mercoledì 20 giugno 2012
martedì 12 giugno 2012
Poesie
E so molto bene che non ci sarai
E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il "tutto completo" delle sotterranee,
nei libri prestati e nell'arrivederci a domani.
Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
nè ci sarai in un numero di telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci,
all'angolo della strada mi fermerò,
a quell'angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
nè qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
nè la fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.
Julio Cortázar
Cinema
Luca è un giornalista della Gazzetta di Bologna (giornale di centro destra) che il 20 luglio 2001 decide di andare a vedere di persona cosa sta accadendo a Genova dove, in seguito agli scontri per il G8, un ragazzo, Carlo Guliani, è stato ucciso. Alma è un'anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri e ora, insieme a Marco (organizzatore del Social Forum) è alla ricerca dei dispersi. Nick è un manager francese giunto a Genova per seguire il seminario dell'economista Susan George. Anselmo è un anziano militante della CGIL che ha preso parte al corteo pacifico contro il G8. Bea e Ralf sono di passaggio ma cercano un luogo presso cui dormire prima di ripartire. Max è vicequestore aggiunto e, nel corso della giornata, ha già preso la decisione di non partecipare a una carica al fine di evitare una strage di pacifici manifestanti. Tutti costoro e molti altri si troveranno la notte del 21 luglio all'interno della scuola Diaz dove la polizia scatenerà l'inferno.
Fino a qui la parte iniziale del film a cui vanno fatti seguire dei dati che non sono cinema ma cronaca giudiziaria. Alla fine di quella notte gli arrestati furono 93 e i feriti 87. Dalle dichiarazioni rese dai 93 detenuti (molti dei quali oggetto di ulteriori violenze alla caserma-prigione di Bolzaneto) nacque il processo in seguito al quale dei più di 300 poliziotti che parteciparono all'azione 29 vennero processati e, nella sentenza d'appello, 27 sono stati condannati per lesioni, falso in atto pubblico e calunnia, reati in gran parte prescritti. Mentre per quanto accaduto a Bolzaneto si sono avute 44 condanne per abuso di ufficio, abuso di autorità contro detenuti e violenza privata (in Italia non esiste il reato di tortura).
Gli elementi di cui sopra sono indispensabili per fare memoria su un episodio avvenuto in una scuola dedicata a colui che firmò il bollettino di guerra della vittoria nel 1918 è che è stata teatro della più grave disfatta del diritto democratico della nostra storia recente. Il film di Vicari si colloca all'interno del cinema di denuncia civile di cui Rosi e Lizzani sono stati maestri e che richiama, per la forza e la lucida coerenza della narrazione il Costa Gavras di Z- L'orgia del potere. Vicari non si nasconde dietro a nessun facile manicheismo come quello di chi tuttora considera i Black Block solo dei 'compagni che sbagliano'. Ne mostra in apertura le devastazioni e, così facendo, può permettersi di proporre un film che si muove su un piano eticamente elevato. Così come solo chi è in malafede potrà accusare Diaz - Non pulire questo sangue di essere 'contro la polizia'. E' sicuramente contro ma con l'opposizione e la denuncia di quel tumore che può pervadere (così come è accaduto) un'istituzione la cui finalità e quella di mantenere l'ordine democratico e non di esercitare violenza fisica e psicologica su chi ritiene di dover sottoporre a controlli o restrizioni di libertà. Dal punto di vista cinematografico poi questo è un film senza star. Ognuno ha il proprio ruolo che si immerge e riemerge come un corso d'acqua carsico nei gironi degli inferi di quella notte. Una notte da dimenticare diranno alcuni. Una notte da ricordare afferma con forza e rigore questo film. Perché fatti simili non accadano più.
