lunedì 23 aprile 2012

Fotografia

Etna, ultima colata Fotografia di Marco Todaro

Pensieri

La cultura è la passione per la dolcezza e la luce, e (ciò che più conta) la passione di farle prevalere.
Matthew Arnold, Cultura e anarchia, 1869

Canzoni

venerdì 20 aprile 2012

Scienza


Il termine animismo è usato in antropologia per classificare le tipologie di religioni o pratiche di culto nelle quali vengono attribuite qualità divine o soprannaturali a cose, luoghi o esseri materiali. Queste religioni cioè non identificano le divinità come esseri puramente trascendenti, bensì attribuiscono proprietà spirituali a determinate realtà materiali.
Questo tipo di credenze è così chiamato perché si basa sull'idea di un certo grado di identificazione tra principio spirituale divino (anima) e aspetti “materiali” di esseri e realtà (anche "demoni" e altri enti).
La posizione filosofica corrispondente all'animismo viene di solito chiamata panpsichismo.

Il termine animismo, per quanto riferibile a concezioni e credenze molto antiche, è stato coniato solo in tempi più recenti.
Esso fu usato per la prima volta nel 1720 in ambito medico, dal chimico e biologo Georg Ernst Stahl per definire una teoria secondo la quale l'anima svolgeva una funzione diretta nel controllo di ogni funzione corporea, in particolare come meccanismo di difesa nei confronti degli agenti patogeni. Si trattava di una teoria rivelatasi scientificamente di scarso successo, ma simmetrica a livello concettuale alla teoria del flogisto, formulata sempre da Stahl in ambito chimico, che teorizzava la presenza in ogni tipo di materiale di un ineffabile componente (il flogisto) che sarebbe stato liberato durante la combustione giustificando gli effetti di quest'ultima.
Successivamente, nel 1871, l'espressione animismo è stata utilizzata dall'antropologo inglese Edward Tylor per definire una forma primitiva di religiosità basata sull'attribuzione di un principio incorporeo e vitale (anima) a fenomeni naturali, esseri viventi e oggetti inanimati, in special modo per tutto ciò che incide direttamente con la vita di queste popolazioni ed è essenziale per la loro sopravvivenza: i prodotti alimentari e la loro caccia e raccolta, i materiali per costruire utensili, monili e ripari, i fenomeni atmosferici, la morfologia stessa del territorio. Tutto ciò viene riconosciuto come animato e progressivamente associato a forme di venerazione, spesso direttamente funzionali alla buona riuscita delle azioni quotidiane per vivere.
Questo culto dell'anima, semplice, spontaneo, irrazionale, basato sulle esperienze comuni e quotidiane, sarebbe stato alla base, secondo Tylor, di un'"evoluzione" del pensiero religioso che avrebbe condotto, di pari passo con la civilizzazione, a religioni sempre più strutturate, con pratiche sociali ben definite, fino a svilupparsi attorno alla figura di un essere creatore.
Il senso del termine animismo così come definito da Tylor è quello oggi di uso più comune per descrivere le caratteristiche di questo tipo di religiosità, per quanto la spiegazione da lui fornita dell'animismo come religione primitiva e "immatura", con le sue analogie con lo sviluppo cognitivo del bambino, sia stata, invece, ampiamente criticata e superata in antropologia.
In particolare, della teoria di Tylor viene contestato l'etnocentrismo insito nell'assunto che i temi mitologici alla base delle religioni animistiche, in quanto frutto di una concezione superstiziosa e primitiva della natura, potessero svilupparsi indipendentemente in varie parti del mondo per progredire, altrettanto indipendentemente, verso un'elaborazione più complessa, più "elevata" dei valori religiosi.
Si trattava di un approccio psicologico simile a quello utilizzato dall'antropologo James Frazer, con la pubblicazione nel 1890 de Il ramo d'oro, per indagare il ruolo sociale ricoperto dalla magia nelle società umane più antiche.
Un primo approccio alternativo a quello di Tylor allo studio delle culture primitive viene proposto nel 1903 da Leo Frobenius con il concetto di kulturkreislehre («teoria dell'area culturale») basata sull'ipotesi che i temi mitologici delle civiltà più antiche non si siano sviluppati in modo indipendente, ma si siano diffusi, invece, progressivamente in Mesopotamia e India a partire da un nucleo primitivo africano, successivamente nelle isole del Pacifico, e da lì nell'America Centrale e equatoriale.
Studi sull'animismo sono presenti anche nella letteratura psicoanalitica. All'interno di Totem e tabù di Sigmund Freud, l'animismo viene considerato una fase primitiva dello sviluppo sociale. Una recente e originale chiave di lettura ispirata alla tradizione junghiana afferma invece che l'animismo, lungi dall'essere l'ingenuo prodotto di un pensiero pre-logico come sosteneva l'antropologo Lévy-Bruhl, nasce piuttosto da una psicologia tutta incentrata sugli aspetti soggettivi della psiche (sensazione e intuizione). Da tale concezione si sarebbe creato un sistema culturale basato sulla proiezione dell'inconscio sulla Natura, ad esempio su luoghi sacri, o identificandosi con lo spirito degli animali totemici, recuperando così competenze ancestrali; ci si confronta con l'anima di defunti o di nemici per affrontare e superare i propri conflitti interni.

