giovedì 30 giugno 2011
Canzoni
Quando un suono,una musica sa tratteggiare meravigliosamente uno stato d'animo attuale,il mio....
Pensieri
Serie tv
E' una delle migliori serie a sfondo legale mai fatte,secondo me.Ha ritmo,originalità,ottimi script,eccellenti attori,una sapiente regia,non annoia mai e coinvolge sempre in casi di diversa e disperata umanità che attraversano questo lussuoso universo bostoniano,in apparenza molto snob,come lo sono un po' gli abitanti di questa città,ma in realtà i personaggi sono tratteggiati a tutto tondo,alcuni ricchi di umanità,come l'ancora splendida Candice Bergen,altri induriti dalla vita come l'eccellente William Shatner,altri ancora ammantati di sano cinismo per coprire l'orrorifica quotidianità umana come il grande James Spader.Se vi piace il genere non potere rinunciarvi.
Poesie
Entra nel mio cuore e diffonditi,
trema il mio sangue e scalpita
al desiderio di essere sfiorato;
baciami e culla la mia anima
nutrila di piacere puro
cospargila di emozioni con gocce d’amore
ed io libererò per te i miei sentimenti
come il crescere d’un fiore
che ansimanti petali rossi offre al sole,
così, amor mio, nutrirsi di te
è gioia d’un balletto di onde
impetuose pronte ad infrangersi.
Bruno Baldo
Televisione
Vorrei segnalare uno degli esempi,rari per me,di televisione che sa narrare le storie delle persone.E' una trasmissione molto originale che si chiama Hotel Patria,e va in onda ogni lunedi verso le nove su Raitre.La conduce con una pacatezza,una signorilità,un tono partecipato ma mai sopra le righe,un eccellente scrittore e giornalista come Mario Calabresi.E' una sorta di anti televisione,qui non ci sono battute volgari e sceme,non ci sono veline,non ci sono donne nude,non ci sono gossip,non c'è politica,ma ci sono storie,tante,di genete vera,che attraverso la loro storia traccia un profilo del suo paese,del nostro paese,l'Italia,perchè come dice una famosa canzone di De Gregori "la storia siamo noi,nessuno si senta escluso"ed è poi cosi in definitiva.Tanti piccoli puzzle che ricostruiscono una Patria violentata,uccisa,smembrata,ma anche tante storie di coraggio,di lavoro duro,di fatica,di sudore,di talento,di invenzioni geniali,di capacità.E' una trasmissione che non annoia mai perchè i temi sono sempre diversi e il "viaggio"sempre affascinante e mai banale.L'atmosfera poi che riesce a creare Calabresi con gli ospiti,cosi informale,cosi come gli interventi della Orsomando ne fanno una trasmissione assolutamente unica nel suo genere,per valore documentale,per originalità,per spessore morale e culturale,insomma uno squarcio di luce nel buio della televisione.
Storia
Le notizie sulla vita di Alipio sono contenute quasi totalmente nelle opere del suo grande amico, s. Agostino, con il quale divise gli errori della gioventù, la conversione e le fatiche dell'apostolato. Alipio nacque a Tagaste da genitori che erano tra i maggiorenti del paese. Piccolo di statura, ma di animo forte e di indole virtuosa, strinse un'affettuosa ed intima amicizia con s. Agostino, tanto che questi lo chiama ripetutamente frater cordis mei. Più giovane di qualche anno del suo amico che era nato, come si sa, nel 354, ne frequentò le scuole di grammatica nel paese natale e le scuole di retorica a Cartagine; lo precedette a Roma, dove si recò per studiare diritto, e lo accompagnò a Milano. A Roma fu assessore del comes delle elargizioni per l'Italia e diede, in questa circostanza, rari esempi di illibatezza e di disinteresse. Resistette energicamente alle pretese di un senatore potentissimo che tentava d'indurlo a commettere illegalità, restando indifferente, tra la meraviglia universale, sia alle minacce che alle lusinghe: "anima rara, scrive Agostino, "che non faceva caso dell'amicizia e non paventava l'inimicizia di un uomo cosi potente, famosissimo per gli innumerevoli mezzi che aveva di far del bene o di far del male".
