Peter Hanson dal UA 175; Jeremy Glick dal UA93; Mark Bingham dal UA93, Renee May, hostess, dal AA77; Brian Sweeney dal UA175; Thomas E.Burnett, 4 telefonate, UA93; Sandra Bradshaw, hostess, dal UA93; Elizabeth Wainio dal UA93; Mario Britton dal UA93, in tutto 35 telefonate). Qui voglio solo soffermarmi su due personaggi-protagonisti di queste “telefonate”. Chi vorrà andare a verificare la fondatezza delle nostre conclusioni può consultare su http://www.consensus911.org.
Il primo fu Todd Beamer che, nella vulgata dei media, fu colui che pronunciò la famosa frase : “let’s roll”, il grido di battaglia che avrebbe innescato la rivolta dei passeggeri del volo UA93. Secondo la telefonista che raccolse la telefonata, Lisa Jefferson, Beamer le sembrò stranamente tranquillo, date le circostanze. Al punto che la Jefferson riferisce all’FBI di avere avuto il sospetto che si trattasse di una finta telefonata (crank call), dato il carattere “metodico e razionale” dell’interlocutore che “stava per morire”. La telefonata durò ben 13 minuti. Fatto singolare, perché in quelle condizioni, con un numero enorme di chiamate, i centralini sovraccarichi, molte linee saltavano. Ma, ancora più singolare – sempre dal racconto della Jefferson, intervistata dall’FBI – la linea telefonica rimase in funzione per 15 minuti dopo che l’aereo era precipitato. Ma sarebbe da aggiungere il non trascurabile dettaglio che Beamer parlò per 13 minuti con ben due diverse operatrici del centralino e, quando la Jefferson gli propose di collegarlo con la moglie Lisa, in attesa di partorire il terzo figlio in gennaio, rispose: “No, no, non voglio turbarla senza motivo”. Beamer aggiunse: “Voglio solo parlare con qualcuno per fare in modo che si sappia cosa sta accadendo”. Come non avesse parenti o amici con cui parlare.
L’altra telefonista, Phyllis Johnson, non risulta che sia stata intervistata dall’FBI e, alla fine dei conti, non esiste nessun modo di confermare senza equivoci che la persona che parlò con entrambe fosse effettivamente Todd Beamer. La chiamata non fu registrata né dalle due operatrici, né dall’AOSC (Airfone Operations Surveillance Center). Che dire? Ce n’è quanto basta per un centinaio d’interrogativi. Ma ne aggiungiamo ancora uno, che a me pare perfino più decisivo dei precedenti. Il 29 settembre 2001 l’FBI ricevette una dettagliata registrazione dell’ufficio della Verizon (l’operatore telefonico del cellulare di Todd Beamer) , dalla quale risultò che quel cellulare fece 18 telefonate dopo (sottolineo: dopo) che l’aereo UA93 era caduto, cioè dopo le 10:03 di quella mattina. Come concludere? Resta solo l’ipotesi che il cellulare non fosse a bordo dell’UA93 insieme a Todd Beamer, oppure che l’aereo che precipitò in un campo della Pennsylvania non fosse il volo UA93.
Di fronte a questa serie di problemi irrisolvibili, l’FBI tira fuori (sotto giuramento questa volta) un’altra versione. Lo fa durante il processo a Zakharias Moussaoui, nel 2006, affermando che tutte le telefonate, tranne due, non erano state fatte da cellulari. Le due chiamate sarebbero state fatte simultaneamente dal volo UA93 alle ore 9:58, da due assistenti di volo, E.Felt e Cee Cee Lyle. Entrambe risulterebbero fatte da una delle toilettes di bordo, quando l’aereo si trovava a 5000 piedi di quota (circa 1500 metri), cioè a un’altezza compatibile con le possibilità tecniche di trasmissione esistenti nel 2001.
Ma c’è un altro problema: nemmeno queste due telefonate furono fatte da cellulari. Nonostante un accurato studio di tutti i cellulari dei passeggeri e dell’equipaggio di quel volo, non si è trovata nei tabulati corrispondenti alcuna chiamata alle ore 9:58, né alcuna certificazione della durata delle chiamate, né traccia, di conseguenza dei numeri telefonici cui sarebbero state indirizzate. Conclusione: tutte le storie riferite a telefonate da cellulari a bordo degli aerei sono false, poiché quelle telefonate non sono mai esistite.