Particolare rilevanza ha assunto anche il dibattito tra animisti e meccanicisti, riguardante la seguente questione: gli organismi viventi sono delle macchine perfezionate, o il risultato miracoloso di un principio spirituale? È la materia o l'anima a produrre la vita? Nell'Ottocento, con l'avanzare del positivismo, la domanda sembrava risolta dalla scienza in favore della tesi meccanica, sulla base del fatto che l'animismo, per spiegare la vita, faceva ricorso ad un principio autonomo, appunto l'anima, che non poteva essere oggettivamente studiato, e risultava quindi oscuro, non definibile, e scientificamente retrogrado. Poiché inoltre escludeva la possibilità di una dialettica materialista, appariva persino reazionario (specie negli ambienti marxisti).
Dietro la contrapposizione tra meccanicismo e animismo si celava sostanzialmente l'antitesi tra determinismo e finalismo: il primo ipotizzava che il mondo fosse soggetto a leggi causali senza un fine né un progetto; il secondo affermava invece che gli organi viventi sono talmente perfetti che non possono essere frutto del caso. Più recentemente, tuttavia, l'anima ha assunto altre connotazioni che le consentono di sfuggire alle obiezioni del meccanicismo: oggi, infatti, la fisica ammette una quota di casualità nei fenomeni naturali (principio di indeterminazione di Heisenberg), e la biologia, d'altro canto, riconosce che il finalismo vitalistico è tutt'altro che perfetto, essendo la vita soggetta a morte, malattie, e mostruosità. Così l'animismo non rifiuta più la ricerca sperimentale, ma ne riconosce i limiti nel comprendere la natura della vita, che non è riducibile a semplici fenomeni fisico-chimici.
Mentre infatti nell'organismo c'è un processo di auto-costruzione e auto-mantenimento, la macchina viene costruita dall'esterno. La macchina, inoltre, è costruita dall'uomo in vista di un fine, quindi non manca di finalismo, anzi, ha una finalità ben definita e rigida. Nell'organismo animato, invece, le funzioni sono in parte sostituibili l'una con l'altra poiché gli organi sono polivalenti: essi cioè hanno meno finalità e più potenzialità.
Ancora, la macchina è il prodotto di un calcolo a cui soggiace in maniera univoca, mentre l'organismo opera secondo criteri empirici, nel senso che la vita è esperienza, improvvisazione, tentativo in tutte le direzioni. Da ciò derivano le mostruosità che la vita comporta, trovandosi in un equilibrio precario e continuamente da ristabilire.
In definitiva, la concezione meccanica dell'organismo non sarebbe che un residuo antropomorfico, che cerca di spiegare la formazione della vita assimilandola al procedimento usato dall'uomo per fabbricare una macchina. Una concezione, affiorata la prima volta in Cartesio, che considera Dio alla stregua di un fabbro intento a costruire macchine perfette e rispondenti a degli scopi prefissati. E così l'accusa di finalismo, abitualmente rivolta all'animismo, viene da quest'ultimo ribaltata: la metafisica antropomorfa è alla base del meccanicismo, non del vitalismo.
Concezioni animiste radicalmente anti-antropomorfe risulta peraltro che fossero presenti sin dall'antichità, in particolare nell'antica Grecia, contrapponendosi già da allora alle prime forme embrionali del meccanicismo. Così in Platone, e poi successivamente nel neoplatonismo, l'anima era considerata il principio vitale, non componibile, che sta alla base del composto, in opposizione alle teorie atomiste di Democrito, secondo il quale invece gli esseri viventi erano un semplice aggregato di atomi.
Per i platonici l'anima è sempre stata vista come il principio più semplice che si possa concepire, l'unità che si articola nella molteplicità. Mentre il composto può nascere (quando si abbia aggregazione) e morire (quando viene scomposto), l'anima è indistruttibile essendo qualcosa di straordinariamente semplice. Il finalismo viene rigettato perché l'Uno, da cui ogni essere proviene, genera in maniera non intenzionale o voluta, ma inconsapevolmente. Ne deriva che la natura è tutta pervasa da una comune Anima del mondo (concetto di derivazione anche orientale).
Esponente dell'animismo neoplatonico nel Novecento fu Bergson, secondo il quale la vita non segue binari rigidi e prefissati, ma nasce da infinite potenzialità: alcune si bloccano, altre invece proseguono. L'evoluzione della natura è creatrice, perché deriva da uno slancio vitale inesauribile, privo di scopi determistici.

