mercoledì 1 febbraio 2012

Scienza


Nell’insieme, un sentimento è la “veduta” momentanea di una parte di quel paesaggio del corpo. Esso ha un contenuto specifico (lo stato del corpo) e specifici sistemi neurali di sostegno (il sistema nervoso periferico e le regioni del cervello che integrano i segnali correlati con la regolazione e la struttura del corpo). Poiché il senso di tale paesaggio del corpo è affiancato, nel tempo, alla percezione e alla reminiscenza di qualcos’altro che non è parte del corpo - un viso, una melodia, un aroma - i sentimenti finiscono con l’essere «qualificatori» di tale qualcos’altro. Ma c’è di più, nel sentimento. Come spiegherò più avanti, lo stato qualificante del corpo, positivo o negativo, è accompagnato e costruito da una corrispondente modalità di pensiero: veloce e ricca di idee, quando lo stato corporeo è nella fascia positiva, piacevole, dello spettro; lenta e ripetitiva, quando esso volge verso la fascia dolorosa.

In tale prospettiva, i sentimenti sono i sensori per l’accoppiamento - o il mancato accoppiamento - tra natura e circostanze. Per natura intendo sia quella che abbiamo ereditato come pacchetto di adattamenti geneticamente organizzati, sia quella che abbiamo acquisito nello sviluppo individuale, attraverso interazioni con l’ambiente fisico e sociale, in modo consapevole e voluto oppure no. I sentimenti, insieme con le emozioni da cui provengono, non sono un lusso: essi servono come guide interne, ci aiutano a comunicare agli altri significati che possono guidare anche loro. E i sentimenti non sono né inafferrabili né sfuggenti; contrariamente a quanto ritiene l’opinione scientifica tradizionale, essi sono altrettanto cognitivi quanto gli altri precetti. Sono il risultato di una straordinaria sistemazione fisiologica che ha fatto del cervello l’avvinto uditorio del corpo.

I sentimenti ci consentono di dare un’occhiata all’organismo in pieno fervore biologico, di cogliere un riflesso dei meccanismi della vita stessa nel loro operare.

Se non fosse per la possibilità di sentire stati del corpo che sono intrinsecamente consacrati a essere dolorosi o piacevoli, nella condizione umana non vi sarebbero sofferenza o beatitudine, brama o mercé, tragedia o gloria.

A prima vista, l’immagine qui proposta dello spirito umano può non essere intuitiva, né confortante. Nel tentativo di gettare luce sui complessi fenomeni della mente umana, rischiamo di degradarli e di perderli con la spiegazione; ma ciò accadrà soltanto se confonderemo un fenomeno con i componenti e i processi separati che possono ritrovarsi dietro la sua apparenza - e non è questo che voglio suggerire.

Scoprire che un particolare sentimento dipende dall’attività di un certo numero di specifici sistemi cerebrali in interazione con un certo numero di organi del corpo non sminuisce lo status di quel sentimento come fenomeno umano. Né l’angoscia né l’euforia che amore o arte possono portare con se risultano svalutate dal comprendere alcune delle miriadi di processi biologici grazie ai quali esse sono quel che sono. Dovrebbe essere vero proprio il contrario: il nostro senso di meraviglia dovrebbe aumentare, dinanzi agli intricati meccanismi che rendono possibile tale magia. I sentimenti formano la base di quello che da millenni gli esseri umani descrivono come lo spirito o l’anima dell’uomo.

Questo libro tratta anche un terzo argomento, collegato con i primi due: quello in base al quale il corpo, così come è rappresentato nel cervello, può costituire l’indispensabile cornice di riferimento per i processi neurali che noi avvertiamo come mente. Proprio il nostro organismo, piuttosto che qualche realtà esterna assoluta, è usato come riferimento base per le costruzioni che elaboriamo del mondo circostante e di quel senso di soggettività, sempre presente, che è parte integrante delle nostre esperienze; e le nostre azioni migliori e i pensieri più elaborati, le nostre gioie e i nostri dolori più grandi, tutti impiegano il corpo come riferimento.

Per quanto sulle prime possa sorprendere, la mente esiste dentro e per un organismo integrato: le nostre menti non sarebbero quello che sono se non fosse per l’azione reciproca di corpo e cervello - nel corso dell’evoluzione, durante lo sviluppo dell’individuo e nel momento presente. La mente dovette prima essere per il corpo, o non sarebbe potuta essere. Sulla base del riferimento che il corpo fornisce con continuità, la mente può allora avere a che fare con molte altre cose, reali e immaginarie.

Quest’idea si radica sui seguenti enunciati:

1) il cervello umano e il resto del corpo costituiscono un organismo non dissociabile, integrato grazie all’azione di circuiti regolatori neurali e biochimici interagenti (che includono componenti endocrini, immunitari e nervosi autonomi);

2) l’organismo interagisce con l’ambiente come un insieme: l’interazione non è del solo corpo né del solo cervello;

3) i processi fisiologici che noi chiamiamo «mente» derivano dall’insieme strutturale e funzionale, piuttosto che dal solo cervello: soltanto nel contesto dell’interagire di un organismo con l’ambiente si possono comprendere appieno i fenomeni mentali. Il fatto che l’ambiente sia, in parte, un prodotto dell’attività stessa dell’organismo semplicemente sottolinea la complessità delle interazioni che bisogna tenere in conto.

Quando si parla di cervello e di mente, non è consuetudine fare riferimento agli organismi. Di fronte all’evidenza che la mente scaturisce dall’attività dei neuroni, si discute solo di questi, come se il loro funzionamento potesse essere indipendente da quello del resto dell’organismo. Ma via via che studiavo i disturbi della memoria, del linguaggio e della ragione, presenti in numerosi esseri umani colpiti da lesioni al cervello, sempre più mi si imponeva l’idea che l’attività mentale - nei suoi aspetti più semplici come in quelli più alti - richiede sia il cervello sia il resto del corpo. Quest’ultimo, a mio avviso, fornisce al primo più che un puro sostegno e una modulazione: esso fornisce la materia di base per le rappresentazioni cerebrali.

E un’idea sostenuta da fatti; vi sono ragioni che la rendono plausibile e ragioni per le quali sarebbe bello se le cose stessero davvero così. Fra queste ultime, soprattutto la considerazione che la precedenza del corpo qui suggerita potrebbe gettar luce su una delle più tormentose domande che assillano gli esseri umani da quando hanno cominciato a indagare sulla mente: come avviene che siamo coscienti del mondo attorno a noi, che sappiamo ciò che sappiamo, che sappiamo di sapere?

Nella prospettiva dell’ipotesi accennata, amore e odio e angoscia, qualità come gentilezza e ferocia, la soluzione pianificata di un problema scientifico o la creazione di un nuovo artefatto si basano tutti su eventi neurali all’interno di un cervello, purché questo sia stato e sia in interazione con il corpo cui appartiene. L’anima respira attraverso il corpo, e la sofferenza, che muova dalla pelle o da un’immagine mentale, avviene nella carne.

Damasio, L’errore di Cartesio, Adelphi , pag. 22

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