L'amicizia con Agostino valse a ritrarlo, momentaneamente, dalla passione per i giochi del circo, ma lo trascinò nel manicheismo. Con l'amico Alipio visse il travaglio del ritorno alla fede; castissimo di costumi, gli fu di sostegno nella lotta contro le passioni, e lo sconsigliò dal prendere moglie per non rinunziare a vivere liberamente nell'amore della sapienza; fu presente alla crisi della conversione e ne seguì l'esempio; si ritirò con lui a Cassiciaco, dove prese parte alle dispute di filosofia, e insieme con lui ricevette il battesimo il 25 aprile 387. L'anno seguente Alipio tornò in Mrica e a Tagaste si ritirò con gli amici a vita cenobitica. Nel 391 seguì Agostino nel monastero d'Ippona. Poco dopo viaggiò in Oriente e strinse amicizia con san Girolamo. Fu caro a san Paolino da Nola, che ne ammirava la santità e lo zelo. Eletto vescovo di Tagaste, quando s. Agostino era ancor prete, a fianco di lui, per quasi quarant'anni, rifulse nella Chiesa d'Africa come riformatore del clero, maestro di monachismo (santa Melania Iuniore passò sette anni a Tagaste sotto la sua direzione) e difensore della fede contro i donatisti e i pelagiani. Nel 411 partecipò alla Conferenza di Cartagine, e fu tra i sette vescovi cattolici che sostennero le dispute con i donatisti. Nel 418, per incarico di papa Zosimo, si recò a Cesarea di Mauritania per affari ecclesiastici, e prese parte alla disputa di Agostino con Emerito, vescovo donatista. Contro i pelagiani si adoperò con tanto zelo che fu dagli eretici unito ad Agostino nell'odio e da Girolamo nel merito.
Nel 416 partecipò al concilio di Milevi (Numidia), e ne scrisse al papa Innocenzo. Per la causa pelagiana venne più volte in Italia, latore di opere agostiniane al pontefice Bonifacio e al comes Valerio. Nel 428, da Roma, inviò all'amico una replica di Giuliano, e insisté perché rispondesse. Sono le ultime notizie che abbiamo di lui. Si presume che fosse ad Ippona per la morte di sant'Agostino, e che sia morto nel
Cinema
Christine è una donna che vive sola con il suo bambino,abbandonata da suo marito in una Los Angeles degli anni venti dove la vita è dura per tutti.Un giorno rientrando dal lavoro si accorge della scomparsa dell'amato figlio Walter,da qui inizia per lei come una discesa in un imbuto infernale che la porterà nell'angosciosa ricerca con la polizia dapprima,nel ritrovamento di un bambino che però lei non riconosce come suo,e per questo motivo viene creduta pazza e internata in un ospedale psichiatrico,da sana.Per sua fortuna un reverendo ha preso a cuore il suo caso e smuove tutte le acque affinchè la donna abbia la possibilità di difendersi.Ma tutto cambia quando un bambino che sta per essere rimpatriato nel suo paese,il canada,in quanto clandestino,narra ad un poliziotto una vicenda ai limiti dell'orrore.In una fattoria lui è stato costretto da un tizio ad adescare,catturare,uccidere e seppellire dei bambini,ne riconosce dalle foto più di venti.Tra questi anche Walter.Ecco che il reverendo assume un avvocato di fama che non solo fa dimettere dall'ospedale psichiatrico Christine,ma costringe alle dimissioni tutte le pazienti internate in quel momento grazie ad una legge barbara che consentiva alla polizia,con un semplice fermo,di poter internare chiunque fosse sospettato di dar segni di squilibrio,garantendo alla corrottissima polizia locale un potere abnorme su una giurisdizione,quella sanitaria,di nessuna competenza.Inizia una battaglia legale durissima dove viene fatto il processo al killer seriale di bambini e allo stesso tempo si processa lo stato maggiore della polizia per inettitudine e per gravi violazioni dei diritti della persona.Alla fine il killer verrà condannato all'impiccagione mentre Christine spererà sempre di riabbracciare il suo Walter,cosa che invece non si verificò mai più.Un film duro su un fatto di cronaca realmente avvenuto dove Eastwood con la sua grande maestria ci fa calare poco a poco nell'abisso di dolore di questa donna interpretata magnificamente da Angelina Jolie,ci fa capire quanto la distorsione del potere possa schiacciare individui sani ed onesti,e ci porta a concludere che la speranza e il battagliare sempre alla fine conducono alla verità.Un gran film da vedere e rivedere e rivedere e meditare.