Pensieri



L'opposto di solitudine non è stare insieme, è stare in intimità.




Richard Bach

Poesie


Alba



Prima dell'alba sarai qui
e Dante e il Logos e tutti gli strati e i misteri
e la luna segnata
oltre il piano bianco di musica
che stabilirai qui prima dell'alba.

Seta grave soffice cantante
chìnati sul nero firmamento di areche
pioggia sui bambù fiore di fumo viale di salici.

Chi anche se ti chini con dita di pietà
a avallare la polvere
non aggiungerà alla tua munificenza
la cui bellezza sarà un foglio davanti a me
una dichiarazione di se stessa stesa attraverso la tempesta di emblemi
sicché non c'è sole e non c'è rivelazione
e non c'è ostia
soltanto io e poi il foglio
e massa morta.



Samuel Beckett

Canzoni

mercoledì 18 aprile 2012

Pensieri


C'è un momento in cui il viaggio iniziato non può più essere interrotto, corriamo verso una frontiera, passiamo attraverso una porta misteriosa e ci svegliamo dall'altra parte, in un'altra vita.




Paula,Isabel Allende

Canzoni

Poesie


La notte in cui stavo per morire



La notte in cui stavo per morire
stavo sudando nel letto
e potevo sentire i grilli
e c'era una lotta fra gatti fuori
e potevo sentire la mia anima sgocciolare attraverso
il materasso
e appena prima che toccasse il pavimento sono saltato su
ero quasi troppo debole per camminare
ma ho camminato un po' e acceso tutte le luci
poi sono tornato a letto
e ancora la mia anima sgocciolava attraverso il materasso
e sono saltato su
appena prima che toccasse il pavimento
ho camminato un po' e acceso tutte le luci
poi sono tornato a letto
e lei ancora sgocciolava e
io mi alzavo
accendendo tutte le luci.
Avevo una figlia di sette anni
ed ero sicuro che lei non voleva che io morissi
altrimenti non avrebbe
importato.
Ma per tutta quella notte
nessuno telefonò
nessuno venne con una birra
la mia ragazza non telefonò
tutto quello che sentivo erano i grilli ed era
caldo
e io badavo a continuare
ad alzarmi e stendermi
finché il primo sole arrivò attraverso la finestra
attraverso i cespugli
e io mi sdraiai sul letto
e l'anima restò
dentro finalmente e
io dormii.
Adesso le persone vengono
a bussare alla porta e alle finestre
il telefono squilla
il telefono squilla di continuo
ricevo bellissime lettere con la posta
lettere d'odio e lettere d'amore.
Tutto è di nuovo come prima.