E veniamo ora alle telefonate più clamorose (nel senso che fecero clamore in tutto il mondo, producendo enorme emozione): quelle di Barbara Olson, notissima commentatrice televisiva, da bordo del volo AA77. Secondo la testimonianza del marito, Theodore Olson (non si trascuri che egli era il Procuratore Generale degli Stati Uniti), Barbara lo chiamò due volte, circa mezz’ora prima che l’aereo si schiantasse sul Pentagono. Fu la CNN a dare per prima questa notizia. Ted Olson fu chiaro: la moglie lo chiamava da un cellulare..
Da notare che le telefonate della Olson sono le uniche fonti che parlano dell’armamento di cui disponevano i terroristi (tagliacarte) e dunque le rivelazioni di Ted Olson sono cruciali per la ricostruzione della vicenda. Tant’è vero che esse sono state un pilastro per l’intero resoconto ufficiale. Ted Olson cambiò versione, in seguito, ripetutamente. Ma resta agli atti che egli disse all’FBI che la prima chiamata durò “circa un minuto”. Al Larry King Show disse poi che la seconda chiamata durò “due, o tre, o quattro minuti”.
Ci sono però almeno quattro gravi problemi che minacciano alla radice la storia raccontata da Ted Olson. Il primo viene dall’FBI che, nel 2004, inequivocabilmente dichiara: “Tutte le telefonate dal volo AA77 furono effettuate tramite il sistema telefonico di bordo”. Bugiardo Olson?
Purtroppo anche l’FBI risulta bugiarda. Nel 2006 un funzionario della American Airlines dichiara (processo a Mousaoui) che “Nessun Boeing 757 aveva telefoni dietro i sedili prima del settembre 2001. I passeggeri del volo AA77 usarono i loro cellulari”. C’è un’altra conferma di questa affermazione, ed è nel manuale di servizio del Boeing 757, datato 28 gennaio 2001: “Il sistema telefonico per passeggeri è stato disattivato in base all’ordinanza Eco F0878”. Ci furono altre conferme dell’inesistenza di telefoni di bordo per passeggeri (vedi il sito http://Consensus911.org).
C’è il fatto, davvero impressionante, che non esistono dati che certifichino alcuna telefonata di Barbara Olson quella mattina: non alla compagnia telefonica; non al Dipartimento di Giustizia (dove si trovava il marito); non sui dati che registrarono i movimenti del suo cellulare. Infine un ultimo pasticcio inestricabile. Un rapporto dell’FBI (reso noto sempre durante il processo a Moussaoui, nel 2006) demolisce la storia di Ted Olson. Esso certifica che ci fu una sola chiamata proveniente da Barbara (non due) e che essa durò “zero secondi”. Cioè che non ci fu alcuna connessione. Cioè che non ci fu nessun racconto.
Tutto questo senza considerare l’implausibilità di tutta la scenografia, in cui 60 passeggeri, uno dei quali, Charles Burlingame, era un sollevatore di pesi, ex boxeur, che vengono spinti in fondo all’aereo da due dirottatori mingherlini (così risulta dal racconto di Ted Olson, che riferisce le parole della moglie), mentre gli altri due erano chiusi in cabina.
Conclusione: Ted Olson ha mentito? Non si può escludere che gli siano arrivate delle telefonate che potevano sembrare provenienti da Barbara Olson. Ma agli atti risulta con tutta evidenza che non potevano provenire da bordo del volo AA77. Dunque tutta la ricostruzione è fasulla. Qualcuno l’ha inventata. Se le telefonate ci furono non furono dagli aerei. Se non furono dagli aerei, allora chi le fece? E a che scopo le fecero? Quando chiediamo che ci sia un’inchiesta vera, in cui tutti i protagonisti ancora vivi siano chiamati a testimoniare sotto giuramento, a cominciare da Ted Olson, chiediamo l’ovvietà. Ma l’ovvio non fa parte della intera vicenda dell’11 settembre. Per questo andremo avanti nell’indagine.
Giulietto Chiesa (Il Fatto)
Pensieri
Alla serenità nulla contribuisce meno della ricchezza e nulla più della salute.
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena, 1851
Accadimenti
Il panel di esperti internazionali di cui mi onoro di fare parte, ieri ha reso note le sue ultime conclusioni (in ordine di tempo) circa la cruciale questione dei “falsi rendiconti” sulle azioni, e sui luoghi dove si trovavano, i maggiori leader politici e militari americani in quella fatale giornata.
