domenica 15 settembre 2013

Pensieri











Ci hai mai pensato? Le persone con cui si riesce a stare in silenzio, sono poche. La gente pensa che stare insieme voglia dire parlare e così le parole diventano panico, imbarazzo, i vuoti sono momenti da riempire. Stare in silenzio invece è pienezza, è condividere l’essenziale. La felicità è inspiegabile, è come un’acqua calma che sale dentro, muovendosi lenta, con un ritmo simile al battito del cuore.

◈ Simona Vinci




Canzoni

Accadimenti









E' possibile che nel 2013 dobbiamo assistere,inermi,alla visione di queste immagini?
Sono dei bambini di un villaggio della Siria,attaccato dalle truppe di Assad e uccisi con del gas letale nel sonno.
Non credo occorra essere genitori,avere dei figli,per sentire addosso un tale orrore,un tale disgusto per tutta questa violenza cosi immotivata,un tale disprezzo per la vita,per il futuro del tuo popolo.Come si può dare credito ad uno come Assad che uccide i suoi bambini?Che annienta il futuro della sua nazione?Che abbia dietro poi Putin e La Cina non mi sorprende,sono due paesi storicamente non democratici e inclini agli orrori sia sui propri cittadini che su quelli altrui.
Sono contro la guerra in quell'area già esplosiva di suo,ma tutto questo va fermato,oggi non è più tollerabile una tale barbarie,il mondo,o almeno chi ha una coscienza e spera in un futuro migliore,deve ribellarsi vedendo queste immagini e leggendo i report che arrivano da quel paese martoriato.
E' angosciante per me vedere questi corpicini inermi,pensare che avevano le stesse età dei miei figli,ma solo la sfortuna di nascere sotto un dittatore spietato,e non quella di vivere la vita che tutti i bambini del mondo,o quasi,dovrebbero vivere,nel gioco,nella crescita,negli affetti,nella curiosità,nell'imparare e camminare le strade della vita.
Ormai per loro non ci sono più strade,almeno non più quelle terrene,ed è un dolore infinito che si rinnova ad ogni rastrellamento di villaggio,ad ogni esecuzione di massa,ad ogni uso di gas letale su civili inermi.







Canzoni

mercoledì 11 settembre 2013

Libri











Spericolate operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza. La storia raccontata in questo libro parte da un archivio custodito in Svizzera e da oggi accessibile a tutti. Circa quattromila documenti riservati della Santa Sede. Lettere, relazioni, bilanci, verbali, bonifici. Tutto grazie all'archivio di monsignor Renato Dardozzi (1922-2003), tra le figure più importanti nella gestione dello Ior fino alla fine degli anni Novanta. Sembrava una storia conclusa con gli scandali degli anni Ottanta: Marcinkus, Sindona e Calvi. Invece tutto ritorna. Dopo la fuoriuscita di Marcinkus dalla Banca del Papa, parte un nuovo e sofisticatissimo sistema di conti cifrati nei quali transitano centinaia di miliardi di lire. L'artefice è monsignor Donato de Bonis. Conti intestati a banchieri, imprenditori, immobiliaristi, politici tuttora di primo piano, compreso Omissis, nome in codice che sta per Giulio Andreotti. Titoli di Stato scambiati per riciclare denaro sporco. I soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont) sono passati dalla Banca vaticana, ma anche il denaro lasciato dai fedeli per le messe è stato trasferito in conti personali. Lo Ior ha funzionato come una banca nella banca. Una vera e propria "lavanderia" nel centro di Roma, utilizzata anche dalla mafia e per spregiudicate avventure politiche. Un paradiso fiscale che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Stato Vaticano. Tutto in nome di dio.




Accadimenti









Un “clima di completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto”. La Cassazione mette nero su bianco quello che accadde nella caserma di Bolzaneto dove furono portati i manifestanti no global arrestati e percossi durante il G8 di Genova nel luglio del 2001: “Violenze senza soluzione di continuità” in condizioni di “assoluta percettibilità visiva e auditiva da parte di chiunque non fosse sordo e cieco”. Nelle 110 pagine depositate oggi dalla Suprema corte si spiega perché, lo scorso 14 giugno, sono state rese definitive sette condanne e accordate quattro assoluzioni per gli abusi alla caserma contro i manifestanti fermati.