Charles Bukovsky

Cinema


Ci si imbatte a volte in film straordinari,non solo per le storie narrate,per la forza delle immagini,per il talento creativo che esprimono,ma soprattutto perchè affrontano,felicemente,temi "spirituali" che sono tra i più impalpabili e facilmente banalizzati quando dietro non c'è quell'energia benefica intrisa di una "pura visione".Qui questa pura visione c'è e rende memorabile la pellicola,impossibile non rimanere affascinati dalle immagini dei flashback che riguardano la terza parte della vita del protagonista,dove,sullo sfondo di un cielo infinitimante stellato fa Tai Chi,immagine nell'immagine,che fonde l'Uomo con l'Universo.Il tre,volutamente metaforico, fa da metronomo preciso della pellicola,tre sono le epoche nelle quali si dipana la vicenda dei protagonisti,dalla Spagna dell'Inquisizione,ai giorni nostri,ad un futuro incalcolabile per l'attuale capacità del pensiero umano;Tre sono i personaggi,interpretati sempre dagli stessi,eccellenti attori,il condottiero che dovrà salvare la Regina Isabella dalla malvagità di un inquisitore spietato,il ricercatore che cerca la cura per i tumori ed è colpito proprio da vicino da questa patologia perchè ne viene colpita l'amatissima moglie,il monaco che cerca di succhiare la linfa vitale dell'albero della vita per poter ringiovanire e ritrovare la sua adorata donna che gli appare come fantasma esortandolo a tenerla sempre accanto a lui;Tre sono le morti e le rinascite dei protagonisti,quella del condottiero ad opera di uno stregone maya,quella della Regina Isabella sopraffatta dagli eventi,quella della moglie del ricercatore per tumore,quella del monaco che rinato verrà inghiottito dalle radici dell'albero salvifico,metafora della superiore potenza della Natura sull'Uomo.La potenza evocativa delle immagini,le interpretazioni straordinarie di Hugh Jackman e di Rachel Weisz,la dicotomia tra il calore fortissimo del legame d'amore e la freddezza della morte e del destino,a mio avviso ne fanno uno dei capolavori della cinematografia moderna.

Libri


Ci sono libri che galleggiano in noi molto tempo dopo averli finiti,ci accompagnano nel nostro cammino quotidiano lasciando strie di riflessioni profonde.Questo libro appartiene a questa categoria,che poi è tipica dei grandi libri,dei libri che non ci immergono solo in una storia,ma ci portano ad una riflessione continua e costante sulla nostra vita facendoci specchiare nelle vicissitudini occorse ai protagonisti.Gregorius è un filologo svizzero,coltissimo ma opaco,professore in un liceo,lasciato dalla moglie,vive per l'insegnamento,per lo studio dei suoi amati libri di lingue antiche,e per una ristrettissima cerchia di amicizie.Mai figura sarebbe più anonima di questa e avrebbe una vita più scialba della sua,ma come insegna Kafka è nell'ordinario che in un lampo del destino accecante esplode lo straordinario,qui rappresentato dall'incontro fortuito con una ragazza portoghese che tentava il suicidio.Il gesto estremo,la lingua dolce e melodiosa,la figura femminile che incarna la fragilità,la disperazione,la solitudine estrema,tutto congiura affinchè nel professore si apra una crepa esistenziale che lo porterà a ribaltare tutta la sua vita,grazie anche ad una biografia di un medico portoghese,trovata per caso in una libreria di sua fiducia.Decide di seguire le tracce di Amadeu,medico rispettato e famoso di Lisbona e inseguendo questa sorta di "fantasma" in realtà cerca sè stesso e come in tutti i viaggi non conta tanto la mèta raggiunta quanto il cambiamento interiore che produce.E qui più che un cambiamento c'è un terremoto che trasforma,anche fisicamente,nel vestire,nei modi,nei posti frequentati,il professore,che diventa un indagatore feroce di ogni elemento che riguardi la figura straordinaria del medico portoghese.Sfilano personaggi che avvicinano sempre più Gregorius alla verità degli accadimenti,ma soprattutto alla verità su sè stesso,ed è,secondo me,la parte più felice di questo straordinario libro,attraverso la lettura degli stralci di Amadeus si registrano a margine annotazioni di Gregorius che sono come dei fulmini che squarciano le riflessioni del lettore fin li abbarbicato sull'albero delle proprie meditazioni."La vita non è ciò che viviamo,è ciò che ci immaginiamo di vivere",quanta verità c'è in questa frase?C'è una vita intera e non solo del protagonista del romanzo,ma anche in tutte le vite di ogni essere.La storia potrebbe essere rappresentata visivamente come un nucleo infinito di cerchi che girano a spirale,c'è il cerchio del viaggio,c'è quello della ricerca di sè,c'è quello dell'indistruttibilità dell'amicizia,c'è quello della colpa,c'è quello del rimorso,c'è quello dell'amore,c'è quello della passione,c'è quello degli scacchi,c'è quello dei libri,ci sono le metafore avvincenti sui difetti della vista come difetti di percezione della realtà,la metafora del dottore che,per dovere e per coscienza deve salvare l'aguzzino del suo popolo durante la dittatura,c'è quella della gloria e dello sputo in faccia,quella della giovinezza che sfida con un pamphlet arguto i dogmi della cattolicità,quella della coscienza del proprio destino,quella del rapporto stringente con le donne madri,sorelle,mogli,amanti,c'è la metafora del rapporto tra il figlio ribelle e il padre vecchio e malato.Un affresco completo che fa di questo libro un'infinità di libri,di un regalo, un cristallo che emana luce continua.