Sono otto capitoli, i cui dettagli possono essere studiati sul sito http://www.consensus911.org e che gettano una nuova, impressionante luce su ciò di cui, a distanza di ormai undici anni, milioni e milioni di persone, in tutto il mondo (diciamo l’immensa maggioranza), non sa nulla. A cominciare dalle menzogne ufficiali che furono raccontate per impedire che il pubblico – in primo luogo quello americano – sapesse dove si trovavano e cosa stavano facendo i quattro più importanti al momento: il presidente statunitense George W. Bush, il vicepresidente Dick Cheney, il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, il generale a capo degli Stati Maggiori riuniti Richard Myers.
Gli otto nuovi studi sono stati realizzati dai venti membri del 9/11 Consensus Panel usando i risultati del Foia, Freedom of Information Act, in base all’analisi di tutte le fonti giornalistiche disponibili. E in base alle stesse affermazioni della Commissione ufficiale d’inchiesta.
La documentazione è effettivamente impressionante e di menzogne ufficiali ne fuoriescono a torrenti. A cominciare dall’accertamento del fatto, davvero sbalorditivo, che un numero senza precedenti di esercitazioni militari venne concentrato proprio nella giornata dell’11 settembre 2011. Furono ben 7. Ma la Commissione ufficiale d’inchiesta ne ricorda, brevemente, solo una, quella che si chiamò “Vigilant Guardian”. Anche questa, però, veniva fatta a ottobre, tutti gli anni. Solo nel 2001 venne anticipata a settembre. Simultaneamente ci fu anche “Global Guardian”, del Norad, anche questa di regola era sempre stata fatta a ottobre. E via elencando: “Amalgam Warrior” (esercitazione di volo a larga scala, su più regioni Norad, di regola due volte l’anno, ad aprile e a ottobre). Questa volta anch’essa spostata a settembre. Interessante la quarta, “Northern vigilance”, che fece spostare quella mattina quasi tutta la forza aerea della difesa statunitense in Canada e Alaska. Seguivano, anzi erano in contemporanea, la “Vigilant Warrior” (esercizi di allenamento al volo) e “Red Flight” (che determinò il trasferimento dei jet dalla base di Langley, Virginia, ad altra destinazione). Infine ecco il “National Reconnaissance Office” (NRO) che – ma guarda che straordinaria coincidenza! – aveva programmato per quella mattina, esattamente alle 9:10, l’impatto di un piccolo aereo contro una delle torri dell’Aeroporto Dulles di Washington.
Impossibile riassumere qui tutti gli aspetti clamorosi che emergono da questi otto capitoli. Una cosa è certa: la Commissione ufficiale, presieduta (illegalmente) da Philip Zelikow, intimo amico e collaboratore di Condoleeza Rice, non solo “dimenticò” sei delle sette esercitazioni in corso, ma sottovalutò incredibilmente la confusione che tutte quelle esercitazioni militari avevano provocato mentre erano in corso i quattro dirottamenti. Inoltre emerge incontrovertibilmente che quella mattina gli schermi radar della difesa aerea statunitense furono accecati da false immagini di ciò che accadeva realmente nei cieli dell’America del Nord. Quelle false immagini vennero eliminate dagli schermi solo dopo che fu colpita la Torre Sud del World Trade Center.
Ma chi era al comando in quelle ore? Le fonti ufficiali ripeterono a oltranza che Bush, Cheney, Rumsfeld, Myers (che stava sostituendo il generale Hugh Shelton), Montague Winfield, generale anche lui e a capo della war-room, erano tutti (ma davvero inspiegabilmente) lontani dalla posizione di responsabilità. Cioè non erano dove avrebbero dovuto essere. E che ci arrivarono soltanto dopo che il Pentagono fu colpito, alle ore 9:37. I documenti li smentiscono. Alcuni di loro non solo erano al loro posto, ma erano ben informati di ciò che stava accadendo e discussero perfino se si dovesse abbattere, o meno, il quarto aereo dirottato, il volo 93, i cui frammenti furono ritrovati non a Shanksville (come testificò la Commissione ufficiale) ma su un diametro di parecchi chilometri. Altra smentita alla versione ufficiale.
Il Consensus Panel non è un tribunale, ma raccoglie elementi che potranno essere utili per ogni ulteriore ricerca, non importa da chi condotta, da enti pubblici, dai media, dai centri accademici. Chi vuole aprire gli occhi vada a sincerarsene. Sono un contributo all’indagine che Ferdinando Imposimato sta portando a termine per esporre i capi d’accusa al Tribunale Penale Internazionale dell’Aja perché prenda in esame l’ipotesi di incriminare importanti membri dell’amministrazione americana dell’epoca con l’accusa di “concorso in strage”.