La Cassazione ha così chiuso l’ultimo dei grandi processi sui fatti del luglio 2001. Nel precedente verdetto d’appello, i giudici avevano dichiarato prescritti i reati contestati a 37 dei 45 imputati originari tra poliziotti, carabinieri, agenti penitenziari e medici – riconoscendoli comunque responsabili sul fronte dei risarcimenti. Risarcimenti che però la sentenza definitiva ha ridotto. I giudici puntano il dito contro chi era preposto al comando: “Non è da dubitarsi che ciascuno dei comandanti dei sottogruppi, avendo preso conoscenza di quanto accadeva, fosse soggetto all’obbligo di impedire l’ulteriore protrarsi delle consumazioni dei reati”.

Oltretutto, scrive la Cassazione “non risulta dalla motivazione della sentenza che vi fossero singole celle da riguardare come oasi felici nelle quali non si imponesse ai reclusi di mantenere la posizione vessatoria, non volassero calci, pugni o schiaffi al minimo tentativo di cambiare posizione, non si adottassero le modalità di accompagnamento nel corridoio (verso il bagno o gli uffici) con le modalità vessatorie e violente riferite” dai testimoni ascoltati nel processo.

I giudici di piazza Cavour denunciano come il “compimento dei gravi abusi in danno dei detenuti si fosse reso evidente per tutto il tempo, data l’imponenza delle risonanze vocali, sonore, olfattive e delle tracce visibili sul corpo e sul vestiario delle vittime”. Ecco perché, osserva la Quinta sezione penale, è “inaccoglibile la linea difensiva basata sulla pretesa inconsapevolezza di quanto si perpetrava all’interno delle celle, e anche nel corridoio durante gli spostamenti, ai danni di quei detenuti sui quali i sottogruppi avrebbero dovuto esercitare la vigilanza, anche in termini di protezione della loro incolumità”.

La Cassazione descrive inoltre i comportamenti inaccettabili di chi aveva il comando e non ha mosso un dito per fermare le violenze sui no global: “E’ fin troppo evidente che la condotta richiesta dei comandanti dei sottogruppi consisteva nel vietare al personale dipendente il compimento di atti la cui illiceità era manifesta: ciò non significa attribuire agli imputati una responsabilità oggettiva, ma soltanto dare applicazione” alla norma che regola “la posizione di garanzia da essi rivestita in virtù della supremazia gerarchica sugli agenti al loro comando”.

Erano poi “ingiustificate” le vessazioni ai danni dei fermati “non necessitate dai comportamenti di costoro e riferibili piuttosto alle condizioni e alle caratteristiche delle persone arrestate, tutte appartenenti all’area dei no global”, si legge nelle motivazioni. Insomma, conclude la Suprema corte, le violenze commesse alla caserma di Bolzaneto sono state un “mero pretesto, un’occasione per dare sfogo all’impulso criminale“








