Su Twitter, suo ambiente naturale, l’esordio di Diego Bianchi in arte ‘Zoro’ alla guida di ‘Gazebo‘era molto atteso. E quando alle 23.40 di domenica sera, su Raitre è cominciato il programma, il social network più in voga del momento è diventato un grande gruppo d’ascolto collettivo, un dibattito in diretta della solita compagnia di giro che si cinguetta addosso 24oresu24 e ha creato un microcosmo ideale al riparo dalle incertezze dell’Italia di oggi.
Dopo la lunga gavetta sul web e la notorietà televisiva con “Parla con me” di Serena Dandini, Zoro ha quindi compiuto il grande passo e si è messo in proprio. Il rischio era enorme, perché stavolta non sarebbero bastati i video perfetti che raccontano la crisi italiana (e della sinistra, soprattutto). Stavolta c’era da gestire uno studio, gli ospiti, il ritmo di una trasmissione vera e propria.
L’inizio, imballato e un po’ nervoso, ha fatto temere il peggio, e già su internet c’era chi diceva che “no, Zoro come conduttore non funziona” e via analisi cotte e mangiatesu quanto è difficile portare internet in tv e via cantando.
Poi, dopo il primo contributo video che raccontava, con la solita lucidità, la campagna elettorale low profile di Pier Luigi Bersani, Bianchi ha preso le misure del mostro televisivo e lo ha domato a modo suo. Più ritmo nell’interazione con gli ospiti e la romanità di Zoro che ha preso il sopravvento. “Troppo autoreferenziale, indigeribile sopra e sotto il raccordo anulare”, tuonavano dalle tastiere i critici televisivi guarda caso tutti milanesi. Strano e insopportabile il doppio standard che da sempre si usa analizzando la comicità televisiva: se Bertolino parla milanese va bene, se Bianchi “svacca” con il suo romanesco allora no, è provincialismo, è autoreferenzialità.
Il punto di forza di “Gazebo” è rappresentato ovviamente dai video di Zoro. Si è detto molto spesso, nei circoli mediatico-internettari, ma è bene ripetere che nessuno meglio di lui, negli ultimi anni, ha raccontato lo psicodramma perenne della sinistra italiana. Con le dovute proporzioni, è ilNanni Moretti dell’epoca di internet, con in più una simpatia strabordante e una evidente identificazione con quel “popolo della sinistra” che finalmente ha a che fare con un geniale e pungente cazzeggiatore e non con il solite intellettuale serioso e in giacca di tweed.
Internet in tv funziona o no, dunque? Non si sa, non si è ancora capito, su Twitter se ne discute ancora e tocca aspettare il responso della compagnia di giro cinguettante. Ma forse è meglio non chiederselo ed evitare anche di dare troppo importanza ai dati di ascolto. Per una volta, si potrebbe sperimentare e basta, senza farsi troppe domande. Gazebo è un esperimento di “cazzeggio” transmediale che sbarca in tv grazie a un barlume di lungimiranza del servizio pubblico (è tutto merito del neodirettore di RaiTre Andrea Vianello, per intenderci). Godiamocelo e basta. Magari senza analisi troppo intellettualoidi che non fanno altro che innescare lo psicodramma delracconto dello psicodramma. Cervellotici e tafazzisti sì, ma non esageriamo.
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