Giulietto Chiesa (Il Fatto)
Serie Tv
Questo "sceneggiato",allora si chiamavano cosi,è stato programmato dalla RAI nel 1971,ed ebbe già allora ascolti record,sia perchè mostrava la vita di uno dei personaggi più importanti ed enigmatici del nostro Paese e sia per l'edizione,particolarmente cura e documentata dall'ottimo Renato Castellani.In cinque puntate viene mostrata la vita,o almeno quello che si conosce,del grande toscano,dalla nascita in un paesino sperduto della Toscana,Vinci,fino alla sua morte in Francia sessantacinquenne.In quest'arco temporale vediamo dispiegarsi tutti gli avvenimenti,privati e pubblici,dell'uomo Leonardo,dalla sua condizione di lleggittimo,alla sua crescita spensierata accanto allo Zio Francesco,dall'inserimento nella bottega del Verrocchio,allo sbocciare del suo talento immenso,alla sua vita solitaria e sempre movimentata,ai suoi spostamenti continui da una città all'altra per gli eventi della storia,alle sue geniali invenzioni,ai suoi dipinti unici,alla sua generosità di uomo prendendo con sè un trovatello,ai suoi mille talenti artistici,anche musicali e canori,al fascino della sua figura,alla profondità dei suoi ragionamenti,alla curiosità che l'ha sempre guidato ad attraversare quell'oltre dove mai prima di lui altro uomo aveva osato avventurarsi.Il tutto narrato dalla voce fuori campo di un grande attore teatrale,che dà alla rappresentazione una forma ed una espressività ed un linguaggio parlato che è più vicino al teatro che non alla tivù.Ma questo è il suo innegabile fascino,che per certuni lo rende datato(tipo Aldo Grasso),mentre a mio modesto avviso quel modo di rappresentare Leonardo,non convenzionale,è ancora attualissimo ed il linguaggio cosi aulico è come una narrazione poetica rispetto alle volgarità e ovvietà che ci vengono propinate dalla televisione oggi.
mercoledì 17 luglio 2013
Accadimenti
Stamattina,prima di andare al lavoro,leggendo il quotidiano locale,leggo una notizia,in valcamonica due bambini di 12 e 9 anni sono morti carbonizzati nella loro casa.Già la notizia in sè,per me padre di due bambini più o meno della stessa età,è stata come una pugnalata al cuore.Ma il corpo dell'articolo è stato come affondare in uno di quei film horror che ogni tanto,a tarda notte,si incrociano in tv.Non è stato il destino a portarsi via quei due angioletti,bensi' la precisa volontà omicida del padre che,dopo quattro anni di separazione,voleva vendicarsi della sua ex.Anche lui è in fin di vita,artefice e vittima allo stesso tempo della sua follia.La criminalità dell'atto in sè,il decidere a sangue freddo di rinunciare ad una delle prerogative principali dell'essere padre,vale a dire quella di proteggere la propria prole,quella di amarla,crescerla,curarla,nutrirla materialmente e spiritualmente.Decidere a sangue freddo quella morte atroce per loro,l'idea di non dargli futuro,speranza,gioco,crescita,di precipitarli nel buio,in quello stesso buio che lo avvolgeva.Mi ha lasciato dentro un tale senso di angoscia,e allo stesso tempo una rabbia feroce contro quel criminale,perchè un uomo può provare tutto il dolore del mondo per una separazione,puoi precipitare in un abisso di disperazione e sofferenza,ma poi ti riprendi,devi riprenderti,ricostruirti,e ripartire proprio dai tuoi affetti più cari,vale a dire i tuoi figli.Poi per l'amore c'è sempre tempo,ci sono tante donne,l'idea ossessiva che tanti uomini carnefici di questi tempi hanno delle loro ex è psicotica perchè non ha nessuna attinenza con il reale,si perde un pezzo di sè ma se ne costruisce subito un altro sicuramente più solido e magari anche con una donna migliore rispetto a quella del passato.Soffocare tutto questo con la violenza,con la morte di due innocenti,per causare dolore a chi glielo ha dato oltre che criminale è un atto di inutile vendetta.Ho pianto dentro con l'immagine di quei due corpicini straziati dalle fiamme,abbandonati da colui di cui più si fidavano,nulla può riempire quell'infinita voragine di Male.
Poesie
IL MIO FUTURO
Il capriccio di un attimo
mi ha rubato il futuro,
messo insieme a casaccio.
Voglio rifabbricarmelo più bello,
come l’ho sempre pensato.
Ricostruirlo su terreno solido
(le mie intenzioni).
Risollevarlo su colonne altissime
(i miei ideali).
Riaprirvi il passaggio segreto
dell’anima mia.
