lunedì 15 giugno 2015
Cinema
Ad Amburgo e all'indomani degli attentati terroristici dell'undici settembre, Issa Karpov, un povero diavolo di origine russo-cecena, approda nel porto deciso a recuperare il denaro che suo padre, uno spietato criminale di guerra, ha accumulato impunemente. Allertati i servizi segreti tedeschi e americani, spetta a Günther Bachmann scoprire se Issa Karpov è un innocente coinvolto in una storia più grande di lui o un pericoloso terrorista pronto a fare esplodere Amburgo. Cinico e deluso col vizio dell'alcol e della solitudine, Bachmann non può sbagliare e deve riscattare un passato e un fallimento pesante. Costretto suo malgrado a lavorare con un agente americano, con cui sembra nascere un'intesa sentimentale e professionale, Günther Bachmann è deciso a distinguere il bene dal male e a consegnare alla giustizia soltanto i cattivi, quelli che si nascondono dietro una mitezza e una filantropia di facciata.
Tre degli attentatori dell'undici settembre erano di base ad Amburgo. Da quel giorno la città portuale tedesca divenne un sito ad alto rischio, sorvegliato dai servizi segreti tedeschi e americani, compresi nel tentativo di anticipare un'eventuale minaccia terroristica. È in questo contesto geopolitico che si muove il romanzo di John le Carré, thriller politico tradotto per lo schermo da Anton Corbijn. Fattura classica e raffinata tessitura dei procedimenti narrativi, La spia - A Most Wanted Man è un film trattenuto, introverso e ossessionato dai dilemmi morali e dall'ingerenza degli americani negli affari mondiali. Nel mondo evocato da Corbijn per dare corpo alla complessa indagine pensata da le Carrè, si trascina il protagonista greve e stropicciato di Philip Seymour Hoffman.
Corpo informe e sguardo dolente, il suo Günther Bachmann è finito in una sorta di 'ritiro coatto' dopo il repulisti successivo all'undici settembre. In un garage anonimo di Amburgo sconta adesso il rimorso per qualcosa che avrebbe dovuto fare e non ha fatto. Eppure Günther Bachmann il suo lavoro lo fa e lo sa fare bene dentro un quotidiano privo di cromie e passioni. L'agente americano di Robin Wright e l'avvocato sociale di Rachel McAdams sono le uniche sfumature di rosa tollerate e ostinate che finiranno per impattare violentemente la figura screpolata e depressa di Bachmann, senza entusiasmi e difficilmente riconducibile all'immaginario spionistico abituale. Ma proprio lì sta (tutta) la bellezza della letteratura e dei personaggi le carreriani, lontani dagli agenti segreti charmant e ipersessuati con un Martini in mano e una Walther PPK nell'altra.
Costruito come La talpa di Tomas Alfredson con grande consapevolezza contro un sistema di attese sedimentate dentro il genere, La spia - A Most Wanted Man gioca la sua partita a un livello più profondo. È una spy story anomala, che all'azione preferisce l'introspezione, al dinamismo il gioco intellettuale. Abile nel comprimere nei tempi e nei modi cinematografici il romanzo intricato e ricco di sfumature di le Carré, il regista (e fotografo) olandese affida a Philip Seymour Hoffman, nella sua ultima interpretazione, il peso nascosto nell'anima del suo personaggio, un dolore senza condivisione e senza lacrime sprofondato nell'alcol e nelle poltrone. Poltrone di uffici e edifici verticali in cui si lavora per la sicurezza nazionale ma si è incapaci di provvedere alla propria. Perché Günther Bachmann non trova sbocchi al lutto indefinito che lo agita e lo isola dalla sua squadra e dentro un epilogo di insolita malinconia.
Come Alfredson con Gary Oldman, così Corbijn beneficia del talento enorme di Seymour Hoffman che ci lascia per sempre. La sua ultima replica è un grido di rabbia, il suo ultimo piano un perfetto epitaffio. Disilluso, solo e smisurato, esce di scena e dalla sua Mercedes. Perché i veri attori non sono quelli che godono all'accendersi delle luci ma quelli che decidono quando le luci si possono spegnere.
Marzia Gandolfi
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