mercoledì 29 giugno 2011
lunedì 27 giugno 2011
Cinema
Un film deve saperci regalarci una magia,trasportarci per un'ora e mezza al di là della nostra quotidianità,farci diventare protagonisti di storie fantastiche e meravigliose o tristi o romantiche o avventurose.Ogni film contiene in sè qualcuno di questi elementi.Pochissimi li contengono tutti,solo i grandi film.Questo di cui voglio scrivere a mio giudizio lo è.E' un doppio viaggio,nella vita di un uomo comune e anzi anche parecchio imbranato e complessato,e nella ricerca delle sue radici,dove invece troverà il suo riscatto.Quoyle,interpretato da un sontuoso Kevin Spacey è un uomo buono,generoso,positivo,allegro,ma come tanti uomini cosi ha la sfortuna di incappare nella donna sbagliata,la classica strega egoista,falsa e bugiarda,che lo cornifica a ripetizione,lo deride,lo distrugge psicologicamente giorno per giorno,lo fa sentire un inetto,lo spegne,arrivando anche a dare in adozione la loro figlia ad altri nel momento in cui decide di abbandonarlo(una grandissima Cate Blanchett).Ma il destino vuole che la strega muoia in un incidente stradale e che la figlia rivenga assegnata al padre che,malgrado le corna,il male e l'abbandono è disperato per la morte improvvisa dell'amata.Decide con la zia di ritornare a vivere in una vecchia casa che possideno nell'isola di terranova,nel freddo mare del nord,un posto oscuro e brumoso,sempre con il mare in tempesta e con vento gelido.Qui comincia la seconda parte del film,la più bella ed intensa secondo me,perchè ogni personaggio getta una maschera e scopre una parte di sè stesso mostrandosi per quello che è realmente.Quoyle viene assunto nel giornale locale dimostrando un vero talento di narratore di storie locali,la zia trasformerà la casa diroccata in una specie di azienda che ripara barche,la figlia,che ha poteri sensoriali,farà amicizia con Harry,un bambino un po' ritardato ma dolcissimo che permetterà al padre di conoscere la bella e solitaria Julianne Moore,vedova per gli altri in realtà tradita e abbandonata dal marito quando incinta.Il riscatto di Quoyle che trova finalmente in questa donna dolce e forte,comprensiva e generosa,sensuale e materna,come solo una vera donna sa essere,dà allo spettatore il messaggio che sono le cose semplici e reali e profonde quelle che contano nella vita,che trovare l'amore vero e pieno,quello che ti colma e ti illumina la vita è un bene preziosissimo da non lasciarsi mai sfuggire,e che ci sono eventi che non possono essere spiegati con la semplice razionalità e che li sa percepire non è matto o dannato o diverso,è solo più a contatto con Madre Terra.Vi dispiacerà essere lasciati dall'abbraccio delle atmosfere di questo film.
domenica 26 giugno 2011
Dedicato a....
Oggi è uno di quei giorni che vorrei cancellare dal calendario,rimuovere,fare una sorta di salto nel tempo per fermarlo e cambiare gli eventi della vita.Ma purtroppo questo a noi umani non è possibile,e allora non ci resta altro che trasformare le gocce di sangue che sgorgano dal cuore in tanti semini che andranno a nutrire la terra,là dove c'è stata morte ritrovare la vita,là dove c'è stato e c'è ancora dolore abbracciare il ricordo.Sedici anni fa un banale incidente e una serie incredibile di incapacità mediche hanno sottratto a me e a tutta la mia famiglia mio padre,in maniera inaspettata,improvvisa,non eravamo preparati,non si è mai preparati alla perdita di una persona cara.Io poi ero quello più vulnerabile di tutti,mi ero allontanato dalla mia famiglia,certo di percorrere e costruire la mia strada,ma loro erano allora tutta la mia storia,le mie radici,i miei alberi secolari solidi e sotto i quali ripararti dalle intemperie della vita o ritrovare calma e pace in te stesso.Ero concentrato su me stesso,non per egoismo,ma sicuro che loro stavano bene,avevano trovato una vita serena e felice in un posto molto bello e tranquillo,vicino al mare,che anche io ho vissuto per un periodo godendomelo appieno.Mio padre poi stava dando vita ad un suo sogno,gestire un bell'albergo in una piccola ma esclusiva località turistica e lo stava realizzando,gliene veniva fornito uno nuovo di zecca chiavi in mano,tutto luccicante ed efficiente e moderno,una ulteriore spinta a rendere quel momento il momento.E invece quel momento ha spento tutto,una perdita d'equilibrio,il suo peso,una emorragia interna non diagnosticata ed eccomi prendere di corsa il treno,ritornare li,in un viaggio angoscioso ma ancora pieno di speranza,trovare le braccia care della mia famiglia e vedere mio padre pallido ma vivo,col suo solito appetito,anche se sempre dolorante,cosa che lui non faceva mai,quindi un dolore da non sottovalutare.Rimanemmo quella stessa sera a parlare soli io e lui,nella camera da letto dei miei,che aveva il profumo che conoscevo fin da bambino,io e lui,padre e figlio,come poche altre volte prima.Io volevo un bene dell'anima a mio padre ma avevamo caratteri totalmente incompatibili,troppo diversi,mi chiamava il "principino" o l'"intellettuale"perchè mi vedeva sempre a studiare e leggere,perchè ero curioso sempre di tutto e perchè forse si rendeva conto che pur nella diversità dei caratteri mi aveva trasmesso cose di sè stesso che solo un padre sa riconoscere