Rialzargli la torre scoscesa
della mia solitudine.
EDITH SÖDERGRAN
domenica 14 luglio 2013
sabato 13 luglio 2013
Pensieri
Con la mancanza di collera si vinca la collera; con la bontà si vinca la cattiveria. Con la generosità si vinca l'avarizia, con la verità si vinca il menzognero.
Buddha, Dharmapada, III sec. a.e.c.
Internazionale
Cari fratelli e sorelle ricordate una cosa. La giornata di Malala non è la mia giornata. Oggi è la giornata di ogni donna, di ogni bambino, di ogni bambina che ha alzato la voce per reclamare i suoi diritti.
Ci sono centinaia di attivisti e di assistenti sociali che non soltanto chiedono il rispetto dei diritti umani, ma lottano anche per assicurare istruzione a tutti in tutto il mondo, per raggiungere i loro obiettivi di istruzione, pace e uguaglianza.
Migliaia di persone sono state uccise dai terroristi e migliaia di altre sono state ferite da loro. Io sono soltanto una di loro. Io sono qui, una ragazza tra tante, e non parlo per me, ma per tutti i bambini e le bambine. Voglio far sentire la mia voce non perché posso gridare, ma perché coloro che non l’hanno siano ascoltati. Coloro che lottano per i loro diritti: il diritto di vivere in pace, il diritto di essere trattati con dignità, il diritto di avere pari opportunità e il diritto di ricevere un’istruzione.
Cari amici, nella notte del 9 ottobre 2012 i Taliban mi hanno sparato sul lato sinistro della fronte. Hanno sparato anche ai miei amici. Pensavano che le loro pallottole ci avrebbero messo a tacere. Ma hanno fallito. E da quel silenzio si sono levate migliaia di voci. I terroristi pensavano che sparando avrebbero cambiato i nostri obiettivi e fermato le nostre ambizioni, ma niente nella mia vita è cambiato tranne questo: la debolezza, la paura e la disperazione sono morte. La forza, il potere e il coraggio sono nati. Io sono la stessa Malala. Le mie ambizioni sono le stesse. Così pure le mie speranze sono le stesse.
Cari fratelli e sorelle io non sono contro nessuno. Nemmeno contro i terroristi. Non sono qui a parlare in termini di vendetta personale contro i Taliban o qualsiasi altro gruppo terrorista. Sono qui a parlare a favore del diritto all’istruzione di ogni bambino. Io voglio che tutti i figli e le figlie degli estremisti, soprattutto Taliban, ricevano un’istruzione. Non odio neppure il Taliban che mi ha sparato. Anche se avessi una pistola in mano ed egli mi stesse davanti e stesse per spararmi, io non sparerei. Questa è la compassione che ho appreso da Mohamed, il profeta misericordioso, da Gesù Cristo e dal Buddha. Questa è il lascito che ho ricevuto da Martin Luther King, Nelson Mandela e Muhammed Ali Jinnah. Questa è la filosofia della non-violenza che ho appreso da Gandhi, Bacha Khan e Madre Teresa. E questo è il perdono che ho imparato da mio padre e da mia madre. Questo è quello che la mia anima mi dice: siate in pace e amatevi l’un l’altro.
Cari fratelli e sorelle, tutti ci rendiamo conto dell’importanza della luce quando ci troviamo al buio, e tutti ci rendiamo conto dell’importanza della voce quando c’è il silenzio. E nello stesso modo quando eravamo nello Swat, in Pakistan, noi ci siamo resi conto dell’importanza dei libri e delle penne quando abbiamo visto le armi. I saggi dicevano che la penna uccide più della spada, ed è vero.
Gli estremisti avevano e hanno paura dell’istruzione, dei libri e delle penne. Hanno paura del potere dell’istruzione. Hanno paura delle donne. Il potere della voce delle donne li spaventa. Ed è per questo che hanno appena ucciso a Quetta 14 innocenti studenti di medicina. È per questo che fanno saltare scuole in aria tutti i giorni. È per questo che uccidono i volontari antipolio nel Khyber Pukhtoonkhwa e nelle Fata. Perché hanno avuto e hanno paura del cambiamento, dell’uguaglianza che essa porterebbero nella nostra
società.
