lunedì 15 giugno 2015

Cinema







Film proiettato da Rai Storia e purtroppo non visto tutto ma quasi,abbastanza per capire cosa era il cinema che aveva dei riferimenti storici,a fatti veramente accaduti,e che poteva essere definito "politico"perchè mostrava una o più fazioni politiche in lotta.In questo caso si tratta del rapimento dell'ammiraglio Luis Carrero Blanco, delfino del Caudillo Francisco Franco, in cambio del quale verrà chiesta la liberazione di 150 detenuti politici. Ma quando Franco nomina Blanco presidente del consiglio, l'ETA decide che l'ammiraglio deve essere ucciso. Dopo aver scavato un lungo tunnel sotto la strada che il politico percorre ogni giorno in auto, e averlo riempito di esplosivo, lo fanno saltare uccidendo Carrero Blanco.Attori superlativi,in primis Volontè,stile registico documentaristico ed efficace,vedendolo si viene proiettati in una dimensione altra,in un tempo altro,eppure sono passati solo 40 anni non due secoli da quegli avvenimenti,ma sembrano eventi di un'altra epoca,un'epoca buia e triste,fatta di dittatura,di torture,di assenza di libertà,di un clima oppressivo,di terrore palpabile.Grazie a Dio è alle nostre spalle.

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Cinema






In un futuro in cui una grande guerra ha distrutto le città e reso necessario un mutamento nell'organizzazione delle società, la razza umana vive divisa in cinque caste la cui appartenenza non si dà per nascita ma per scelta individuale al compimento della maggiore età. I Candidi (sempre sinceri) si occupano di esercitare la legge, i Pacifici (sempre gentili) coltivano la terra per sfamare tutti, gli Eruditi (sempre a conoscenza di tutto) sono insegnanti e ricercatori, gli Abnegati (altruisti) si occupano di governare e infine gli Intrepidi si occupano della protezione. Al momento di compiere un test sulla personalità utile a capire a quale gruppo si è più affini Beatrice Prior risulta Divergent, cioè non affine a nessuna categoria, un risultato rarissimo che la mette in pericolo. L'ordine sociale infatti impone di eliminare quelli come lei poichè la loro stessa esistenza è una minaccia all'ordine così costruito. Celando la sua natura Beatrice sceglie gli Intrepidi e comincia il suo addestramento a una vita di cui non è certa.
Come gran parte della nuova narrativa popolare per ragazze che tracima in sala anche Divergent rimescola le carte di paradigmi di provato successo come la lotta di un'adolescente contro le convenzioni della propria società, l'amore contrastato da nascondere e il cambiamento nella propria vita come metafora della crescita. Tuttavia la maniera in cui Neil Burger sceglie di mettere in immagini il romanzo di Veronica Roth è tra le più scialbe che si siano viste (se si considerano tutti i "primi" film delle grandi serie arrivate al cinema).
Limitandosi a portare in sala la storia, con i suoi alti e bassi come sono descritti nelle pagine di carta, il film di Divergent dimentica di avere anche il dovere di creare una dimensione cinematografica per un racconto che nasce come letteratura. Burger infatti sceglie la più scontata e pigra delle cornici fantascientifiche, sfruttando il setting della storia e ricalcando quanto di più scontato si è fatto nel genere. Divergent però, nonostante apparentemente ne usi figure e scenari tipici, non si può assolutamente qualificare come fantascienza, nella medesima maniera in cui Twilight non poteva essere qualificato come horror (tant'è che Catherine Hardwicke, per il primo film, optò con intelligenza per un look emo di tutta la pellicola dimenticando qualsiasi soluzione dell'orrore). Quella di un futuro distopico è solo una scusa, una quinta messa per dar fascino alla trama e non la struttura di un genere. In Divergent non c'è nulla che renda la fantascienza tale, a cominciare dalla presenza della scienza nella concezione degli artefatti futuri (indistinguibili dalla magia non tanto per quel che fanno ma per la coerenza delle trovate e il rifiuto di darne anche solo una minima descrizione), fino alla necessità di avere un rapporto con la tecnologia (sia di opposizione che di collaborazione). Il racconto di Veronica Roth è una storia d'amore avventurosa, che segue pedissequamente la struttura fissata da Hunger Games, con il suo rito all'inizio, l'affermazione di un'unicità della protagonista pericolosa per l'ordine sociale e la società in cui la classe dei genitori vessa quella degli adolescenti (curiosamente manca la doppia storia d'amore, una delle componenti più fresche e liberatorie di questo tipo di successi).
Fermo restando che il rapporto vitale e appassionato che film e storie come Divergent intrattengono con il loro pubblico, proponendo loro una versione aggiornata con intelligenza di dinamiche eterne, è una delle novità migliori del cinema e della letteratura di successo degli ultimi anni, il film di Burger si qualifica come un sottoprodotto, sia per originalità che per resa cinematografica. Invece che scoprire talenti, sfrutta volti inespressivi, invece che valorizzare i grandi nomi a disposizione (Kate Winslet) li instrada nella banalità e invece che aggiungere la profondità del linguaggio per immagini alle parole scritte ne segue pedissequamente i dettami, limitandosi a rappresentare visivamente quel che le pagine dicono. Tutto ciò può andare bene a chi ha letto i libri e deve solo ripassare sopra le medesime emozioni già provate, ma è assolutamente insufficiente a chi fruisca solo del film.


