mercoledì 2 maggio 2012

Poesie

"vagabondo" girando di città in città avevo sempre due paia di scarpe, le scarpe per-cercare-lavoro e le scarpe da lavoro. le scarpe da lavoro erano rigide, nere e pesanti. qualche volta quando le indossavo facevano molto male, la punta indurita e contorta. ma le mettevo in una mattina post-sbornia, pensando: bene, rieccoci qui a lavorare per paghe miserabili e si suppone tu sia grato di questo (essendo stato scelto tra una folla di candidati). probabilmente era la mia faccia più brutta e onesta. rimettersi quelle scarpe era sempre un altro duro inizio. immaginavo me stesso che in qualche modo riuscivo a uscirne. vincendo al tavolo da gioco o sul ring o nel letto di qualche ricca signora. può essere che l'idea derivasse dal vivere troppo tempo a Los Angeles, un posto di gran lunga troppo vicino a Hollywood. ma scendevo le scale di quelle stanze in affitto a ogni nuovo inizio, le rigide scarpe che mi assassinavano i piedi, fuori nella luce del primo mattino, lì il marciapiede, lì la città, e io ero solo un altro lavoratore qualunque, un altro uomo qualunque, l'universo che mi scivolava attraverso la testa e fuori dalle orecchie, il cartellino che aspettava di farmi entrare ed uscire, e in seguito qualcosa da bere e donne infernali. scarpe da lavoro scarpe da lavoro scarpe da lavoro e io dentro di loro con tutte le luci spente. Charles Bukovsky

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