martedì 26 dicembre 2017

Cinema






Tre amici di vecchia data - Willie, Joe ed Al - decidono di dare una scossa alle proprie vite da pensionati quando la banca utilizza il loro fondo pensione per coprire un'assicurazione aziendale. Disperati e pressati dal bisogno di pagare le bollette e sbarcare il lunario, i tre se la rischiano tutta, decidendo di rapinare proprio la banca che li ha defraudati.
C'era una volta Vivere alla grande di Martin Brest con George Burns, Art Carney e Lee Strasberg. C'è oggi questo film con tre grandi vecchi del cinema: Michael Caine, Morgan Freeman e Alan Arkin. I remake sono sempre un terreno scivoloso su cui avventurarsi perché implicano in chi ha visto l'originale inevitabili riferimenti e in chi non lo avesse visto la domanda implicita su dove sia finita la creatività se ci si deve rifare a ormai vecchi script.

Zach Braff aveva 4 anni quando il film di Brest raggiunse con successo il grande schermo. Non si può quindi dire che sia affetto da particolare nostalgia. Questo gli consente di evitare i rischi di cui sopra anche perché la sceneggiatura che gli offre Theodore Melfi è pienamente consapevole del tempo trascorso ed innesta nell'idea di base tutte le problematiche contemporanee.

Perché qui Wilie, Joe ed Al non sono più tre vecchietti che decidono di dare una svolta alla loro ormai monotona vita. Qui è una banca (e un sistema economico dietro di essa) che con lettere in buste di vario colore azzerano le loro vite truffandoli. Non è purtroppo una soluzione adatta solo per una buona sceneggiatura: si tratta di una realtà quotidiana negli Usa e non solo. Ecco allora che il buffo training in un supermercato messo in piedi dai nostri tre eroi per prepararsi al grande colpo non è più solo una sequela di gag ma diventa prologo ad un desiderio di rivalsa in cui tre Davide, a cui è stata sottratta la forma basilare di sussistenza, attaccano il loro Golia finanziario con la fionda della creatività. Non dev'essere stato semplice trovare gli attori giusti ma, anche da questo punto di vista, il film funziona.

Perché all'elegante ma talvolta impacciata presenza astuta di Joe/Michael Caine fa da contraltare il ruvido pessimismo di Al/Alan Arkin e nella posizione mediana diviene punto di equilibrio il sornione e sensibile nonno Willie/Morgan Freeman. Sono tre glorie del cinema che sanno come invecchiare senza svendersi a progetti dozzinali. Se poi a tutto ciò si aggiunge un Matt Dillon nei panni di un poliziotto non proprio furbissimo ci si può rendere conto di come il cinema americano, quando vuole, sappia valorizzare le risorse che ha ancora a disposizione. Senza doversi preoccupare ogni volta di essere un entertainment solo per giovani.



Giancarlo Zappoli

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