Gabriele Niola

Fotografia







Le onde delle Hawaii
Fotografia di Patrick McFeeley, National Geographic Creative

Un surfista al largo della costa settentrionale di Maui, una delle isole delle Hawaii.

Cinema







Ad Amburgo e all'indomani degli attentati terroristici dell'undici settembre, Issa Karpov, un povero diavolo di origine russo-cecena, approda nel porto deciso a recuperare il denaro che suo padre, uno spietato criminale di guerra, ha accumulato impunemente. Allertati i servizi segreti tedeschi e americani, spetta a Günther Bachmann scoprire se Issa Karpov è un innocente coinvolto in una storia più grande di lui o un pericoloso terrorista pronto a fare esplodere Amburgo. Cinico e deluso col vizio dell'alcol e della solitudine, Bachmann non può sbagliare e deve riscattare un passato e un fallimento pesante. Costretto suo malgrado a lavorare con un agente americano, con cui sembra nascere un'intesa sentimentale e professionale, Günther Bachmann è deciso a distinguere il bene dal male e a consegnare alla giustizia soltanto i cattivi, quelli che si nascondono dietro una mitezza e una filantropia di facciata.
Tre degli attentatori dell'undici settembre erano di base ad Amburgo. Da quel giorno la città portuale tedesca divenne un sito ad alto rischio, sorvegliato dai servizi segreti tedeschi e americani, compresi nel tentativo di anticipare un'eventuale minaccia terroristica. È in questo contesto geopolitico che si muove il romanzo di John le Carré, thriller politico tradotto per lo schermo da Anton Corbijn. Fattura classica e raffinata tessitura dei procedimenti narrativi, La spia - A Most Wanted Man è un film trattenuto, introverso e ossessionato dai dilemmi morali e dall'ingerenza degli americani negli affari mondiali. Nel mondo evocato da Corbijn per dare corpo alla complessa indagine pensata da le Carrè, si trascina il protagonista greve e stropicciato di Philip Seymour Hoffman.
Corpo informe e sguardo dolente, il suo Günther Bachmann è finito in una sorta di 'ritiro coatto' dopo il repulisti successivo all'undici settembre. In un garage anonimo di Amburgo sconta adesso il rimorso per qualcosa che avrebbe dovuto fare e non ha fatto. Eppure Günther Bachmann il suo lavoro lo fa e lo sa fare bene dentro un quotidiano privo di cromie e passioni. L'agente americano di Robin Wright e l'avvocato sociale di Rachel McAdams sono le uniche sfumature di rosa tollerate e ostinate che finiranno per impattare violentemente la figura screpolata e depressa di Bachmann, senza entusiasmi e difficilmente riconducibile all'immaginario spionistico abituale. Ma proprio lì sta (tutta) la bellezza della letteratura e dei personaggi le carreriani, lontani dagli agenti segreti charmant e ipersessuati con un Martini in mano e una Walther PPK nell'altra.
Costruito come La talpa di Tomas Alfredson con grande consapevolezza contro un sistema di attese sedimentate dentro il genere, La spia - A Most Wanted Man gioca la sua partita a un livello più profondo. È una spy story anomala, che all'azione preferisce l'introspezione, al dinamismo il gioco intellettuale. Abile nel comprimere nei tempi e nei modi cinematografici il romanzo intricato e ricco di sfumature di le Carré, il regista (e fotografo) olandese affida a Philip Seymour Hoffman, nella sua ultima interpretazione, il peso nascosto nell'anima del suo personaggio, un dolore senza condivisione e senza lacrime sprofondato nell'alcol e nelle poltrone. Poltrone di uffici e edifici verticali in cui si lavora per la sicurezza nazionale ma si è incapaci di provvedere alla propria. Perché Günther Bachmann non trova sbocchi al lutto indefinito che lo agita e lo isola dalla sua squadra e dentro un epilogo di insolita malinconia.
Come Alfredson con Gary Oldman, così Corbijn beneficia del talento enorme di Seymour Hoffman che ci lascia per sempre. La sua ultima replica è un grido di rabbia, il suo ultimo piano un perfetto epitaffio. Disilluso, solo e smisurato, esce di scena e dalla sua Mercedes. Perché i veri attori non sono quelli che godono all'accendersi delle luci ma quelli che decidono quando le luci si possono spegnere.