Canzoni

Pensieri


Film








Un film bellissimo,che cresce lento aumentando di ritmo come il Bolero di Ravel,accompagnato da una storia molto intrigante e purtroppo vera e da interpretazioni superbe,in primis quella di Mads Mikkelsen,eccellente anche qui.Christian VII di Danimarca a 17 anni è già re e sposa la cugina principessa Caroline Matilda sorella del re d'Inghilterra Giorgio III. Dopo il matrimonio la sua instabilità mentale si accentua manifestandosi in una promiscuità sessuale che esclude, salvo che per la procreazione di un erede, la moglie dai rapporti. Strumento del tutto passivo di un Consiglio di Corte assolutamente reazionario Christian cambia atteggiamento dopo aver conosciuto Johann Friedrich Struensee. Costui è un medico tedesco convinto assertore delle idee dell'Illuminismo il quale, divenuto suo dottore personale, riesce a instillare i propri ideali nel re il quale li impone ai suoi ministri sempre meno disposti a ottemperare ai suoi ordini. Intanto la sempre più negletta Caroline inizia una relazione con Struensee.
Chi non è cultore della storia danese inizialmente, dinanzi a questo film, può pensare di trovarsi dinanzi a una ben costruita narrazione di un triangolo amoroso in costume d'epoca. Invece il plot di base corrisponde rigorosamente a quanto accaduto e riportato non solo nei manuali scolastici ma anche in 15 libri nonché in un'opera lirica e in un balletto. Difficile non cadere nelle maglie della ricostruzione finalizzata alla relazione sentimentale in questi casi. Arcel ci é riuscito.
Il film ci propone uno sguardo inedito su un Paese nordico del quale conosciamo spesso solo vagamente il passato. Riesce cioè a mostrare, non dimenticando mai lo spettacolo, la perigliosa penetrazione delle idee dell'Illuminismo in un contesto finalmente diverso da quello francese a cui il cinema ci ha abituato. La grettezza di una Corte che si avvantaggia dell'instabilità psichica di un re e che vede pian piano prendere piede idee pericolose che provengono da un altro manipolatore, il medico privato di sua maestà è descritta con misura ma anche con acutezza. La manipolazione di Struensee è però a favore di un popolo ridotto nelle peggiori condizioni al quale si vogliono offrire vaccinazioni e fognature. Abolire la tortura per ottenere confessioni è ancora oggi per molti un'idea peregrina. Figurarsi all'epoca.
Ecco allora che quella che avrebbe potuto proporsi come l'ennesima e poco interessante storia di amori nascosti e di tradimenti palesi oppure, ancor più banalmente, nel ritratto di un re pazzo diviene occasione per riflettere su un periodo storico complesso dal quale, nonostante una repressione tanto ottusa quanto feroce, nacque l'età moderna che sembra non aver ancora fatto propri, se non sulla carta, alcuni di quei princìpi.










Canzoni

Film











Nel futuro la razza umana vive in continua guerra contro una specie aliena di natura animale, potente ma cieca, che rileva la presenza degli uomini fiutandone la paura. Solo una classe di militari, i "ranger", sono in grado di combatterli perchè addestrati a non provare più alcun sentimento di terrore. Il figlio di uno dei ranger più noti e stimati si troverà in mezzo ad un atterraggio di fortuna, assieme al padre e ad un esemplare alieno, su un pianeta da tempo disabitato dall'uomo, la Terra. Lì il figlio dovrà dimostrare al padre, reso infermo dall'atterraggio di fortuna, di essere all'altezza del titolo di "ranger".
Il rito di passaggio tra l'età infantile (quella del dominio incontrastato della paura) e quella adulta (in cui la paura va combattuta) tradotto nel linguaggio del cinema americano mainstream diventa inevitabilmente la storia di una seconda occasione fornita dalla vita per espiare una colpa attraverso le azioni, ed è un cineasta abile e raffinato ma tra i meno restii a sferrare colpi bassi (specie quando si parla di rapporti familiari) a trovarsi per le mani questo soggetto.
Shyamalan sguazza nel più classico caso di colpe dei padri che ricadono sui figli (il primo assente per lavoro, come la maggior parte dei padri colpevoli che Hollywood ha proposto negli ultimi 20 anni, il secondo incapace di agire in sua vece), posizionando un immobile Will Smith, infermo ma ubiquo grazie alla telecomunicazione, a guardare con mille occhi e mille orecchie il figlio (nella vita e sullo schermo) Jaden mentre si dimostra alla sua altezza, fronteggiando prima i propri demoni e infine la minaccia esterna, a conferma della nuova condizione raggiunta.
Paradossalmente è un soggetto scritto e voluto dai due Smith a riportare M. Night Shyamalan ad un film che ne esalti le qualità e ne limiti (purtroppo non azzeri) i molti difetti di scrittura, un'opera che lo spinge a girare un trattato sulla paura dotato del respiro del buon cinema d'azione, secco e dal gran ritmo, tutto giocato sulle regole della tensione al cinema. Mentre il suo protagonista lotta per vincere il proprio terrore e battere i propri demoni interiori, il regista maneggia i mille piccoli modi in cui la paura lavora con le immagini, e orchestra il suo viaggio attraverso una Terra distrutta ( slancio ecologista che non brilla certo per originalità ed efficacia) con l'obiettivo di liberarsi da qualsiasi paura Ricalcando un percorso nelle fobie fondamentali Shyamalan utilizza animali mostruosi come spettri di volta in volta del terrore dell'oscurità (il serpente nella grotta), del rigetto sociale (le scimmie) o ancora dell'ineludibile senso di colpa (l'aquila che non smette mai di inseguire). 
Non disdegnando modelli forse troppo alti per le carte che ha in mano (il ritorno sulla Terra richiama più volte esplicitamente e implicitamente la letteratura americana, da Moby Dick ad Huckleberry Finn) After Earth è un film in cui il piccolo Smith si agita sotto il riflettore come si conviene all'eroe d'azione, mentre papà Smith fa il lavoro d'esperienza, calibrato su pochissimi movimenti essenziali, espressioni misurate e una recitazione minimale. Forse però non era lui, Will Smith, l'attore più adatto per questo compito, abituato com'è a caricare le espressioni invece che a giocare di sottrazione sembra chiedere al proprio mestiere più di quanto non possa dare.