lunedì 16 aprile 2012

Canzoni

Cinema


Cheyenne è stato una rockstar nel passato. All'età di 50 anni si veste e si trucca come quando saliva sul palcoscenico e vive agiatamente, grazie alle royalties, con la moglie Jane a Dublino. La morte del padre, con il quale non aveva più alcun rapporto, lo spinge a tornare a New York. Scopre così che l'uomo aveva un'ossessione: vendicarsi per un'umiliazione subita in campo di concentramento. Cheyenne decide di proseguire la ricerca dal punto in cui il genitore è stato costretto ad abbandonarla e inizia un viaggio attraverso gli Stati Uniti.
“And you're standing here beside me/I love the passing of time/Never for money/Always for love /Cover up and say goodnight . . . say goodnight/Home - is where I want to be/But I guess I'm already there/I come home - she lifted up her wings/Guess that this must be the place".
(“E tu sei qui vicino a me/Amo lo scorrere del tempo/Mai per denaro/ Sempre per amore/Copriti ed augura la buonanotte/ Casa- è dove voglio essere/Ma mi sa che ci sono già/ Vengo a casa-lei ha sollevato le ali/Sento che questo dovrebbe essere il posto".)
Il testo della canzone dei Talking Heads che dà il titolo al film e riveste un ruolo in una delle scene più importanti e intense rappresenta una sorta di sintesi di questa opera in cui Sorrentino torna al lucido intimismo degli esordi sotteso costantemente da una ricerca che si fa percorso di vita. Cheyenne, rocker ormai in disarmo ma che un tempo fu celebre e di quella celebrità gode ancora i frutti economici, è un uomo che quotidianamente si trasforma in maschera. Quasi avesse bisogno di aggrapparsi a quel passato di gloria che ora non rinnega ma rifugge. Accanto a lui da 35 anni una donna solida che sa come essere sorridente argine alla sua pacata depressione. Al suo fianco un costante peso. Che sia il carrello della spesa o il trolley da viaggio (di cui sentirà magnificare l'innovatività creativa) Cheyenne si trascina dietro un bagaglio di situazioni irrisolte. Prima fra tutte la dinamica dei rapporti con la figura paterna. È un Edward Manidiforbice dei nostri giorni Cheyenne/John Smith. Un essere umano che il padre ha creato e, al contempo, limitato trasmettendogli inconsciamente un'ossessione che il figlio scoprirà solo dopo la sua morte. Il castello in cui Edward/Cheyenne si è rinserrato è il suo aspetto esteriore che al contempo lo lega al passato ormai amato/odiato e lo separa dal presente. Sean Penn è straordinario nel disegnare, ancorandolo alla realtà, un personaggio che potrebbe ad ogni inquadratura dissolversi nel grottesco o nella caricatura. Quest'uomo che fa di tutto per essere riconosciuto e, al contempo, nega pervicacemente con tutti la propria identità ha la complessità di quelle figure che si imprimono con forza nell'immaginario cinematografico. Un personaggio che, anche se lo nega (“Non sto cercando me stesso. Sono in New Mexico non in India”) compie un lungo viaggio per ri/trovare un posto dentro di sé.