Marzia Gandolfi

Canzoni


Cinema






Il quattordicenne Lorenzo ha palesi difficoltà di rapporto con i coetanei tanto che si avvale dell'aiuto di uno psicologo. Un giorno coglie al volo un'occasione unica: finge di partire per la settimana bianca con la sua classe mentre invece si rifugia nella cantina di casa con una ben organizzata scorta di cibarie e le letture preferite. Non sa che di lì a poco proprio nel suo dorato rifugio irromperà Olivia, la sorellastra venticinquenne che non vede da lungo tempo. Olivia è tossicodipendente e sta tentando di ripulirsi. Nel frattempo soffre di crisi di astinenza e non fa nulla per lasciare tranquillo Lorenzo.
Bernardo Bertolucci torna a fare cinema dopo una lunga assenza causata dalle conseguenze della malattia che lo ha costretto su una sedia a rotelle. Se il suo sguardo non può più avvalersi direttamente della posizione eretta il suo cinema sembra avvantaggiarsene. È come se il suo occhio interiore avesse deciso di mettersi al livello dei giovani soggetti presi in considerazione invece di guardarli dall'alto di una memoria troppo vincolata dalla forma come in The Dreamers.
Grazie a un casting accurato, che gli ha permesso di scegliere due corpi e due volti che si imprimono immediatamente nella memoria dello spettatore, Bertolucci può tornare a uno dei suoi temi preferiti: quello dell'irruzione di un elemento esterno (sia esso storico o individuale) che mette in discussione uno status quo imponendo una revisione totale di ciò che si riteneva acquisito o l'esplosione di ciò che era stato accuratamente ricoperto da ipocrisie o autoconvincimenti. A differenza delle formiche dalla vita sociale rigidamente strutturata Lorenzo e Olivia sono due personalità che hanno cercato, ognuna a suo modo, di sfuggire al vivere comune. Sarà una cantina (luogo delegato alla paura e/o alla morte nel cinema di genere) a riaprirli se non al mondo almeno alla possibilità di prendere in considerazione opzioni diverse. Se Lorenzo, come un armadillo in gabbia, era convinto di salvarsi compiendo un ripetitivo percorso solitario, Olivia aveva cercato di annullarsi nel confondersi con i muri ai quali sovrapponeva la propria immagine fotografica. Una polvere simile alla calce di quegli stessi muri ma dai micidiali effetti aveva invece cominciato a confondersi con lei finendo per confonderla.
Bertolucci, in un prologo in cui accenna a un immaginario rapporto incestuoso madre/figlio, sembra voler prendere le distanze da un certo suo cinema avviluppato su se stesso (vedi La luna) per affermare la necessità di guardare invece alle tante (troppe) solitudini di cui il mondo adulto a volte sembra non cogliere la confusa ma pressante richiesta di aiuto. Se questo è l'inizio di una nuova fase del suo fare cinema non le si può che dare il benvenuto.