lunedì 11 giugno 2012
Cinema
Il titolo provvisorio di questo film era Bob Decameron,titolo molto più giusto rispetto a quello definitivo che è molto più banale e prevedibile e non fa capire il senso della storia,che sembra romantico ma in realtà,in puro stile alleniano,non lo è per niente,nulla è come sembra.Come nel capolavoro di Boccaccio qui ci sono diverse scene e vite e storie e racconti di persone e personaggi che si intrecciano,con sfondi diversi,profondità diverse,ma tutte con un denominatore comune:l'incanto del luogo nel quale avvengono,vale a dire la meravigliosa Roma.Allen riesce a mostrare tutta la sua ammirazione e devozione alla bellezza della Città Eterna,lo fa con semplicità e profondità,bellissima la sequenza nella notte piovosa tra i monumenti antichi,altro che cartoline e stereotipi detti da chi,per invidia o per ignoranza dell'opera alleniana,ha sparato a zero su questa pellicola dimostrando la propria piccolezza.Non per nulla critici e alcuni registi ed attori italiani hanno fatto una levata di scudi contro il film,dimostrando ancora una volta il loro provincialismo e la loro cecità.Il film è una commedia,mica un documentario sociologico sull'Italia in crisi o un trattato di economia turistica usato come spot.Certo non si può dire che abbia la levità meravigliosa di Midnight in Paris o il malinconico cinismo di Matchpoint,ma ha dalla sua altre qualità,come battute fulminanti che solo Allen,dopo più di quaranta anni riesce a sfornare,l'intreccio di storie che riescono a non annoiare mai,i livelli diversi di interpretazioni che lo rendono gradevole e apprezzabile in ogni inquadratura.I migliori secondo me Baldwin nel ruolo dell'architetto consigliere di uno dei protagonisti,Penelope Cruz assolutamente credibile nel ruolo di una prostituta dimostrando la sua bravura di attrice,Benigni sempre ottimo quando alla regia c'è solidità e talento,bravi tutti gli altri compresa la Mastronardi che a me non è mai piaciuta molto ma che qui rende bene nel ruolo di una provincialotta stravolta dalle combinazioni della vita che solo una città magica come Roma può dare.Visione consigliata a chi ama da sempre Allen,sconsigliatissima ai provincialotti italici e a chi di cinema capisce poco.
Scienza
Il tempo adesso è davvero poco: o smettiamo di maltrattare il nostro pianeta o questo si ribellerà, con conseguenze che potrebbero essere catastrofiche. E' la sintesi di uno studio pubblicato su Nature da Anthony Barnosky, un biologo dell' Università della California.
Secondo Barnosky la Terra è vicino al punto di non ritorno e si sta preparando ad affrontare i cambiamenti più drammatici e radicali da 12.000 anni a questa parte, da quando cioè i ghiacci hanno inziato a ritirarsi alla fine dell'ultima glaciazione. Secondo Barnosky e i suoi colleghi il problema è causato dall'eccesiva pressione alla quale stiamo sottoponendo il pianeta: a un certo punto, impossibile da prevedere, qualcosa si rompe scatenando una serie di reazioni a catena i cui effetti devastanti si amplificano un passaggio dopo l'altro.
L'esempio più eclatante di queste trasformazioni è il quasi totale azzeramento delle superfici ghiacciate: poco meno di 3000 anni fa la Terra era coperta per il 30% da una coltre di nevi perenni. Oggi queste sono quasi del tutto scomparse. E il maggior numero di estinzioni nella storia del pianeta si è consumato negli ultimi 1600 anni. Tutta colpa dell'uomo? Secondo Barnosky, sì. La razza umana ha causato, ed è tutt'ora la causa, di mutamenti climatici e ambientali rapidissimi: la CO2 nell'atmosera è aumentata del 35% negli ultimi 250 anni, le superfici coltivate o cementificate sono ormai il 43% del totale delle terre emerse e la popolazione ha sfondato il tetto dei 7 miliardi di individui.
Negli ultimi 200 anni insomma, abbiamo sottoposto la Terra a uno stress molto più elevato di quello che ha scatenato gli ultimi grandi cataclismi. Ma quali potrebbero essere le conseguenze di tutto questo? Difficile dirlo. I ricercatori ipotizzano estizioni di massa, radicali cambiamenti nelle specie che sopravviveranno per adattarsi alle nuove condizioni e massicce migrazioni. Insomma, uno scenario da "alba del giorno dopo".