nel proprio figlio.Mi chiese subito,senza preamboli,se ero felice,se stavo bene dove stavo,che progetti avevo,per la prima volta non ero sulla difensiva con lui,non mi aspettavo aggressioni verbali o giudizi sulle mie scelte,lo sentivo aperto,dolce,affettuoso.Mi disse che era sempre stato orgoglioso di me,anche se non me l'aveva mai dimostrato per paura che mi montassi troppo la testa,mi disse che mi aveva sempre rispettato, anche nel litigio più furibondo,anche nell'incomprensione più totale,perchè vedeva la mia anima buona,la mia anima positiva e generosa,il mio desiderio di indipendenza,e perchè riuscivo nelle cose che intraprendevo,mi disse di tenere per primi sempre gli affetti,la famiglia,e poi tutto il resto,lavoro compreso.Ero ammutolito,avevo la sensazione fortissima di averlo ritrovato proprio li in quel momento,proprio mentre stavo rischiando di perderlo,ed ero folle di felicità perchè per me avere anche il suo appoggio,la sua stima,il suo amore,è sempre stato determinante,come credo lo sia per qualunque figlio nei confronti del padre.C'è la vicinanza,poi lo scontro,poi la competitività,poi la complicità e solo ultima,la comprensione.Io mio padre ho cominciato a comprenderlo in quel preciso istante e ad ogni passo della mia vita ripercorrevo le tappe di uomo che prima erano state le sue, me lo sentivo sempre più addosso,sempre più simile,i suoi valori,le sue idee,il suo amore per la vita e per l'arte,per i viaggi,per le persone e le cose vere e sane e profonde.Perchè io ero cambiato,perchè io mi trovavo davanti alle stesse scelte e agli stessi problemi e dovevo risolverli seguendo la mia natura,e più seguivo la mia natura e più mi avvicinavo a lui e più mi rendevo conto di quanto fosse profondamente dentro di me.Risalii dove vivevo con il cuore pieno di gioia e tanta energia dentro forte di una carica interiore che avrebbe demolito ogni ostacolo.Un mese dopo,di sera,la telefonata,rimasi immobile ascoltando in lontananza una voce familiare che mi diceva l'indicibile,a che scopo pensavo aver ritrovato quello che in pochi minuti avevo già smarrito?Ero annientato dal dolore,ma come mi capita sempre in queste circostanze della vita divento lucido e freddo ed organizzato,ma dentro era come se qualcuno mi avesse aperto esattamente a metà facendo fuoriuscire tutto di me.La mattina dopo partii,non mi ricordo nulla di quel viaggio,solo una valanga di flash dei nostri momenti insieme,di quando ero piccolo e mi insegnava a giocare a carte,di quando nei bar che avevamo mi faceva sempre lasciare le partite nei flipper mettendomi sopra una sedia perchè neanche ci arrivavo,di quando mi dava i soldi e già sapevo scegliermi le canzoni dai juke-boxes,di quando di ritorno dal viaggio a parigi della maturità saltò il suo turno di riposo venendo fino a torino e offrendo la colazione nel vagone ristorante a me e a tutte le mie compagne di classe,e stava anche male.Ricordo ancora la sua voce tra gli scompartimenti,mi sembrava uno scherzo,Papà?Ma non doveva essere a Reggio Calabria?Invece era proprio li per me morendo dalla curiosità sulla mia impressione di quella meravigliosa città.Mori dal ridere quando gli feci vedere sotto la cuccetta la quantità abnorme di dischi che avevo comprato,mi disse che ero proprio come lui,musica,musica,musica.E poi io,mia madre e mia sorella nella cappella dell'ospedale,dentro la bara,per alcune ore,era sereno,non aveva la faccia sofferente,mi dava una tale idea di pace,io che per un periodo della mia vita ero angosciato dalla morte,lui li come a dirmi"Stefano è solo un passaggio,non è la fine di tutto come dicono,io ti sono accanto perchè sono in te,perchè ho fatto il possibile per essere un buon padre e fare di te un buon figlio,e perchè so che mi porterai nel tuo cuore fino a che non ci ritroveremo".Ecco oggi Papà non posso che dirti che avevi ragione,sei talmente in me che non esiste un distacco tra noi,nè il tempo,nè lo spazio,nè la vita mi allontaneranno mai da te.Adesso vorrei solo,avendone la possibilità,non farti cadere più,farti gestire il tuo albergo sapendo che avresti avuto successo con le tue competenze,avendoti accanto nei momenti che sono stati importanti nella mia vita,avrei voluto che conoscessi Federico,ti avrebbe impressionato per la sua intelligenza e per la mia somiglianza,Luca che avresti immediatamente adorato per la sua incredibile vivacità ed allegria,avrei voluto che vedessi il nostro amatissimo Daniele sposato e padre di una meravigliosa bambina che sono sicuro avresti straviziato,avrei voluto averti vicino in questo pezzo attuale della mia vita,ti avrei fatto conoscere chi possiede il mio cuore,saresti impazzito per lei conoscendoti,ti saresti innamorato della sua luce,della sua allegria,della sua battuta pronta,del suo amore per la cucina,della sua intelligenza viva,della sua profonda cultura.Ma io sento che tu hai visto e vissuto tutto questo,ogni volta che l'ho visto e vissuto io,con i miei occhi hai visto cose belle e cose orribili,hai visto la mia gioia più enorme,e il mio dolore più abissale,con i battiti del mio cuore avrai sentito quanto amore avevo dentro sempre e ti risponderei quella stessa cosa di sedici anni fa sentendo la mia mano persa nella tua,"Papà sono felice".