Libri










Piazza Fontana, una strage che si poteva evitare. Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’Università di Padova provoca una nuova indagine. A coordinarla è un commissario di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una trappola a seguito della quale Juliano si vedrà scippare l’inchiesta, destinata ad insabbiarsi, e finirà sotto processo accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno dieci anni per dimostrare la sua innocenza: solo nel 1979, sarà assolto da tutti i capi d’imputazione. Ma la stagione delle bombe avrà quasi concluso il suo corso.Un vero "eroe borghese"Juliano,uno che ha sempre lottato dimostrando non solo l'infamia delle accuse mossegli ma anche la sua cristallina attività di poliziotto e,soprattutto,di uomo.Una vicenda che emerge grazie a questo piccolo grande libro che ripercorre tutta la carriera del commissario e attraverso lui i primi bagliori di quella bomba che sarà la strategia della tensione che porterà al periodo più cupo della nostra Storia.








sabato 7 settembre 2013

Film









Simon, che lavora in una prestigiosa casa d'aste, si unisce a una banda criminale per trafugare un capolavoro di Goya. Durante il furto, però, viene colpito duramente alla testa e il trauma gli impedisce di ricordare dove ha nascosto il preziosissimo bottino. Poiché nemmeno le torture fisiche sortiscono alcun effetto, il capo della banda, Franck, decide di provare con l'ipnosi. Simon sceglie di farsi curare dall'affascinante dottoressa Elisabeth Lamb, ma più la donna si addentra nella mente dell'uomo più il mistero, anziché dipanarsi, s'infittisce.
Dopo la prova di resistenza fisica di 127 ore, Danny Boyle torna ad esplorare le alterazioni degli stati mentali, in un film-puzzle la cui maggior verità riguarda la straordinaria abilità che possediamo di mentire a noi stessi. Pur non risultando incomprensibile, In trance tira decisamente troppo la corda quando, complice il triangolo sentimentale, le versioni e le visioni della coscienza si moltiplicano, s'intrecciano, esuberano. La tensione c'è e, come in ogni film di Boyle, è costruita sul binomio impossibile nervi saldi/psiche esplosa, così come non mancano le immagini ricercate, colorate dal digitale e dal richiamo alla pittura. Ma l'eleganza è un'altra cosa. Non bastano gli interni di lusso e design, l'abito sartoriale di McAvoy né la bellezza superlativa di Rosario Dawson a spogliare il film di una patina di grossolanità che poco gli giova. È un problema di verosimiglianza, che concerne l'aspetto per quel che riguarda McAvoy e il comportamento, nel caso della Dawson (che regge invece bene il ruolo psicologico di protagonista assoluta del film, oltre che l'impegno fisico, ça va sans dire). Ed è un problema di misura, perché gli spunti d'interesse del film rimangono sotterranei, come sul fondo di una cornice da cui è stato asportato il dipinto e il film sembra inseguire esattamente e per tutto il tempo la chimera del dipinto, dimenticando l'importante. Come l'analogia tra la forza occulta della stregoneria evocata dal quadro di Goya, Streghe Nell'Aria, e la forza occulta, sempre femminile, di cui si serve l'ipnotista per vendicarsi del male subito e convertitsi da vittima (Lamb) in artefice del proprio interesse.
Boyle, dunque, si fa prendere dal gioco dei colpi di scena, dall'esercizio dell'art for art's sake e spreca l'occasione del film di genere per consegnarcene uno di puro intrattenimento.









