sabato 7 settembre 2013

Film








Afghanistan. Una giovane donna con due figlie in tenera età assiste in una misera abitazione il marito mujaeddhin, in coma in seguito a uno scontro con un compagno d'armi. La donna deve combattere con la mancanza di denaro e per questo allontana da casa le bambine affidandole a una zia che gestisce una casa di piacere. Da quel momento si sente ancora più libera di confidare al coniuge segreti inconfessabili in precedenza. Quando poi una novità irromperà nella sua vita finirà con il trovare tutto il coraggio.
La 'syngué sabour' nella tradizione popolare afghana è la 'pietra paziente' cioè una pietra magica alla quale è possibile raccontare tutti i segreti, le sofferenze, le difficoltà. La pietra si carica di queste rivelazioni fino a quando si frantuma. Atiq Rahimi nasce come documentarista per poi passare alla scrittura che si trasforma rapidamente in cinema da lui diretto. Se Terre et cendres, dal suo romanzo omonimo, presentato nel 2004 a Cannes ottiene un'ottima accoglienza in Francia, questo Come pietra paziente è destinato a ripercorrerne le orme. 
Letto il libro il famoso sceneggiatore Jean-Claude Carrière ha proposto subito la sua trasformazione in sceneggiatura. La sua lunga frequentazione con il cinema d'autore (da Buñuel a Trueba passando per Louis Malle) gli ha permesso di cogliere il potenziale cinematografico della pagina scritta. Rahimi afferma "L'Afghanistan cristallizza tutte le contraddizioni umane possibili. Per me, oggi è come Star Wars di George Lucas: da un lato, la vita assomiglia a quello del Medioevo (il modo di vestire, le relazioni sociali, i valori religiosi...) e dall'altro dispone degli armamenti più sofisticati del mondo." 
Sono però proprio le vibrazioni prodotte dalle esplosioni che sembrano scuotere irreversibilmente questo mondo, in cui il tempo sembra essersi fermato, a risultare inferiori alla potenza deflagrante del vissuto forzosamente occultato della giovane protagonista. Sostenuto dalla straordinaria interpretazione di Golshifteh Farahani (About Elly) questo personaggio è destinato a rimanere a lungo nella memoria degli spettatori. Perché si tratta di un duello tra due corpi. Uno, quello del marito, immobilizzato nel coma e alimentato in modo rudimentale da una flebo artigianale ma ancora capace di provocare sofferenza nell'altro. Una sofferenza che si fa ricordo di umiliazioni subite in quanto donna, essere inferiore a cui non concedere né ascolto né, tantomeno, affetto. 
Un corpo costantemente coperto che però progressivamente acquista luminosità a partire dal volto grazie a un processo di autoanalisi liberatoria. Un processo che verrà accelerato da un incontro capace di mostrare alla protagonista un aspetto diverso della realtà che non aveva mai potuto sperimentare in precedenza. Un incontro che le permette di rivelare a se stessa una femminilità fino ad allora implosa se non negata. Come la nega quel burqa che quando esce di casa, grazie a un solo gesto divenuto forzosa abitudine la separa dal mondo.




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