Fino ad oggi tutti gli appelli all'adozione di uno stile di vita a minor impatto ambientale sono rimasti inascoltati: secondo gli scienziati entro il 2025 circa il 50% delle terre emerse sarà colonizzato in qualche forma dall'uomo e per il 2050 la popolazione avrà raggiunto i 9 miliardi di individui.
"Vorrei che tra 50 o 100 anni il mondo fosse ancora come oggi, se non un po' migliore" spiega lo scienziato ai media. "Siamo a un crocevia, e se non cambiamo qualcosa, adesso, lasceremo un pessimo futuro alle prossime generazioni".
Poesie
Tocco la tua bocca
Tocco la tua bocca,
con un dito tocco l’orlo della tua bocca,
la sto disegnando come se uscisse dalle mie mani,
come se per la prima volta la tua bocca si schiudesse,
e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare,
ogni volta faccio nascere la bocca che desidero.
Quella bocca che la mia mano sceglie e ti disegna in volto,
una bocca scelta fra tutte,
con sovrana libertà scelta da me
per disegnarla con la mia mano sul tuo volto,
e che -per un caso che non cerco di capire-
coincide esattamente con la tua bocca che sorride
sotto quella che la mia mano ti disegna.
Mi guardi, mi guardi da vicino,
ogni volta più vicino e allora giochiamo al ciclope,
ci guardiamo ogni volta più da vicino e gli occhi ingrandiscono,
si avvicinano fra loro, si sovrappongono.
E i ciclopi si guardano, respirando confusi,
le bocche si incontrano e lottano tepidamente,
mordendosi con le labbra,
appoggiando appena la lingua sui denti,
giocando entro i loro recinti
dove un’aria pesante va e viene
con un profumo vecchio e un silenzio.
Allora le mie mani cercano di affondare nei tuoi capelli,
carezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli
mentre ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci,
di movimenti vivi, di fragranza oscura.
E se ci mordiamo il dolore è dolce,
se ci soffochiamo in un breve e terribile assorbire
simultaneo del respiro, questa istantanea morte è bella.
E c’è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura,
E ti sento tremare stretta a me come una luna nell’acqua.
Julio Cortázar
sabato 9 giugno 2012
Poesie
Amo ogni tuo ciglio, ogni tuo capello, ti combatto in candidi corridoi
dove si giocano le fonti della luce,
ti discuto in ogni nome, ti strappo con delicatezza di cicatrice,
a poco a poco ti metto nei capelli cenere di lampo e nastri
assopiti nella pioggia.
Non voglio che tu abbia una forma, che tu sia esattamente
quello che viene dietro la tua mano,
perché l’acqua, pensa all’acqua, e ai leoni quando si
sciolgono nello zucchero della fiaba,
e ai gesti, architettura del nulla,
le loro lampade accese a metà dell’incontro.
Ogni domani è l’ardesia su cui ti invento e ti disegno,
pronto a cancellarti, non sei così, neppure con quei capelli lisci,
quel sorriso.
Cerco la tua somma, il bordo del bicchiere in cui il vino si fa
luna e specchio,
cerco quella linea che fa tremare un uomo
nella sala di un museo.
E poi ti voglio bene, nel tempo e nel freddo.
Julio Cortazar
venerdì 8 giugno 2012
Poesie
Unita al tuo corpo
come un acrobata in bilico
volando respiri
le ciglia come uncini
su occhi sgranati
e un tamburo nel petto
che rimbomba esistenza
sconosciuta e ribelle
incredulo scorrere
di sangue nuovo
in vene stritolate
da un pensiero inedito
ed assente
morbidezza di stelle
e scivolare di broccati
sulla pelle
memorie sgretolate
e lontanissime
di una giovinezza
sbadigliata di errori
e un tuffo virtuoso
da una rupe altissima
in acque trasparenti
di candore perverso
a raggiungere coralli irreali
dai colori cangianti
carne incastonata di mani
come diamanti nell'oro
membra plasmate
da piroette di fiamme
nel ventre contratto
e zampilli di sole
ad avvolgerti il viso
come una pioggia d'estate
e il regalo di te
come un sorriso che esplode
in un cielo perfetto
luna araba di mille vite
a sfilacciare il mio corpo
in un gomitolo di luce
per tessere un'alba
immaginata nel mai.