lunedì 20 giugno 2011
sabato 18 giugno 2011
Poesie
Quanto più chiudo gli occhi, allora meglio vedono,
perché per tutto il giorno guardano cose indegne di nota;
ma quando dormo, essi nei sogni vedono te,
e, oscuramente luminosi, sono luminosamente diretti nell’oscuro.
Allora tu, la cui ombra le ombre illumina,
quale spettacolo felice formerebbe la forma della tua ombra
al chiaro giorno con la tua assai più chiara luce,
quando ad occhi senza vista la tua ombra così splende!
Quanto, dico, benedetti sarebbero i miei occhi,
guardando a te nel giorno vivente,
quando nella morta notte la tua bella ombra imperfetta,
attraverso il greve sonno, su ciechi occhi posa!
Tutti i giorni sono notti a vedersi, finchè non vedo te,
e le notti giorni luminosi, quando i sogni si mostrano a me.
William Shakespeare
Canzoni
Ti sembri familiare
Ma non son sicuro di conoscere il tuo nome
Non so perchè ti sto raccontando questa storia oggi
Un sussurro nella brezza
Ho sentito un fruscio tra gli alberi
Ho bisogno di sapere e forse tu me lo spiegherai
Perchè non riesco a smettere di piangere
E niente è come sembra
non riesco a smettere di piangere
Ma sto versando le lacrime di qualcun altro
le lacrime di qualcun altro
L'uva è raccolta
Il vino è spremuto
E nonostante la pioggia è stato un buon anno
Per passeggiare su questi campi di nuovo
Nella cappella della nostra giovinezza ci siamo inginocchiati alla bellezza e alla verità
Non vedo alcun motivo ma forse tu me lo spiegherai
Perchè non riesco a smettere di piangere e niente è come sembra
non riesco a smettere di piangere ma sto versando le lacrime di qualcun altro
le lacrime di qualcun altro
La casa rossa che avevamo costruito...
Ancora regge... orgogliosa
I bicchieri che avevamo riempito...
Innalziamoli ora
Potrebbe piovere
Ma il sole sta per sfondare le nuvole
La tempesta potrebbe essersi calmata...
Usciamo...
Ma non riesco a smettere di piangere
Mentre mi schianto contro gli ingranaggi
Non riesco a smettere di piangere
Ma sto versando le lacrime di qualcun altro
le lacrime di qualcun altro
Non riesco a smettere di mentire
Ho sempre mentito tutti questi anni?
Non riesco a smettere di provare
A scacciar via le sue paure
Non riesco a smettere di piangere, ,piangere
le lacrime di qualcun altro.
Le lacrime di qualcun altro(testo Bono Vox,musica Zucchero).
Cinema
Tom Stall è il proprietario di un piccolo ristorante in una cittadina di provincia. Conduce una vita normale con la moglie e i figli fin quando un giorno si difende dall'aggressione di due feroci criminali uccidendo entrambi. La sua immagine finisce su tutti i media e spinge Carl Fogarty, un boss della mafia irlandese di Philadelpia ad andarlo a cercare. L'uomo è sicuro di aver riconosciuto in lui un delinquente che lo ha privato di un occhio e che era molto temuto nell'ambiente per la sua crudeltà. Tom deve difendere la sua famiglia.