Giancarlo Zappoli

Pensieri


Libri






L’autore, da più di trent’anni cronista e scrittore, si è occupato di grandi casi di cronaca nera, nell’ “Italia dei Misteri”. Come autore e inviato ha partecipato a una dozzina di edizioni di “Chi l’ha visto?”, due anni fa, sempre con Sovera, ha dato alle stampe la storia del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito dai Corleonesi e sciolto nell’acido dopo 779 giorni di terribile prigionia.

Pino Nazio, dopo essersi occupato della vicenda per il programma di Rai 3, a ridosso del trentennale della scomparsa riapre il dibattito mettendo insieme ipotesi investigative, documenti e testimonianze esclusive sulla scomparsa, per arrivare a conclusioni per molti versi inedite.

Il fitto confronto tra i due protagonisti del romanzo, Jacopo e Lorenzo, è l'escamotage letterario per condurre un’inchiesta rigorosa, per accompagnare la cronaca con le atmosfere, le emozioni e il coinvolgimento tipico della narrativa.



Si tratta di una vicenda che attraversa tutti gli anni Ottanta del 1900: non solo le trame più inconfessabili del pontificato di Wojtyla, ma gli anni tra i più inquietanti della storia contemporanea. Un mix che ci aiuta a comprendere personaggi senza scrupoli e situazioni che aleggiano nelle continue attualizzazioni della storia di Emanuela Orlandi.

Il 1983 è l’anno di uno scontro durissimo tra le due superpotenze Usa e Urss, con il dispiegamento dello scudo spaziale e dei missili intercontinentali, il punto più alto della sfida che culminerà sei anni dopo con la caduta del Muro di Berlino. E' l’anno in cui Papa Wojtyla mette tutta la sua energia e le finanze vaticane, al servizio della lotta contro il comunismo. L’anno in cui si consuma uno scontro di potere nella finanza che coinvolge il Banco Ambrosiano, travolto da un enorme crack, e lo Ior, l’Istituto per le opere di religione. Il periodo in cui su Roma si estendono i tentacoli della Banda della Magliana, che aveva rapporti intimi con i servizi deviati, la loggia massonica segreta P2, i politici corrotti, la mafia di Totò Riina e Pippo Calò. L’anno in cui i soldi provenienti dai traffici illeciti e dalla droga agli appalti truccati possono essere facilmente riciclati, presentandosi a uno sportello dentro le Mura Leonine della Città del Vaticano.

«Insomma una storia che ha cento diramazioni, come un labirinto - racconta Nazio - con una sola via d’uscita che ho provato a illuminare. Ma è anche un intenso dramma familiare. Anzi di più famiglie, se si pensa all’altra vicenda collegata alla Orlandi, della scomparsa avvenuta a Roma in quel periodo, quella di Mirella Gregori. Destini di persone normali, dilaniate nei sentimenti, che vengono catapultati nel tritacarne mediatico, nelle indagini infinite, nei depistaggi e nelle omissioni».

I personaggi del romanzo-verità sono tutti reali, basta scorrere i nomi dei protagonisti per capirlo. Da Papa Wojtyla a Sandro Pertini, da Roberto Calvi a Paul Marcinkus, da Ali Ağca a Renatino De Pedis e Sabrina Minardi, all’esorcista del Vaticano padre Amorth. Questo per citare i nomi noti. Poi ci sono decine di figure meno conosciute che sono ancora più pittoresche o drammatiche – a seconda della lente con cui si osservano - come il pentito della Banda della Magliana, il potente cardinale, l’agente dei Servizi segreti infedele, il dipendente del Vaticano reticente, la testimone impazzita, l’investigatore prigioniero dei fantasmi del passato, il cronista integerrimo, il fratello ostinato, la fotografa ossessionata, il politico corrotto. Personaggi inequivocabilmente legati al mondo vaticano tra cui spicca Renatino De Pedis, il boss della Banda della Magliana, ucciso in via del Pellegrino a Roma nel 1990 e indegnamente sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare, in un sarcofago come quello di Papa Giovanni XXIII. Perché solo nel maggio del 2012 gli uomini della procura di Roma sono intervenuti con i loro periti alla ricerca del corpo di Emanuela Orlandi, cominciando ad aprire la tomba del boss Enrico De Pedis?