Televisione

Cinema


La terra trema. Dopo il Grande Terremoto che la sorprese indifesa nel 1461 e poi nel 1703, l'Aquila è abbattuta nella primavera del 2009 e di nuovo "città rovinata", come ebbe a scrivere tre secoli prima Marco Garofalo, Marchese Della Rocca, al Vicerè di Napoli. Questa volta a compiere il miracolo del terremoto non sarà però il martire cefaloforo Emidio, condannato alla pena capitale e poi canonizzato. Al culto emidiano si sostituisce quello berlusconiano, (auto)celebratosi a partire dal 7 aprile, il giorno successivo alla scossa fatale che ha colpito al cuore l'Abruzzo e piegato le sue anime "forti e gentili".
Da qui si avvia il documentario di Sabina Guzzanti, cronaca delle 'cose nostre' e della politica dei fattacci che hanno compromesso il futuro dell'Aquila e della sua gente. Persuasa che da quando i politici sono diventati barzellettieri, i comici hanno il dovere morale e l'autorevolezza per parlare di politica o addirittura di fare politica, la Guzzanti indossa letteralmente i panni del premier e parte alla volta dei campi di soccorso, promossi dal governo Berlusconi in attesa di edificare una New Town da inaugurare il giorno del suo compleanno. Magari confezionando una torta e mettendo in fresco una bottiglia di spumante rigorosamente italiano da stappare in suo onore. Parola del presidente. E già, perché il 6 aprile del 2009 il nostro premier pativa una crisi di popolarità che il terremoto aquilano avrebbe certamente risollevato. Venuto "di cielo in terra a miracol mostrare", il consacrato dal popolo investe la Protezione Civile, nella persona di Guido Bertolaso, di ricostruire la città in barba alla sua storia, alla sua cultura e ai suoi cittadini. Favorito da normative straordinarie e da una sinistra desolante e desolata come la tenda abbandonata del Pd, il "braccio armato" del governo realizza altrove una città altra, che distrugge il valore degli incontri e costringe gli aquilani 'più fortunati' in appartamenti asettici e davanti a televisori che predicano il berlusconismo.
Abbandonando la satira indigesta per il giornalismo d'inchiesta, Sabina Guzzanti intervista una messe di persone e personalità, provando a ragionare sui fatti (in)evitabili, sulla prevenzione mancata, sulle vite condannate, sulle speculazioni, sui finanziamenti illeciti, sulla sistematica messa in discussione dei principi di trasparenza e legalità che fondano l'idea di una socialità democratica. Contro l'orrore e l'indignazione di intercettazioni telefoniche inconcepibili e mostruose, contro l'incredibile capacità di pervertire l'idea di giustizia, contro l'uso disinvolto dell'ironia, della decenza, della memoria storica e della correttezza istituzionale si alza la voce degli abruzzesi, uno su tutti, il lucidissimo professore Colapietro, che ha deciso di abitare "nonostante" il centro storico dell'Aquila, rinnovando, con una manciata di operai e di euro, la sua casa e la sua vita. Centro storico e culturale a cui l'imprenditore, il politico, l'uomo medio dei media ha negato l'accesso e prorogato restauri e ristrutturazioni, disperdendo lungo la costa una popolazione cittadina imprescindibilmente legata al tessuto artistico e architettonico della propria città.
Soprassedendo sulle immagini sgranate, sulle inquadrature di stampo televisivo e l'approssimazione estetica, Draquila rivela la maschera tragica del nostro Paese e solleva la voce che non ha timore di raccontarci una volta di più cos'è (stata) l'Italia berlusconiana. Davvero non c'è niente da ridere e Sant'Emidio fulmini una volta per sempre chi la notte del 6 aprile ha irriso ai vivi e ai morti dell'Aquila. E adesso (ri)"facciamo bella, che nulla nello regame possa confrontarsi ad essa".