Tratto da un fumetto di John Wagner il nuovo film di Cronenberg torna sui territori cari al regista: l'identità, la possibile schizofrenia, il rapporto tra realtà e apparenza. Anche lo stile narrativo gioca su questi elementi, tanto che il film potrebbe essere oggetto di una doppia recensione. Se lo si prende per come appare si tratta di un thriller molto stereotipato con buone dosi di esagerazione narrativa e di umorismo spesso involontario. Se invece lo si legge a partire dalla prima inquadratura che sembra un quadro di Hopper allora le cose cambiano. Si pensa al Cronenberg raffinato intellettuale che opera una rilettura sui generi per svelarne la fragilità e l'ambiguità. Questa volta propendiamo per la prima scelta quasi che il regista canadese, dopo la complessa prova di Spider avesse deciso di avvalersi di una fonte di ispirazione "bassa" per vedere come i meccanismi narrativi funzionano in quel contesto senza però volersene distanziare criticamente.
Grande, come sempre, Ed Harris.
mercoledì 15 giugno 2011
domenica 12 giugno 2011
Cinema
Remember, remember, the 5th of November"... È questo il monito di apertura di V for vendetta, ispirato all' omonimo fumetto di Alan Moore e David Lloyd.
Diretto da James McTeigue, assistente alla regia di Lucas e dei fratelli Wachowski, il film si svolge in un'immaginaria Gran Bretagna del futuro, governata da un regime totalitario, a cui un misterioso uomo mascherato, mister V, dichiara guerra. Un anarchico radicale, desideroso di riportare libertà e giustizia, in un paese in cui vigono ormai autoritarismo e intolleranza verso chiunque non aderisca al sistema. In nome della libertà, V riuscirà a convincere la giovane e bella Evey - cui salva la vita ad inizio del racconto - a combattere al suo fianco. Scritto e prodotto dai registi di Matrix, V for vendetta è un cocktail "esplosivo" che unisce effetti speciali ad un ritmo incalzante non privo di efficacia.
Come può accadere per i film tratti da opere letterarie, resta il dubbio che il testo di partenza sia stato interpretato più o meno correttamente.Efficacissima come sempre Natalie Portman.
sabato 11 giugno 2011
Accadimenti
VOTA SI ai quattro referendum di domani e dopodomani.SI ai 2 quesiti sull'acqua perchè è un bene pubblico e non può essere oggetto di speculazioni finanziarie da parte di privati senza scrupoli,SI al quesito sul nucleare perchè è una tecnologia pericolosa per la vita,per la salute,per l'ambiente,ed è talmente costosa che il rapporto costi/benefici la rende inapplicabile in un Paese che intende mantenersi "pulito"dal punto di vista ambientale e "sano"dal punto di vista della salute dei suoi cittadini,SI sul legittimo impedimento perchè davanti alla giustizia i potenti,chiunque siano e di qualunque colore,non possono apporre scuse dovute al loro lavoro o ruolo per evitare l'iter che tocca invece a qualunque cittadino normale,è un fatto di giustizia ed equità sociale.Punto fondamentale,ANDIAMO TUTTI A VOTARE PER RAGGIUNGERE IL QUORUM!
Pensieri
“Sono stata colpita sia dalla depressione che dal cancro” testimoniava Sandra Mondaini, nell’insuperata bibbia sui disturbi dell’umore “E liberaci dal male oscuro” del professor Cassano e di Serena Zoli “e posso ammettere senza ombra di dubbio quanto sia di gran lunga più invalidante la prima, perché ti annulla la voglia di vivere”.
Lei era lei: e come tutte le persone luminose aveva a prescindere il nostro permesso per rivelarci anche e soprattutto le verità più buie.
Tanto che, quando è arrivata la notizia della sua scomparsa, privi di quella sbirulitudine che fra il sentimento e l’espressione non impone una censura, siamo rimasti zitti. Eppure forse l’abbiamo pensato tutti: vivere non è al primo posto della lista delle cose per cui vale la pena farlo. A quel primo posto c’è vivere bene (o almeno giù di lì).
Così, nella tristezza che fa, Sandra che non c’è più, oggi, ci sembra qualcosa di meno insopportabile e ingiusto della Sandra che abbiamo visto l’ultima volta, al funerale di Raimondo, trasfigurata dal dolore, ostinatamente abbracciata da Berlusconi.
Perché che cosa significa, in fin dei conti, vivere bene (o almeno giù di lì)? Le risposte, naturalmente, sono tante quanti siamo noi. Per quanto mi riguarda, allora, credo che si viva bene quanto più riusciamo a far corrispondere la nostra esistenza a chi fondamentalmente siamo, nel profondo.
