domenica 17 dicembre 2017

Cinema






1979. Jimmy Carter sciocca la nazione con il suo discorso sulla "crisi di fiducia", mentre il popolo si prepara a votare Reagan. Barry Seal, pilota di aerei di linea che arrotonda con il contrabbando, viene contattato dalla CIA per spiare le attività dei guerriglieri sandinisti in Nicaragua. Sarà l'inizio di una serie di opportunità, sempre meno lecite e sempre più rischiose. La storia di Hollywood è piena di autori che hanno scelto di divenire lavoratori su commissione, sviluppando un mimetismo esemplare e prestandosi ai progetti più disparati. Quello di Doug Liman sembrava uno di questi casi, ma in Barry Seal qualche traccia dello spirito che infondeva Swingers, delizioso debutto scritto da Jon Favreau, è possibile ritrovarla.

Una piacevole sensazione di bisboccia tra maschietti, incapaci di prendersi sul serio anche quando la faccenda si fa maledettamente grave. A condurre le danze un Tom Cruise istrionico, sorprendente (e sempre più incline a esibire il didietro in favore di macchina da presa).

Il lavoro di Cruise negli ultimi anni, ricco di autoironia e consapevolezza del proprio ruolo, è da non sottovalutare e, in questo senso, Barry Seal rappresenta un interessante upgrade. Il suo Maverick agé, dal sorriso piacione che permane mentre gli anni passano, si sposa perfettamente con la figura ambigua di un pilota coinvolto nei peggiori intrighi, ma a cui sembra impossibile voler male. È essenzialmente lui a elevare un lavoro gravato dai troppi scorsesismi e dalla fotografia di César Charlone, pregevole tecnicamente quanto pedissequa stilisticamente, vista l'insistenza nell'abuso di gialli e colori squillanti, ormai inevitabili per accompagnare una ricostruzione 70s. Per il discorso sui media - il flashback è ricostruito in base alle testimonianze lasciate su VHS da Barry stesso - gli esiti non sono forse all'altezza delle intenzioni di Liman, ma Barry Seal resta un esempio di ricostruzione a cuor leggero su una pagina di grave vulnus alla democrazia americana, che sa evitare le classiche trappole del biopic made in USA.

Emanuele Sacchi

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