domenica 6 settembre 2009

Pensieri


Il nostro essere nell'opinione altrui è in generale troppo sopravvalutato,benchè la più breve e superficiale riflessione dovrebbe insegnarci che esso è in se stesso inessenziale alla nostra felicità.Risulta perciò difficilmente comprensibile come mai ogni uomo si rallegri cosi tanto tra sè e sè ogni volta che avverte qualche segno dell'opinione favorevole degli altri e la sua vanità venga in qualche modo blandita.Spesso le manifestazioni del plauso altrui lo consolano di un'infelicità reale o dell'avarizia con cui fino a quel momento sono sgorgate per lui.E,all'opposto,v'è da meravigliarsi,di quanto lo umili e lo addolori profondamente qualsiasi ferita alla sua ambizione in ogni senso,grado o rapporto,qualsiasi svalutazione,non preferenza,mancanza di stima.Nella misura in cui il sentimento dell'onore si fonda su questi aspetti dell'animo umano,esso può essere fecondo di sviluppi positivi per il buon comportamento di molti,come surrogato della loro moralità;ma ai fini della vera e propria felicità dell'uomo,e principalmente sulla pace dell'animo e sull'autonomia interiore,essa ha più un effetto perturbatore e controproducente che non favorevole.Per questo dal mio punto di vista è consigliabile porre dei limiti al senso dell'onore,e,attraverso una conveniente riflessione e una corretta valutazione del valore dei beni,è bene moderare il più possibile quella grande sensibilità all'opinione degli altri,sia quando essa viene accarezzata che quando viene ferita.Altrimenti si rimane schiavi dell'opinione degli altri e di come agli altri appariamo.E' chiaro che una giusta valutazione del valore di ciò che uno è in sè e per sè,rispetto a ciò che uno è semplicemente agli occhi degli altri,possa contribuire molto alla nostra felicità.Alla prima di queste due cose appartiene tutto ciò che riempie il tempo della nostra esistenza,il suo contenuto interno,e perciò tutti i beni che sono stati da noi presi in considerazione come "ciò che uno è" e "ciò che uno ha",perchè il luogo in cui tutto questo ha la sua sfera d'azione è la propria coscienza.Invece il luogo di ciò che noi siamo per gli altri è la coscienza degli altri,è la rappresentazione con cui noi appariamo ad essa.Per questo motivo ciò che avviene in una coscienza estranea è per noi,in quanto tale,indifferente,e anche noi diventeremo sempre più indifferenti nei suoi confronti se raggiungeremo una conoscenza sufficiente della superficialità e della futilità dei pensieri,della limitatezza dei concetti,della meschinità dell'animo,della stortura delle opinioni e della gran quantità di errori che albergano nella maggior parte dei cervelli delle persone.

Schopenauer

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