Comicità

martedì 10 aprile 2012

Cucina



Pizza con verdure


1)preparate la pasta della pizza al trancio come indicato nella ricetta di base e lasciatela lievitare;
2)riprendete la pasta della pizza e riscaldate il forno a 230 gradi;
3)mondate le verdure e grigliate melanzana e peperone;
4)a melanzana sarà più saporita se la marinate leggermente in olio condito con aglio e peperoncino;
5)stendete bene la pasta della pizza: noi abbiamo usato una teglia rettangolare, piuttosto grande, ma potranno venir bene anche due teglie tonde: ovviamente più stirate la pasta più risulterà sottile la pizza;
6)spalmate la polpa di pomodoro sulla base e sistemate i pelati ed il pomodoro fresco;
7)distribuite sulla pizza le verdure alternando la cipolla di Tropea tagliata a velo, con il peperone e la melanzana;
8)completate la pizza con la mozzarella tagliata a cubetti;
9)ed un pochino di origano, meglio se fresco,
infine un giro di olio di oliva di quello buono;
10)infornate e lasciate cuocere circa 20 minuti, fino a che sentirete quel profumo che dice: sono cotta!

Poesie


La tragedia delle foglie



Mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.



Charles Bukowski

Comicità


La moglie:"Pensi che il mio aspetto cambierà quando sarò vecchia?".
Il marito:"Se sei fortunata!".




Bob Thomas

Pensieri


Solo chi ha fede in sé stesso può essere fedele agli altri.




Erich Fromm, L'arte di amare, 1956

Canzoni

Serie tv


Il film ripropone con grande fedeltà le vicende dell'Esodo. Il faraone Ramsete attua una politica genocida contro il popolo di Israele. Perché non venga trovato ed ucciso, Mosè viene posto in un cesto di vimini dalla sorella Miriam ed affidato alle acque del Nilo. Il bambino viene raccolto e adottato dalla figlia del Faraone. Diventato adulto, il "Principe Mosè" è incaricato di sorvegliare i lavori degli Ebrei. Si ribella alla vista delle angherie cui questo popolo viene sottoposto e la sua reazione arriva sino ad uccidere, senza volerlo, un Egiziano. Costretto a fuggire dal paese, trova ospitalità presso Jethro, sacerdote di Madian, alle falde del monte Horeb. Ne sposerà poi la figlia Sefora, da cui avrà Gerson. Alle pendici dell'Horeb, fa la esperienza del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe", che gli parla dal roveto ardente. Tornato in Egitto, si scontrerà, insieme con Aronne, contro il Faraone che non vuol lasciare libero il popolo di Israele. Dieci terribili calamità si abbatteranno sull'Egitto. Finalmente il 14 di Nisan, dopo aver sacrificato l'Agnello, gli Ebrei potranno lasciare la terra di schiavitù. Il mare, sotto la spinta di un vento robusto, si aprirà al loro passeggio; si richiuderà poi e travolgerà gli inseguitori Egiziani. Mosè potrà condurre così il popolo d'Israele lungo il deserto, tra ribellioni interne, marce estenuanti ed incessanti attacchi esterni, fino al Sinai. Ivi sigillerà il Patto tra il Dio Vivente ed il Suo Popolo. Morirà in vista della terra promessa. Giosuè potrà finalmente prendere possesso di Canaan, la terra "ove scorre latte e miele".Grandissime interpretazioni di Burt Lancaster ad Anthony Quayle ed anche di Laurent Terzieff nei panni di Ramsete II.