Comicità
Confesso. Sono uno di quei due milioni di telespettatori che il giovedì sera guarda “Mistero” su Italia 1. E faccio coming out nella speranza che quelli come me prendano coraggio e lo dicano ad alta voce: anche io sono nel tunnel di Mistero e non riesco a smettere. Se non l’avete mai visto, non potete capire di cosa sto parlando. Mistero è un programma ipnotico. Mistero è l’amico mitomane con cui stai al telefono fino a notte fonda perchè vuoi scoprire dove può arrivare. Mistero è Beautiful. Le gare di burlesque. E’ “abbiamo non vinto”. Tu lo guardi e pensi “No dai, è più facile credere che il corvo del Vaticano sia Lorena Bianchetti che a quello che mi stanno raccontando ‘sti sei”.
Già, perchè il primo mistero-di-Mistero è il perchè siano necessari sei conduttori per parlare di entità terrificanti, quando Bruno Vespa, tra onorevoli e ministri, di entità terrificanti ne ha spesso almeno otto presenti in studio e ce la fa benissimo da solo. Ma a Mistero, di misteri fitti ce ne sono parecchi. E sono tutti completamente estranei ai contenuti dei servizi. Ovvio che dopo due ore e mezzo di filmati in cui un tizio dice di essere stato rapito da un alieno che l’ha portato su Marte e c’ha trovato Formigoni che svernava lì, della tipa che in piena possessione demoniaca giura di parlare la lingua di Luca Giurato e delle storie sul fantasma della pinacoteca, della miniera, del centro commerciale e della sala Bingo di Cesano Maderno, anche il telespettatore meno smaliziato intuisce che la soluzione di tutti i Misteri sta nell’assoluto e inconfutabile assioma scientifico “è pieno di cazzari”.
I misteri appassionanti di questo programma sono altri. Il primo, quello più affascinante e impenetrabile, riguarda un personaggio i cui enigmi sconfinano nell’esoterismo. Non si chiama Mamma Ebe, no. Non si chiama Gustavo Rol. Si chiama Paola Barale. Cosa è successo a questa donna? Cos’ha nella mandibola che le impedisce di articolare in maniera fluida le parole? Cosa nasconde in bocca? Una bandana di Raz Degan? Neanche Monica Bellucci con un ascesso parla così male. E soprattutto. La sua faccia. Perchè ha la stessa morbida, espressiva naturalezza di quella della statuina dell’arrotino del presepe di San Gregorio Armeno? Roba che al confronto Paola Ferrari ha il trucco di una tredicenne all’esame di terza media. Capisco le punturine, ma qui ‘ste punturine gliel’hanno fatte col tubo delle guarnizioni per le torte nuziali,non ci sono altre spiegazioni. E non è che sia una mia opinione isolata. Pare che degli alieni scesi sulla Terra, dopo aver visto la Barale, abbiano realizzato sei puntate di Mistero sui suoi zigomi, nella loro galassia.
Ma veniamo all’ultima puntata, perchè merita un sunto. Daniele Bossari viene inviato a Lourdes, che già uno dice: non potevate mandarci la Barale così magari avveniva il miracolo e tornava a parlare decentemente? Garantisce di aver bevuto l’acqua di Lourdes e di aver provato euforia oltre ad aver sentito un calore sovrannaturale. E’ evidente che sta parlando del mojito bevuto con la troupe la sera prima ma vabbè, Mistero è così: uno fa finta di crederci. Poi aggiunge che ha come la sensazione che l’acqua di Lourdes abbia lavato via le cose più brutte della sua vita e qui non vorrei deluderlo, ma su wikipedia il suo cameo in “Natale in crociera” e “Furore” ci sono ancora. Nel frattempo, tra un servizio e un altro, mandano un sottopancia che recita così: “Hai visto un alieno o un fantasma? Mandaci il video!”. E certo. Chi di voi non ha ripreso un ectoplasma mentre gioca a calcetto il venerdì sera? Che poi la mitomania è in agguato. C’è gente che alle prime dei film riprende con lo smartphone il culo della Marini e poi lo manda a Bossari spacciandolo per una nave madre aliena.