Pino Nazio ha analizzato il racconto di Sabrina Minardi, amante del boss che nel 2008 rivela che a rapire Emanuela è De Pedis “per conto dell’arcivescovo Marcinkus, deus ex machina dello Ior”. La Santa Sede risponde alle accuse, ritenute “infamanti senza fondamento provenienti da una testimonianza di valore estremamente dubbio”. In realtà Marcinkus è accusato di appartenere alla Massoneria, entra in contrasto con l’allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani sulla cessione di parte delle azioni Ior al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Luciani diventato Papa Giovanni Paolo I, muore dopo un mese di pontificato in circostanze misteriose. Calvi sarà impiccato sotto un ponte di Londra lo stesso giorno in cui la sua segretaria vola giù da una finestra e Marcinkus, invischiato nel crack ambrosiano, solo grazie al passaporto diplomatico non andrà in galera.
Tornando alla Minardi dalle ultime testimonianze, la pentita, racconta di una presunta prigione in una elegante palazzina di Torvajanica, dove i genitori di Bibi andavano durante l’estate e divenuta la prigione di Emanuela dopo il rapimento. Tra le ipotesi dibattute nel libro l’ultima testimonianza drammatica dell’amante del boss, rivela di aver visto De Pedis e un suo complice, un fantomatico Sergio gettare due corpi avvolti in sacchi in una betoniera di un cantiere, uno dei quali presume sia quello di Emanuela.

Una tesi, quest'ultima, decisamente respinta dalla famiglia che in questi trent'anni non ha mai smesso di sperare di ritrovare Emanuela viva. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela raggiunto telefonicamente ha ribadito l’importanza del libro: “Un ottimo lavoro di inchiesta, quello di Pino Nazio, per non dimenticare. Ma ribadisco che, non ci sono prove della morte di mia sorella, e per questo a differenza della magistratura che cerca un cadavere, io la cerco viva! Mia sorella è stata vittima di un sistema che dalla morte di Papa Albino Luciani lega Chiesa-Mafia-Stato-Massoneria. Un sistema di poteri molto forte che gestisce le nostre vite, e la sepoltura di De Pedis ne è la prova. Mi sento tradito dal Vaticano, perché ha cercato in tutti i modi di far cadere nell’oblio la vicenda di Emanuela. Non potrò mai dimenticare le parole del cardinale Rosalio José Castillo Lara, quando mi disse: ancora con questa storia di tua sorella? Non ti basta che ti abbiamo dato un lavoro? Di lì a breve avrei lasciato quel posto sicuro. Nutro ancora speranze, anche se sono consapevole che arrivare alla verità sarebbe, nell'Italia dei misteri, uno straordinario successo.

Cinema









Visto al cinema  "Fast & Furious 7".Per chi ha apprezzato tutta la saga rimarrà stupefatto da questo episodio che,a parte le solite scene con,brevi,corse automobilistiche con le inevitabili bellone smutandate,è un vero action movie con tutti i crismi del genere.Eccellente fotografia,regia sapientemente ritmata,ottima recitazione(l'innesto di Statham,per me ha di molto alzato il livello del film),e poi alcune sequenze che,per gli amanti del genere,rimarranno in mente a lungo per la loro originalità.Peccato i dialoghi,banalotti e quasi inesistenti, la durata,140 minuti anche se scorrono via veloci sono troppi per un action movie,non si riesce a mantenere la tensione dello spettatore cosi a lungo.Anche se gli ultimi venti minuti mi smentiscono,io l'avrei sforbiciato di un bel po in fase di montaggio.Commovente la battuta finale di Vin Diesel a Paul Walker,visto ciò che è successo dopo al secondo sfortunato attore.I miei figli entusiasti del film(ma perchè al The space di Trieste il volume del sonoro è da spaccatimpani?).