mercoledì 4 aprile 2012

Accadimenti


Cercando un'altra foto mi sono imbattuto in questa ed è stato un tuffo al cuore,è stato come aprire una diga all'improvviso e far uscire milioni di cubi d'acqua interiorizzati sotto forma di immagini e ricordi.E' l'istantanea di uno degli esseri che più ho amato in vita mia e con il quale c'è stato uno scambio di quelli fatto di amore totale:Otto.Preso da cucciolo in Alto Adige dopo aver rischiato di finire nel fiume con la sua sorellina per essere in troppi da accudire e sfamare,me lo vedo piccolissimo non riuscire nemmeno a salire il gradino del marciapiede,passare spaurito sotto le sedie e seminare casa di bisognini prima di poter uscire e abituarsi a farli fuori di casa.La sua vitalità riempiva la casa di luce e da subito ho sentito con lui quell'empatia che forse è data dall'incontrarsi per destino.Mi seguiva dovunque andassi,voleva giocare sempre con me,appena mi vedeva era tutto un abbaiare e un agitare la coda dalla pura felicità.Era talmente piccolo che dormiva in una cesta accanto al letto,aveva già delle zampotte cicciotte che sentivo sempre addosso perchè si tuffava su di me volendo sempre giocare.Poi crescendo spuntarono quelle unghie che lasciavano strie di sangue sulla pelle,quell'irruenza che aveva dietro una stazza media ed una forza ed agilità stupefacenti.Già al suono del citofono era un ululare che si sentiva in tutto il palazzo,lui sapeva già che ero io,neanche facevo in tempo ad uscire dall'ascensore che mi saltava addosso immagine di felicità.Quando mi sdraiavo sul letto si metteva sempre ai miei piedi a contatto diretto con me,cercava sempre il contatto fisico,solo quando ero malato si metteva ai piedi del letto e stava li seguendoti solo quando ti alzavi,come se lui fosse li a proteggerti da ogni male e da ogni brutta cosa potesse capitarti.Uno di quei modi d'amare che va al di là della vita e della morte,perchè Otto avrebbe dato la vita per me senza pensarci un secondo,tanto era protettivo.Mi vedo tantissime volte,specie di sera,parlare con lui,confidargli le mie giornate,ricevere in cambio le sue leccate che volevano dirti "forza e coraggio fratello mio",ero quasi sempre io che lo portavo fuori la sera ed era un momento solo nostro e bellissimo,di sera al buio,spesso al freddo,nessuno per le strade,a fare mentalmente un bilancio della giornata avendo accanto il calore fisico e morale del mio Otto.Il giorno che,per una malattia inguaribile,venne portato dal veterinario,lo sentii,come sempre quando sapeva di andare dal veterinario,tremare tutto,mi guardò con i suoi occhi dolcissimi,rassegnato,come se intuisse che quello era un saluto tra noi definitivo in questa vita,fu come se mi strappassero un pezzo d'anima,avere la consapevolezza di non vederlo più correre tra le stanze,sentire il suo ululato di gioia quando sapeva che arrivavo,vederlo sulla sedia vicino alla tavola quando sapeva che c'erano cose buone cucinate,vedere il vuoto dove prima c'era una vita scoppiettante,un uragano di luce che rallegrava le giornate,tutto questo finiva su quel tavolo freddo della clinica.Me lo voglio ricordare correre e saltare i muretti in carso con le orecchie al vento felice e poi tuffarsi stremato sull'erba e ringraziarti alla sua maniera riempiendoti di baci e leccate,ma sono io che lo ringrazio ogni volta che lo ricordo per l'amore totale in cui mi ha avvolto,per l'aver capito e sentito come ero,nel profondo,sarà sempre in me accompagnandomi in ogni posto e in ogni tempo.

Pensieri


Una bella donna piace agli occhi, una buona piace al cuore; l'una è un gioiello, l'altra è un tesoro.





Honoré de Balzac, Massime e pensieri di Napoleone, 1838

lunedì 2 aprile 2012

Viaggi

Comicità


Mia moglie e io siamo stati felici per vent’anni. Poi ci siamo incontrati.



Rodney Dangerfield

Pensieri


La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce.




Jean-Jacques Rousseau, La nuova Eloisa, 1761

Canzoni

Fotografia




L'Everest dal Kala Patthar
Fotografia di Maria Alejandra, My Shot

Quest'immagine è stata scattata attorno alle 6 del pomeriggio dalla cima del Kala Patthar, una montagna di circa 5.600 metri situata di fronte all'Everest.