Canzoni




Ci sono canzoni che scopri,mentre le ascolti,che trattengono un significato nascosto,lo intuisci,ma non lo sai.E,come diceva Jung,esistono le "sincronicità",vale a dire che nello stesso momento due pensieri,due emozioni,due sentimenti,possono convergere in un unico punto.E' successo a me sentendo per la prima volta questa canzone.Intuivo il dolore e il pathos che Bono metteva nel cantarla e poi il testo,da brividi.Poi ho scoperto che questa canzone era stata scritta da bono per la fine della sua relazione con Wynona Ryder,un momento di grande dolore per lui.Che si mescolava al mio,che era il più terrificante e definitivo che si potesse provare.Ogni volta che l'ascolto piango sempre.....

Poesie







Sera sul Mar Rosso

Dai deserti ardenti
avanza fluttuando un vento venefico,
cupo attende il mare appena mosso,
centinaia di gabbiani inquieti sono
per il bollente inferno nostri compagni.
Fulmini squarciano impotenti dell'orizzonte il limite,
della pioggia non conosce il beneficio questa terra maledetta.

Lassù però netta e serena si trova
sola una quieta nuvola;
l'ha posta per noi Dio,
Perché più a lungo non fossimo afflitti
e soli in questo mondo.

Mai dimenticherò quel nulla sconfinato
e questo inferno opprimente
che trovai nel luogo più caldo della terra;
ma che lassù la nuvoletta sorridente stesse,
mi sarà di conforto per l'opprimente calura,
che sento avvicinarsi nel meriggio della mia vita.



Hermann Hesse







Film









Già autore del bellissimo "Little Odessa", James Gray indaga di nuovo l'ambiente della malavita ma la tematica fondamentale è sicuramente quella della famiglia. In un mondo dominato dal male, dove gli amici tradiscono e l'amore, per quanto intenso, svanisce, gli unici legami ancora validi sono quelli di sangue, sembra volerci dire il giovane e talentuoso regista americano. E a tal proposito, le dinamiche interne alla famiglia Grusinsky sono esaminate in maniera impeccabile. Nel ruolo della "pecora nera" spiacca un sempre grande Joaquin Phoenix. Gli fa da specchio un Mark Whalberg misurato ed intenso. Un attore discontinuo, che ha però dimostrato di poter, nelle mani giuste (Gray, Scorsese), dare credibilità ai suoi personaggi. Il padre è una presenza ingombrante, carismatica, ed al Robert Duvall attore queste caratteristiche non fanno sicuramente difetto, quindi ogni sua apparizione sullo schermo diventa magnetica. In definitiva, un grande film, girato e recitato alla grandissima, coinvolgente come deve essere un thriller, ma che al contempo indaga in modo mai banale temi universali (la famiglia, il rapporto tra bene e male), come ogni film d'autore che si rispetti.








Canzoni

Pensieri


Libri









Tentativi di colpi di stato, stragi, complotti e assassini politici: per quasi mezzo secolo la vita del nostro Paese è stata condizionata da quest'incubo. Quante volte abbiamo cercato un "perché" ai troppi, intollerabili segreti d'Italia? Oggi, possiamo trovare una risposta, custodita nella cassaforte della Commissione parlamentare che indaga sulle stragi e sul terrorismo, fra le carte accumulatesi nel corso di un decennio: atti giudiziari, materiali di archivio dei Servizi segreti, testimonianze dei protagonisti. Una mole imponente di materiali che consente di aprire uno spiraglio sui misteri della Prima Repubblica.Un libro molto complesso ma che si legge tutto d'un fiato per la sua incredibile lettura della nostra Storia più recente.