Un giorno ricordo che un bambino della nostra scuola chiese a un giornalista perché i Taliban sono contrari all’istruzione. Il giornalista rispose con grande semplicità. Indicando un libro disse: “I Taliban hanno paura dei libri perché non sanno che cosa c’è scritto dentro”. Pensano che Dio sia un piccolo essere conservatore che manderebbe le bambine all’inferno soltanto perché vogliono andare a scuola. I terroristi usano a sproposito il nome dell’Islam e la società pashtun per il loro tornaconto
personale. Il Pakistan è un paese democratico che ama la pace e che vorrebbe trasmettere istruzione ai suoi figli. L’Islam dice che non soltanto è diritto di ogni bambino essere educato, ma anche che quello è il suo dovere e la sua responsabilità.
Onorevole Signor Segretario generale, per l’istruzione è necessaria la pace, ma in molti paesi del mondo c’è la guerra. E noi siamo veramente stufi di queste guerre. In molti paesi del mondo donne e bambini soffrono in altri modi. In India i bambini poveri sono vitti-
me del lavoro infantile. Molte scuole sono state distrutte in Nigeria. In Afghanistan la popolazione è oppressa dalle conseguenze dell’estremismo da decenni. Le giovani donne sono costrette a lavorare e a sposarsi in tenera età. Povertà, ignoranza, ingiustizia, razzismo e privazione dei diritti umani di base sono i problemi principali con i quali devono fare i conti sia gli uomini sia le donne.
Cari fratelli e sorelle, è giunta l’ora di farsi sentire, di lottare per cambiare questo mondo e quindi oggi facciamo appello ai leader di tutto il mondo affinché proteggano i diritti delle donne e dei bambini. Facciamo appello alle nazioni sviluppate affinché garantiscano sostegno ed espandano le pari opportunità di istruzione alle bambine nei paesi in via di sviluppo. Facciamo appello a tutte comunità di essere tolleranti, di respingere i pregiudizi basati sulla casta, sulla fede, sulla setta, sulla fede o sul genere. Per garantire libertà e eguaglianza alle donne, così che possano stare bene e prosperare. Non potremo avere successo come razza umana, se la metà di noi resta indietro. Facciamo appello a tutte le sorelle nel mondo affinché siano coraggiose, per abbracciare la forza che è in loro e cercare di realizzarsi al massimo delle loro possibilità.
Cari fratelli e sorelle vogliamo scuole, vogliamo istruzione per tutti i bambini per garantire loro un luminoso futuro. Ci faremo sentire, parleremo per i nostri diritti e così cambieremo le cose. Dobbiamo credere nella potenza e nella forza delle nostre parole. Le nostre parole possono cambiare il mondo. Perché siamo tutti uniti, riuniti per la causa dell’istruzione e se vogliamo raggiungere questo obiettivo dovreste aiutarci a conquistare potere tramite le armi della conoscenza e lasciarci schierare le une accanto alle altre con unità e senso di coesione.
Cari fratelli e sorelle non dobbiamo dimenticare che milioni di persone soffrono per ignoranza, povertà e ingiustizia. Non dobbiamo dimenticare che milioni di persone non hanno scuole. Lasciateci ingaggiare dunque una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo e lasciateci prendere in mano libri e penne. Queste sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo.
Malala,discorso all'ONU
giovedì 11 luglio 2013
Pensieri
Questa è la sorte comune di tutti i machiavellici: fanno i loro disegni così sottili che si rompono per la loro stessa finezza.
John Dryden, Sir Martin Mar-all, 1667
domenica 7 luglio 2013
Pensieri
La cultura è la passione per la dolcezza e la luce, e (ciò che più conta) la passione di farle prevalere.
Matthew Arnold, Cultura e anarchia, 1869
Poesie
LA TERRA CHE NON È
Ho nostalgia della terra che non è,
poiché tutto ciò che è, sono stanca di desiderarlo.
La luna mi racconta, in rune d’argento,
della terra che non è.
La terra, dove ogni nostro desiderio è meravigliosamente appagato,
la terra, dove tutte le nostre catene cadono,
la terra, dove rinfreschiamo la fronte lacerata
nella rugiada della luna.
La mia vita fu una bruciante illusione.
Ma una cosa ho trovato e una l’ho veramente ottenuta -
la strada per la terra che non è.
Nella terra che non è
dove il mio amore va con corona scintillante.
Chi è il mio amore? La notte è oscura
e le stelle fremono in risposta.
Chi è il mio amore? Qual è il suo nome?
I cieli formano volte sempre più alte,
e un essere umano annega in infinite nebbie
e non sa risposta.
Ma un essere umano è nient’altro che certezza.
E alza le braccia più in alto di tutti i cieli.
E viene una risposta: Io sono colui che ami e sempre amerai.
Edith Sodergran
Dipinti
Durante l'estate del 1928 Magritte dipinse una serie di figure con il volto coperto da un qualche tipo di stoffa.