Poi è il turno di Jane Alexander. Jane potrebbe essere utilizzata dagli autori come prova inconfutabile dell’esistenza degli alieni perchè una donna alta 1,85, per quel che mi riguarda, non fa parte della specie umana, e invece viene spedita vicino a Stonehenge a indagare sul misterioso fenomeno dei cerchi nel grano. E qui anziché farsi le uniche domande sensate, e cioè “Perchè ‘sti cerchi li fanno sempre nei campi di grano? Perchè mai nei campi di cicoria o di hashish così ‘sti alieni dopo aver viaggiato seimila anni luce per realizzare che sulla Terra ci vivono Scilipoti e il Mago Otelma, si rilassano anche un po’?”, no, Jane va da un tizio il quale svela di essere un circle maker. Rivela di fare lui i cerchi nel grano con l’aiuto di alcuni amici e di una pistola laser. A quel punto pensi due cose: questo maledetto laser è in grado di fare i cerchi nel grano e non toglie una smagliatura manco a morire. E “Oh, finalmente uno che non racconta fandonie”. Tempo due minuti e il circle maker racconta che però lui e i suoi amici hanno visto delle sfere luminose e l’uomo nero nei campi, per cui è evidente che l’assessore al turismo di Stonehenge gli ha dato la mazzetta per non ammazzare il turismo ufologi/minchioni e tanti saluti.
Andrea Pinketts ha affrontato il tema dei supereroi. In particolare si è occupato del Blob, che ha la speciale caratteristica di rimanere lucido e inamovibile in qualsiasi frangente. Considerato che Pinketts era almeno al settimo rum e pareva in sé, direi che possiamo serenamente classificarlo come Blob.
La bella Nicole va a indagare sul fenomeno della pietrificazione a Salò. Qui sono conservati i busti mummificati dal dottor G.Battista Reni e la prima faccenda esilarante è che il tizio che li custodisce li tira fuori da un armadio 4 stagioni. Si giustifica dicendo che stanno aspettando l’apertura del museo di Salò. Certo. Se mai il Louvre dovesse cambiar sede, siamo certi che la Gioconda la chiuderebbero un attimo nella scarpiera del custode. Tra l’altro mi permetto di dire che ho visto facce più pietrificate di quelle di Salò al compleanno della D’Urso quando è sbucata fuori la Santanchè con la parrucca azzurra ma sono particolari. Infine, il tizio ha raccontato che secoli facevano le gare tra le mummie meglio conservate . Pare che Renato Balestra fosse ospite fuori concorso già all’epoca, ma sono illazioni. L’ultimo servizio si chiamava “Le verità nascoste sulla morte di Lady Diana”. Secondo Jane Alexander, il mistero più grande sarebbe il seguente: “Perchè il tunnel dell’Alma alle sette del mattino era già sgombro?”. Jane, dà retta a me: il vero mistero è perchè il raccordo anulare alle sette del mattino è ancora intasato dopo quindici anni di cantieri”, ma sorvoliamo.
Infine c’è stato il consueto momento Adam Kadmon, che poi sarebbe il tizio con la mascherina. Qualcuno sostiene che in realtà sia Marco Berry che si vergogna delle boiate che dice, ma non ci sono prove certe. Comunque. Nell’ultima puntata Kadmon ha rivelato che esistono le armi psicotroniche, e cioè pistole elettromagnetiche in grado di influenzare la mente umana e di far fare alle persone quello che uno gli ordina. Pare che per le prossime politiche, Bersani ne abbia già ordinato un container.