Canzoni

Film








Afghanistan. Una giovane donna con due figlie in tenera età assiste in una misera abitazione il marito mujaeddhin, in coma in seguito a uno scontro con un compagno d'armi. La donna deve combattere con la mancanza di denaro e per questo allontana da casa le bambine affidandole a una zia che gestisce una casa di piacere. Da quel momento si sente ancora più libera di confidare al coniuge segreti inconfessabili in precedenza. Quando poi una novità irromperà nella sua vita finirà con il trovare tutto il coraggio.
La 'syngué sabour' nella tradizione popolare afghana è la 'pietra paziente' cioè una pietra magica alla quale è possibile raccontare tutti i segreti, le sofferenze, le difficoltà. La pietra si carica di queste rivelazioni fino a quando si frantuma. Atiq Rahimi nasce come documentarista per poi passare alla scrittura che si trasforma rapidamente in cinema da lui diretto. Se Terre et cendres, dal suo romanzo omonimo, presentato nel 2004 a Cannes ottiene un'ottima accoglienza in Francia, questo Come pietra paziente è destinato a ripercorrerne le orme. 
Letto il libro il famoso sceneggiatore Jean-Claude Carrière ha proposto subito la sua trasformazione in sceneggiatura. La sua lunga frequentazione con il cinema d'autore (da Buñuel a Trueba passando per Louis Malle) gli ha permesso di cogliere il potenziale cinematografico della pagina scritta. Rahimi afferma "L'Afghanistan cristallizza tutte le contraddizioni umane possibili. Per me, oggi è come Star Wars di George Lucas: da un lato, la vita assomiglia a quello del Medioevo (il modo di vestire, le relazioni sociali, i valori religiosi...) e dall'altro dispone degli armamenti più sofisticati del mondo." 
Sono però proprio le vibrazioni prodotte dalle esplosioni che sembrano scuotere irreversibilmente questo mondo, in cui il tempo sembra essersi fermato, a risultare inferiori alla potenza deflagrante del vissuto forzosamente occultato della giovane protagonista. Sostenuto dalla straordinaria interpretazione di Golshifteh Farahani (About Elly) questo personaggio è destinato a rimanere a lungo nella memoria degli spettatori. Perché si tratta di un duello tra due corpi. Uno, quello del marito, immobilizzato nel coma e alimentato in modo rudimentale da una flebo artigianale ma ancora capace di provocare sofferenza nell'altro. Una sofferenza che si fa ricordo di umiliazioni subite in quanto donna, essere inferiore a cui non concedere né ascolto né, tantomeno, affetto. 
Un corpo costantemente coperto che però progressivamente acquista luminosità a partire dal volto grazie a un processo di autoanalisi liberatoria. Un processo che verrà accelerato da un incontro capace di mostrare alla protagonista un aspetto diverso della realtà che non aveva mai potuto sperimentare in precedenza. Un incontro che le permette di rivelare a se stessa una femminilità fino ad allora implosa se non negata. Come la nega quel burqa che quando esce di casa, grazie a un solo gesto divenuto forzosa abitudine la separa dal mondo.




martedì 3 settembre 2013

Accadimenti








Ci sono momenti
di tristezza e sofferenza
e giornate come
pugnalate nel cuore.
Quando hai questi momenti
prova a bussare alla porta
della mia essenza,
la porta della mia vita è sempre aperta
per te.
Queste orecchie possono ascoltare
qualsiasi cosa
in qualsiasi momento.
Anche questi occhi
hanno accumulato tante di quelle lacrime
 per piangere con te.
 Quando sei gioiosa
non c'è bisogno di parlare
io lo capisco dal profumo tuo
che si spande nell'aria,
invece quando senti tristezza,
solitudine,
o voglia di allontanarti,
parla con me di tutte queste cose.
Io carico sulle mie spalle
la metà del peso delle tue sofferenze.
Andiamo avanti insieme,
Amica mia,
questa è la nostra strada,
 fino a quando il tempo sarà
senza tempo.


Daisaku Ikeda



Buon Compleanno Antonella......