La madre di Magritte soffriva di depressione e durante la sua infanzia tentò diverse volte il suicidio.
Nel 1912, quando l'arista aveva solo 14 anni, sua madre uscì di casa e si annegò nel fiume Sambre.
Quando il suo corpo fu ritrovato e tirato fuori dall'acqua dopo diversi giorni, il viso era coperto dalla sua camicia da notte.
Magritte vide il cadavere nudo con il volto coperto e questa immagine rimase impressa nella sua memoria.
Magritte dipinse diversi quadri sulla morte per annegamento e la tragedia in acqua, così come dipinse diverse immagini di visi avvolti in un panno.
Caratteristica di Magritte e delle sue opere è certamente quella di saper evocare delle profonde emozioni in chi le guarda, senza peraltro che il significato del dipinto sia mai rivelato pienamente.
Il bacio tra i due amanti è un'immagine che evoca un amore muto; i due personaggi sono impossibilitati a comunicare, ma il bacio risulta comunque forte e appassionato.
Forte è il connotato onirico del dipinto, caratteristica peraltro della corrente surrealista, a cui contribuiscono le tinte dello sfondo che rievocano i colori del cielo contrapposto al colore grigio del soffitto, delimitato da una cornice di tipo classico, e alla tinta della parete.
Il tutto tende ad evocare una sensazione di mistero.
Secondo molti l'interpretazione del quadro può essere vista nell'impossibilità di amare in profondità, nonostante la passione e la voglia di farlo.
Nell'altra versione i due amanti sono spalla a spalla e le loro guance si toccano: essi sono privi del contatto sensuale della pelle a causa del panno che copre i loro volti.E' questa la versione di "Les amants" meno conosciuta e che io preferisco,meno banale,più simbolica e più misteriosa della prima.
sabato 6 luglio 2013
Pensieri
L'anima precorre tempo e spazio, e non è come l'occhio, che crede cominci il cielo dove comincia l'orizzonte.
Ambrogio Bazzero, Lagrime e sorrisi, 1873
Libri
Raramente rileggo un libro,un po' per mancanza di tempo e desiderio di esplorare libri che sono viaggi nuovi,e un po' per lasciare intatte dentro di me le vibrazioni della prima lettura e forse,più nascostamente,per il sottile timore di non ritrovare più la stessa magia di un tempo nella rilettura,paura che il tempo screpoli il muro dell'emozione di allora.ma mi trovo in un periodo "Leonardiano",circondato completamente dal fascino per la figura e la vita di Leonardo Da Vinci,tra biografie serissime,Codici Atlantici,serie tv,e quindi come non riprendere questo testo che in un certo senso rivela a suo modo molto del vero mondo interiore di Leonardo.Tralasciando il plot abbastanza prevedibile e mediocre del Prof.langdon,quello che veramente resta,almeno per me,è tutta la ricchissima ed affascinante descrizione del simbolismo delle opere di Leonardo e anche una luce gettata su quella parte della sua vita ancora misteriosissima e segreta,la sua appartenenza a sette segrete,addirittura al suo ruolo di Maestro nel Priorato di Sion,organizzazione dedita al mantenimento e alla protezione della discendenza diretta di Gesù Cristo e Maria Maddalena che,per loro e per Dan Brown,e per alcuni storici,erano sposati ed ebbero dei figli,sempre tenuti nascosti perchè osteggiati dalla Chiesa Cattolica che vedeva in loro la prova vivente che il nuovo testamento era frutto dell'opera dell'uomo e non di una volontà divina,e quindi tutto il castello dei precetti cattolici rischiava di andare in frantumi se si scopriva che Gesù,pur con le sue capacità dimostrate di profeta e di guida,in realtà era un uomo e come tale aveva vissuto.Ma il mistero più attraente all'interno del libro è senz'altro quello della simbologia del Santo Graal,inteso non tanto come calice fisico dell'ultima cena di Cristo,come si è creduto per secoli,ma visto come simbolo del femminino sacro,il calice visto come ventre femminile che raccoglieva nel suo grembo il frutto di Gesù,appunto un figlio,anzi una figlia per essere più precisi.Anche illuminante l'analisi di alcuni simboli massonici ed esoterici presenti in tutte le opere di Leonardo e non solo sue,ma di tutti i componenti il Priorato o altre sette massoniche,anche insospettabili come Disney,che cosparse tutti i suoi film di simboli e frasi e scritte e storie,a volte espliciti e a volte subliminali.Lo stesso simbolo moderno dello Stato di Israele,la Stella di David,formata da due piramidi incrociate,definite "la lama"(elemento maschile),e "il calice"(elemento femminile).Le stesse piramidi sono simboli di incontro tra il terreno e l'ultraterreno e per questo scelte dai faraoni egizi quali dimore per il loro ultimo viaggio.Non esiste setta segreta che non le abbia a simbolo,e si dice,ed è confermato dal libro,che la piramide posta davanti al Museo del Louvre,dove non a caso inizia e finisce la parte romanzata del libro,sia stata ideata e voluta fortemente dall'allora Presidente francese Mitterrand,noto massone,che voleva lasciare un segno facendo edificare davanti al museo più famoso del mondo questa "Pyramide Inversèe"(difatti la piramide ha la parte ascendente all'esterno del Museo del Louvre e la parte discendente posta tra le mure del vecchio Louvre nella parte sotterranea),simbolo dell'unione tra cielo e terra,tra maschile e femminile,di quella dualità tanto cara anche alle filosofie orientali.