Selvaggia Lucarelli
giovedì 7 giugno 2012
Poesie
E' la tua voce che mi tranquillizza.
E’ il tuo modo di parlare, il tuo modo di chiamarmi,
quel nomignolo che mi riservi.
E’ il fatto di immaginarti perché non posso vederti.
E’ dovermi figurare la smorfia della tua bocca.
E’ che sei tu.
E quando si tratta di te, io non lo so che mi succede.
Per quanto cerco di trattenermi, se si tratta di te, io sono felice.
(C. Ruiz Zafòn)
Cinema
Raramente un film riesce a proporre la biografia di un uomo in maniera cosi esauriente e completa come accade in questa pellicola.Timujin è un bambino di nove anni che adora suo padre,potente capo di una tribù mongola,e lo segue dovunque.Un giorno,di ritorno da un villaggio nel quale il piccolo si era scelto la moglie seguendo l'usanza locale,il padre viene avvelenato e muore tra le sue braccia.Inizia cosi un calvario per il piccolo che lo porterà a rimanere quasi ucciso dalle fazioni rivali a quella del padre,a perdere la casa,ad essere costretto a fuggire in continuazione,ad essere torturato ed imprigionato più volte,ed ogni volta scappare via verso la libertà.La feroce determinazione di Timujin di riprendere con sè la moglie,Borte,lo guida in ogni sua azione e lo porta a vivere le più svariate disavventure che uomo possa sopportare ma alla fine riesce a conquistare il potere e soprattutto il cuore dei mongoli,sconfiggendo proprio le armate di suo fratello di sangue,che lo aveva aiutato quando lui scappava per non essere ucciso.La bellezza mozzafiato degli scenari,l'interpretazione favolosa di tutti gli attori,la storia cosi avvincente che sembra scritta da Salgari o Verne e invece è storia vera,fanno trascorrere le oltre due ore come in trance,avvinti da tanta bellezza e dalla determinazione di quest'uomo,feroce all'occorrenza,ma saggio e solido,innamorato oltre ogni ostacolo della sua donna, e padre attento e premuroso dei sue due figli.L'uomo che il mondo conoscerà come il "Signore Universale"Gengis Khan,padrone dell'impero più vasto della storia.
martedì 5 giugno 2012
Pensieri
Cinema
Nel 1958 scoppia negli USA uno scandalo su scala nazionale quando si scopre che un popolare gioco a indovinelli _ "Twenty-One", simile al nostro "Lascia o raddoppia?", che in quegli anni ogni lunedì sera chiamava cento milioni di telespettatori _ era manipolato a favore dei concorrenti più telegenici che tenevano alti gli indici di ascolto. Tratto dal libro Remembering America: A Voice from the Sixties di Richard N. Goodwin, sapientemente sceneggiato da Paul Attanasio, assomiglia ai 3 film precedenti diretti da R. Redford: molto parlato, molto decoroso, molto impegnato (civilmente).Una denuncia di un sistema di corruzione largamente diffuso e che faceva circolare cifre iperboliche per l'epoca e le persone erano costrette ad una scelta difficile:etica o soldi?Interpretazione dei tre attori principali assolutamente perfetta da Fiennes a Turturro a Morrow.
Accadimenti
Un gruppo di archeologi americani guidati da William Saturno ha ritrovato nel sito di Xultun in Guatemala un’abitazione, probabilmente appartenuta a uno scriba Maya, sui cui muri sono presenti centinaia di geroglifici e pitture che sembrano descrivere varie ciclicità astronomiche. Il problema è che stando all’interpretazione data dai ricercatori la fine del calendario Maya non sarebbe per dicembre 2012 ma rimandata di almeno 7mila anni.
Nel bel mezzo della foresta guatemalteca nel 2010 alcuni archeologi dell’Università di Boston hanno ritrovato un complesso residenziale del IX secolo d.c. le cui pareti sono completamente ricoperte da geroglifici e pitture.