Prima bisogna scoprirlo, certo: e le sorprese a volte possono essere decisamente sgradite. Continuando a utilizzarmi, per vizio e per comodità, come esempio, da tempo ho capito di essere (almeno al momento, mi auguro) fondamentalmente, nel profondo, una figlia. Non tanto dei miei genitori: in generale. Una persona insomma ancora troppo spaventata da se stessa per riuscire davvero a entrare in una relazione completa con il resto del mondo.
E’ anche per questo che Sandra Mondaini è morta non solo nell’affetto e nella commozione, ma anche in una sorta di rispetto magico generale: perché lei, fondamentalmente, nel profondo, era e sempre sarebbe stata la moglie di Raimondo. Così come lui era e sempre sarebbe stato suo marito. Va da sé che a chi non riesce ancora (o, come la maggior parte di noi, lo fa fra mille incoerenze e difficoltà) a pensarsi realmente “con”, qualcuno, sembra benedetto il destino di chi invece non riesce più a pensarsi “senza” qualcuno. Non un qualcuno a caso, ci mancherebbe.
Quel, qualcuno. Incontrato per caso, come s’incontrano tutti: e si sa che è impossibile stabilire perché fra tutte le voci e i modi di ordinare un caffè e di baciare in cui ci imbattiamo, capita un uomo, capita una donna che ci raggiunge proprio lì, dove fa sempre freddo. Fatto sta che rimane. Perché passa un giorno, ne passa un altro, e quella persona è continuamente lì. In un primo momento si limita a fare da comparsa ai nostri giorni: c’è quando andiamo a cena, c’è quando passeggiamo, ogni tanto c’è quando ci addormentiamo e c’è quando ci risvegliamo. L’ogni tanto, soprattutto se non ce ne rendiamo conto, comincia a diventare sempre.
E’ esattamente in quel momento che siamo noi a fare la differenza. Se non siamo fatti o non siamo pronti a intrecciare realmente la nostra essenza con quella dell’altro, possiamo finirla lì o continuare: ma il risultato non cambia. Noi saremo noi e l’altro sarà l’altro. Amato, magari amatissimo: ma altro.
Se invece siamo fatti e pronti per quella possibilità, terrificante come tutto quello che non conosciamo e come tutto quello che non conosciamo meravigliosa, ecco. Da lì in poi non ci sarà più spazio per un io che non abbia a che fare con il tu e per un tu che non abbia a che fare con il noi.
Basta vedere le immagini che in questa settimana la televisione ha dedicato alla Mondaini: che abbia trent’anni o cinquanta o sessanta, che sia sul set di un film, dietro le quinte di un programma o a casa sua, con lei c’è sempre Raimondo.
Basta pensare alle immagini che cinque mesi fa sono state dedicate a Raimondo: con lui sempre Sandra.
Come a dire che non solo ogni momento dell’uno vedeva la partecipazione dell’altro. Ma che ogni momento viveva, di quella partecipazione: e non sarebbe per niente potuto essere così com’era, altrimenti.
Succede questo, immagino, a chi nel ruolo di marito o di moglie trova la più spontanea e perfetta espressione della sua vocazione interiore: il ritmo a cui assecondare il passo diventa esclusivamente quello di chi, a sua volta, asseconda il suo al nostro.
Può accadere, certo, che quel passo sia nevrotico e malsano. Pensiamo a quel fantastico e definitivo film che è “La guerra dei Roses”, dove è l’odio a tenere in vita sia il personaggio di Michael Douglas che quello di Kathleen Turner. Odio che però non può e non potrà mai sopravvivere a quello che nello stesso tempo gli fa da focolaio e da nutrimento: il coniuge.
Ma può accadere, fortunatamente, che quel passo sia creativo, danzante. Pensiamo a Federico Fellini e a Giulietta Masina, anche loro scomparsi a una manciata di mesi di distanza. Per tornare a loro: Sandra e Raimondo. Capaci, l’uno grazie all’altro, l’uno perché l’altro, di consolare la realtà con lo spettacolo e viceversa fino al punto, da “Casa Vianello” in poi, di dichiarare che forse, quelle due dimensioni, a guardarle bene, sono la stessa cosa.
Dev’essere vertiginoso, appartenere a una persona al punto di non potere più distinguere dove finisca lei e dove cominciamo noi.
Ripeto: è sempre stata e rimane la prima delle mie aspirazioni, in un mondo dove sempre più vedo gente come me, apparentemente smaniosa di contatto, ma in verità arrabbattata nel timore e nella fatica di riuscire davvero ad affidarsi agli altri.
Perché, sì. Fa paura.
Perché, sì. Può succedere che quella persona senza cui non possiamo più dirci noi stessi, un giorno, fatalmente, ci abbandoni.
E allora?
E allora a quel punto la vita sai che barba. Sai che noia.