Cinema
La caccia ad Osama Bin Laden è stata la missione che più ha impegnato l’America contemporanea, nel corso di un decennio abbondante e di due mandati presidenziali, e che più l’ha esposta, in termini di promesse e vendette, all’interno dei suoi confini e al cospetto del mondo intero. Questa è la storia di Maya, giovane ufficiale della CIA, armata d’intuito e di una determinazione dura a morire, che non si è lasciata fermare dai giochi di potere né dalle indecisioni o dallo scetticismo dei superiori ed è riuscita nell’impresa storica di trovare l’ago che pareva svanito nel nulla all’interno di uno dei pagliai più fitti, complessi e lontani dagli uffici di Washington che si potessero immaginare.
Al di là del successo nel raccontare una storia nota con una tensione che non dà tregua, e oltre una regia di massima precisione, come un’arma intelligente guidata però da una mano umana scaldata dalla passione, c’è una considerazione banale nella sua evidenza che fa di Zero Dark Thirty un film raro e imperdibile: tanto nella ricostruzione quasi documentaristica dei metodi di lavoro dell’Intelligence, delle dinamiche maschili al suo interno, della solitudine al femminile, dell’impegno visivo, strategico e linguistico che ne sono parte integrante e che occupano per intero la prima parte del film, quanto nella grande sequenza dell’azione e nella difficile chiusura, non c’è nulla che manchi al film né nulla che sia di troppo. Non è una questione di realismo, ma una misura tutta interna all’opera, ottenuta con gli strumenti della scrittura e della messa in scena e i tempi del montaggio, che lo rende magnificamente esauriente e mai esondante.
Non si dia dunque troppo credito a chi si lascia scandalizzare dalla sequenza della tortura in apertura, perché vorrebbe dire guardare il dito là dove la Bigelow indica la luna (tanto più che la realtà delle cose, in questi casi, è plausibilmente più cruenta). Eppure la sequenza ha la sua importanza, perché posiziona il personaggio di Jessica Chastain in un punto cruciale. La Chastain è il film, proprio in virtù del suo collocamento su un fronte duro, inscalfibile, totalmente dentro il proprio lavoro (come la regista dentro il suo) ma anche profondamente femminile, efficace là dove usa altre modalità per la caccia all’uomo, che non sono la forza bruta né l’intimidazione. Sta tutto lì, nel portarci a credere al cento per cento che dietro quella piccola donna dalla carnagione chiara e dal fisico inesistente c’è un killer che arriverà al bersaglio che nessun altro ha saputo avvicinare, il successo di Kathrin Bigelow e del suo cinema solo apparentemente “maschile”.
Ciò non toglie che la regista riservi le uniche scene di palpabile umanità alla comunione maschile dei soldati prima dell’attacco, nelle bellissime sequenze dei giochi al campo o del silenzio tragicamente poetico in elicottero, ma il punto non cambia, perché Zero Dark Thirty non è una missione di pace, bensì la storia di una (magnifica) ossessione.
Che Maya – personaggio solo vagamente ispirato alla realtà ma più che altro creato ad hoc - sia il film, e non solo la sua protagonista, lo testimonia anche la sua trasformazione fisica nella scena in cui indossa il chador sopra le All Star, che ad un certo punto sposta lo scopo dell’impresa dall’esterno verso l’interno del personaggio. Non è più, allora, la sicurezza della terra madre, né lo sventare nuovi devastanti attacchi, la priorità assoluta che la muove, bensì la fedeltà cieca a un obiettivo folle, come nella miglior letteratura cinematografica. Perché trovare Osama, per Maya, vuol dire prima di tutto trovare se stessa.
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