Ci sono voluti quasi due anni per decifrare i complessi codici presenti sulle pareti, utilizzate come lavagne per appuntarsi codici e numeri dal proprietario, probabilmente uno scriba. Secondo i ricercatori i glifi descrivono con precisione i vari cicli calendariali codificati dai Maya: quello cerimoniale (260 giorni), il calendario solare (365 giorni), il ciclo di Venere (584 giorni) e quello di Marte (780 giorni).
Mai prima d’ora sono stati ritrovati geroglifici maya così antichi. Per decifrare i codici sono state utilizzate le conoscenze relative alla scrittura di questo popolo ricavate dal codice di Dresda, un codice religioso che riporta molti dati astronomici tra cui i moti di Luna e pianeti.
L’aspetto, forse, più interessante per tutti noi è che secondo la numerazione ritrovata nel sito di Xultun il calendario di lungo computo che fino a poche settimane fa si riteneva sarebbe finito con il 21 dicembre 2012, in realtà dovrà essere aggiornato aggiungendo altri 7000 anni prima di terminare.
Quindi niente fine del mondo, almeno per i maya, quest’anno.
Bisognerà dire al regista Ronald Emmerich, al comico e presentatore televisivo Roberto Giacobbo e a tutta la ciurma che ha per anni lucrato sulla fine del mondo, grazie a film, libri e trasmissioni televisive su reti nazionali (pagate anche con il nostro canone), che dovranno rimettersi in gioco per cercare una nuova appassionante bufala sulla quale concentrarsi. Non so io la butto lì e propongo: asteroide Apophis (2036), previsioni di Nostradamus (2038), calendario ebraico (2240), a voi la scelta.
Cinema
Edimburgo 1926. Nell'ambito del suo tour mondiale giunge nella città scozzese il più grande illusionista di tutti i tempi: Harry Houdini. In città esercita la professione di medium, accompagnata dalla figlia Benji, Mary McGarvie. Houdini ha lanciato una sorta di sfida: chi riuscirà a mettersi in contatto con lo spirito di sua madre riceverà un'ingente somma di denaro. Mary è attratta dalla ricompensa e, basando la sua attività sulla contraffazione, cerca di entrare nel privato della star per carpire informazioni utili a farle vincere il premio. Ma al cuore non si comanda.
Gillian Armstrong nel 2007 affronta un bel rischio tornando sul tema dell'illusionismo dopo che The Prestige di Christopher Nolan e The Illusionist di Neil Burger avevano affrontato l'anno prima il giudizio delle sale scegliendo due modalità profondamente differenti per affrontare l'argomento. La regista è però abituata alle sfide sin dal suo esordio che la vide come prima donna australiana a dirigere un film di fiction dopo decenni di strapotere maschile. Decide quindi di privilegiare il taglio della storia d'amore cercando però di non banalizzarla. Ci riesce in gran parte grazie alla convergenza di alcuni fattori positivi. Innanzitutto la fama del suo protagonista.
Chi non ha sentito parlare almeno una volta in vita sua del grande Houdini, l'uomo che si faceva incatenare in una gabbia che veniva poi immersa nell'acqua e dalla quale riusciva a uscire libero? L'illusionista di origini ungheresi, emigrato negli States alla fine del Diciannovesimo Secolo, si qualificava anche come una sorta di (permettete il paragone irriverente) Piero Angela del tempo, impegnato com'era a smascherare la cialtroneria di alcuni pseudomaghi dell'epoca. A questo elemento di notorietà si aggiungono una ricostruzione scenografica accuratissima e, soprattutto, una prestazione straordinaria (per il mix perfettamente riuscito di vitalità giovanile e di precoce cinismo) di Saoirse Ronan nei panni della figlia di Mary.
Ai due protagonisti resta il compito di far progredire una relazione amorosa che avrebbe tutte le premesse per non riuscire dato l'inganno che le sta alla base. In fondo, sembra dire Armstrong, l'amore (oggi come allora) ha in sé una piccola o grande parte di dissimulazione. Cosa di meglio delle vicende di un grande illusionista per descriverne i percorsi?
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