Chiara Gamberale
Cinema
Il giovane C.J. è un giornalista alla ricerca di uno scoop per salvare il posto di lavoro. È convinto di poter dimostrare la corruzione del procuratore Mark Hunter, capo dell'amata Ella e prossimo a divenire governatore della Lousiana. Hunter, che non perde un processo da anni, la spunta sempre all'ultimo minuto presentando delle prove che C.J. è convinto costruisca ad hoc, con l'aiuto di un collaboratore e uomo di forza. Deciso ad incastrarlo, il ragazzo si fa arrestare per l'omicidio di una prostituta di colore, chiede a un amico di filmare ogni cosa e attende che il procuratore porti in aula le prove contraffatte per smascherarlo. Ma il suo non è un piano perfetto.
Regista, sceneggiatore e direttore della fotografia, Peter Hyams, ex autore di fantascienza, si riaffaccia sullo schermo con il remake del noir RKO Beyond a reasonable doubt, portato sullo schermo nel '56 da Fritz Lang. Non è un incontro imperdibile. Prima che per la piattezza delle immagini, infatti, più ancora che per l'avarizia del copione, a lui va la colpa di aver realizzato un film sul concetto di persuasione, a cui non si crede nemmeno un minuto di fila.
Ex giornalista e conduttore di tg, Hyams forse pensava a se stesso nel tratteggiare C.J. o comunque ad un'epoca che non è la presente, ma quella, di qualche decennio fa, entusiasta dei legal thriller e di Michael Douglas. Oggi di lui rimane il sorriso sornione, quasi scontornabile come quello dello Stregatto, e tanto ci dovrebbe bastare. A ben guardare, Un alibi perfetto è interamente edificato su questo dubbio principio di economia cinematografica, per cui basterebbero degli elementi riconoscibili di genere per fare un'atmosfera e un'aula di tribunale per tremare sul verdetto. Ma è un principio che regge, al limite, solo se sovrastato dai dettami urgenti di una suspence che qui non fa parte del pacchetto.
L'originale rendeva complesso uno schema tutto sommato semplice trattando esplicitamente di pena di morte e implicitamente della responsabilità dell'individuo e dell'ambiguità della giustizia umana, della fallibilità delle sue leggi. La riscrittura odierna sposta lo sguardo su una generazione di giovani e rampanti per i quali passare la linea, innanzitutto professionalmente e solo di conseguenza umanamente, è facile, accettabile, quasi divertente. È il passato prossimo, della società e del cinema americano, che Jesse Metcalfe può anche incarnare a buon titolo esteticamente ma che non ha lo spessore interpretativo di servire a dovere.
Cinema
1949. Julia Child si è appena trasferita a Parigi per seguire il marito addetto culturale dell'ambasciata americana. Nella nuova città è ammaliata dalla cucina francese e per combattere la noia inizia un corso professionale per diventare cuoca. La passione la travolgerà, tanto da scrivere un libro che, dopo le tortuose vicende per pubblicarlo, diventerà la Bibbia per qualsiasi americano che voglia imparare a cucinare. Tutt'oggi la Child è una leggenda negli Stati Uniti.
Nel 2002, Julie Powell si è appena trasferita nel Queens, sopra una pizzeria. All'università era tra le più promettenti ma la sua vita, alla soglia dei 30 anni, è in un limbo da quando ha rinunciato a completare il suo romanzo. Riuscirà a trovare un senso alla sua esistenza grazie al libro di Julia Child, aprirà un blog e racconterà la sua sfida: completare le 524 ricette della sua eroina in 365 giorni.
Ha fortissimi toni femminili Julie & Julia. Nora Ephron lo ha tratto dal libro autobiografico della Powell, facendone un film che segue in parallelo le esistenze di due personaggi che, benché siano separati da 50 anni, hanno moltissimi punti di contatto. Ne esce fuori una commedia dai tempi comici perfetti, sostenuta da due interpretazioni sontuose: la Streep ormai non sorprende più, se non fosse per l'accento straordinariamente divertente, il francese incerto e una verve ironica che rappresenta la novità assoluta della stagione.
Mentre Meryl ha un personaggio senza lati oscuri e forse fin troppo solare, alla Adams è affidata Julia Powell, una donna del nostro tempo, con tutti i dubbi, le paure e l'esigenza di esprimersi. Se la Street/Child è semplicemente innamorata del cibo e piano piano si immerge con la sua energia in questa nuova missione, la Adams/Powell cerca e trova nelle ricette di mezzo secolo prima il nutrimento adatto per il suo animo insoddisfatto.
Il risultato finale è un piatto in cui non tutti gli ingredienti sono nella giusta proporzione ma dal sapore godibilissimo.
venerdì 3 giugno 2011
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